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Politica

Zelensky al Parlamento italiano: Mariupol come Genova, i russi non riescono ad avanzare

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato accolto con una standing ovation dai parlamentari italiani appena la sua immagine in diretta è stata proiettata oggi nell’Aula di Montecitorio, dove il premier Mario Draghi ha reso omaggio all’ “eroismo” e la “dignita’” del popolo ucraino che resiste contro l’invasione russa, mentre sul terreno la situazione non sembra essere sostanzialmente cambiata: proseguono i bombardamenti delle citta’ ma senza avanzate significative dei russi, che secondo varie fonti stanno invece attraversando un momento di difficolta’. Sul fronte diplomatico, Papa Francesco ha telefonato oggi a Zelensky, che lo ha invitato a Kiev e gli ha detto che una mediazione di pace della Santa Sede “sarebbe vista con favore”. Il presidente ucraino ha anche rilanciato l’idea di un incontro diretto con il suo omologo russo, Vladimir Putin, dicendosi aperto a discutere della Crimea e delle autoproclamate repubbliche russofone, ma a condizione che la trattativa si svolga dopo la proclamazione di un cessate il fuoco. E i rapporti gia’ tesi fra Mosca e Washington sono “sull’orlo della rottura”, avverte il governo russo, dopo i pesanti commenti del presidente Joe Biden riguardo a Putin, che ha definito un “dittatore assassino” e un “criminale di guerra”.

In un discorso di 12 minuti davanti alle due Camere riunite, Zelensky ha denunciato che l’invasione russa “sta distruggendo le famiglie mentre la guerra continua a devastare citta’ ucraine”, comparando il porto meridionale di Mariupol – assediato e bombardato da settimane – con Genova: “Immaginate Genova completamente bruciata”, ha detto il presidente ucraino ai parlamentari italiani, prima di avvertirli che “l’Ucraina e’ il cancello per l’esercito russo e loro vogliono entrare in Europa, ma la barbarie non deve entrare”. Senza riferirsi a richieste che aveva fatto in precedenza – come una no-fly zone assicurata dalla Nato – Zelensky ha chiesto “altre sanzioni, altre pressioni”. Gli ha risposto il premier Draghi, che ha definito “eroica” la resistenza degli ucraini all’invasione. “L’Italia – ha detto – ha ammirato il coraggio, la determinazione, il patriottismo del presidente e del popolo ucraino” perche’ “l’arroganza del governo russo – ha aggiunto – si e’ scontrata con la dignita’ del popolo ucraino”. “Davanti all’incivilta’ non ci giriamo dall’altra parte”, ha assicurato Draghi.

“A chi scappa dalla guerra dobbiamo offrire accoglienza e di fronte ai massacri dobbiamo rispondere con aiuti, anche militari, alla resistenza”, ha detto. Primi commenti critici (da Petrocelli, M5s) e qualche distinguo dal leader della Lega Matteo Salvini, che ha detto: “Quando si parla di armi non riesco a essere felice”, prima di aggiungere: “Credo che la telefonata tra il Santo Padre e Zelensky sia la chiave. L’uomo di governo che sta lavorando di piu’ per la pace e’ il Santo Padre”. Papa Francesco, infatti, ha telefonato a Zelensky, che lo ha anche invitato in Ucraina. Nel suo discorso a Montecitorio il presidente ucraino ha riferito che il papa gli “ha detto parole molto importanti” e lui ha raccontato a Sua Santita’ “la difficile situazione umanitaria e il blocco dei corridoi di soccorso da parte delle truppe russe”. “Il ruolo di mediazione della Santa Sede nel porre fine alla sofferenza umana sarebbe accolto con favore”, ha aggiunto, dopo aver ringraziato il pontefice “per le preghiere per l’Ucraina e la pace”. E mentre Zelensky annuncia che “le forze russe hanno rallentato la loro avanzata” e il suo esercito dice di aver riconquistato Makariv, a 60 km della capitale, il ministero britannico della Difesa sostiene che i russi hanno registrato “progressi limitati, con il grosso delle forze in gran parte in stallo” e il Pentagono parla di “contrattacchi delle forze dell’Ucraina contro Mosca” e dice che “i russi sono in difficolta’”. Per Kiev le truppe d’invasione “hanno scorte di munizioni e cibo per non piu’ di tre giorni”. E secondo il capo di Stato Maggiore, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, si calcolano intorno a 15mila uomini le perdite russe in Ucraina”.

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Gualtieri a giro boa, abolire frase ‘non si può fare’

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“Basta con le romanelle, con le soluzioni pasticciate. Abbiamo deciso di eliminare il concetto di scorciatoia” perché la città di Roma “non va solo manutenuta ma trasformata”, nella “condivisione tra giunta e Consiglio” e tenendo in gran conto gli stimoli che arrivano dal tessuto della città, perché “non abbiamo la verità in tasca”. E con un’ambizione: “Voglio abolire la frase ‘non si può fare’, questo concetto per cui i romani non hanno il diritto, chissà perché, di pretendere soluzioni ai problemi ereditati e a quelli nuovi”. Roberto Gualtieri è al giro di boa: due anni e mezzo da sindaco alle spalle, due anni e mezzo davanti. I Rapporti alla Città, il sindaco li presenta a cadenza annuale, con tutta la maggioranza (e non solo quella) all’Auditorium. Per questo metà mandato invece si riunisce con il suo partito, il Pd, nel teatro di Villa Lazzaroni, nel quartiere popolare dell’Appio Latino. Che non sembra un caso: “Si dà di più a chi ha di meno, perché è così che si produce l’eguaglianza – dice nel suo intervento – dobbiamo fare, e stiamo facendo, un gigantesco investimento sulle periferie”.

L’evento si chiama ‘Roma. Verso la direzione giusta’, e l’ha organizzato proprio il gruppo capitolino dei dem. In platea fa gli onori di casa il minisindaco Francesco Laddaga, c’è il segretario cittadino Enzo Foschi, e ci sono tutti i consiglieri, a partire dalla presidente dell’Assemblea Capitolina Svetlana Celli, che rivendica il lavoro d’aula (“dal suo insediamento si è riunita 215 volte, ha votato 380 delibere e 325 mozioni”) e snocciola i provvedimenti approvati in due anni e mezzo. Dice la capogruppo Valeria Baglio: “Abbiamo approvato atti importantissimi e abbiamo mantenuto gli impegni per il rilancio e il risanamento delle partecipate. Su lavoro, diritti, servizi e giovani rilanciamo il nostro lavoro per la seconda parte della consiliatura, per la crescita e lo sviluppo, senza lasciare nessuno indietro”.

“Siamo orgogliosi – aggiunge Celli – Non fermiamoci, proseguiamo insieme verso la direzione giusta, una bella e significativa stagione di trasformazione grazie all’attenta e incisiva azione della amministrazione Gualtieri”. Il sindaco ricambia l’omaggio: tra Sala delle Bandiere e Aula Giulio Cesare deve esserci concordia: “Ci deve essere condivisione non perché altrimenti non passano le delibere ma per essere tutti parte della squadra di governo della città. Nella distinzione dei ruoli, ma nella collaborazione. Stiamo, e state, dando un bellissimo esempio di buona politica. Voi – dice ancora – avete avuto il coraggio di provare a rendere memorabile questo ciclo di governo, alto, bello e necessario”, anche col “coraggio di fare le scelte giuste, che anche se all’inizio sono impopolari, alla fine pagano. Una persona non può perdere l’assistente sociale perché abbiamo paura di aumentare la tassa di soggiorno…” Sul metodo, Gualtieri rivendica il sistema del “percorso più lungo, e anche se qualcuno diceva ‘il sindaco dove sta?’, stavamo lavorando perché accadessero le cose che si vedono oggi”.

Per trasformare, afferma, “le parole che sembrano ormai vacue all’opinione pubblica, come ‘sostenibilità’, in fatti concreti: un conto è dire ‘decarbonizzazione’, altro è dire ‘pianteremo un milione di alberi'”. E anche se le casse comunali di certo non traboccano, i fondi per le iniziative, assicura, ci saranno: “Potevamo dire: lo Stato non ci da i soldi e i poteri, quando ce li avrete dati faremo, intanto ci lamentiamo. Noi invece i soldi intanto ce li siamo trovati, con la Bei, col Pnrr, con il Fnc”. La trasformazione della città deve avvenire “coi connotati dei nostri valori, con l’obiettivo specifico di rimozione delle diseguaglianze. Non è una concessione – conclude – ma una condizione per essere una città più forte e più moderna, una necessità per essere più prosperi”.

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Politica

Colaianni out, Schlein si affida a Leccese e avvisa Conte

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Dopo il passo indietro dell’ex magistrato Nicola Colaianni, per il campo largo in Puglia è nebbia fitta. La frenata del leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte sul ‘candidato terzo’ al comune di Bari rimette la palla in mano al Pd. Che in una direzione regionale fiume si trova sul tavolo due questioni spinose. In primis, proprio la corsa al seggio da primo cittadino del capoluogo pugliese. Un breve passaggio sull’impasse in riunione, però, non scioglie il nodo. Ad affrontarlo, in una riunione faccia a faccia attesa per le prossime ore, saranno i candidati del centrosinistra ancora in campo, Michele Laforgia e Vito Leccese. All’orizzonte non si vedono ricuciture di sorta. E in molti, salvo sorprese dell’ultimo minuto, sono pronti a scommettere su un esito che appare sempre più definitivo: ognuno per la sua strada. Mentre resta la faccenda del rimpasto nella giunta Emiliano, che Elly Schlein continua ad incalzare, chiedendo un “rinnovamento netto e non una mera sostituzione”. E le tensioni salgono dalla Puglia fino a Roma. A rinnovare gli attriti tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle, la decisione di Colaianni. L’ex magistrato, invitato da Nichi Vendola e Sinistra Italiana a tirare fuori il campo largo dal pantano barese, spiega le sue ragioni: “hanno pesato” le parole di Conte, ma anche “la melina dei candidati locali”. Per il Movimento 5 Stelle la linea rimane invariata: il candidato più autorevole resta Laforgia, al quale Conte conferma il suo mandato. Schlein oppone il suo sostegno a Leccese: “siamo al suo fianco anche se vorrà tentare un dialogo per una strada unitaria”. Angelo Bonelli invita a “fermare lo stillicidio”, rilanciando al candidatura di Leccese e aprendo una finestra di dialogo con Sinistra Italiana. Ma saranno i due candidati a dire l’ultima parola. Intanto, piomba sulla vicenda pugliese un’ulteriore grana giudiziaria. Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, revoca la delega all’assessore al Bilancio, Alessandro D’Adamo, che risulta tra le tre persone indagate dalla Procura europea per truffa aggravata in merito a erogazioni pubbliche. Il presidente Conte ribadisce: “ho portato un patto per la legalità, ora di fronte a quest’ultimo scandalo giudiziario non mi pronuncio”. Schlein, non entra nel merito della nuova inchiesta che si abbatte su un altro esponente della stessa lista civica di Maurodinoia. Durante la conferenza nella sede romana della Stampa estera, però, torna a difendere la comunità dem. “Trasformismi e interessi sbagliati – spiega – devono trovare le porte del Pd chiuse e sigillate”. E lancia la frecciata in direzione del M5s: “anziché cercare il facile capro espiatorio e puntare il dito verso gli altri si dovrebbe avere l’intelligenza di guardarsi dentro, il Pd lo sta facendo”. “Il Movimento non è né il moralizzatore né il castigatore in casa altrui”, replica il leader pentastellato. Un botta e risposta che si alimenta a distanza e non distende i rapporti già tesi tra i due, che continuano a non trovare occasioni di confronto. E Schlein certifica le difficoltà del campo largo: “sicuramente qualche problema c’è”. Guardando al lavoro in corso sulle amministrative, però, non si da per vinta: “è evidente che la costruzione dell’alternativa non è morta”. A chi le chiede, in conferenza, se si senta subalterna a Conte, dice: “no, perché quando c’è da rispondere non mi sono tirata indietro”. Per tanti, la partita delle Europee viene vista come un occasione per pesarsi dentro a un campo largo in difficoltà. Ma non per Conte. Che chiarisce: “se alle Europee supereremo il Pd non farò valere questo come motivo di leadership nei confronti dei Dem, il mondo del Pd si rilassi”. Una dichiarazione che da Campo Marzio interpretano come valida anche in direzione opposta: “le europee non stabiliscono la leadership, il nostro obiettivo è di portare gente al voto, non di fare un punto in più del Pd”. E per Schlein, la partita delle europee entra nell’ultima settimana. Quella caldissima in vista dell’approvazione delle liste in direzione di domenica. Molte le caselle già definite, altrettante quelle da riempire. Intanto la segretaria testa gli slogan per la campagna in conferenza stampa e sulla guida della Commissione non ha dubbi. Ribadisce la “stima” per Draghi, sostenuto oggi anche da un Manifesto firmato da intellettuali e politici. Ma il candidato de Pse, per Schlein, resta Schmit.

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Cronache

Viminale, dai lupi solitari il rischio principale

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ll rischio principale per la sicurezza deriva dalle potenziali azioni di lupi solitari. Così fonti del Viminale, dopo al riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, all’indomani dell’attacco dell’Iran ad Israele. E da parte degli apparati c’è attenzione anche sui flussi migratori irregolari per intercettare soggetti potenzialmente pericolosi. in proposito permangono in vigore i controlli alla frontiera Est.

Il ministro dell’Interno ha dato mandato alle forze dell’ordine di rafforzare tutte le attività di prevenzione coordinandosi con l’intelligence. Nel corso della riunione c’è stato, spiegano ancora le fonti, “un proficuo aggiornamento sui profili di rischio rispetto ai possibili riflessi in Italia delle tensioni internazionali”. Confermato poi il viaggio di Piantedosi a Tunisi mercoledì con la premier Giorgia Meloni; il titolare del Viminale avrà un bilaterale con il suo omologo. Presto, inoltre, ci sarà un incontro a Roma anche con il collega libico.

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