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Cronache

La beffa francese, i terroristi assassini arrestati ieri sono già in libertà vigilata a Parigi e pronti a darsi alla macchia

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Sono tornati tutti in liberta’ con diverse restrizioni, fra cui il divieto di lasciare il territorio francese, i 9 ex terroristi italiani posti in stato di fermo nell’ambito dell’operazione ‘Ombre Rosse’. Da mercoledi’ prossimo, via ai processi davanti alla Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi, che dovra’ entrare nel merito, caso per caso, della richiesta di estradizione dell’Italia nei loro confronti. La giornata e’ cominciata con Luigi Bergamin e Raffaele Ventura che hanno deciso di costituirsi, recandosi direttamente e in compagnia dei loro avvocati al Palazzo di Giustizia. Per loro si pensava che la fine dello stato di fermo sarebbe stata concessa con una giornata di ritardo rispetto agli altri 7 arrestati ieri, che hanno trascorso la notte nei locali della SDAT, la vice direzione anti-terrorismo, che si trova a nord di Parigi, a Levallois-Perret. Infatti domani mattina alle 6 sarebbero scadute le 48 ore di fermo solo per i 7 arrestati ieri mattina. I giudici hanno invece convenuto di porre fine al fermo per tutti, accompagnando la decisione con misure cautelari: fra queste, il divieto di lasciare il territorio francese e l’obbligo di presentarsi a orari prestabiliti al commissariato piu’ vicino al luogo di residenza. I nove hanno dovuto anche lasciare i propri documenti di identita’ alle autorita’ giudiziarie e hanno l’obbligo di presentarsi ad ogni convocazione. L’uscita dallo stato di fermo era stata la richiesta dell’avvocata Irene Terrel.

La legale storica degli italiani degli anni di piombo in Francia – secondo quanto si apprende in ambienti vicini ai 9 ex terroristi – ha spinto a costituirsi Bergamin e Ventura per avvalorare la sua domanda ai giudici con il concetto di “affidabilita’” e “reperibilita’” di tutti gli imputati. In tal modo la difesa ha evitato il rischio che il giudice prolungasse lo stato di fermo per il timore di “fughe”. Resta introvabile il solo Maurizio Di Marzio, evidentemente in attesa di prescrizione che per lui scattera’ il 10 maggio. A meta’ giornata c’e’ stato, a palazzo di Giustizia, il primo contatto dei nove italiani con i magistrati francesi, dopo la decisione del presidente Emmanuel Macron di dare il via libera politico alla richiesta dell’Italia di estradarli. Uno per uno, sono stati presentati alla procuratrice Clarisse Taron, che ha in mano i loro fascicoli e che ha notificato loro la domanda di estradizione da parte dell’Italia. Nel rispetto della prassi, la magistrata ha chiesto ad ognuno di loro se acconsentisse alla richiesta italiana, ed ognuno – come ampiamente previsto – ha risposto di no. Sono quindi stati rinviati, sempre singolarmente, davanti al giudice, che ha deciso di porre fine allo stato di fermo. La Chambre de l’Instruction e’ stata investita da stasera della richiesta di giudizio sulle domande di estradizione, con prima udienza dedicata alle “notificazioni” il prossimo 5 maggio. L’Eliseo ha spiegato ieri che con l’operazione ‘Ombre Rosse’ si chiude definitivamente il dossier degli anni di piombo e della controversa dottrina Mitterrand, servita a proteggere chi fuggi’ dall’Italia per non scontare condanne. Molti gli interrogativi che si sono accavallati in queste ore, anche in ambienti francesi vicini a questo gruppo di fuorusciti, su eventuali altri nomi rimasti fuori dall’elenco. Fonti degli inquirenti hanno precisato che le varie liste compilate negli ultimi anni con i nomi di persone fuggite in Francia e con i conti in sospeso con la giustizia italiana sono state di fatto “azzerate”. E che con questo gruppo di sessantenni-settantenni – i 10 considerati in qualche modo “spendibili” perche’ non ancora in prescrizione – si chiude in modo definitivo il capitolo piu’ spinoso dei rapporti fra Roma e Parigi.

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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Truffa con ecobonus, la Finanza sequestra 1 miliardo di euro

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I finanzieri del Comando Provinciale di Savona hanno condotto una complessa attività di indagine nel settore dei crediti d’imposta, riconducibili a bonus in materia edilizia ed energetica, con particolare riferimento all’ Ecobonus e al Bonus facciate che ha portato al sequestro preventivo disposto dal gip di un miliardo di euro da eseguire sul cassetto fiscale di 311 soggetti economici coinvolti, detentori dei crediti d’imposta. Durante le indagini Finanza e agenzia delle Entrate hanno accertato come i crediti d’imposta fossero del tutto inesistenti perché con false fatture per lavori ancora da eseguire su immobili di proprietà di residenti nel savonese.

Una truffa replicata su scala nazionale da altre aziende del settore, in molti casi vere e proprie società fantasma oltreché evasori totali o con volumi d’affari inconsistenti, prive di immobili a cui poter associare le lavorazioni edilizie finalizzate all’agevolazione fiscale così come di fatture che comprovassero l’esecuzione dei lavori.

Alcuni dei soggetti coinvolti sono anche risultati percettori del reddito di cittadinanza, altri sono gravati da precedenti penali specifici, tra i quali si annoverano anche reati nel settore della spesa pubblica, altri ancora avevano generato e/o accettato crediti con soggetti con cui avevano un legame di parentela.

Una parte delle persone coinvolte aveva già effettuato la compensazione, conseguendo illeciti e consistenti vantaggi fiscali, mentre un’altra aveva acquistato blocchi di crediti fittizi dal valore nominale di centinaia di milioni di euro a fronte di un corrispettivo irrisorio effettivamente versato. La Gdf ha eseguito 85 perquisizioni nei confronti delle società che dei relativi rappresentanti legali, con l’impiego di oltre 250 militari in Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia.

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