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Trump attacca il procuratore Muller e scarica l’Fbi: interferenze russe nel voto Usa? Una farsa

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L’inchiesta del super procuratore Usa Robert Mueller? “È un disastro per il nostro Paese”. Vladimir Putin dice più o meno la stessa cosa, ma usa parole diverse, non si è mai spinto fino all’insulto. È Donald Trump che usa questa frase per fare a pezzi Muller. Nella conferenza stampa al termine del vertice di Helsinki, il presidente americano è stato durissimo con l’Fbi, la «corrotta Hillary Clinton» e l’«ostruzionismo» democratico. Il Russiagate, cioè le indagini sull’ipotesi di collusione tra il Cremlino e il comitato di Trump per inquinare le elezioni Usa, ha dominato, almeno sul piano della comunicazione, il primo faccia a faccia tra i capi delle due superpotenze. Il leader Usa ha iniziato la dichiarazione ufficiale dal tema più esplosivo: «Abbiamo parlato dell’intromissione russa nella nostra campagna elettorale. Il presidente Putin è stato molto deciso nello smentire ogni manovra». Poi un giornalista americano ha chiesto a Trump se credesse più alla versione dei servizi segreti Usa o a quella di Putin. «I miei mi dicono che è la Russia. Io ho qui il presidente Putin e lui ha appena detto che la Russia non c’entra. E io aggiungo: non vedo alcuna ragione per cui avrebbe dovuto farlo».          

E «se non è la Russia» allora Trump arriva alla conclusione: «Io neanche conoscevo Putin. Nessuna collusione». In tarda serata il leader Usa cerca di attenuare la portata delle sue parole con un tweet: «Grande fiducia nel mio servizio d’intelligence». Quella fiducia non mostrata in conferenza stampa. Davanti ad un Trump così tranchant con la sua intelligence, il capo del Cremlino ha avuto gioco facile nel chiamarsi fuori dalle polemiche sulle interferenze russe nel processo elettorale che portò alla elezione di Trump. «La Russia non ha mai interferito e non interferirà mai negli affari interni americani, compreso il processo elettorale».

Putin aveva poi commentato l’atto di incriminazione firmato da Mueller a carico di 12 agenti del servizio segreto militare, cui si aggiunge, notizia di ieri, un’altra funzionaria «infiltrata» nel voto del 2016, Mariia Butina. «Mueller può mandare una richiesta di estradizione, le nostre corti la valuteranno. Dopodiché noi siamo pronti a consentire al super procuratore di venire a Mosca e interrogare gli accusati. A condizione che anche i nostri inquirenti possano farlo». Per Trump «è una proposta molto importante». Tutto il resto dell’agenda è passato in secondo piano: anche se c’è stato un confronto su dossier cruciali come il controllo degli armamenti e la Siria. Sull’annessione della Crimea, Putin non ha concesso margini: «Abbiamo fatto il referendum, per noi la questione è chiusa». Ma a Washington l’attenzione è concentrata sul Russiagate. Per Paul Ryan, speaker repubblicano della Camera: «Non ci sono dubbi che la Russia abbia interferito nella campagna elettorale». Così come è durissimo il giudizio dei democratici sulla conferenza stampa di Helsinki. Mai visto un presidente Usa così sferzate con i servizi segreti interni per difendere una potenza straniera.

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Nyt, ‘piano segreto Kiev contro Russia, Mosca avverte Pentagono’

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Il ministro della Difesa russo Andriy Belousov ha chiamato il capo del Pentagono Lloyd Austin all’inizio di questo mese per avvisarlo di una “operazione segreta” che l’Ucraina stava preparando contro la Russia: lo scrive il New York Times (Nyt), che cita tre funzionari statunitensi. Il 12 luglio Austin ha ricevuto una “richiesta insolita” da Belousov, commenta il giornale. Secondo le fonti, il ministro russo ha avvertito Washington dei preparativi di Kiev per un’operazione segreta contro la Russia, che credeva avesse il nullaosta degli americani. Belousov ha chiesto ad Austin se il Pentagono fosse a conoscenza dell’operazione, avvertendolo che essa avrebbe potuto portare ad un’escalation delle tensioni tra Mosca e Washington.

I funzionari del Pentagono sono rimasti sorpresi dalle affermazioni di Belousov e non erano a conoscenza dell’operazione, scrive il Nyt aggiungendo: “Ma qualsiasi cosa abbia rivelato Belousov… è stata presa abbastanza sul serio perché gli americani hanno contattato gli ucraini e hanno detto, in sostanza, ‘se state pensando di fare qualcosa del genere, non fatelo'”. Il giornale spiega che, nonostante la profonda dipendenza dell’Ucraina dagli Stati Uniti per il sostegno militare, di intelligence e diplomatico, i funzionari ucraini “non sono sempre trasparenti” con le loro controparti americane riguardo alle loro operazioni militari, in particolare quelle dirette contro obiettivi russi dietro le linee nemiche. I funzionari ucraini e il Cremlino si sono rifiutati di commentare l’indiscrezione e il ministero della Difesa russo non ha risposto a una richiesta di commento, riporta il giornale.

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Fonti, Modi potrebbe offrire mediazione per risolvere conflitto

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Il primo ministro indiano Narendra Modi potrebbe offrire la mediazione di New Delhi per porre fine al conflitto in Ucraina durante la sua visita a Kiev prevista per agosto: lo ha detto alla Tass una fonte del Parlamento indiano, riporta l’agenzia di stampa russa. “L’India potrebbe offrire la sua mediazione per risolvere la crisi ucraina. Tale proposta può essere avanzata durante la visita di Modi in Ucraina, con la possibilità che venga discussa al momento – ha detto la fonte -. L’India ha relazioni amichevoli di lunga data con la Russia e il primo ministro ha instaurato buoni rapporti con il presidente Vladimir Putin”. “Allo stesso tempo, l’India ha buone relazioni anche con l’Ucraina. Entrambe le parti hanno fiducia nell’India”, ha sottolineato. La fonte ha poi ricordato che “l’India ha ripetutamente dichiarato di essere pronta a contribuire alla risoluzione del conflitto. Tuttavia – ha osservato -, ciò è possibile solo con il consenso di entrambe le parti”.

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Gli Obama con Harris, ‘sarai una presidente fantastica’

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Last but not least: ultimo, ma non certo per importanza, a dare l’endorsement a Kamala Harris per la Casa Bianca è Barack Obama con la moglie Michelle. Un sostegno ben coreografato anche nei tempi. Quasi a serrare definitivamente le fila del partito dopo aver evitato un abbraccio immediato per apparire al di sopra delle parti e non oscurare né la nuova ribalta per Kamala né il sofferto addio di Joe Biden alla corsa. Nell’aria da giorni, l’endorsement è arrivato con un video che immortala la telefonata dell’ex coppia presidenziale alla Harris, sullo sfondo di un Suv nero. Una chiamata che evidenzia una amicizia lunga oltre 20 anni e un potenziale legame storico tra il primo presidente afroamericano e quella che potrebbe diventare la prima donna di colore alla Casa Bianca. Con uno slogan apparso tra i fan dei primi comizi che già li unisce: ‘Yes, we Kam’ (le iniziali di Kamala, ndr), un richiamo al vincente slogan obamiamo ‘Yes, we can’.

“Non posso fare questa telefonata senza dire alla mia ragazza, Kamala, che sono orgogliosa di te. Sarà storico”, ha esordito l’ex first lady. “Michelle e io non potremmo essere più orgogliosi di sostenerti e di fare tutto il possibile per farti vincere queste elezioni e arrivare allo Studio Ovale”, le ha fatto eco Barack, che poi su X si è detto sicuro che sarà “una fantastica presidente”. Kamala ha ringraziato, con malcelata sorpresa: “Oh mio Dio. Michelle, Barack, questo significa così tanto per me. Non vediamo l’ora di compiere questa impresa con voi due, Doug e io…”, ha affermato la vicepresidente Usa. “Ma più di tutto, voglio solo dirvi che le parole che avete detto e l’amicizia che ci avete dato in tutti questi anni significano più di quanto io possa esprimere, quindi grazie a entrambi… E ci divertiremo anche in questo, non è vero?” ha aggiunto. Gli Obama hanno diffuso anche una dichiarazione.

“Non potremmo essere più entusiasti ed eccitati di sostenere Kamala Harris come candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti. Siamo d’accordo con il presidente Biden: scegliere Kamala è stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Ha il curriculum per dimostrarlo”, scrivono, ricordandone l’impegno come procuratrice generale in California, senatrice e vicepresidente. “Ma Kamala – sottolineano – ha più di un curriculum. Ha la visione, il carattere e la forza che questo momento critico richiede. Non abbiamo dubbi che abbia esattamente ciò che serve per vincere queste elezioni… In un momento in cui la posta in gioco non è mai stata così alta, ci dà a tutti motivo di sperare”. Quindi l’impegno a fare “tutto il possibile” per farla eleggere. Già si parla di comizi ed eventi insieme, capaci sicuramente di mobilitare grandi folle. Come quelle che Harris sta attirando sui social: il suo nuovo account su TikTok ha conquistato 100 mila follower in 30 minuti. Prosegue intanto il braccio di ferro sul duello tv tra lei e Trump.

Domenica il tycoon si era detto disponibile a mantenere il confronto del 10 settembre – concordato in precedenza con Biden – ma spostandolo dalla “fake” Abc a Fox News, l’emittente dei conservatori dove lui è di casa. Quindi martedì aveva ribadito di essere “assolutamente” pronto a dibattere con il probabile nominee dem, aggiungendo però di non aver concordato nulla, se non il duello con Biden. Giovedì l’ultima correzione di tiro: la sua campagna ha precisato che non ci sarà alcun dibattito finchè i dem non avranno nominato formalmente il candidato. “Che cosa è successo al ‘quando vuoi, dove vuoi’?”, lo ha provocato Kamala rinfacciandogli le parole che il tycoon aveva usato per sfidare Biden e accusandolo di fare marcia indietro. Probabilmente Trump sta cercando di minare la credibilità di Abc, sperando che la tv spinga il confronto a suo favore o come alibi nel caso Harris se la cavasse bene. Oppure, secondo altri, lui e il suo team hanno semplicemente paura della sua performance contro l’ex procuratrice che lo paragona a truffatori e predatori sessuali.

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