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Soldati russi catturati: è una guerra, Putin ci ha tradito

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“La tv ci sta fottendo e noi la beviamo”. Valera è un soldato russo. Giovane, come molti di loro. Ha i capelli corti, siede su un poltroncina da ufficio, quelle con i braccioli neri di plastica e lo schienale in tessutino. Dietro di lui campeggia la bandiera ucraina. In mano tiene un telefono e parla con la sua famiglia, a casa, in Russia. Le forze ucraine lo hanno fatto prigioniero e ora lo registrano mentre racconta la “sua” verita’. Forse la verita’ punto e basta. Quella che i russi non conoscono, perche’ isolati dalla propaganda, ebbri di censura. Ovvero che questa e’ una guerra sporca. Altro che liberazione dai neonazisti, come va dicendo il Cremlino. “Qui succede un casino della madonna, la mia compagnia, la N6, non esiste piu’, e neanche il nostro tenente esiste piu’. E’ una carneficina mamma, 9.000 ragazzi sono morti in 8 giorni, suonano sempre le sirene, i nostri bombardano le citta’”.

Valera parla con la madre. Lui come tutti gli altri che vengono ripresi. Poi i video vengono pubblicati sul web dagli ucraini e rimbalzano nelle chat, in Russia. Forse e’ una delle ragioni principali per cui Mosca sta cercando di oscurare i social (che pero’ continuano a girare grazie alle VPN, seppur piu’ lentamente). E dall’altro capo del filo dicono tutte le stesse cose: sei ferito, ti trattano bene, quando torni a casa. Perche’ puoi anche venire da una nazione di duri, ma la mamma e’ sempre la mamma. La sbornia nazionalista monta, in Russia, con la Z, il simbolo dell’invasione, che fa capolino sulle magliette, spinta da un’operazione di comunicazione senz’altro studiata dagli stregoni della comunicazione del Cremlino. I soldati, per loro, sono figli della Patria. Ma prima di ogni altra cosa sono i figli delle madri. E al telefono crollano, imprecano contro chi li ha mandati allo sbaraglio. “I nostri stanno bombardano i civili, Putin ci ha traditi, capisci? Ci ha fregati”, frigna Valera. Certo, sara’ vero? La domanda e’ lecita. In guerra la comunicazione e’ un arma e non si puo’ escludere che gli ucraini combattano anche con la contro-propaganda. Sicuramente si puo’ dire che Valera non e’ il solo. Un altro soldato di cui non sappiamo il nome, al telefono col padre, racconta piu’ o meno la stessa storia.

“I nostri ragazzi vengono sterminati, macellati a colonne intere… papa’, io non ho sparato a nessuno, non ho ucciso nessuno: qui succede un casino, i civili muoiono, i bambini muoiono, le bellissime citta’ vengono distrutte. No, per carita’, non mi passare la mamma, non lo fare!”. Ma non c’e’ verso. Ti trattano bene? Quando torni? “Non lo so, i nostri vengono mandati qui per combattere non si sa per cosa, ci mandano qui a morire per niente, sono morti cosi’ tanti ragazzi…”. Un altro video, che va per la maggiore, e’ stato invece girato, a quanto pare, da un medico. Parla e cura un soldato russo, ferito nei combattimenti. “Abbiamo il diritto di mostrare la vostra faccia, registrare video e fare domande: noi siamo civili, siamo dottori e vi mostro dove siamo per provare che non si tratta di una messinscena. E’ un ospedale distrettuale, noi siamo gente comune, non spariamo a nessuno. Questo e’ per i russi, non per gli ucraini”, dice il medico. Poi parte l’interrogatorio. “Lei comprende di trovarsi in un Paese straniero?”.

Si’. “Lei comprende che si tratta di un crimine di guerra?”. Si’. “I tedeschi sono arrivati di diritto qui nel ’41?”. No. “Allora qual e’ la differenza?”. Non c’e’. “Chi e’ il nazista, voi o noi?”. Non ritengo di essere un nazista. Il dialogo puo’ sembrare surreale, visto il contesto, ma invece va al cuore della questione, perche’ la mitologia della Grande Guerra Patriottica, in Russia, e’ uno dei simboli fondanti del potere putiniano. Oggi, proprio come al tempo della Seconda guerra mondiale, la Russia si ritrae nel giusto. ‘Denazifica’ l’Ucraina. Ma la narrazione nei video viene smontata. Un uomo, che si identifica come “un tenente dell’unita’ 58198”, chiude il cerchio. “Vi esorto a uscire a manifestare, bloccare le piazze e strade per porre fine a questa guerra: qui muore tantissima gente, anche donne e bambini, convincete il governo a smettere”.

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Putin: esercitazioni nucleari a truppe vicino a Ucraina

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Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato esercitazioni nucleari che coinvolgono truppe posizionate vicino all’Ucraina: lo ha reso noto l’esercito.

Le esercitazioni coinvolgono la Marina e le truppe di base vicino all’Ucraina, ha affermato oggi il ministero della Difesa russo. “Durante le esercitazioni verranno adottate una serie di misure per esercitarsi nella preparazione e nell’uso di armi nucleari non strategiche”, secondo il ministero.

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Israele spegne Al Jazeera, fumata nera sulla tregua

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Israele spegne Al Jazeera nel Paese mentre una nuova fumata nera al Cairo allontana l’agognata tregua a Gaza, nonostante l’ottimismo dei giorni scorsi, e avvicina invece l’operazione a Rafah, nel sud della Striscia. Da oggi l’emittente del Qatar non è più visibile in Israele. Il governo Netanyahu ha infatti votato la chiusura delle attività e la confisca delle attrezzature della tv, accusata di essere “il megafono” di Hamas a Gaza e di “istigare” contro Israele. Una decisione respinta da Al Jazeera, che l’ha definita “criminale”. L’approvazione da parte del governo è avvenuta all’unanimità, con qualche mal di pancia – per la concomitanza con le trattative in Egitto – dei ministri centristi del gabinetto di guerra, Benny Gantz e Gadi Eisenkot.

Lo scorso primo aprile la Knesset ha varato una legge per bandire le “emittenti straniere che danneggiano la sicurezza dello stato”. Il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha quindi firmato i provvedimenti che comprendono “la chiusura degli uffici, la confisca delle attrezzature del canale, compresi possibilmente i cellulari, e il blocco dell’accesso al sito web della tv”. Il capo del network in Israele e nei Territori Walid Omary ha preannunciato un possibile ricorso in tribunale. Hamas ha accusato Israele di voler così “nascondere la verità” sulla guerra, mentre l’Onu ha chiesto che il provvedimento sia ritirato. Frattanto la trattativa tra Israele e Hamas si è consumata in un muro contro muro, sebbene sul tavolo – secondo una fonte araba – ci fosse “la migliore bozza di accordo” elaborata finora.

I colloqui in serata sono stati dichiarati conclusi e la delegazione di Hamas – dopo aver fornito la sua riposta ai mediatori di Egitto e Qatar – è tornata a Doha “per consultazioni con la leadership” del movimento. Secondo i media egiziani, tornerà però martedì prossimo al Cairo per riprendere i negoziati mentre a Doha è arrivato in tutta fretta il direttore della Cia William Burns per spingere di nuovo alla ricerca di un’intesa prima che tutto “collassi”. Le posizioni continuano tuttavia a rimanere lontanissime. Il nodo è sempre lo stesso: Hamas insiste sulla fine definitiva del conflitto nella Striscia e il ritiro “totale” dell’Idf da Gaza. Condizioni che il premier Benyamin Netanyahu ha seccamente bocciato, liquidandole come diktat inaccettabili. E’ stato lo stesso leader della fazione islamica palestinese Ismail Haniyeh a ribadire la linea.

“Hamas – ha detto da Doha – vuole raggiungere un’intesa globale che ponga fine all’aggressione, garantisca il ritiro dell’esercito e raggiunga un serio scambio di prigionieri. Che senso ha un accordo se il cessate il fuoco non è il primo risultato?”. “E’ Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi”, ha replicato Netanyahu, aggiungendo che “Israele era ed è tuttora pronto a concludere una tregua per liberare gli ostaggi”. Ma “le richieste estreme” di Hamas, ha aggiunto il primo ministro, “significano la resa” di Israele, che “invece continuerà a combattere fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi”. Per questo ora l’operazione a Rafah, dove ci sono un milione e mezzo di sfollati palestinesi, sembra più vicina: “Comincerà molto presto”, ha assicurato il ministro della Difesa Yoav Gallant. “Ho affrontato la questione intensamente nell’ultima settimana, compreso oggi”, ha spiegato. La comunità internazionale, Stati Uniti in testa, è fortemente contraria.

E forse non è un caso che per la prima volta dal 7 ottobre l’amministrazione Biden la scorsa settimana abbia deciso di bloccare una spedizione di munizioni in Israele, come riferisce Barak Ravid di Axios. Il presidente Usa si trova ad affrontare aspre critiche in patria da chi si oppone al suo sostegno incondizionato allo Stato ebraico. A febbraio la Casa Bianca ha chiesto di fornire garanzie che le armi Usa fossero utilizzate dall’esercito israeliano a Gaza in conformità col diritto internazionale, con Israele che ha fornito una lettera di assicurazioni a marzo. Al 212esimo giorno di guerra intanto, Hamas ha rivendicato il lancio di almeno 10 razzi nell’area del valico di Kerem Shalom, quello da dove transitano i camion degli aiuti umanitari, con il motivo che sul posto “si erano radunati soldati”. Per tutta risposta lo Stato ebraico ha chiuso il valico, dove ci sono stati almeno 10 israeliani feriti. Secondo l’Idf, Hamas ha lanciato razzi da Rafah “a circa 300 metri da un’area usata come rifugio dagli sfollati”. Gli scontri proseguono anche al confine nord di Israele: Hezbollah ha rivendicato il lancio di “decine di razzi dopo la morte di tre civili a seguito di un attacco israeliano nel sud del Libano”.

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Matteo Falcinelli legato e immobilizzato, arresto choc italiano a Miami

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Non bastano le manette: prima bloccato da un ginocchio, poi la forte stretta di una cinghia ad aggiungere inutile sofferenza nella cella. Stavolta negli obiettivi delle bodycam degli agenti statunitensi c’è un giovane italiano, Matteo Falcinelli, un 25enne di Spoleto vittima di un violento trattamento degli agenti. Le immagini choc del suo arresto avvenuto lo scorso 25 febbraio a Miami, e rese note soltanto in queste ore dalla famiglia, scuotono fino a indurre alla “massima attenzione sul caso” da parte della Farnesina, che da quasi tre mesi segue la vicenda attraverso il consolato generale nella città della Florida, fin da quando Falcinelli fu bloccato dalla polizia per violenza (poi derubricata a ‘resistenza’), oltraggio e violazione di domicilio quella notte in cui il ragazzo stava tentando di rientrare in uno strip club dove era stato, per riavere i suoi telefoni smarriti all’interno del locale.

Lo stesso ministro e vice premier Antonio Tajani, che ha contattato la madre del 25enne per portare la sua solidarietà, si è detto “profondamente colpito dalla violenza e dal tipo di trattamento che è stato applicato al nostro giovane connazionale: quel sistema in Italia evoca qualcosa che neppure voglio nominare”. Azioni ritenute “inaccettabili” anche dal console e di cui Falcinelli porta ancora i segni di profonde ferite psicologiche, secondo quanto spiega la madre: ‘la sua voglia di vivere si è trasformata in un incubo di vivere’. Qualsiasi siano gli scenari, si apre adesso sulla vicenda una partita delicata tra i legali dello studente spoletino e le autorità della Florida, proprio in un momento in cui gli Usa, dopo un difficile accordo si apprestano a trasferire in Italia Chico Forti, condannato nel 2000 all’ergastolo da un tribunale dello stesso Stato americano per l’omicidio premeditato di un imprenditore australiano.

“La struttura amministrativa americana dovrebbe riconoscere che c’è stato un comportamento totalmente fuori dalle regole, totalmente ingiustificato e sproporzionato rispetto a quella che era la necessità di intervento. Penso che il fine principale delle sollecitazioni di chiarimento da parte dell’Italia sia proprio questo: far capire che tutto deve essere riportato nei giusti termini”, spiega il legale della famiglia, l’avvocato Francesco Maresca, riferendosi alle sue sollecitazioni alla Procura di Roma, “che può intervenire nei fatti che riguardano i cittadini italiani all’estero”. Non si può escluder quindi che la Procura potrebbe aprire un fascicolo, per richiedere ai colleghi statunitensi informazioni sull’accaduto e per sollecitare gli stessi a procedere in modo diretto nei confronti dei poliziotti. La polizia di Miami ha avviato un’indagine interna in merito alla vicenda di Falcinelli e l’ambasciata Usa a Roma spiega: “Abbiamo visto i report, rimandiamo alle autorità italiane”.

Ma la madre di Matteo lancia nuove accuse: “Nel report che la polizia ha rilasciato, scritto sotto giuramento degli agenti, non c’è una sola parola che corrisponda a quanto si vede nelle riprese. C’è scritto tutt’altro”, sostiene Vlasta Studenivova. Il giovane sta svolgendo al momento un trattamento alternativo al carcere, il parallelo della messa in prova in Italia e al termine di questo periodo – spiega il suo avvocato – “dal punto di vista giudiziario per lui questa vicenda si chiude”. Dal segretario di Più Europa Riccardo Magi al responsabile Esteri di Italia viva, Ivan Scalfarotto, arrivano richiesta di interrogazioni parlamentari al ministro Tajani mentre Ilaria Cucchi ne annuncia una anche per il Guardasigilli Carlo Nordio.

Il caso ha scatenato anche l’indignazione dell’associazione dei ‘Giuristi democratici, che parlano di “brutale tortura” senza mezzi termini e secondo cui “esistono delle regole internazionali sui diritti umani che non possono essere violate né in Italia, né in Europa e nemmeno negli Stati Uniti: vige il principio universale del divieto di trattamenti inumani e degradanti e non ci sono dubbi che l’incaprettamento al quale è stato sottoposto negli Usa lo studente italiano Matteo Falcinelli sia stata una delle pratiche più crudeli e antiche di tortura”. E Amnesty International aggiunge: “Immobilizzare per lungo tempo, mediante una tecnica che causa intenso dolore, una persona che evidentemente in quel momento non può costituire alcuna minaccia, è un trattamento illegale, che non trova alcuna giustificazione di sicurezza”.

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