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Salute

Coronavirus: l’Italia ha test sierologico, vince Abbott

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 E’ la Abbott Diagnostics, leader mondiale nel campo dei test per le malattie infettive, incluso lo sviluppo del primo test per l’Hiv, ad aggiudicarsi la gara per i test sierologici in Italia che partiranno il prossimo 4 maggio a livello nazionale, su un primo campione di 150mila persone. Le analisi sul sangue serviranno a gestire il post blockdown con l’indagine campione sulla diffusione del coronavirus. Il nuovo test anticorpale per il Covid-19 di Abbott IgG SARS-CoV-2, riferisce il colosso con sede in Usa, identifica l’anticorpo IgG, una proteina prodotta dall’organismo nelle fasi avanzate dell’infezione e che potrebbe persistere per mesi e forse anni dopo la guarigione. “Il test anticorpale – afferma la societa’ in una nota esplicativa – rappresenta un importante passo avanti per stabilire se una persona e’ stata precedentemente infettata. Il test consentira’ una migliore comprensione sulle dinamiche di questa infezione e in particolare sulla comparsa degli anticorpi e sulla loro persistenza. Queste conoscenze potrebbero contribuire allo sviluppo di terapie e vaccini”. Il test anticorpale IgG di Abbott sara’ inizialmente disponibile sugli strumenti di laboratorio ARCHITECT i1000SR e i2000SR. ARCHITECT e’ uno dei sistemi di laboratorio piu’ diffusi al mondo ed e’ in uso da decenni. Nei laboratori di tutta Italia vengono utilizzati oltre 1.000 analizzatori di questo tipo, con una produttivita’ per analizzatore fino a 200 test per ora. Abbott sta aumentando in modo significativo la produzione europea di test anticorpali, che estendera’ poi al suo sistema Alinity i. Nel prossimo futuro l’azienda rendera’ disponibile anche il test sierologico per la determinazione qualitativa delle IgM dirette contro il SARS COV-2. Abbott e’ presente in oltre 160 paesi con circa 107.000 dipendenti. Otto i requisiti stabiliti per i test nella gara, pubblicata sui siti istituzionali del ministero della Salute e del Commissario Straordinario e del Dipartimento della Protezione civile: sensibilita’ non inferiore al 90%; rapidita’ di risposta con la possibilita’ di processare almeno 120 test per ora; tipologia dei kit, che dovra’ essere del tipo Clio e/o Elisa per la rilevazione di IGg specifiche (anticorpi neutralizzanti per sarsCov2); l’avvenuta validazione dei test da parte di laboratori qualificati o agenzie regolatorie operanti a livello nazionale o internazionale; una specificita’ dei test non inferiore al 95%; l’idoneita’ dei test ad una applicazione su larga scala (con affidamento delle analisi ad una platea ampia di laboratori accreditati presenti nel territorio, senza necessita’ di ulteriore formazione); la rapidita’ di trasporto e consegna della fornitura, a partire dal 3 maggio 2020. Ultima caratteristica richiesta e’ la disponibilita’ a fornire ulteriori quantitativi dei prodotti indicati. La valutazione e la scelta finale e’ stata fatta da una commissione di gara nominata dal commissario straordinario e formata da 6 esperti. Il punteggio ottenuto da ogni singola offerta ammessa alla fase di valutazione e’ stato inoltre determinato sulla base di un algoritmo. A parita’ di punteggio ottenuto, prevedeva infine il bando di gara, “preferenza sull’offerta recante le migliori condizioni economiche e, comunque, quella che dovesse prevedere la fornitura dei kit e dei reagenti a titolo gratuito”.

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Neonata con rara malformazione nata a Salerno e gestita con competenza dai medici

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Parto eccezionale all’ospedale di Salerno. Una donna di 38 anni è stata dimessa dal Reparto di Gravidanza a Rischio dell’Aou San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, diretto dal dottor Mario Polichetti, dopo aver dato alla luce una neonata con una rarissima malformazione. La paziente era stata trasferita dall’ospedale di Polla al Ruggi dove ha partorito sua figlia che sta bene anche se è tuttora ricoverata nel reparto di Neonatologia, diretto dalla dottoressa Graziella Corbo, per ulteriori controlli. La neonata, di quasi 3 chili, è portatrice di una condizione genetica molto rara, denominata ‘Situs Inversus’, ovvero un collocamento anomalo degli organi del torace e dell’addome con inversione di posizione, rispetto alla loro sede usuale.

La piccola paziente, ha infatti il cuore, lo stomaco e la colecisti a destra ed una malformazione della vena cava, vicariata dalla vena emiazygos. “Il parto in questione – spiega Polichetti – è un evento davvero straordinario e deve essere gestito con estrema competenza, per evitare eventuali complicazioni, ma siamo fieri ed orgogliosi che si sia concluso nel migliore dei modi”.

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Salute

Una vita più lunga di 5 anni con le giuste abitudini

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Quando si tratta di longevità, il patrimonio genetico è importante. Lo stile di vita, però, lo è altrettanto, ed è in grado di compensare gli svantaggi derivanti da una cattiva predisposizione genetica. Anche le persone che hanno un profilo genetico che le espone a un maggior rischio di morte prematura, infatti, possono ribaltare la sorte e guadagnare oltre 5 anni di vita aderendo a stili di vita sani: non fumare, evitare l’alcol, avere una corretta alimentazione, svolgere attività fisica. A questo risultato è giunto uno studio internazionale pubblicato sulla rivista BMJ Evidence- Based Medicine. La ricerca ha coinvolto oltre 350 mila persone, classificandole sulla base del loro profilo genetico e dello stile di vita.

La prima scoperta a cui sono giunti i ricercatori è che le abitudini hanno un peso maggiore della genetica sull’aspettativa di vita: le persone con stili di vita dannosi avevano un rischio di morte prematura (prima dei 75 anni) del 78% più alto rispetto a quelli con stili di vita sani. La genetica, invece, aumenta solo del 21% le probabilità di morte precoce. Le cose si complicano notevolmente quando una persona con profilo genetico negativo ha stili di vita non sani: il tal caso il rischio di morire prima di compiere i 75 è più che doppio. Ciò che è più importante, però, è che quando una persona con una cattiva genetica aderisce a stili di vita sani il suo rischio si riduce del 54%.

Tradotto in anni, ciò equivale a 5,2 anni di vita guadagnati. “Le politiche di sanità pubblica per favorire stili di vita sani potrebbero costituire un potente complemento all’assistenza sanitaria e diminuire l’impatto dei fattori genetici sulla durata della vita umana”, scrivono i ricercatori. Nelle stesse ore in cui veniva pubblicato lo studio, un’altra ricerca – in tal caso condotta dall’Ufficio europeo dell’Oms – ha confermato che, per quel che riguarda gli stili di vita, la pandemia ha avuto un effetto distruttivo, soprattutto nei bambini.

La ricerca ha mostrato che, durante la pandemia, per il 35% dei piccoli tra 7-9 anni è aumentato il tempo trascorso a guardare la Tv, a usare videogiochi o social media; per il 28% si è ridotto il tempo trascorso nelle attività all’aperto. È inoltre raddoppiata, passando dall’8 al 16%, la percentuale di bambini percepiti in sovrappeso dai genitori. Per alcuni aspetti, le cose sono andate anche peggio in Italia, che è stato uno dei Paesi in cui si è più ridotto il tempo trascorso fuori (-40%) e si è registrato un più ampio aumento del sovrappeso percepito dai genitori, passato dal 10 al 25%. È anche calato il consumo di frutta e verdura e aumentato quello di snack dolci e salati. “Non possiamo permetterci di ignorare queste tendenze: nella nostra Regione, 1 bambino su 3 è in sovrappeso o obeso e già il consumo di frutta e verdura è basso”, ha detto Kremlin Wickramasinghe, esperto dell’Oms Europa. “Spero che questo rapporto faccia scattare l’allarme”.

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Salute

Borotalco al cancro, J&J propone 6,5 mld di dollari per chiudere le cause sul cancro

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Il colosso farmaceutico americano Johnson & Johnson ha presentato un piano per porre fine alle cause civili sul talco accusato di provocare il cancro in base al quale è disposto a pagare circa 6,5 ;;miliardi di dollari. “Questo piano è il culmine della nostra strategia di risoluzione consensuale annunciata in ottobre”, ha spiegato Erik Haas, vicepresidente degli affari legali di J&J, citato in un comunicato stampa. “Da quella data, il gruppo ha lavorato con gli avvocati che rappresentano la stragrande maggioranza dei ricorrenti per trovare una soluzione a questa controversia, che anticipiamo con questo piano”, ha detto. Secondo il piano, J&J ha accettato di pagare circa 6,475 miliardi di dollari in venticinque anni per reclami relativi a problemi ovarici (99,75% dei reclami attuali).

Gli altri disturbi riguardano il mesotelioma, soprannominato ‘cancro da amianto’, e vengono trattati separatamente. Il piano proposto prevede un periodo di tre mesi durante il quale i ricorrenti saranno informati della sua esistenza. Sarà convalidato se il 75% lo accetterà. Il gruppo precisa che gli avvocati dei ricorrenti che hanno collaborato al suo sviluppo “lo appoggiano”. Il talco è accusato di contenere amianto e di provocare il cancro alle ovaie. Cosa che l’azienda continua a smentire, anche se l’ha ritirato dal mercato nordamericano. Haas ha denunciato in questo senso la “distorsione degli studi scientifici”. Una sintesi degli studi pubblicati nel gennaio 2020 e riguardanti 250.000 donne negli Stati Uniti non ha trovato un legame statistico tra l’uso del talco sui genitali e il rischio di cancro alle ovaie.

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