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Ucraina 2 anni dopo l’invasione russa: il dramma di milioni di vite sospese

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– Dopo due anni di guerra su vasta scala in Ucraina, con distruzioni massicce, bombardamenti continui e attacchi missilistici russi in tutto il Paese, il futuro di milioni di persone – sia sfollati interni che rifugiati all’estero – rimane avvolto nell’incertezza. A pagare il prezzo piu’ alto del conflitto sono come sempre i civili, ma oltre le privazioni quotidiane e l’insicurezza, ci sono ferite psicologiche ora in parte invisibili che segneranno a lungo la popolazione, soprattutto le giovani generazioni, ipotecandone il futuro. A parlarne con l’AGI e’ Arianna Briganti, socio-economista di sviluppo e specialista di Gender Equality e Women, Peace and Security (WPS), dopo una recente missione in Ucraina, incentrata sulla salute mentale dei civili.

“In ospedali, cliniche, campi sfollati e in altri contesti della vita quotidiana ho riscontrato nella salute psicologica dei civili dei segnali davvero preoccupanti, in particolare tra le categorie piu’ vulnerabili quali donne, bambini e anziani. Per non parlare, in un contesto senza regole come quello della guerra, della violenza di genere molto diffusa e della fragilita’ degli uomini che combattono”, racconta Briganti, vice-presidente di NOVE, caring humans, insignita dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana riconoscimento del suo impegno per i diritti umani.

“Il conflitto condiziona pesantemente il quotidiano di chi e’ rimasto a casa, ovvero una maggioranza di donne con figli e anziani, che devono fare i conti con i traumi legati alla perdita di parenti e amici, oltre al rischio costante di morte per le bombe che cadono. Al momento, nell’emergenza, in pochi ci pensano ma i danni della distruzione emotiva e psicologica si vedranno piu’ in la’”, prospetta l’esperta di scenari di guerra. “Un altro gruppo a cui prestare particolare attenzione sono tutti gli uomini mandati al fronte, tra cui molti giovani che combattono, senza che venga rispettato il loro diritto allo stop fisiologico.

L’esercito in prima fila non viene minimamente supportato quindi e’ evidente che i soldati hanno gia’ per alcuni e avranno sicuramente in futuro problemi di depressione seriale legati all’impatto psicologico della guerra. Che ne sara’ di loro se alla fine riusciranno a tornare a casa?”, si interroga Briganti. “Non vanno dimenticati neanche quelli che hanno subito danni fisici permanenti: dopo essere stati amputati e l’arto mancante sostituito con una protesi in uno dei Centri fisio-terapeutici sorti a Leopoli, vengono quasi subito rimandati al fronte”, riferendo dei casi ancora piu’ complessi ma purtroppo diffusi. “Quello che manca proprio e’ la speranza nel futuro. Guardando oltre la fine del conflitto, per ricostruire una societa’ forte che possa far fronte alle sfide future, non bastano i soli aiuti materiali. Per rimarginare le ferite dell’anima ed evitare uno stigma sociale dannoso, e’ davvero indispensabile garantire un supporto psicologico agli ucraini”, conclude Briganti.

Un’altra testimonianza dal terreno arriva da CARE Ucraina, in prima linea con i civili. “Le persone in prima linea ci dicono che le loro vite sono diventate una lotteria, perche’ non sanno se vivranno o moriranno nelle prossime ore. Escono solo per brevi distanze e solo per attivita’ vitali come andare a prendere l’acqua, provvedere ai bisogni dei parenti anziani o comprare medicine o pane”, spiega Fabrice Martin, direttore nazionale dell’Ong.

“Quando escono di casa non sanno se verranno attaccati, se calpesteranno una mina o se la loro casa sara’ ancora in piedi al loro ritorno. Questa e’ attualmente la dura realta’ per milioni di ucraini”, aggiunge la fonte umanitaria. Dal marzo 2022, la popolazione ucraina si trova ad affrontare livelli crescenti di poverta’ e dipendenza dagli aiuti. Il 65% delle famiglie ucraine ha visto diminuire il proprio reddito e quasi il 44% di loro, nonostante l’assistenza pubblica che puo’ raggiungere le 3.000 grivnie (circa 73 euro), fatica a soddisfare i propri bisogni primari.

In totale, il 40% della popolazione ucraina ha bisogno di assistenza umanitaria. Nelle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina, piu’ di 3 milioni di persone affrontano ogni giorno la dura realta’ dei bombardamenti e delle carestie. Privati dei servizi di base, molti sono confinati in scantinati freddi e bui, affrontando la costante minaccia di violenza e sfollamento. Il costo in termini di danni alle infrastrutture civili e’ catastrofico, con 1.523 strutture mediche, 1.600 scuole e quasi 400 mila ponti ridotti in rovina. Servizi essenziali come l’elettricita’ e l’acqua sono stati decimati, esacerbando la crisi umanitaria.

La distruzione ha lasciato quasi 40mila persone nelle regioni piu’ colpite dell’Ucraina senza accesso ad alloggi adeguati e sicuri. Nel corso degli ultimi due anni, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Onu, in tutto 14 milioni di persone hanno dovuto lasciare la propria casa – ovvero un terzo del totale della popolazione ucraina – di cui 6,5 milioni vivono ancora all’estero da rifugiati. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha registrato ancora tra 3,7 e 4 milioni di sfollati interni, mentre 4,5 milioni di persone sono rientrate a casa sia dall’estero che dall’area in cui si erano spostati all’interno del territorio nazionale. “La distruzione e’ diffusa, la perdita di vite umane e la sofferenza continuano. Mentre la guerra entra in una fase prolungata, i bisogni continuano a crescere e superano le risorse disponibili”, sottolinea Amy Pope, direttore generale dell’Oim. Tra coloro che sono fuggiti e sono ora tornati alle loro case, “molti hanno dovuto affrontare sfide durature, tra cui insicurezza, perdita di mezzi di sussistenza, alloggi e infrastrutture danneggiati e servizi tesi”, valuta Soda Federico, direttore dell’Oim per la risposta umanitaria e la ripresa. L’impatto di questa guerra e’ stato particolarmente devastante per le donne e le ragazze. Con le famiglie divise affrontano crescenti difficolta’ nell’accesso alla sicurezza, alla giustizia, ai servizi sociali, ai servizi di salute mentale, sessuale e riproduttiva, all’occupazione e ad altri servizi essenziali.

Il 72% delle persone registrate come disoccupate sono donne, che hanno un peso crescente di responsabilita’ non retribuite per la scarsa assistenza all’infanzia, le scuole chiuse e i servizi sociali ridotti. La guerra ha anche aumentato i rischi di violenza di genere, compresa la violenza sessuale legata ai conflitti, la tratta di esseri umani e la violenza domestica. “Mentre le donne continuano a subire le conseguenze della guerra, hanno bisogno di sostegno, sicurezza e, soprattutto, di pace. La loro resilienza e’ stata duratura e notevole”, dichiara Sabine Freizer Gunes, rappresentante di UN Women in Ucraina. Infine, gran parte dei bambini ucraini e’ stata privata dell’istruzione formale per 4 anni, a causa della pandemia di Covid-19 e della guerra, che colpisce il loro sviluppo cognitivo e danneggia la loro salute mentale.

Nel dicembre 2023, le Nazioni Unite hanno stimato che fossero necessari 3,9 miliardi di dollari per la distribuzione di aiuti umanitari adeguati, ma circa il 60% dell’appello e’ stato finanziato. Nel 2024, piu’ di 8 milioni di donne e ragazze in Ucraina avranno bisogno di assistenza umanitaria. Nel complesso, l’ONU prevede di aver bisogno in tutto di 4,2 miliardi di dollari per fornire aiuti umanitari agli ucraini e ai rifugiati che sono fuggiti, ma temono una probabile carenza poiche’ la guerra a Gaza domina l’attenzione globale. Nel suo ultimo rapporto, la Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina (HRMMU) ha censito 30.457 vittime civili dal 24 febbraio 2022, tra cui 10.582 persone uccise e 19.875 ferite, con cifre reali probabilmente significativamente piu’ elevate.

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Gli Obama con Harris, ‘sarai una presidente fantastica’

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Last but not least: ultimo, ma non certo per importanza, a dare l’endorsement a Kamala Harris per la Casa Bianca è Barack Obama con la moglie Michelle. Un sostegno ben coreografato anche nei tempi. Quasi a serrare definitivamente le fila del partito dopo aver evitato un abbraccio immediato per apparire al di sopra delle parti e non oscurare né la nuova ribalta per Kamala né il sofferto addio di Joe Biden alla corsa. Nell’aria da giorni, l’endorsement è arrivato con un video che immortala la telefonata dell’ex coppia presidenziale alla Harris, sullo sfondo di un Suv nero. Una chiamata che evidenzia una amicizia lunga oltre 20 anni e un potenziale legame storico tra il primo presidente afroamericano e quella che potrebbe diventare la prima donna di colore alla Casa Bianca. Con uno slogan apparso tra i fan dei primi comizi che già li unisce: ‘Yes, we Kam’ (le iniziali di Kamala, ndr), un richiamo al vincente slogan obamiamo ‘Yes, we can’.

“Non posso fare questa telefonata senza dire alla mia ragazza, Kamala, che sono orgogliosa di te. Sarà storico”, ha esordito l’ex first lady. “Michelle e io non potremmo essere più orgogliosi di sostenerti e di fare tutto il possibile per farti vincere queste elezioni e arrivare allo Studio Ovale”, le ha fatto eco Barack, che poi su X si è detto sicuro che sarà “una fantastica presidente”. Kamala ha ringraziato, con malcelata sorpresa: “Oh mio Dio. Michelle, Barack, questo significa così tanto per me. Non vediamo l’ora di compiere questa impresa con voi due, Doug e io…”, ha affermato la vicepresidente Usa. “Ma più di tutto, voglio solo dirvi che le parole che avete detto e l’amicizia che ci avete dato in tutti questi anni significano più di quanto io possa esprimere, quindi grazie a entrambi… E ci divertiremo anche in questo, non è vero?” ha aggiunto. Gli Obama hanno diffuso anche una dichiarazione.

“Non potremmo essere più entusiasti ed eccitati di sostenere Kamala Harris come candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti. Siamo d’accordo con il presidente Biden: scegliere Kamala è stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Ha il curriculum per dimostrarlo”, scrivono, ricordandone l’impegno come procuratrice generale in California, senatrice e vicepresidente. “Ma Kamala – sottolineano – ha più di un curriculum. Ha la visione, il carattere e la forza che questo momento critico richiede. Non abbiamo dubbi che abbia esattamente ciò che serve per vincere queste elezioni… In un momento in cui la posta in gioco non è mai stata così alta, ci dà a tutti motivo di sperare”. Quindi l’impegno a fare “tutto il possibile” per farla eleggere. Già si parla di comizi ed eventi insieme, capaci sicuramente di mobilitare grandi folle. Come quelle che Harris sta attirando sui social: il suo nuovo account su TikTok ha conquistato 100 mila follower in 30 minuti. Prosegue intanto il braccio di ferro sul duello tv tra lei e Trump.

Domenica il tycoon si era detto disponibile a mantenere il confronto del 10 settembre – concordato in precedenza con Biden – ma spostandolo dalla “fake” Abc a Fox News, l’emittente dei conservatori dove lui è di casa. Quindi martedì aveva ribadito di essere “assolutamente” pronto a dibattere con il probabile nominee dem, aggiungendo però di non aver concordato nulla, se non il duello con Biden. Giovedì l’ultima correzione di tiro: la sua campagna ha precisato che non ci sarà alcun dibattito finchè i dem non avranno nominato formalmente il candidato. “Che cosa è successo al ‘quando vuoi, dove vuoi’?”, lo ha provocato Kamala rinfacciandogli le parole che il tycoon aveva usato per sfidare Biden e accusandolo di fare marcia indietro. Probabilmente Trump sta cercando di minare la credibilità di Abc, sperando che la tv spinga il confronto a suo favore o come alibi nel caso Harris se la cavasse bene. Oppure, secondo altri, lui e il suo team hanno semplicemente paura della sua performance contro l’ex procuratrice che lo paragona a truffatori e predatori sessuali.

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Dall’Ue i primi 1,5 miliardi a Kiev dagli asset russi

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Una prima tranche simbolica di aiuti per Kiev e una risposta decisa a Mosca. Dopo mesi di negoziati estenuanti culminati nell’accordo siglato al G7 di Borgo Egnazia, l’Europa riesce a tradurre in realtà l’ambizione di utilizzare gli extraprofitti derivanti dagli asset sovrani russi congelati in pancia al continente per dare nuova linfa alle forze ucraine nella resistenza all’invasione e nella ricostruzione. L’annuncio di un trasferimento iniziale da 1,5 miliardi di euro – arrivato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – ha subito scatenato l’ira del Cremlino, che ha bollato come “illegale” l’operazione minacciando ritorsioni giuridiche.

Arginato il veto di Viktor Orban con uno stratagemma legale, i Ventisette sono riusciti nei giorni scorsi a concordare di impiegare i proventi generati dagli interessi sui 192 miliardi di euro di beni russi immobilizzati e detenuti a Bruxelles dal deposito di titoli Euroclear. Beni che – stando ai dati diffusi dallo stesso istituto finanziario – tra febbraio e giugno di quest’anno hanno fruttato extraprofitti per 1,55 miliardi. Risolti anche gli ultimi cavilli giuridici – dopo un lungo dibattito per evitare che l’operazione finisse per assumere le sembianze di una confisca -, il via libera ufficiale per far partire la prima tranche è arrivato dalla società belga il 23 luglio. Con una trattenuta del 10% dei proventi come cuscinetto contro rischi legali e finanziari. Un passo per dimostrare che l’Europa “resta dalla parte dell’Ucraina” e che, ha rivendicato von der Leyen spalleggiata anche dall’Alto rappresentante Josep Borrell, “non esiste simbolo o uso migliore del denaro del Cremlino che usarlo per rendere l’Ucraina e tutta l’Europa un posto più sicuro in cui vivere”.

La quasi totalità del denaro sarà ora convogliato a Kiev tramite la European Peace Facility (Epf) – lo strumento dell’Ue per gestire gli interventi nei conflitti – per fornire armi alle truppe ucraine. Un restante 10% sarà invece allocato in aiuti umanitari attraverso la Ukraine Facility, il fondo Ue dedicato alla ricostruzione post-bellica. Un sostegno “fondamentale”, nell’ottica del premier ucraino Denys Shmyhal, per “rafforzare le capacità di difesa” nazionali impegnate a schermare gli attacchi di Mosca, che nelle ultime ore ha colpito con droni le strutture energetiche nelle regioni settentrionali di Chernihiv e Zhytomyr. La collera di Vladimir Putin però non si è fatta attendere.

Questa operazione, ha tuonato il portavoce dello zar, Dmitry Peskov, “non rimarrà senza risposta”. Minacce davanti alle quali l’Europa non dà comunque cenno di volersi fermare perché il Cremlino, è stata la replica della vicepresidente Vera Jourova, “è uno spietato aggressore e deve pagare per questa guerra”. Al summit in Puglia i Grandi della Terra avevano concordato di sostenere un prestito di 50 miliardi di dollari a favore di Kiev da ripagare proprio con gli interessi sui circa 300 miliardi di dollari di asset russi congelati complessivamente in Occidente.

Un’intesa trovata in un delicato equilibrio tra il pressing americano e la prudenza degli europei, impegnati a fare da garanti all’operazione e preoccupati anche da possibili reazioni dei mercati e ripercussioni sul sistema monetario. Ora, negli auspici dei Ventisette, gli stanziamenti dovrebbero raggiungere una somma tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro l’anno. In attesa della prossima rata, nel marzo 2025, sul tavolo sono già planate le prime opzioni per estendere il rinnovo delle sanzioni sugli asset della Banca centrale russa e garantire il prestito.

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Domenica negoziati a Roma su Gaza con Cia e Mossad

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La trattativa per una nuova tregua a Gaza e il rilascio degli ostaggi israeliani passa per Roma. Domenica la capitale italiana ospiterà un vertice tra il direttore del Mossad David Barnea, quello della Cia William Burns, il premier del Qatar Mohammed bin Abdel Rahman al-Thani e il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamal. Obiettivo della riunione – ha spiegato il sito israeliano Walla – è discutere il dossier tregua e ostaggi la cui soluzione da mesi appare inarrivabile, in un’altalena di spiragli che poi puntualmente si chiudono. E neppure stavolta – temono fonti israeliane e Usa citate da Walla – ci sarebbe una svolta all’orizzonte: i negoziati dovrebbero limitarsi a definire “la strategia da seguire”.

La missione di Benyamin Netanyahu negli Usa – con l’intervento al Congresso e gli incontri con Biden, Harris e anche Trump – non sembra per ora aver modificato la linea del premier. Il capo del governo israeliano – che ha irrigidito la sua posizione già prima della partenza per Washington – non intende cedere su due dei punti principali in discussione: il primo è l’istituzione di un meccanismo per monitorare il movimento di armi e militanti palestinesi dal sud al nord della Striscia; il secondo è il mantenimento del controllo israeliano del ‘Corridoio Filadelfia’, la striscia di terra tra Gaza e l’Egitto da cui in questi anni Hamas ha contrabbandato armi e mezzi nell’enclave palestinese. Quel rubinetto va chiuso, ha spiegato Netanyahu che invece è molto più disponibile, anche per le pressioni dell’Egitto, a riaffidare il controllo del Valico di Rafah agli europei e ai palestinesi. Nell’incontro di domenica non è previsto che Barnea sia affiancato dal capo dello Shin Bet Ronen Bar né dal capo del team che si occupa degli ostaggi, il generale Nitzan Alon.

Un funzionario israeliano – citato da Walla – ha escluso che a Roma si possa arrivare ad una svolta. Secondo lui, non ci sono segnali che la pressione di Biden su Netanyahu abbia convinto il premier ad ammorbidire le sue nuove richieste, che dovrebbero poi essere poi trasferite “entro due giorni” – come annunciato dal premier stesso – ad Hamas. “Netanyahu – ha spiegato con tono pessimistico una fonte israeliana a Walla – vuole un accordo che non può essere raggiunto. In questo momento non è pronto a muoversi, quindi potremmo finire in una crisi dei negoziati piuttosto che in un accordo”. Anche un’altra fonte negoziale, citata da Haaretz, ha parlato di crescenti tensioni tra Netanyahu e il team incaricato dei colloqui. “Il premier – ha detto al quotidiano – sta consapevolmente cercando di mettere in crisi i negoziati perché pensa di poter migliorare le posizioni. Questo significa correre un rischio non calcolato con la vita degli ostaggi”.

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