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Taverna “Anema e core”, il regno della vita notturna e del divertimento caprese

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L’appuntamento è sempre a Capri, l’isola dell’amore, della bellezza, della spensieratezza, della ricchezza. Aggungete voi gli aggettivi che vi piacciono di più. Per Capri non bastano mai. Tanto è bella questa perla del Mediterraneo, tanto sono belli e di cuore i capresi. Quelli doc, non quelli arricchiti ma cafoni. Anche quest’anno, battenti aperti per l’Anema e Core, la Taverna dell’Isola Azzurra, tappa irrinunciabile del by night caprese. Se non ci passate, se non ci andate anche solo una sera, anche solo per un’ora, vuol dire che non siete stati a Capri.

Capri non sarebbe la stessa senza questo locale che richiama il meglio del jet set internazionale che vuole divertirsi all’insegna di balli, buona musica e ambiente certo raffinato e selezionato ma mai snob. Come al solito saranno Guido Lembo e l’Anema e Core Band le attrazioni principali. Saranno loro, con la loro musica, un mix meraviglioso di tradizione e innovazione, napoletanità mixata ad internazionalità, a far divertire gli ospiti, in quello che può essere considerato un piccolo tempio canoro del divertimento. Dunque chi si trova a passare per Capri o vuole divertirsi, un salto all’Anema può solo fare bene al cuore e al buonumore. Ne sanno qualcosa  personaggi dello star system, capitani d’industria, gente comune, politici, icone della moda.  Lo scorso autunno i Millenials di Dolce e Gabbana hanno scelto l’Anema e Core come loro copertina fashion folk, contribuendo allo spettacolo,  fatto di buona musica,  improvvisazione e calore umano. Chi è passato per la taverna di Lembo? Si fa prima a ricordare chi non ci è passato. Non c’è divo o diva del cinema, finanziere, politico, riccosfondato che non c’è passato. E però, badate bene, potete essere chi volete, potete chiamarvi come vi pare, quando entrate all’Anema e Core, l’unica forma di rispetto che vi si usa è: divertitevi e starete bene. Altrimenti, se siete musoni, accomodatevi pure fuori.

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La preside e il no allo schwa sul giornalino del liceo

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Il divieto agli asterischi e allo schwa negli atti delle scuole, voluto dal ministro Valditara, incontra i primi scogli. Succede così che la ‘censura’ al giornalino di un liceo di Padova, per l’utilizzo del simbolo ‘schwa’ in un articolo, abbia dato fuoco alle polveri della polemica. Il segno in matita rossa l’ha messo la preside del liceo artistico ‘Pietro Selvatico’ – storica scuola di visioni aperte e progressiste – che ha fermato il ‘Wild Times’ (la testata studentesca) per uno ‘schwa’ di troppo. In uno dei ‘pezzi’ del menabò, scritto da un’ex alunna per raccontare cosa succede dopo il diploma superiore – l’iscrizione all’università, i test d’ingresso – ci si rivolgeva ai ragazzi chiamandoli “studentə”, invece che studenti e studentesse.

“Lo schwa – ha osservato la preside, Giovanna Soatto – non è un fonemo leggibile ad alta voce spiega e, usato in quel contesto, non è né necessario né efficace. Anzi, mi è parsa una forzatura che rischiava di diventare giudicante verso chi non condivide quelle scelte linguistiche”. “Il linguaggio della scuola – ha rimarcato – deve poter parlare a tutti, non solo alla comunità queer. Non ho fermato il giornalino, ho solo chiesto che venisse rispettata la lingua italiana, già di per sè inclusiva”. Detto-fatto: il giornalino è stato aggiornato e pubblicato regolarmente sul sito della scuola. Ma gli studenti non hanno gradito. In una lettera aperta la redazione si è appellata alla “libertà di espressione, fondamentale in un percorso di crescita, che una scuola libera e aperta come la nostra – è scritto – dovrebbe promuovere”.

La diatriba si è allargata dalle aule del Selvatico alla comunità studentesca padovana. “Se perfino la Cassazione ha tolto ‘madre’ e ‘padre’ dai documenti dei minori per non essere discriminatoria, perché non si può usare una vocale neutra?” è la domanda posta da Sophie Volpato, rappresentante della Rete Studenti Medi. Anche la parlamentare del Pd Rachele Scarpa, annunciando un’interrogazione in proposito, si è schierata al fianco degli studenti: “la redazione – ricorda – ha reagito coraggiosamente con una lettera aperta definendo l’accaduto ‘un atto di censura’, e ricordando che il loro giornalino ‘è nato per dar voce a tutti, non per omologare il pensiero'”.

La linea della preside, del resto, risponde alla contestata circolare del ministero dell’Istruzione del 21 marzo scorso, scritta (coincidenza) dalla ex dirigente dell’ufficio scolastico del Veneto, Carmela Palumbo: “l’uso di segni grafici non conformi, come l’asterisco (*) e lo schwa (ə), è in contrasto con le norme linguistiche e rischia di compromettere chiarezza e uniformità della comunicazione istituzionale”.

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Morto travolto in bici a Monza, trascinato per 500 metri

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Stava pedalando in prossimità dell’incrocio tra via Dante e viale Cesare Battisti, a Monza, l’uomo che oggi è stato travolto da un camion, e non da un furgone come emerso da una prima comunicazione, e trascinato per oltre 500 metri. La vittima del grave incidente, le cui generalità devono ancora essere confermate, risultava residente a Milano. Alla guida dell’autoarticolato c’era un uomo di 48 anni, residente in Brianza, che dopo l’impatto, ha proseguito la marcia sul proprio mezzo in direzione Biassono (Monza). Grazie ad alcuni testimoni, gli agenti della Polizia Locale, lo hanno poi rintracciato. Sottoposto ad alcoltest, il camionista è risultato negativo, mentre sono in corso altri esami e accertamenti. L’uomo è indagato per omicidio stradale.

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Finge debito con usurai e spilla 9mila euro all’innamorata

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Due muratori di 50 e 57 anni, di Rimini, sono finiti a processo al tribunale di Ancona per truffa in concorso. Avrebbero raggirato una 54enne di Falconara (Ancona) facendole credere che il più giovane, con cui aveva iniziato una storia sentimentale a metà giugno del 2021, era ricattato dagli usurai per un debito non saldato. “Se non pago mi ammazzano” avrebbe detto alla donna che in quattro mesi gli ha dato 9mila euro credendo che fosse davvero in pericolo di vita. I due si era conosciuti su Facebook pochi mesi prima. Dopo uno scambio di messaggi avevano deciso di incontrarsi e si sono visti per la prima volta a Senigallia. Lei è arrivata con un’amica e anche lui si era portato un amico, quello che è poi finito a processo. La relazione è durata fino ad ottobre del 2021. In più tranche la 54enne gli avrebbe dato il denaro, rassicurata anche dall’amico del suo innamorato che le raccontava che lo aveva visto prendere le botte dagli usurai.

Quando le richieste di denaro sono aumentate, perché il 50enne una volta le ha detto che aveva subito un furto in casa e un’altra volta che era stato derubato di una collana d’oro, la donna si è insospettita. Del furto non aveva fatto denuncia e nemmeno per gli usurai l’imputato si era rivolto alle forze dell’ordine. La falconarese ha iniziato a chiedere il denaro indietro ma l’innamorato è sparito così ha sporto denuncia. Il processo è in corso davanti alla giudice Maria Elena Cola dove la vittima, parte civile con l’avvocato Edoardo Massari, è stata già sentita. La discussione è stata fissata per l’8 ottobre. I due imputati, che respingono le accuse, sono difesi dagli avvocati Stefano Parma e Nicolò Durzi del foro di Rimini.

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