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Salute

Tumore dei bambini, svolta nel trattamento del neuroblastoma con il protocollo PREME

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Si chiama PREME ed è il primo protocollo prospettico multicentrico italiano di medicina di precisione focalizzato sul Neuroblastoma. Guidato e finanziato dall’Istituto Giannina Gaslini di Genova, sotto la direzione del gruppo di ricerca del dottor Mirco Ponzoni (responsabile Laboratorio di Terapie Sperimentali in Oncologia dell’Istituto pediatrico ligure), vanta la collaborazione di altri rinomati istituti di ricerca, tra cui il CEINGE Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore di Napoli con il team di ricerca dei professori Mario Capasso e Achille Iolascon, genetisti dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Il Progetto è co-finanziato dalla Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma e dall’associazione OPEN (Oncologia Pediatrica e Neuroblastoma).

L’obiettivo primario di PREME è rappresentato dalla caratterizzazione genomica di campioni di pazienti affetti da neuroblastoma alla diagnosi, in casi di refrattarietà al trattamento di prima linea o in recidiva, per lo sviluppo di terapie innovative di medicina di precisione. PREME realizza infatti terapie su misura basate sulle caratteristiche genetiche e molecolari dei tumori individuali, migliorando così le probabilità di successo e l’efficacia dei trattamenti sui piccoli pazienti. Tutto questo grazie all’impiego di metodologie all’avanguardia e alle competenze di un team multidisciplinare composto da biologi, genetisti, clinici e bioinformatici, spiegano i due ricercatori senior del team Gasliniano, dottori Chiara Brignole e Fabio Pastorino, responsabili dell’esecuzione del progetto. Nato come progetto di ricerca nel 2019, dal 2022 è diventato un vero protocollo clinico con capofila l’Istituto Gaslini (dott.ssa Loredana Amoroso, UOC Oncologia Clinica).

Una nuova speranza nella cura di tumori fortemente aggressivi e ad alto rischio, spesso con esiti nefasti, che colpiscono i bambini. Recentemente è stato pubblicato sulla rivista Journal of Translational Medicine* il primo studio biologico dell’equipe di PREME, che documenta i risultati ottenuti dal programma PREME su un campione di 18 pazienti. «Grazie a tecniche di sequenziamento di nuova generazione e sofisticate analisi bioinformatiche condotte al CEINGE e al CIBIO dell’Università di Trento – spiega Mario Capasso, che guida il team di bioinformatici del CEINGE – è emerso che l’84% dei pazienti affetti da neuroblastoma presentava alterazioni genomiche suscettibili di intervento terapeutico». Due terzi di questi casi sono stati classificati come di “priorità molto alta”, aprendo la possibilità di beneficiare di farmaci già approvati o di nuovi agenti terapeutici in fase di sviluppo. «La terapia mirata molecolare è stata applicata a quattro pazienti, mentre la consulenza genetica è stata proposta a due pazienti con mutazioni germinali che indicavano una predisposizione familiare allo sviluppo di tumori», sottolinea Fabio Pastorino.

Nella foto: Lab Genetica/Bioinformatica CEINGE: da dx Mario Capasso, Achille Iolascon, Annalaura Montella, Teresa Maiorino, Alessandro Lasorsa e Matilde Tirelli

 

 

In PREME, i campioni di neuroblastoma provenienti da diversi centri oncologici pediatrici italiani vengono caratterizzati presso il Laboratorio di Terapie Sperimentali in Oncologia e l’Anatomia Patologica dell’Istituto Gaslini. I campioni vengono successivamente analizzati a livello genico per l’individuazione di mutazioni somatiche potenzialmente bersagliabili da farmaci mirati (presso CEINGE e CIBIO) e utilizzati per lo sviluppo di modelli preclinici di neuroblastoma (presso il Laboratorio di Terapie Sperimentali in Oncologia).

«Nel lavoro appena pubblicato abbiamo dimostrato che tali modelli mantengono le caratteristiche geniche e immunofenotipiche dei pazienti di origine, contribuendo alla creazione di una collezione locale di campioni biologici molto preziosa per la validazione degli effetti anti-tumorali dei farmaci molecolari-guidati e delle potenziali combinazioni terapeutiche», aggiunge Chiara Brignole.

«PREME segna un avanzamento decisivo nell’ottimizzazione della cura e del trattamento del neuroblastoma – chiarisce Mirco Ponzoni responsabile del Laboratorio di Terapie Sperimentali in Oncologia dell’Istituto Gaslini – L’applicazione di terapie mirate, adattate alle specifiche mutazioni presenti nei pazienti, la personalizzazione del trattamento e l’impiego di modelli preclinici avanzati trasformano la ricerca traslazionale in benefici tangibili per i pazienti, migliorando la loro prognosi».

«Il programma PREME è uno dei fiori all’occhiello della ricerca dell’IRCCS Istituto Gaslini – commenta il direttore scientifico dell’ospedale pediatrico Angelo Ravelli – e rappresenta uno sforzo importante e straordinariamente innovativo mirato a mettere a punto terapie di precisione per uno dei tumori più temibili dell’età pediatrica. Il progetto ha portato alla creazione presso il Gaslini di una collezione di campioni biologici e di modelli preclinici provenienti da campioni tumorali di pazienti seguiti in numerosi centri italiani. Si tratta di una risorsa fondamentale per i ricercatori, che favorisce l’identificazione di nuove molecole suscettibili di interventi terapeutici più efficaci e specifici, soprattutto a beneficio delle forme refrattarie o recidivate».

*From the identification of actionable molecular targets to the generation of faithful neuroblastoma patient-derived preclinical models -M. Capasso, C. Brignole, V. A. Lasorsa, V. Bensa, S. Cantalupo, E. Sebastiani, A. Quattrone, E. Ciampi, M. Avitabile, A. R. Sementa, K. Mazzocco, B. Cafferata, G. Gaggero, V. G. Vellone, M. Cilli, E. Calarco, E. Giusto, P. Perri, S. Aveic, D. Fruci, A. Tondo, R. Luksch, R. Mura, M. Rabusin, F. De Leonardis, M. Cellini, P. Coccia, A. Iolascon, M. V. Corrias, M. Conte, A. Garaventa, L. Amoroso, M. Ponzoni & F. Pastorino – doi: 10.1186/s12967-024-04954-w

Nella foto: Lab Genetica/Bioinformatica CEINGE: da dx Mario Capasso, Achille Iolascon, Annalaura Montella, Teresa Maiorino, Alessandro Lasorsa e Matilde Tirelli.

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L’Ema blocca un medicinale contro l’Alzheimer

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L’Agenzia europea per i medicinali ha respinto la raccomandazione per il farmaco Lecanemab contro l’Alzheimer. L’Ema ha annunciato che il rischio di gravi effetti collaterali è superiore all’effetto positivo atteso.

“Il Comitato per i medicinali per uso umano” dell’Ema “ha raccomandato di non concedere un’autorizzazione all’immissione in commercio per Leqembi”, ha sottolineato l’autorità, facendo riferimento in particolare all’insorgere di rischi di emorragia cerebrale nelle persone trattate con il farmaco. Il Lecanemab – nome commerciale Leqembi – è disponibile negli Stati Uniti dall’inizio del 2023 per il trattamento dell’Alzheimer in stadio iniziale. Sebbene la terapia non migliori i sintomi, può rallentarne leggermente la progressione della malattia. Il farmaco, secondo gli esperti, sarebbe quindi adatto solo per un gruppo molto limitato di malati di Alzheimer, meno del 10%. A fronte dei possibili edemi ed emorragie cerebrali, la terapia deve essere monitorata regolarmente con esami di risonanza magnetica. Ora la società farmaceutica Eisai, che ha presentato la domanda, potrà richiedere un riesame entro 15 giorni.

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Corona Virus

Covid: continua l’ondata estiva, + 53% casi in 7 giorni

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L’ondata estiva di Covid-19 non accenna a rallentare. Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute, la scorsa settimana i contagi sono aumentati del 53,3% rispetto a sette giorni prima, passando da circa 9mila a 13.672. Questo numero, tuttavia, potrebbe sottostimare l’intensità della circolazione del virus, la cui entità è difficilmente misurabile in assenza di un sistema capillare di sorveglianza sul territorio. Secondo la rilevazione, al 24 luglio risultano in leggero aumento i ricoveri in area medica, al 2,4% (1.517 ricoverati) e stabili quelli nelle terapie intensive, allo 0,4% (38 ricoverati). È stabile, ma sopra la soglia epidemica di 1, l’indice di trasmissibilità Rt: al 15 luglio è pari a 1,24, rispetto al valore di 1,20 della settimana precedente.

“L’aumento dei casi di Covid-19 all’inizio dell’estate è qualcosa che abbiamo visto anche nelle stagioni passate. È un segno che che il virus non si è ancora stagionalizzato del tutto”, dice Gianni Rezza, professore straordinario di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e già a capo della Prevenzione del ministero della Salute.

“Negli anni scorsi, dopo una piccola ondata estiva, il numero di casi è andato diminuendo per risalire poi in maniera più importante in autunno. Il trend potrebbe ripetersi anche quest’anno, ma a oggi non abbiamo certezza”, aggiunge. Come avviene ormai da tempo, i dati rilevano più contagi negli anziani: i ricoveri sono pari a 47 per milione di abitanti nell’età compresa fra 80 e 89 anni e a 86 su un milione per gli ultranovantenni; nelle terapie intensive sono pari a 1 su un milione per entrambe le fasce d’età e la mortalità risulta di 4 su un milione per l’età compresa fra 80 e 89 anni e di 12 su un milione oltre i 90 anni. “Questo dato potrebbe essere un bias, una distorsione”, avverte Rezza.

“È probabile che nei giovani la gran parte dei casi di malattia passi inosservata, mentre si tende ad avere più attenzione negli anziani. Questa popolazione è inoltre quella che più frequentemente viene ricoverata e su cui poi vengono eseguiti i tamponi”, ricorda. Quanto ai tamponi, il numero di quelli effettuati direttamente in farmacia è ormai esiguo, specie da quando non esiste l’obbligo di certificazione per il rientro al lavoro, mentre non ci sono dati sui test fai-da-te acquistati e fatti autonomamente dai cittadini, ricorda Federfarma.

Anche un piccolo sondaggio effettuato su alcune grandi farmacie romane non rileva particolari aumenti delle richieste da parte dei cittadini. Tuttavia, i kit Covid sono ormai facilmente accessibili attraverso innumerevoli canali di vendita. È quindi difficile avere informazioni esaustive su come si stia muovendo il virus. Quel che sembra assodato è che si siano ormai affermate le varianti appartenenti alla famiglia Kp: secondo il monitoraggio Iss-ministero, le varianti Kp2, Kp3, Kp3.1.1 sono in aumento rispetto alla settimana precedente e, insieme, sono responsabili di circa il 70% dei contagi. Discendono tutte dalla variante JN.1 contro cui è diretto il vaccino aggiornato. Non ci sono quindi timori sulla sua efficacia per la prossima stagione.

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Preoccupa il virus Oropouche, primi 2 morti in Brasile

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Sale la preoccupazione per il virus Oropouche, diffuso soprattutto nell’America centro-meridionale e nei Caraibi ma che ha fatto registrare ad oggi 4 casi anche in Italia: l’infezione ha causato due primi decessi in Brasile, nello stato di Bahia, e si tratta dei primi registrati a livello mondiale. La conferma è giunta dal Ministero della Salute brasiliano. La febbre di Oropouche è un’infezione virale tropicale trasmessa da moscerini e zanzare e prende il nome dalla regione in cui è stata scoperta e isolata per la prima volta nel 1955, presso il laboratorio regionale di Trinidad, vicino al fiume Oropouche, a Trinidad e Tobago. Il primo decesso è stato confermato il 17 giugno. Il paziente aveva 24 anni, viveva a Valença ed è morto a marzo. Lunedì scorso è stato invece registrato il secondo decesso, di una donna, ed il ministero della Salute sta ancora indagando su un’altra morte sospetta nello stato di Santa Catarina.

L’Organizzazione panamericana della sanità (Paho) ha inoltre emesso un allarme epidemiologico per informare i Paesi membri sull’identificazione di possibili casi, attualmente in fase di indagine in Brasile, di trasmissione del virus Orov dalla madre al bambino durante la gravidanza. In Italia, ad oggi, sono stati diagnosticati 4 casi tutti di importazione, ovvero di soggetti rientranti dal Brasile e da Cuba. La malattia da virus Oropouche, spiega l’Istituto superiore di sanità, è una arbovirosi causata dal virus Oropouche (Orov), un virus a Rna che può essere trasmesso agli esseri umani principalmente attraverso la puntura di Culicoides paraensis, un piccolo dittero ematofago di 1-3 mm, simile ad un moscerino, che nelle aree endemiche si trova in zone boschive nei pressi di ruscelli, stagni e paludi, o di alcune zanzare come Culex quinquefasciatus.

Nessuno di questi vettori al momento è presente in Italia o in Europa. Non è stata al momento confermata la possibilità di una trasmissione da uomo a uomo del virus. Nel 2024 (al 23 luglio), sono stati registrati oltre 7700 casi nel mondo in cinque paesi: Brasile, Bolivia, Peru, Cuba e Colombia. I primi casi registrati anche in Italia sono senza conseguenze gravi. Il rischio di infezione, chiarisce l’Iss, è presente se si viaggia nei paesi in cui è presente il virus. Per chi si trova in queste zone si raccomanda di mettere in atto tutte le precauzioni necessarie ad evitare il contatto con gli insetti vettori: usare repellenti chimici, indossare vestiti che coprano braccia e gambe, soggiornare in case dotate di zanzariere e cercare di ridurre le attività all’aperto nei periodi di maggiore attività vettoriale (alba e crepuscolo).

I sintomi principali dell’infezione sono febbre, mal di testa, dolore articolare e, in qualche caso, fotofobia, diplopia (visione doppia), nausea e vomito. Se si è di ritorno da un viaggio nei paesi in cui è presente il virus e si hanno questi sintomi il consiglio è di rivolgersi al proprio medico. Grazie ad un team multi-disciplinare di esperti, L’Iss è in prima linea per monitorare il rischio da virus Oropouche in Italia per gli aspetti virologici ed epidemiologici.

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