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Salute

Coronavirus: studio a Napoli, quarantena fa bene al diabete  

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Sembra un paradosso, ma la quarantena fa bene ai diabete.. Il lockdown ha risincronizzato i nostri bioritmi? Il miglioramento del compenso glicemico nei pazienti con diabete tipo 1 suggerisce di si’, come dimostrato da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Diabetes Care della American Diabetes Association, condotto dai professori Brunella Capaldo, Giovanni Annuzzi e Lutgarda Bozzetto ed altri ricercatori dell’Unita’ Operativa Complessa (U.O.C.) di Diabetologia dell’Azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli, diretta dalla professoressa Angela Rivellese. Il diabete tipo 1, spiegano i ricercatori, e’ una malattia cronica con un grosso impatto sulla qualita’ di vita dei pazienti. E’ infatti necessaria una ferrea autodisciplina per aderire a tutte le indicazioni terapeutiche necessarie a mantenere un buon compenso glicemico, che e’ fortemente influenzato dallo stile di vita. Pertanto, i pazienti devono interagire frequentemente con il proprio team diabetologico per ricevere l’educazione e il supporto necessari, fra l’altro, ad adeguare la somministrazione di insulina alle variazioni dell’alimentazione e dell’attivita’ fisica. Tutto cio’ si deve inserire negli impegni della vita quotidiana caratterizzata da ritmi pressanti e spesso imprevedibili. Il lockdown imposto dalla pandemia COVID-19 ha stravolto le abitudini di vita delle persone, rileva il professor Annuzzi, e reso piu’ difficile l’accesso dei pazienti ai servizi sanitari, con possibili ricadute negative sulla gestione delle malattie cronico-degenerative, incluse il diabete. In questo contesto, particolarmente nei pazienti affetti dal diabete tipo 1, uno strumento molto importante si e’ rivelata la telemedicina, cioe’ la possibilita’ di fare le visite a distanza, favorita dal fatto che molti di questi pazienti utilizzano i nuovi sistemi di monitoraggio in continuo della glicemia che consentono al diabetologo di visualizzare in remoto l’andamento giornaliero della glicemia, minuto per minuto, e suggerire eventuali modifiche della terapia insulinica. Lo studio ha dimostrato un miglioramento del compenso glicemico durante il periodo di quarantena in 207 adulti con diabete tipo 1 che utilizzavano il monitoraggio continuo della glicemia. In particolare, i pazienti hanno trascorso piu’ tempo con valori glicemici nell’intervallo raccomandato con riduzione delle oscillazioni glicemiche giornaliere, delle ipoglicemie e delle iperglicemie rispetto alle settimane precedenti il lockdown. Questi miglioramenti, in qualche modo inattesi, sono stati ottenuti nonostante non ci fosse una riduzione dell’introito calorico giornaliero e, come c’era da aspettarsi, non fosse aumentata l’attivita’ fisica. Il miglioramento del controllo glicemico osservato in questo studio, affermano i ricercatori, sembrerebbe essere dovuto a uno stile di vita piu’ regolare: meno pasti fuori casa e piu’ tempo per la cura di se’ e per la gestione ottimale della terapia insulinica. Un ruolo importante nel raggiungimento di questo risultato e’ stato svolto dalla telemedicina, supportata dalle risorse digitali attualmente disponibili in diabetologia, che ha consentito al team diabetologico della Federico II di garantire la continuita’ assistenziale nonostante le difficolta’ logistiche legate alla pandemia COVID-19. Dallo studio si evince un importante insegnamento, che trascende i problemi legati all’emergenza Coronavirus, per tutte le persone con diabete: il benessere psico-fisico si puo’ raggiungere solo con un ritmo di vita meno stressante e piu’ regolare che contempli orari dei pasti e di riposo abbastanza costanti e sufficiente tempo da dedicare a se stessi e ai propri interessi. “Dopo questa drammatica esperienza, dobbiamo imparare a guardare al futuro con occhi diversi” conclude Annuzzi.

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Robert Gallo, padre dell’Hiv: «A 88 anni non smetto, la mia missione è migliorare la vita delle persone»

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Il virologo che scoprì il virus dell’Hiv si è trasferito in Florida per guidare un nuovo istituto di ricerca. «Sono un criceto sulla ruota, non posso smettere. Spero nei giovani: la scienza non basta, serve saper vivere nel mondo reale»

A 88 anni, compiuti lo scorso marzo, Robert Gallo (Foto University of South Florida) continua a correre. Lo fa con la determinazione di chi, dopo 1.300 articoli scientifici e una carriera da pioniere, non ha mai considerato il pensionamento una possibilità. «Sono come un criceto sulla ruota: non posso fermarmi», racconta al Corriere della Sera dalla sua nuova base operativa a Tampa, in Florida.

Un nuovo inizio a Tampa: «Avevo bisogno di sfide vere»

Dopo aver lasciato il Maryland, dove stava per essere confinato a ruoli cerimoniali, Gallo ha accettato la direzione dell’Institute of Translational and Innovative Virology all’Università della Florida del Sud. «Mi avevano spinto verso il semi-ritiro, ma io ho bisogno di lavorare», dice. Accanto all’università, guida anche un programma sull’oncogenesi microbica al Tampa General Hospital. «Studiamo come virus e batteri possano causare tumori. Ho già portato con me cinque scienziati, anche dall’Italia».

L’Hiv, la sfida che continua

Il suo impegno con il virus che contribuì a identificare negli anni Ottanta non si è mai interrotto. Oggi Gallo lavora su una scoperta recente: l’interferone alfa, che dovrebbe proteggere l’organismo, finisce invece per danneggiarlo nei pazienti con Hiv. «Con una nuova biotech, vogliamo neutralizzare questo effetto. Potrebbe essere una svolta per prevenire tumori e problemi cardiaci nei pazienti Hiv positivi».

La scoperta dell’Hiv e la tempesta che ne seguì

Ripercorrendo gli anni cruciali della scoperta dell’Hiv, Gallo racconta: «All’inizio tutto sembrava favorevole: avevo scoperto i primi retrovirus umani. Poi è arrivata la bufera: cause, rivalità, complottismi, persino minacce di morte. Pensavo bastasse la scienza, invece ho capito che non è così semplice».

I limiti dei vaccini, le promesse della terapia

Sulle nuove terapie a lunga durata per l’Hiv Gallo è ottimista: «Un grande progresso». Ma sui vaccini resta scettico: «L’Hiv muta troppo. Meglio puntare su cure efficaci e prevenzione delle comorbidità».

La ricerca del futuro: «Serve prepararsi alle pandemie»

Gallo guarda avanti, e lo fa con preoccupazione per le nuove minacce virali come l’H5N1 e il vaiolo delle scimmie. «I rischi aumentano, servono investimenti nella ricerca. E serve più consapevolezza politica: tagliare i fondi alla scienza, come ha fatto l’amministrazione Trump, è pericoloso».

Il messaggio ai giovani: «La scienza da sola non vi proteggerà»

Ai giovani ricercatori, Gallo lancia un monito: «La verità scientifica è fondamentale, ma non basta. Bisogna sapersi muovere nel mondo: tra burocrazia, media, potere. E mai arrendersi: ogni crisi è un’opportunità». E infine, una speranza: «Spero che nascano molti nuovi Gallo, anche migliori di me. Il successo non è nei titoli, ma nell’impatto sulla vita delle persone».

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Salute

Caso di Dengue nel Comasco, scatta la disinfestazione

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Allerta per un caso di Dengue nel Comasco dopo che un residente di ritorno da un viaggio all’estero ha accusato i malori tipici della malattia ed è stato ricoverato in sorveglianza sanitaria all’ospedale Sant’Anna. A seguito di ciò, in via precauzionale, e in collaborazione con l’Ats territoriale, il comune di Capiago Intimiano ha avviato un trattamento straordinario per l’eliminazione di eventuali zanzare tigre, potenziali vettori della malattia. La disinfestazione nella frazione di Olmeda è partita da sabato 3 maggio per concludersi lunedì 5 maggio con il supporto della Protezione civile e di una ditta specializzata. Fino a lunedì l’invito per i residenti è di tenere le finestre chiuse, gli animali domestici in casa e di astenersi dal consumare i prodotti del proprio orto.

In particolare, ha spiegato il sindaco di Capiago Intimiano, Emanuele Cappelletti che ha firmato l’ordinanza, recependo le richieste dell’Ats Insubria, si tratta di tre interventi in aree pubbliche e private dalle 2 alle 6 per tre notti consecutive dal 3 al 5 maggio per un raggio di 200 metri. “Pur essendo prodotti approvati dal Ministero ed a bassissima tossicità per uomo, animali e ambiente, in via largamente prudenziale si consiglia di mantenere per la durata dei tre trattamenti (quindi dalle 2 alle 6 di notte) del 3, 4, 5 maggio le finestre chiuse, il bucato steso all’interno e gli animali domestici in casa”. E inoltre “in merito ad eventuali prodotti da orto, di raccoglierli e consumarli dopo 72 ore dall’ultimo trattamento, previo accurato lavaggio”. Per ora, secondo il direttore dell’Unità di Statistica molecolare e di Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma, Massimo Ciccozzi, “non c’è nessun allarme della malattia in Italia” anche se è bene programmare le disinfestazioni contro la zanzara tigre.

La Dengue, dice Ciccozzi, “è un problema importante se diventa epidemica, ma non lo è così com’è oggi. Il caso importato ha solo un inconveniente: la zanzara tigre non è un vettore usuale, ha bisogno di due microlitri di sangue per poter deporre le uova e quindi deve pungere più volte. Quindi se punge la persona infetta può diventare vettore occasionale di Dengue. Poi la zanzara tigre non la si vede perché staziona sulle piante e sull’erba. Ecco perché è importante la disinfestazione di parchi e giardini”. In Italia, dall’1 gennaio al 29 ottobre 2024, al sistema di sorveglianza nazionale, secondo i dati dell’Istituto superiore di Sanità, risultano 667 casi confermati di Dengue di cui 456 associati a viaggi all’estero e 207 casi autoctoni, nessun decesso. Il vettore principale è la zanzara Aedes aegypti che in Italia non è presente. Normalmente la malattia dà luogo a febbre nell’arco di 5-6 giorni dalla puntura di zanzara, con temperature anche molto elevate, accompagnata da mal di testa acuti, dolori attorno e dietro agli occhi, forti dolori muscolari e alle articolazioni, nausea e vomito. I sintomi tipici sono spesso assenti nei bambini.

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Davide, una vita rara e una mamma straordinaria: la battaglia quotidiana contro la sindrome di AHDS

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Davide ha 22 anni e una vita piena di sfide. È affetto da AHDS, la Sindrome di Allan-Herndon-Dudley, una malattia genetica rarissima che colpisce solo i maschi. In Italia ne soffrono in 14, nel mondo circa 300. È arrivato nella casa di Rosita e Giorgio a Monticelli Brusati, in Franciacorta, a soli 26 giorni dalla nascita, dopo due anni di attesa per l’adozione. Apparentemente sano, col tempo ha iniziato a manifestare i primi segnali di una grave patologia: oggi non cammina, non solleva le braccia, comunica solo con gli occhi e viene alimentato da un sondino gastrico.

Una mamma sempre accanto

Rosita Birolini, 56 anni, lavora in smart working come responsabile vendite di una cantina e non si allontana mai da lui. «Davide non ha mai parlato — racconta —. Comunichiamo con gli occhi, con i gesti, con l’amore. È la nostra lingua». La diagnosi, arrivata solo nel 2015, dopo anni di ricerche e test genetici, ha cambiato tutto. A identificarla fu un team del Besta di Milano, ma determinante fu un test genetico effettuato privatamente negli Stati Uniti.

Una campagna per la speranza

Alla forza di Rosita e delle tante mamme come lei è dedicata la campagna “Io per Lei” di Telethon, in programma oggi e domani in oltre 2.500 piazze italiane. I biscotti a forma di cuore, distribuiti da 5.000 volontari, saranno il simbolo di questa battaglia per la ricerca scientifica. Il ricavato sosterrà i progetti per malattie genetiche rare come quella di Davide.

Una cura per il futuro

«Davide non potrà beneficiare della cura che un giorno arriverà, ma altri bambini sì», dice Rosita. Insieme al marito ha fondato l’associazione “Una vita rara AHDS-MCT8 Onlus” e ha scelto di sostenere la Fondazione Telethon nel selezionare i progetti più promettenti attraverso il bando Seed Grant. Già quattro sono stati finanziati, anche grazie al libro per bambini Sorpresa nel bosco, che racconta in forma di fiaba la storia di Davide.

L’abbraccio di Papa Francesco

Il 1° maggio 2018, Davide è stato ricevuto da Papa Francesco. «L’amore sa custodire la fiammella nella notte buia», disse il pontefice. Rosita custodisce ogni sua parola come un dono prezioso.

Una vita fatta di gratitudine

«Nonostante tutto — conclude Rosita — io provo gratitudine. Per Davide, per gli amici, per Telethon. Oltre le difficoltà, c’è sempre speranza».

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