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Il j’accuse di Michel a von der Leyen: su gas tentenni

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“Non agire non è più un’opzione. Non si può più calciare la lattina più in là per strada”. Charles Michel, il 7 novembre, aveva scritto nero su bianco che, sul capitolo energia, la Commissione e Ursula von der Leyen non possono più tentennare. All’Eurocamera riunita per la cosiddetta mini-plenaria a Bruxelles, il numero uno del Consiglio Ue lo ha ripetuto. Rinvigorendo le ruggini che, dal celebre ‘sofa-gate’ di Istanbul, hanno segnato il rapporto tra i due vertici delle istituzioni europee. E questa volta lo scontro potrebbe protrarsi. Perché sul gas l’intesa raggiunta dai 27 al Consiglio europeo è tornata prepotentemente a vacillare. E la Commissione ha solo due settimane per presentare il suo pacchetto prima del Consiglio Affari energia del 24 novembre. Il j’accuse di Michel fa seguito alla sollecitazione che il presidente del Consiglio Ue aveva diretto alla numero uno dell’esecutivo europeo alla fine dell’estate, trovando peraltro sulla stessa linea diversi Paesi membri, Italia su tutti. Ma questa volta Michel ha scandito il suo avvertimento davanti a decine e decine di eurodeputati, in occasione delle comunicazioni sulle conclusioni del Consiglio europeo di fine ottobre. Von der Leyen, in prima fila, ha assistito all’intervento con aria visibilmente contrariata. E dopo essere intervenuta anche lei, si è trattenuta molto meno del previsto, lasciando l’Eurocamera senza fare la replica. Eppure, parlando in Aula, la presidente della Commissione aveva intavolato una linea di difesa. “Alcuni temevano un blackout in Europa quando è iniziata la guerra ma siamo completamente preparati per l’inverno. E soprattutto, i prezzi del gas sono scesi di circa due terzi rispetto ad agosto. Tutti noi abbiamo fatto la nostra parte e possiamo esserne orgogliosi”, ha spiegato. Ma, evidentemente, non è bastato. Nella replica Michel ha ribadito il concetto: “il ‘troppo poco e troppo tardi’ non è più un’opzione, c’è un mandato del Consiglio europeo, abbiamo bisogno delle proposte legislative”, ha sottolineato. Lo scontro, sul già delicatissimo tema energetico, potrebbe avere conseguenze diverse. Da un lato, stretta tra il pressing della gran parte degli Stati membri e quello del Consiglio, la Commissione potrebbe affrettare finalmente il passo sulla serie di proposte in cantiere: dalla piattaforma comune di acquisti al cosiddetto corridoio dinamico sui prezzi, fino all’elaborazione di un benchmark alternativo al Ttf. Dall’altro il rischio è che Palazzo Berlaymont si irrigidisca, con la Germania che, tra l’altro, continua a mostrarsi fermamente scettica sull’introduzione di un qualsiasi ‘cap’. Nel suo discorso von der Leyen ha però rimarcato l’urgenza della situazione. “La prossima stagione di riempimento – alla fine di questo inverno – sarà ancora più impegnativa. La prossima estate l’Europa potrebbe trovarsi a corto di circa 30 miliardi di metri cubi di gas per riempire i nostri stoccaggi”, ha avvertito la presidente della Commissione spiegando che la crescita delle economie asiatiche potrebbe ulteriormente sottrarre energia al Vecchio continente. Nell’immediato la Commissione prova a puntare sul RePower, che giovedì sarà votato all’Eurocamera. “Va incrementata la sua potenzia finanziaria”, ha sottolineato von der Leyen citando uno degli obiettivi dell’Italia che, avendo già usato tutta la quota di prestiti prevista dal Next Generation Ue, potrà contare su risorse minime per il nuovo capitolo del Pnrr. Il ministro per gli Affari Ue Raffaele Fitto ne ha parlato con la commissaria per la Politica di Coesione Elisa Ferreira. La tesi di Roma è che il Repower può essere il grimaldello per “implementare e integrare” il Piano italiano. “Il Pnrr è stato programmato prima della guerra, ha il problema del costo delle materie prime e la seconda questione è legata alla disponibilità finanziaria che altri Paesi hanno nell’accesso alla quota residua dei prestiti”, ha spiegato Fitto.

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Economia

Abi, tasso medio dei conti corrente sale allo 0,59%

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In aprile il tasso medio praticato dalle banche italiane sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) è stato il 3,63%. A marzo 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,67%, area dell’euro 3,50%). Rispetto a giugno 2022, quando il tasso era dello 0,29% (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), l’incremento è stato di 334 punti base.

Lo afferma il rapporto mensile dell’Abi. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad aprile 2024 è stato il 3,81%, con un incremento di 250 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%. In aprile il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato l’1,05% (1,04% nel mese precedente, 0,32% a giugno 2022). Il tasso sui soli depositi in conto corrente è salito allo 0,59% (0,57% nel mese precedente), tenendo presente che il conto corrente “permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento”, conclude l’Abi.

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Economia

Gli indici Pmi al centro della settimana dei mercati

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Mercati, la prossima settimana, soprattutto nel segno degli indici pmi di maggio in calendario giovedì, tanto in Europa quanto negli Usa. Dati preliminari che saranno determinanti per valutare se, dopo un primo trimestre migliore delle attese, la ripresa possa consolidarsi durante la primavera. La lente è in particolare al manifatturiero tedesco che, al momento, stenta a dare segnali di ripresa, e sul comparto dei servizi statunitense che di recente ha evidenziato segnali di indebolimento. Tra gli altri dati saranno da monitorare le letture dell’inflazione in arrivo dal Regno Unito (martedì) e dal Giappone (venerdì), anticipato il giovedì dal pmi manifatturiero. Da tenere sotto osservazione, sempre giovedì, la pubblicazione del dato relativo al primo trimestre dei salari negoziati dell’Eurozona. Si tratta di “un elemento particolarmente monitorato dalla Bce per valutare le future mosse di politica monetaria, anche se solo un’accelerazione inattesa del dato potrebbe mettere in dubbio il taglio di giugno”, evidenzia Mps nei market movers.

“I rinnovi contrattuali nazionali, nonché le rilevazioni Indeed a più alta frequenza, sembrano suggerire che il picco per la crescita delle retribuzioni sia stato ormai superato”, aggiunge Intesa Sanpaolo nella Weekly economic monitor. Venerdì in Germania, la seconda stima del pil fornirà lo spaccato delle componenti, che dovrebbe evidenziare un calo per i consumi privati a fronte di un apporto positivo di esportazioni nette e investimenti. Questi ultimi verosimilmente trainati dalle costruzioni. In agenda dagli Stati Uniti, oltre ai pmi di maggio (giovedì), gli ordinativi di beni durevoli (venerdì) sono attesi in rallentamento ad aprile, ma potrebbero risultare poco variati per il secondo mese al netto dei trasporti. Sul fronte immobiliare, le vendite sia di case esistenti che di nuove abitazioni (giovedì) potrebbero correggere dopo i forti incrementi del mese precedente, anche a causa della salita dei tassi sui mutui ad aprile.

Riguardo alle banche centrali, ci saranno interventi di diversi banchieri Fed ma anche della Bce, (la Lagarde tra gli altri è prevista martedì) e la pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione della Fomc. In agenda infine le decisioni delle banche centrali cinese (lunedì), neozelandese (mercoledì) e turca (giovedì), da cui non sono attese variazioni ai tassi di riferimento.

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Economia

Il Tar conferma multa da 450mila euro per Google

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Google ha violato il divieto di pubblicità al gioco e alle scommesse e per questo il Tar del Lazio ha confermato la multa da 450mila euro comminata da Agcom per violazione del decreto Dignità. Con un’ordinanza il tribunale amministrativo regionale ha infatti respinto la domanda cautelare del colosso dell’internet. Al centro della questione dei video pubblicati sulla piattaforma Youtube (di proprietà di Google) “dal content creator Spike, che, come notificato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, violano il divieto di pubblicità a giochi e scommesse introdotto nel 2018”. Secondo i giudici “non sembra che la ricorrente abbia provato la sussistenza di elementi idonei ad escludere la propria colpa, essendosi limitata ad affermare che ‘nella specie, non è stata mai selezionata la casella della promozione a pagamento nei dettagli relativi ai Video Contestati’ e che la mancata selezione della suddetta casella le avrebbe impedito di ‘controllare a priori se il contenuto promosso violi o meno le policy di YouTube”.

Google aveva presentato una domanda per l’annullamento della delibera con cui l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni l’aveva sanzionata per la violazione del divieto di pubblicità al gioco in base al Decreto dignità. La decisione di Agcom risale al marzo scorso e nella delibera veniva spiegato che l’Authority tra luglio e settembre 2023 aveva condotto un’attività di vigilanza sulla pagina web del canale YouTube ‘Spike slot 2022’ dalla quale era emerso che il canale, creato “il 1° settembre 2022 con oltre 50.000 iscritti e 23.000.000 visualizzazioni”, ospitava “numerosi video (pari, rispettivamente in ciascuna delle tre giornate di accertamento, a 287, 325 e 330 video del content creator Spike) tutti con contenuti afferenti alla pubblicità di giochi con vincite in denaro”.

Alla luce della contestazione e della sanzione Google aveva evidenziato che “l’Autorità è priva di giurisdizione nei confronti di Google in relazione all’oggetto della contestazione” e che “il divieto di pubblicità italiano sarebbe inapplicabile nei suoi confronti”. In merito all’eccezione sollevata circa la presunta carenza di giurisdizione dell’Autorità in ragione dell’inapplicabilità del decreto Dignità, l’Agcom aveva obiettato che “il legislatore europeo ha ritenuto di non disciplinare a livello europeo la comunicazione commerciale afferente ai giochi con vincite in denaro ma di lasciare ciascuno Stato membro libero di inserire previsioni ad hoc”.

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