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Pressing Regioni e Comuni ma Conte li avvisa: o così o sarà lockdown

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Tensione tra Regioni, enti locali e Governo sulla lotta al Coronavirus. Da una parte l’insofferenza dei sindaci, dall’altra i governatori che masticano amaro per i paletti troppo rigidi messi alle attivita’ economiche dall’ultimo Dpcm: e tutti, sindaci e governatori, manifestano con atti non solo simbolici l’insoddisfazione per le misure prese da Palazzo Chigi e mettono le mani avanti rispetto a ulteriori, piu’ drastici provvedimenti prospettati da piu’ parti. Ma il Governo con il ministro Boccia avverte: saranno impugnati tutti i provvedimenti non in linea con il Dpcm, a cominciare da quelli di Trento e della Sicilia. Per cercare di ricostruire il rapporto con Regioni ed enti locali il premier Giuseppe Conte ha ribadito alla Camera che la messa a punto del Dpcm e’ finalizzata “da un lato a preservare la tenuta del sistema sanitario nazionale e dall’altro a scongiurare un lockdown generalizzato che danneggerebbe ancor di piu'” l’economia del Paese. “Siamo consapevoli che sono misure severe ma sono necessarie a contenere i contagi. Diversamente la curva epidemiologica e’ destinata a sfuggirci completamente di mano”, ha proseguito Conte, il quale ha ricordato che la bozza del Dpcm e’ stata condivisa con il Comitato tecnico scientifico – per il quale l’Italia e’ in uno scenario di tipo 3 – che dopo ampia analisi ha condiviso i provvedimenti previsti. Un altro fronte aperto sono i mini lockdown. Non sono infatti piaciute ai sindaci di Milano e Napoli, Giuseppe Sala e Luigi De Magistris, le parole del consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi che ha parlato di una chiusura necessaria nelle due citta’. I due primi cittadini si sono sentiti e hanno scritto una lettera al ministro della Salute, Roberto Speranza “per chiedergli se quella e’ un’opinione del suo consulente o e’ un’opinione del ministero e, nel caso fosse un’opinione del ministero, se e’ basata su dati e informazioni che il ministero ha e noi non abbiamo”, ha spiegato Sala, secondo cui il lockdown a Milano “per quello che osservo e’ una scelta sbagliata”. Dal ministero della Salute la risposta arriva in serata. Verra’ predisposto dall’Istituto Superiore di Sanita’, si afferma, “un focus specifico sulle citta’ di Milano e Napoli che sara’ messo a disposizione delle regioni e dei comuni interessati”. E, comunque – e’ detto nella lettera di risposta ai due sindaci, in cui si rimarca il peggioramento della situazione epidemiologica nel Paese nelle ultime 4 settimane – “tutti i dati elaborati vengono trasmessi puntualmente alle regioni e sono articolati su base regionale e provinciale”. Sul fronte delle Regioni, il presidente della Liguria, Giovanni Toti ha ricordato polemicamente che “il decreto che ha nominato le Regioni enti attuatori del commissario straordinario di Governo anti covid, citato da Ricciardi per criticare i ritardi delle Regioni, e’ arrivato la prima settimana di ottobre: e poi si dice che le Regioni sono in ritardo”. In Friuli il presidente Fedriga e’ intervenuto ad una manifestazione della Fipe contro il Dpcm contestato. Il governatore della Puglia, Michele Emiliano ha annunciato la chiusura di tutte le scuole, ad eccezione dell’Infanzia. In Sicilia, invece, Nello Musumeci ha proposto un disegno di legge che consentira’ di spostare l’orario di chiusura di bar e ristoranti dalle 18 alle 22 o alle 23. Ultimi ritocchi in Sardegna, poi, al testo dell’ordinanza del governatore Solinas: il provvedimento dovrebbe contenere l’estensione dalle 18 alle 23 della chiusura di bar e ristoranti, la didattica a distanza al 100 per cento per le scuole superiori e poi una riduzione dei collegamenti marittimi e aerei da e per l’Isola. Insomma, una serie di iniziative autonome che hanno provocato l’immediata reazione del ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia il quale ha annunciato impugnative immediate per chi aggira il Dpcm: ovvero la Provincia di Trento – il presidente Maurizio Fugatti ha firmato l’ordinanza provinciale che prevede la chiusura dei bar alle ore 20.00 e i ristoranti alle ore 22.00 – ed eventualmente anche la Sicilia; e’ in corso di valutazione l’ordinanza della Provincia Autonoma di Bolzano. “Duole constatare la non completa consapevolezza della situazione sanitaria in Italia e duole ancor di piu’ che non siano tenuti in dovuto conto i dati uniformi di rischio”, ha lamentato Boccia.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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