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Cronache

Addio a Sergio Marchionne, l’uomo che salvò Fiat dal fallimento e consegnò l’industria automobilistca italiana in mani straniere

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Era nell’aria. Che Sergio Marchionne stesse per morire s’era capito da qualche giorno. Ed il giorno più triste è arrivato. Ed è un giorno cominciato come quello in cui Fca cambio tutto il management all’improvviso, parliamo di 4 giorni fa, dopo un comunicato stampa di John Elkan che senza dire nulla di preciso sulle condizioni di salute di Sergio Marchionne scrisse nel comunicato in cui si annunciavano tutti i cambi al vertice dell’azienda del Lingotto che erano cambiamenti necessari perché “Sergio non tornerà più in azienda. Ed è sempre John Elkann a comunicare “con grande tristezza” che ” Exor ha appreso che Sergio Marchionne è mancato”. Poche parole per chiudere 14 anni di Sergio Marchionne al Lingotto. Il manager italo-canadese con residenza in Svizzera, a Zurigo, a pochi passi dall’ospedale dove è deceduto, era arrivato sulla tolda di comando della Fiat sull’orlo del fallimento del 2004 per trasformarla in  Fca, azienda automobilista globale con “zero debiti” del 2018. “È accaduto purtroppo quello che temevamo. Sergio, l’uomo e l’amico, se n’è andato», ha detto John Elkann, il presidente di Exor. Il manager, per 14 anni amministratore delegato di Fiat-Chrysler, aveva compiuto 66 anni lo scorso 17 giugno. Da alcuni giorni era ricoverato in coma irreversibile. Al suo posto, in Fiat-Chrysler, nei giorni scorsi sono subentrati come amministratore delegato di Fca il britannico Mike Manley, mentre in Ferrari il posto di Marchionne è andato a Louis Carey Camilleri, con John Elkann presidente di entrambe le aziende.

Marchionne. Fra cambia tutto dopo la morte del suo Ad

Gli ultimi 14 anni di Fiat, l’intero ciclo di rinascita del gruppo torinese, coincidono con l’era Marchionne. Il manager chietino diventò amministratore delegato dell’allora Fiat, a pochi giorni dalla morte di Umberto Agnelli. Fu lui il primo a credere in lui e a portarlo in Consiglio di amministrazione.

Marchionne era figlio di un maresciallo dei Carabinieri che si trasferì in Canada dopo la pensione per cominciare una nuova vita. La madre era di origini dalmate (Maria Zuccon). Era un ragazzo studioso, diventò un uomo colto e concreto. Prese tre lauree (Filosofia, Economia, Giurisprudenza) più un master in Business Administration. Diventò  commercialista nel 1985, poi procuratore legale e avvocato nel 1987. Esercitò queste professioni in Canada, nella regione dell’Ontario. Nel 2002 viene in Europa per guidare Sgs, colosso dei sistemi di certificazione che vede fra gli azionisti di controllo la famiglia Agnelli. In Svizzera Marchionne si costruisce una rete di relazioni che contano. Due anni dopo arriva la nomina a Ceo. Marchionne, in giacca e cravatta come non avvenne poi praticamente mai, si presenta alla stampa insieme al nuovo vertice del gruppo Fiat: il presidente Luca Cordero di Montezemolo e il vicepresidente John Elkann, all’epoca ventottenne. Le prime parole che pronunciò quel giorno furono queste: “Fiat ce la farà; il concetto di squadra è la base su cui creerò la nuova organizzazione; prometto che lavorerò duro, senza polemiche e interessi politici”. Fiat  era quasi fallita. Marchionne fece ripartire la Fiat con la rinuncia degli Agnelli all’esercizio della put option a General Motors che fece incassare al Lingotto 1,55 miliardi; il convertendo , appunto, siglato con i maggiori istituti di credito italiani; il controverso swap Ifil Exor che consentì alla dinastia torinese di mantenere il controllo della Fiat. Negli anni seguenti, complice l’ottimo andamento delle vendite sul mercato europeo e il boom delle immatricolazioni in Brasile (dove il Lingotto aveva una leadership sul mercato), la Fiat nella seconda parte del decennio 2000-2010 fece segnare una notevole ripresa in termini di redditività e di risultati di bilancio. Grazie a questi dati arrivò la svolta epocale: l’acquisizione dell’americana Chrysler fallita nella crisi del 2008 in cui gli Stati Uniti (e il mondo intero) finirono per trovarsi sottosopra. 

Nel dicembre di quell’anno il manager dichiarò che il settore si stava sempre più consolidando e che per resistere alla competizione sarebbe stato necessario crescere di stazza. Nel primo trimestre del 2011 Chrysler torna all’utile e a maggio 2011, a seguito del rifinanziamento del debito e del rimborso da parte di dei prestiti concessi dai governi americano e canadese, Fiat incrementa la propria partecipazione in Chrysler al 46%. A luglio 2011, con l’acquisto delle partecipazioni in Chrysler del Canada e del dipartimento del Tesoro statunitense, sale al 53,5%, al 58,5% nel 2012. Il 1° gennaio 2014 Fiat Group completa l’acquisizione di Chrysler acquisendo il rimanente 41,5% dal Fondo Veba (di proprietà del sindacato metalmeccanico Uaw) salendo al 100%, accordandosi per un esborso di 3,65 miliardi di dollari: 1,75 versati cash e i rimanenti in un maxi dividendo di cui Fiat girerà a Veba la quota relativa al proprio 58,5%. L’altra partita estera fu l’acquisizione della Opel, azienda automobilistica tedesca del gruppo General Motors. Dopo lunghe e difficili trattative sembrava che la “partita Opel” fosse stata vinta dal colosso Magna International. Ma neppure Magna riuscirà nell’intento di acquisire Opel in quanto a sorpresa General Motors, con l’avallo della Cancelliera tedesca Angela Merkel, decide di mantenere al suo interno la Opel e di rilanciare il marchio e la produzione seppur sacrificando qualche stabilimento. In Italia Marchionne cambia radicalmente le relazioni industriali. La vera rottura era avvenuta qualche anno prima nell’aprile del 2010, quando Fiat disdice il contratto nazionale, poi esce da Confindustria provocando un colpo durissimo all’associazione di viale dell’Astronomia, e chiede una serie di concessioni ai sindacati come condizione per investire a Pomigliano nella produzione della nuova Panda.

La maggior parte delle sigle sindacali accetta l’accordo, mentre la Fiom è contraria e così resterà fino alla fine aprendo un contenzioso che ancora oggi si trascina nei tribunali. In due successivi referendum, prima a Pomigliano e poi a Mirafiori, gli operai dicono sì all’intesa a larga maggioranza. Nel 2014 prende il timone anche della Ferrari guidata da oltre 20 anni da Montezemolo. Si tratta di una svolta inattesa, non senza un durissimo braccio di ferro tra i due che si conclude con l’estromissione del top manager che aveva rilanciato il marchio portando alla vittoria il Cavallino nel campionato di Formula Uno nel 2000. È il preludio alla quotazione della Ferrari negli Stati Uniti. Ma in Borsa ci va una quota minoritaria, il 10%, della Casa di Maranello, perché l’80% resta ai soci Exor, la holding degli Agnelli di cui è vicepresidente non esecutivo, e il restante 10% a Piero Ferrari, figlio di Enzo.

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Aggrediscono un uomo dopo una lite, arrestati due fratelli

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I carabinieri della compagnia di Cefalù hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Termini Imerese, su richiesta della procura, nei confronti di due fratelli di 39 e 35 anni, di origine balcanica, accusati di lesioni personali aggravate, violazione di domicilio e minaccia. Le indagini sono scattate dopo una lite tra i due indagati e un 40 enne loro connazionale in un bar a Campofelice di Roccella, scoppiata una sera ad inizio del mese di aprile. In poco tempo i militari sono riusciti a risalire agi autori del raid che dopo il diverbio hanno organizzato una spedizione punitiva contro la vittima. Gli indagati infatti, avrebbero rintracciato la vittima e l’avrebbero aggredita nel suo appartamento con calci e pugni davanti alla moglie e al figlio minore.

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G7: Scontri al corteo, polizia respinge gli antagonisti

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Serata di tensione, nel centro di Torino, per il corteo contro il G7 promosso dal centro sociale Askatasuna e dai collettivi studenteschi, nel primo giorno della riunione dei ministri dell’Ambiente alla Reggia di Venaria. La polizia ha usato prima gli scudi per respingere i manifestanti poi ha fatto ricorso a idranti e lacrimogeni, infine anche a qualche manganellata. I manifestanti, che volevano dirigersi verso gli alberghi che ospitano le delegazioni e Palazzo Madama, sede della serata di gala, hanno continuato a spostarsi nel centro cittadino cercando varchi, ma i cordoni di polizia hanno chiuso ogni possibile accesso. Dal corteo sono state lanciate a più riprese uova, fumogeni e qualche bottiglia contro le forze dell’ordine. Il primo momento caldo a poche decine di metri dalla partenza del corteo, da Palazzo Nuovo, la sede universitaria dove militanti dei centri sociali e dei collettivi studenteschi si erano riuniti in assemblea. La polizia ha subito fatto indietreggiare i manifestanti all’imbocco di via Po. Il corteo si è poi ricomposto e diretto verso altre zone del centro nel tentativo di avvicinarsi il più possibile alle zone transennate, dove si sono verificati altri momenti di tensione. Vicino al cinema Massimo alcuni antagonisti hanno lanciato tavolini di un dehors e sono stati fatti indietreggiare anche con qualche manganellata. Nel pomeriggio erano stati gli attivisti di Extinction Rebellion a prendersi la scena salendo a sorpresa sul tetto di un edificio in piazza Carlo Emanuele II, sede della facoltà di biologia, da dove hanno mostrato uno striscione con la scritta ‘The king is nake, G7 is a scam’ (Il re è nudo, il G7 è una presa in giro’.). Poi gli attivisti avevano bloccato una strada ballando al ritmo della musica techno: una cinquantina le persone identificate dalla Digos della questura di Torino che durante le perquisizioni ha sequestrato corde da arrampicata e coltellini modello svizzero.

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Stupro di gruppo: gli imputati rinunciano all’abbreviato

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Si svolgerà con il rito ordinario il processo ai sei ragazzi palermitani accusati di aver violentato, a luglio scorso, una 19enne al Foro Italico. Gli imputati avevano presentato richiesta di ammissione al rito abbreviato condizionando l’istanza a una serie di nuove attività tra le quali l’esame in aula della vittima che il gup ha però respinto. La 19enne peraltro è stata sentita dal Gip di Palermo, Clelia Maltese, nel corso di un incidente probatorio, due mesi e mezzo fa. Il giudice ha invece deciso di accogliere la richiesta di disporre una consulenza tecnica sul telefono della ragazza, ma i difensori hanno comunque rinunciato all’abbreviato optando per il dibattimento.

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