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Cronache

Desolazione antimafia, la voglia di relegare la magistratura antimafia in un angolino nell’era del covid 19 e dei miliardi di euro da spendere

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È desolante constatare come ancora nel 2020 ci sia una così grave sottovalutazione del fenomeno mafioso. Una sottovalutazione che è frutto di un approccio sbagliato e superficiale. Si sostiene ancora, anche da alti ambiti istituzionali, che i magistrati antimafia debbano restare lì buonini a fare il loro compitino. Magari in silenzio, senza commentare, senza proporre, senza pensare. Mi chiedo allora che cosa ci hanno lasciato in eredità Falcone e Borsellino, due magistrati sacrificati sull’altare della lotta alla mafia. Due uomini che tutto erano tranne che magistrati allineati. Due uomini liberi, dalla schiena dritta.

Falcone e Borsellino. Due magistrati che sono stati un esempio di lotta alla mafia

C’è forse chi pensa ancora che la lotta alle mafie si possa relegare alle sole aule giudiziarie?
C’è ancora chi addirittura crede che la gestione e la politica del sistema carcerario debbano essere lasciate a zelanti funzionari ministeriali, ricchi di esperienza su scartoffie varie, ma purtroppo a secco di esperienza e conoscenza del campo di battaglia?
Se io avessi una malattia operabile mi affiderei sempre al miglior chirurgo disponibile, con più operazioni all’attivo e non certo al pur bravo teorico professorone senza esperienza operativa.
Ma sono opinioni. Io la penso così e ritengo che molti problemi non si riescono a risolvere proprio perché non ci si affida a chi lavora, opera sul campo.

Carceri da svuotare. La sede del ministero della Giustizia in via Arenula a Roma

Le Commissioni di soli teorici mi fanno sempre un po’ paura. Rischiano di partorire le soluzioni, astrattamente anche le migliori possibili, ma spesso irrealizzabili in concreto e sganciate dalla realtà.
Ricordo sempre l’esempio del cecchino infallibile in allenamento che poi sul campo di battaglia non riesce a mantenere il necessario sangue freddo.
Ma la questione di affidare un ufficio strategico come il DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) ad un magistrato antimafia seriamente impegnato nella lotta alle organizzazioni mafiose e riconosciuto come tale, ha implicazioni e significato ancor più profondi. Significa mettere al centro della strategia antimafia la questione carceraria. È fin troppo noto che le dinamiche criminali interne agli istituti di pena sono ancor più pericolose di quelle esterne. Per un motivo anche intuitivo. Quasi tutti i capi delle organizzazioni mafiose sono detenuti. Ed invece da anni ormai non esiste, non dico una strategia, ma alcun tipo di idea su questo delicato tema. Ecco perché, caro presidente Onida, servirebbe l’esperienza di un magistrato antimafia.  Ma c’è di più. La stessa polizia penitenziaria non ha una guida chiara sul punto. Il Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria, capace per il passato di attività straordinarie, per quanto mi risulta non ha più la stessa capacità operativa.

Ci sarebbe poi anche il fronte della lotta al terrorismo internazionale ed all’eversione interna, ma andremmo su prospettive avveniristiche, sconosciute ai più. Immaginate che contributo potrebbe dare qualche magistrato antimafia e antiterrorismo su questi aspetti oggi quasi completamente abbandonati.
Invece, purtroppo, bisogna ancora una volta constatare come la tendenza sia completamente diversa.
Burocrati e burocratese hanno invaso campi di operatività rendendoli inefficaci ed inefficienti. Recenti visite ai reparti 41 bis che hanno connotazioni più turistiche che ragioni istituzionali dimostrano il dilagare di questa tendenza. Sono i corsi e ricorsi storici di vichiana memoria purtroppo. Ci aspetta un’altra durissima stagione di contrasto alle mafie, sempre più pericolose ed agguerrite, favorite da questo miope atteggiamento negazionista o riduttivista. Il 19 luglio ricorderemo come ogni anno la strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Borsellino e gli agenti della sua scorta. Persone dalla schiena dritta, capaci di comprendere in anticipo la gravità del pericolo mafioso e liberi di combatterlo fino alla fine, consapevoli che il loro sacrificio avrebbe segnato una svolta. La svolta ci fu, c’è stata, ma è durata poco. Poi si è tornati al periodo pre Falcone e Borsellino. Speriamo che duri poco anche questo brutto periodo e che non ci sia bisogno di altre vittime sacrificali perché lo Stato possa riaprire gli occhi. Si deve al più presto aprire una nuova stagione costituente antimafia. Servono nuove regole condivise per fronteggiare le mafie moderne, finanziarie e tecnologiche. Ogni giorno perso è un vantaggio per i mafiosi ed un danno per le persone perbene.

Direzione investigativa antimafia. Nella Relazione semestrale per il Parlamento si parla di possibili infiltrazioni delle mafie nella spesa pubblica post covid 19

Siamo in una fase, quella dell’emergenza post pandemia virale, in cui la spesa pubblica si dilaterà in maniera incredibile anche grazie a risorse (si parla di centinaia di miliardi di euro) che saranno stanziate dalle autorità comunitarie per consentire agli stati membri come l’Italia di riavviare i motori dell’economia, favorire la ripresa dei consumi e ristrutturare l’intero sistema sanitario pubblico per adeguarlo ad un futuro rischio contagio di ritorno del coronavirus. In questo contesto che sicuramente favorirà gli appetiti mafiosi (ci sono già molte inchieste che lo evidenziano), così come è stato ben denunciato anche dagli analisti della Direzione investigativa antimafia nella Relazione semestrale inviata al Parlamento italiano, è davvero un peccato constatare che c’è ancora chi pensa che non servano i magistrati antimafia. Che devono stare lì, tranquilli, a fare il loro compitino e a non disturbare troppo.

Catello Maresca*. Sostituto procuratore generale al Tribunale di Napoli

*L’autore dell’editoriale è stato per 12 anni sostituto procuratore alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli ed ha firmato le più importanti catture di mafiosi nell’ultimi decennio (da Michele Zagaria ad Antonio Iovine a Giuseppe Setola, capi della cupola della mafia casalese) 

 

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G7: Scontri al corteo, polizia respinge gli antagonisti

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Serata di tensione, nel centro di Torino, per il corteo contro il G7 promosso dal centro sociale Askatasuna e dai collettivi studenteschi, nel primo giorno della riunione dei ministri dell’Ambiente alla Reggia di Venaria. La polizia ha usato prima gli scudi per respingere i manifestanti poi ha fatto ricorso a idranti e lacrimogeni, infine anche a qualche manganellata. I manifestanti, che volevano dirigersi verso gli alberghi che ospitano le delegazioni e Palazzo Madama, sede della serata di gala, hanno continuato a spostarsi nel centro cittadino cercando varchi, ma i cordoni di polizia hanno chiuso ogni possibile accesso. Dal corteo sono state lanciate a più riprese uova, fumogeni e qualche bottiglia contro le forze dell’ordine. Il primo momento caldo a poche decine di metri dalla partenza del corteo, da Palazzo Nuovo, la sede universitaria dove militanti dei centri sociali e dei collettivi studenteschi si erano riuniti in assemblea. La polizia ha subito fatto indietreggiare i manifestanti all’imbocco di via Po. Il corteo si è poi ricomposto e diretto verso altre zone del centro nel tentativo di avvicinarsi il più possibile alle zone transennate, dove si sono verificati altri momenti di tensione. Vicino al cinema Massimo alcuni antagonisti hanno lanciato tavolini di un dehors e sono stati fatti indietreggiare anche con qualche manganellata. Nel pomeriggio erano stati gli attivisti di Extinction Rebellion a prendersi la scena salendo a sorpresa sul tetto di un edificio in piazza Carlo Emanuele II, sede della facoltà di biologia, da dove hanno mostrato uno striscione con la scritta ‘The king is nake, G7 is a scam’ (Il re è nudo, il G7 è una presa in giro’.). Poi gli attivisti avevano bloccato una strada ballando al ritmo della musica techno: una cinquantina le persone identificate dalla Digos della questura di Torino che durante le perquisizioni ha sequestrato corde da arrampicata e coltellini modello svizzero.

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Stupro di gruppo: gli imputati rinunciano all’abbreviato

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Si svolgerà con il rito ordinario il processo ai sei ragazzi palermitani accusati di aver violentato, a luglio scorso, una 19enne al Foro Italico. Gli imputati avevano presentato richiesta di ammissione al rito abbreviato condizionando l’istanza a una serie di nuove attività tra le quali l’esame in aula della vittima che il gup ha però respinto. La 19enne peraltro è stata sentita dal Gip di Palermo, Clelia Maltese, nel corso di un incidente probatorio, due mesi e mezzo fa. Il giudice ha invece deciso di accogliere la richiesta di disporre una consulenza tecnica sul telefono della ragazza, ma i difensori hanno comunque rinunciato all’abbreviato optando per il dibattimento.

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Otto milioni evasi al fisco, tre aziende irpine nei guai

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False fatturazioni ed altrettante inesistenti operazioni transnazionali per evadere le imposte dirette e i versamenti Iva. Tre aziende operanti in provincia di Avellino sono state denunciate dalla Guardia di Finanza per una evasione complessiva di otto milioni di euro nel corso di altrettante verifiche fiscali. Cinque milioni sottratti alla tassazione dirette e 1,5 milioni all’Iva. Nel corso dei controlli è anche emerso che un professionista del capoluogo ha sottratto mezzo milione di euro all’erario facendo figurare come acquisite prestazioni tecniche, in realtà mai ricevute, ma falsamente fatturate da una società a lui riconducibile.

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