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Economia

Grande distribuzione, Di Maio: chiudere di domenica e far riposare i lavoratori

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Approveremo la legge che impone lo stop la domenica e nei giorni festivi delle aperture agli esercizi e ai centri commerciali. È la promessa del vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, intenzionato a dare una stretta sulla liberalizzazione delle aperture e degli orari nel commercio introdotta nel 2011 con il decreto Salva Italia. Per i sindacati è una decisione positiva. Da sempre le organizzazioni sindacali sono schierate contro la deregolamentazione e il conseguente far west riguardo orari e retribuzioni dei lavoratori che devono impegnare anche giornate tradizionalmente dedicate al riposo, alla famiglia per tenere aperti negozi e centri commerciali della grande distribuzione.

Grande Distribuzione. Battaglia per chiudere nei giorni festivi

La grande distribuzione organizzata che dalle liberalizzazioni ha visto crescere i profitti non ci sta. Parlano di rischio potenziale di perdita di posti di lavoro per  40-50mila lavoratori. Numeri che vengono forniti dall’amministratore delegato e direttore generale di Conad, Francesco Pugliese. Stesso allarme rilanciato dal presidente di Federdistribuzione, l’associazione che riunisce le aziende della distribuzione, Claudio Gradara che parla di un provvedimento di cui “non vediamo la necessità e l’opportunità” e di cui “non si capisce la tempestività”. Ma Di Maio, che qualche anno fa questa battaglia assieme al suo Movimento,  va avanti e traccia la cornice dell’intervento legislativo per introdurre “turnazioni” e limiti dell'”orario, che non sarà più liberalizzato, come fatto dal governo Monti. Quella liberalizzazione – sottolinea il vicepremier – sta infatti distruggendo le famiglie italiane. Bisogna ricominciare a disciplinare orari di apertura e chiusura”.

“La grande distribuzione occupa 450 mila dipendenti – sottolinea Pugliese, Conad – le domeniche incidono per il 10% e quindi sicuramente avremo circa 40-50mila tagli. Ora quei 400 mila saranno felici di non lavorare, i 50 mila non so se lo saranno”. Per l’ad di Conad, la liberalizzazione delle aperture guarda soprattutto “nell’ottica dei cittadini. Ci sono 19 milioni e mezzo di persone che vanno a fare la spese nei negozi la domenica”. Di certo, sottolinea Gradara, “le aperture domenicali sono un grande successo, hanno dato un sostegno ai consumi in un momento di grande necessità”. E poi c’è un altro tema con cui fare i conti, l’e-commerce: mettere limitazioni al commercio mentre le vendite on-line vanno a gonfie vele sarebbe “un handicap per l’intero settore”, evidenzia il presidente di Federdistribuzione.

Più cauta Confcommercio, che dice sì al dialogo per “una regolamentazione minima e sobria” delle chiusure festive: “Ridiscutere con atteggiamento non ideologico il ruolo della distribuzione è un primo passo importante e condivisibile”. Netta, invece, la posizione dei sindacati, promotori anche di diverse campagne contro “la spesa nei giorni festivi”. “Intervenire è una priorità”, insiste la segretaria generale della Filcams-Cgil, Maria Grazia Gabrielli, ritenendo “indispensabile un confronto per porre un limite alle aperture incontrollate, che in questi anni hanno stravolto il settore e la vita delle lavoratrici e dei lavoratori delle aziende del commercio”.

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Economia

Lavoro, Mattarella: c’è bisogno delle donne, basta barriere e basta divario con uomini

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“Il lavoro è motore di crescita sociale ed economica: il nostro Paese, al pari degli altri, non può permettersi di rinunciare all’apporto delle donne, che costituisce un fattore indispensabile”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una lettera inviata al Corriere della Sera, organizzatore del festival Il Tempo delle Donne in corso a Milano. “Il divario del quasi 20% tra occupazione maschile e femminile costituisce un punto critico di sistema: ogni sforzo va compiuto per ridurlo sempre di più. Il lavoro è anche libertà, dignità e riscatto. Nei rapporti di lavoro occorre rispettare i diritti di parità e di eguaglianza, previsti dalla nostra Costituzione. Ancora oggi nel lavoro femminile sono presenti ostacoli, rallentamenti e disparità, per l’accesso, nella retribuzione, nella progressione di carriera, negli incarichi di vertice” ha aggiunto il capo dello Stato. “Le barriere possono alzarsi fino a giungere a inaccettabili e odiose discriminazioni: licenziamenti, dimissioni in bianco, pressioni indebite, persino forme di stalking e di violenza, fisica o psicologica. Il rispetto delle norme e dei diritti va assicurato anche attraverso una vigilanza ferma ed efficace. Allo stesso modo, vanno rimossi gli ostacoli rendono difficile la conciliazione tra occupazione e cura della famiglia” ha continuato.

“Il lavoro non allontana la donna dalla maternità. È vero il contrario: l’occupazione femminile è un fattore che sostiene in modo decisivo la famiglia e le nascite. Per cercare di frenare l’impoverimento demografico. ma anche per venire incontro ai legittimi desideri delle giovani coppie, sarà sempre più necessario impegnarsi per una migliore gestione dei servizi, per la conciliazione dei tempi di lavoro, per una più forte cultura di sostegno della famiglia” ha proseguito. “Ringrazio il ‘Tempo delle Donne’ e tutti coloro che vi hanno preso parte in questi giorni. Anche quest’anno dall’ormai tradizionale appuntamento del Corriere della Sera dedicato all’universo femminile, sono venute idee, proposte, provocazioni utili per un dibattito sul ruolo della donna nella società all’altezza dei tempi e delle sfide a cui siamo tutti chiamati” ha concluso.

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Economia

Bonus casa al 36%, addio a sconti su mobili e verde

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Giorgia Meloni è stata esplicita: “E’ finita la stagione dei bonus”. Un messaggio politico chiarissimo che il governo dovrà declinare punto per punto entro ottobre, quando nella definizione della legge di bilancio si scoprirà quali saranno dal primo gennaio i bonus che sopravviveranno, quali saranno ridotti e quali invece del tutto eliminati. Al momento a correre il rischio è un lungo elenco di sconti ed agevolazioni, con il settore della casa che si preannuncia il più colpito. Gli italiani dovranno probabilmente dire addio al bonus mobili, al bonus verde e al bonus decoder e dovranno fare i conti con il netto ridimensionamento di tutti gli sconti per i lavori edilizi.

Ma sul tavolo ci sono anche il bonus psicologo (per il cui rinnovo il mondo parlamentare sì è però già speso) e le carte Cultura o Dedicata a te. Secondo i calcoli di Assoutenti, l’insieme dei crediti legati ai bonus edilizi in vigore da fine 2020 al 2024 ha raggiunto un costo totale di circa 220 miliardi di euro, con un peso virtuale, spalmato sulla collettività, pari a 8.527 euro a famiglia, 3.679 euro a cittadino, neonati compresi. Gli stanziamenti per i bonus non edilizi, invece, si attestano attorno ai 2 miliardi di euro solo nel 2024.

Tra quelli che rischiano di sparire l’associazione cita innanzitutto l’ecobonus al 75% riconosciuta per i lavori di riqualificazione energetica degli edifici unifamiliari o nei condomini; il sismabonus fino all’85% per lavori riguardanti misure antisismiche su abitazioni e immobili usati per attività produttive; il bonus verde, la detrazione Irpef del 36% per la sistemazione di aree verdi scoperte degli edifici privati. Il vituperato superbonus subirà invece un netto ridimensionamento, passando dal 70% al 65% e solo per i lavori di condominio approvati entro il 17 febbraio 2023, documentando le spese entro il 29 marzo 2024. In generale a sopravvivere e a raccogliere tutti gli altri sconti edilizi sarà il bonus ristrutturazioni che però passerà dal 50% su una spesa pari a 96mila euro al 36% su un massimo di 48mila euro.

Quanto basta a far scattare l’allarme dei sindacati: ridurre gli incentivi per l’efficienza energetica e per la ristrutturazione delle case, “in totale contraddizione con le stesse politiche europee e relativi fondi”, sottolinea la Fillea-Cgil, “sarebbe un errore clamoroso a danno di cittadini, lavoratori e imprese”. Tutto da vedere poi il destino del bonus mobili ed elettrodomestici, il contributo fiscale per l’acquisto di arredi e di lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi di classe superiore e meno impattante sull’energia elettrica. Su quest’ultimo nella maggioranza c’è però chi si è già mosso: la Lega lo definisce un incentivo ‘buono e virtuoso’ e per rinnovarlo ha presentato una proposta di legge che il primo firmatario Alberto Gusmeroli spera possa essere assorbita nella manovra. Situazione simile per il bonus psicologo introdotto nel 2022. L’intenzione di rinnovarlo è condivisa ma servono i soldi: l’anno scorso sono stati stanziati 10 milioni che ora andranno nuovamente reperiti.

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Moda, c’è un tracollo: persi 9,7 milioni di export al giorno

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Nei primi sei mesi del 2024 le imprese della moda hanno registrato un calo del 5,3% delle esportazioni, pari a una perdita di 1,8 miliardi di valore. In pratica, tra gennaio e giugno, le aziende hanno visto calare di 9,7 milioni di euro al giorno i ricavi da vendite all’estero. Confartigianato rilancia con i dati l’allarme per la “crisi profonda della moda italiana” e, dopo il “peggioramento nel corso dell’estate degli indicatori”, chiede al governo “misure subito”. I crolli maggiori per l’export della moda riguardano i mercati di Svizzera (-54,9%), Regno Unito (-9%) e Germania (-7,1%)”. A livello provinciale è Varese ad aver subito il calo più intenso (199 milioni, -28,7%), seguita da Firenze (778 milioni, -16,5%), Treviso (204 milioni, -15,7%) e Biella (127 milioni, -15,6%). Negativi anche i dati della produzione.

Nel mese di luglio è scesa del 18,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, con una flessione complessiva del 10,8% tra gennaio e luglio 2024. Peggiorate anche le aspettative sugli ordini delle imprese della moda e la crisi – avverte ancora la confederazione di artigiani e piccole imprese – “si riflette anche sulle previsioni di assunzione per il trimestre settembre-novembre 2024: -5,6% rispetto all’anno precedente”. La confederazione di artigiani e piccole imprese si è rivolta al ministro delle Imprese, Adolfo Urso, con una lettera del presidente Marco Granelli che “ha denunciato la gravità della situazione che investe soprattutto le piccole imprese e ha sollecitato una serie di interventi per scongiurare il tracollo del settore e il rischio di perdere una delle componenti più importanti del patrimonio manifatturiero made in Italy”. Servono “misure subito”. Dal ministero c’è ora “l’impegno a prendere in considerazione alcune proposte avanzate dalla confederazione a sostegno degli imprenditori”.

“Confidiamo – spiega il presidente di Confartigianato Moda, Moreno Vignolini – che il Governo possa sospendere i versamenti tributari per le imprese in crisi”. E’ anche “necessario estendere la Cig in deroga, applicare la moratoria sul rientro dei prestiti garantiti attraverso una norma del Fondo Centrale di Garanzia che permetta l’allungamento senza impatti sul rating aziendale, l’aumento del 50% dell’aiuto di Impresa 4.0″, una semplificazione delle procedure di accesso ai prestiti Simest per fiere e patrimonializzazione delle imprese”. Confartigianato sollecita anche “risorse per incentivare l’acquisto di capi rigenerati provenienti da filiere certificate”.

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