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Cronache

Turetta confessa: volevo Giulia per me, omicidio terribile

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L'”ossessione” del possesso dell’altra persona. Il tentativo di chiedere “perdono” per un “omicidio terribile”, invocando la follia di un momento che annebbia la mente. Un racconto dettagliato, ma da verificare in tutti i passaggi, che sembra tendere, come possibile linea difensiva, anche ad insinuare qualche dubbio su una reale intenzione di uccidere. C’è tutto questo nel verbale di confessione di Filippo Turetta, che ieri per nove ore è rimasto di fronte, spesso in lacrime, al pm di Venezia Andrea Petroni nel carcere di Verona. “L’amavo, la volevo per me, non accettavo che fosse finita”: Così il 21enne avrebbe parlato di Giulia Cecchettin, da lui uccisa a coltellate l’11 novembre. Come aveva già fatto martedì nelle dichiarazioni al gip Benedetta Vitolo, ha ribadito di voler “pagare e scontare tutta la pena per le mie responsabilità”.

Ha messo a verbale che non si dava pace per la fine della relazione con Giulia, che l’aveva lasciato la scorsa estate, e avrebbe provato in tutti i modi a recuperare quel rapporto. Anche con comportamenti che poi, come confidava la ragazza alle amiche, non erano altro che una violenza psicologica nei suoi confronti. Quella sera di tre settimane fa, nel parcheggio vicino alla casa delle 22enne, di ritorno da un pomeriggio e da una cena al centro commerciale, “mi è scattato qualcosa, ho perso del tutto la testa”, avrebbe detto Turetta, difeso dai legali Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, cercando di respingere l’ipotesi di una premeditazione del delitto. Lei cercava di aiutarlo da mesi, di stargli vicino, anche se lui di fatto la ricattava con la minaccia del suicidio. In via Aldo Moro Turetta la spinge a terra quando lei è già fuori dall’auto e la colpisce con dei calci.

“Così mi fai male”, urla lei chiedendo aiuto. Un primo coltello spezzato sarà trovato a terra. Un vicino di casa dal balcone vede la scena e chiama il 112 quando sono le 23.18, ma nessuna pattuglia interviene sul posto e poco più di dieci minuti dopo la macchina di Turetta ricompare, così indicano le telecamere, nella zona industriale di Fossò, dove avviene la seconda fase dell’aggressione col coltello con una lama da 12 centimetri che sarà recuperato nell’auto del giovane arrestato in Germania. Un coltello che Turetta aveva con sé ma, avrebbe sostenuto lui, non perché aveva pensato di “far del male” all’ex fidanzata. Resta il fatto che lei ha lottato per salvarsi per quasi 30 minuti, tra Vigonovo e Fossò.

“Non volevo farlo, non so cosa mi sia preso”, ha provato a dire Turetta, “pentito”, stando alle sue parole. Una delle ipotesi al vaglio degli inquirenti, che stanno cercando in queste ore riscontri alle sue risposte, la coltellata fatale all’arteria basilare, nella parte posteriore del collo, il giovane potrebbe averla sferrata all’interno dell’auto a Fossò. In quel “buco” di 10 minuti, tra le 23.40 – quando la ragazza viene “spinta” a terra, sbatte la testa contro un marciapiede e il ragazzo la carica nuovamente dentro l’auto – e le 23.50 quando la Fiat Grande Punto viene inquadrata mentre lascia la zona industriale. Si sta verificando, però, anche se Turetta possa aver sferrato quel fendente mortale proprio mentre inseguiva Giulia che scappava, prima che cadesse a terra. Pare che lui l’abbia sostenuto e che la difesa sul punto potrebbe provare a giocare la carta dell’omicidio preterintenzionale, tentando di affermare che lei era di spalle e che l’azione sarebbe andata oltre le intenzioni.

Nette, tuttavia, a riguardo sono le parole del gip: la “volontà” dell’omicidio è “palese” per le “modalità dell’aggressione” che avviene a “più riprese”. Intanto, se nel termine di sei mesi dall’arresto saranno completate le indagini, gli inquirenti potranno chiedere il processo con rito immediato e il giudice potrà disporlo anche con eventuali altre aggravanti contestate. Non solo la premeditazione, se venisse riconosciuta, ma anche la “crudeltà” o i “motivi abietti” porterebbero la pena massima all’ergastolo.

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Fuoco a ristoranti e veicoli, fermato un 29enne a Napoli

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I carabinieri della compagnia Centro a Napoli hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto un 29enne nigeriano, senza fissa dimora, irregolare sul territorio italiano e già noto alle forze dell’ordine. E’ ritenuto gravemente indiziato di alcuni incendi appiccati in più punti nei quartieri Chiaia e San Ferdinando di Napoli. Secondo quanto ricostruito dai militari dopo l’intervento sul posto e aver raccolto le denunce di alcuni commercianti del centro città, il 29enne avrebbe incendiato, nella notte tra il 7 e l’8 maggio, due ombrelloni posizionati all’esterno di altrettanti ristoranti tra via Verdi e via Santa Brigida.

Avrebbe poi dato alle fiamme due motorini parcheggiati in strada e tentato di incendiare i dehors di alcuni locali. Le fiamme hanno lambito i palazzi vicini alle attività commerciali colpite e sono state spente dai vigili del fuoco Il 29enne, individuato nella Galleria Umberto I dopo un’intensa attività di indagine, è stato portato in carcere, in attesa dell’udienza di convalida.

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Turista travolta e uccisa a Palermo da auto pirata

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Una turista è stata investita e uccisa a Palermo da un pirata della strada. L’incidente è avvenuto la scorsa notte in corso Tukory, una strada del centro nei pressi della stazione centrale. Dopo l’impatto l’automobilista è fuggito via. La donna stava attraversando quando un’auto, una Smart secondo alcune testimonianze, l’avrebbe falciata lasciandola senza vita sull’asfalto. A costatare la morte i sanitari del 118. La Polizia municipale e la Polizia di Stato hanno avviato le ricerche per risalire all’auto pirata che sarebbe già stata rintracciata. I rilievi sono stati eseguiti dalla sezione infortunistica della Polizia municipale.

La donna investita è uccisa è una turista polacca, Patrycja Bartosik Weder, di 31 anni. Era insieme al marito. Stava attraversando la strada. Soccorsa dai sanitari del 118 è stata portata in ospedale, ma era già morta.

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Lutto nell’avvocatura, è morto Antonio Rossomando

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Lutto negli ambienti giudiziari: è morto Antonio Rossomando, torinese, uno degli avvocati penalisti più conosciuti e apprezzati in Italia. Aveva 90 anni. La notizia è stata data a Torino nel corso di un evento del Pd, al quale la figlia, Anna Rossomando, vicepresidente del Senato, non ha potuto partecipare. Antonio Rossomando era nato a Tropea. Si laureò in giurisprudenza a Palermo nel 1956. La maggior parte della sua attività professionale si svolse a Torino. Fra il 2001 e il 2005 fu anche presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati torinesi.

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