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Cronache

Caso Shalabayeva, avvicendati i questori Cortese e Improta dopo la condanna

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A pochi giorni dalla sentenza del Tribunale di Perugia che li ha condannati a cinque anni di carcere ciascuno e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per il sequestro e l’estradizione di Alma Shalabayeva, per il questore di Palermo, Renato Cortese e per il capo della polizia ferroviaria, Maurizio Improta, arriva oggi la notizia dell’avvicendamento con destinazione ad altri incarichi. Una decisione che e’ stata presa dal capo della polizia, Franco Gabrielli, proprio come conseguenza della sentenza di primo grado del tribunale del capoluogo umbro che, mercoledi’ scorso, insieme all’allora capo della squadra mobile di Roma e al capo dell’Ufficio immigrazione, Cortese e Improta, ha condannato sempre a 5 anni di carcere i funzionari della squadra mobile, Luca Armeni e Francesco Stampacchia. Rispettivamente condannati a quattro anni e tre anni e sei mesi, invece, i due agenti in servizio all’Ufficio immigrazione, Vincenzo Tramma e Stefano Leoni mentre e’ stata assolta dall’accusa di sequestro di persona il giudice di pace che si occupo’ del procedimento, Stefania Lavore, anche lei condannata a due anni e sei mesi per falso. Per il questore di Palermo e per il capo della polizia ferroviaria il dipartimento di Pubblica sicurezza ha attivato oggi la procedura amministrativa dell’istituto giuridico della disponibilita’. “Pur ribadendo la profonda amarezza ed il pieno convincimento dell’estraneita’ dei poliziotti ai fatti” ha detto Gabrielli, con la decisione presa si riafferma il principio che “la Polizia, il cui motto non a caso e’ ‘sub lege libertas’, osserva e si attiene a quanto pronunciato dalle sentenze, quand’anche non definitive”. Per il Tribunale di Perugia, presieduto da Giuseppe Narducci, il rimpatrio di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako, Mukhtar Ablyazov e della loro figlia Alua, sei anni, dall’Italia al Kazakhstan (vennero prelevate in una villa a Roma nella zona di Casalpalocco), alla fine del maggio del 2013, configuro’ un sequestro di persona. Una decisione arrivata dopo una lunga camera di consiglio, al termine della quale la Corte ha comunque assolto gli imputati da una decina dei capi d’accusa per falso ideologico, abuso e omissione d’atti d’ufficio. Tutti, che dall’inizio del procedimento hanno sempre rivendicato la correttezza del loro comportamento, hanno assistito in aula alla lettura del dispositivo e, le loro difese, hanno gia’ annunciato ricorso in appello. I giudici hanno preso 90 giorni di tempo per il deposito delle motivazioni della sentenza. In aula non c’era, invece, Alma Shalabayeva, che vive a Roma con le figlie dopo essere tornata in Italia nel dicembre del 2013, mentre il marito e’ attualmente in Francia, dove gli e’ stato riconosciuto l’asilo politico. Una vicenda nella quale erano coinvolti inizialmente anche tre funzionari dell’ambasciata kazaka a Roma, prosciolti pero’ dal gup che ha riconosciuto loro l’immunita’ diplomatica. I quali tuttavia – emerge dai capi d’imputazione – avrebbero attivato “direttamente l’Autorita’ di polizia italiana e ingerendosi sistematicamente nell’attivita’ investigativa”. Che porto’ – sempre in base alla ricostruzione accusatoria – alla privazione della liberta’ personale di Alma Shalabayeva e della figlia, al loro trattenimento e al rimpatrio”.

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Auto si ribalta e prende fuoco, morti tre ragazzi

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re ragazzi sono morti in un incidente stradale che si è verificato poco fa nel Brindisino lungo la provinciale che collega Torchiarolo a Lendinuso. Sul posto stanno operando i vigili del fuoco. A quanto si apprende l’auto, una Porsche, con a bordo i tre giovani si sarebbe ribaltata prendendo fuoco.

Le vittime sono un 22enne e due ragazze 21enni, tutti residenti a Torchiarolo. Una delle ragazze era originaria dell’Ucraina e viveva in provincia di Brindisi. Le indagini sono condotte dalla polizia locale. La strada al momento è stata chiusa al traffico e sul posto si sta recando il pubblico ministero di turno della procura di Brindisi.

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Schianto in A1 dopo aver scelto casa, morti padre e bimbo

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Tornavano da Vicenza. Ci erano stati per iniziare a costruire la loro nuova vita: un lavoro da operatore socio sanitario grazie all’attestato che tra mille sacrifici era riuscito a prendere seguendo i corsi di un istituto di formazione a Cassino. Erano stati a scegliere la casa nella quale trasferirsi: giusto il tempo di far finire l’anno scolastico al loro bimbo che sta in Terza Elementare e poi un taglio netto con il passato, l’inizio di un sogno italiano che prende forma. Ma il sogno di una famiglia di origi nigeriane si è trasformato in un incubo. In una tragedia. È successo sull’autostrada A1, nel tratto tra Anagni e Ferentino, già in provincia di Frosinone, meno di cinquanta chilometri da casa: chilometro 615, direzione sud. Ore 15.30, cosa sia accaduto lo sta ancora ricostruendo la Polizia Stradale di Frosinone, forse uno pneumatico scoppiato.

Sta di fatto che la loro Ford Fiesta grigia viene tamponata con violenza da un suv Volvo di colore blu scuro. Un impatto che costa la vita a Inya Christopher Nwachi, 40 anni, ed al figlio Inya Christopher Junior, di appena 8 anni. Gravi anche la moglie, 40 anni, e l’altra bambina, 5 anni, che viaggiavano in auto. La donna è stata trasferita in elicottero al San Camillo di Roma: la sua prognosi è riservata. L’eliambulanza con la bambina invece è atterrata al Bambin Gesù: anche la bimba è in condizioni critiche. Il bilancio dell’incidente avrebbe potuto essere ancora più grave se non fosse stato per il conducente di un autoarticolato della società Iannotta che arrivava alle spalle delle due vetture: appena assistito all’incidente ha rallentato e si è messo di traverso, occupando le tre corsie di marcia facendo da scudo ed impedendo ad altri mezzi di finire addosso a quelli incidentati.

I primi a prestare i soccorso sono stati alcuni automobilisti, dopo pochi minuti è arrivato il personale sanitario del 118 con la Polizia Stradale di Frosinone ed i Vigili del Fuoco. Per prestare i soccorsi è stato necessario chiudere un tratto di autostrada: si sono creati fino a 6 chilometri di coda verso Sud e 2 verso Nord. Ora la circolazione è ripresa regolarmente. La famiglia, immigrata anni fa dalla Nigeria, si era costruita una vita nel sud della provincia di Frosinone: Inya Christopher Nwachi lavorava in una pizzeria di Cervaro e nel tempo libero studiava per prendere l’attestato da Oss. Ci era riuscito. Ed aveva trovato lavoro a Vicenza: avrebbe preso servizio all’inizio del prossimo giugno. “È una tragedia che colpisce la nostra comunità – dice il sindaco di Cervaro, Ennio Marrocco – era una famiglia che si era fatta ben volere, ben inserita, bravissime persone. Come Comune di Cervaro saremo al fianco della signora e della bambina”. Che ora, dal sogno si ritrovano a vivere un incubo.

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Il 19 giugno parte il processo per l’omicidio di Aurora

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Si svolgerà il 19 giugno al Tribunale per i minorenni di Bologna, con rito abbreviato, il processo per il 15enne accusato dell’omicidio di Aurora Tila, la ragazza di 13 anni, morta dopo essere precipitata dal terrazzo sopra casa a Piacenza, il 25 ottobre. Ne dà notizia il quotidiano Libertà. Il processo era stato inizialmente fissato per il 9 luglio, con rito ordinario. L’avvocato difensore del ragazzo ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. Oltre agli atti raccolti dalla procura saranno presi in esame in aula i risultati delle perizie dei consulenti di parte. Aurora Tila, studentessa dell’Istituto Colombini, morì la mattina del 25 ottobre precipitando da un terrazzo al settimo piano del palazzo dove viveva con la madre e cadendo poi su un balcone tre piani più in basso. Con lei, sul terrazzo, c’era l’ex fidanzatino, di due anni più grande: le telecamere del condominio hanno ripreso il loro incontro nell’atrio, prima di salire in casa.

È stato lui a dare l’allarme e qualche giorno dopo è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario. Lui ha sempre negato queste accuse, sostenendo una versione diversa dei fatti rispetto alla ricostruzione della Procura. Il processo si svolgerà secondo il rito abbreviato (ovvero sulla base degli atti raccolti dalla procura, con il beneficio di uno sconto di un terzo della pena) ma “condizionato”, ovvero con l’ascolto in aula dei periti, e quindi con il confronto fra le due perizie, dagli esiti divergenti, che potrebbero rappresentare il cuore del processo. I medici legali di parte della difesa, infatti, contestano radicalmente le conclusioni alle quali era arrivata la perizia disposta dalla procura dei minorenni, che sostanzialmente attribuiscono al 15enne la volontà di far cadere Aurora dal terrazzo, da un’altezza di nove metri.

Una ricostruzione che la difesa ha sempre negato. Il punto cruciale su cui ci sarà battaglia sarà la dinamica della caduta, che secondo la perizia del consulente della procura, è incompatibile con un suicidio. Conclusioni, che come riferisce il quotidiano piacentino, secondo il medico legale Mario Tavani (che insieme al collega Attilio Maisto ha curato la perizia per la difesa) “risultano indubbiamente criticabili”, mentre “quelle sulla ricostruzione dinamica della precipitazione del corpo per alcuni versi inaccettabili”. Saranno prese in esame anche alcune testimonianze oculari: il racconto di alcune persone che hanno riferito di aver visto i due giovani litigare sul terrazzo sono state infatti cruciali per le indagini.

E’ stata una di queste testimonianze, in particolare, secondo cui il ragazzo avrebbe spinto Aurora oltre il parapetto e l’avrebbe colpita sulle mani per farla cadere, a risultare cruciale nella decisione di arrestare il 15enne. Un dettaglio, quello dei colpi sulle mani, che sarà messo a confronto con gli esiti delle perizie: quella dell’accusa ritiene le ferite che Aurora aveva sulle dita compatibili con i colpi ricevuti per farla cadere, mentre secondo la perizia della difesa sono state procurate dall’impatto a terra.

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