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Esteri

Trump, ‘accordo con Messico su migranti, niente dazi’

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Niente dazi Usa sull’export del Messico. I due Paesi hanno raggiunto un’intesa dopo tre giorni di negoziati. L’annuncio è stato dato via Twitter da Donald Trump, poche ore dopo il suo rientro dal lungo viaggio europeo. “Sono lieto di informare che gli Stati Uniti hanno firmato una accordo col Messico. Le tariffe che dovevano essere applicate dagli Usa lunedi’ sono quindi sospese a tempo indeterminato”, ha scritto il presidente. “Il Messico, in cambio, ha concordato di prendere misure forti per fermare il flusso della migrazione attraverso il Messico e verso il nostro confine meridionale. Questo sara’ fatto per ridurre grandemente, o eliminare, l’immigrazione illegale proveniente dal Messico e verso gli Stati Uniti”, ha aggiunto. Gia’ quando era a bordo dell’Air Force One il tycoon aveva lanciato segnali di ottimismo, twittando che c’era “una buona chance di fare l’accordo”. I dettagli sono stati diffusi dal dipartimento di Stato americano, che ha condotto i negoziati con Messico, Paese fortemente deciso ad evitare la minaccia di dazi crescenti sul proprio export, a partire dal 5% sino al 25% in ottobre. Nella dichiarazione comune il Messico si impegna a fare tre cose: schierare da lunedi’ la guardia nazionale, in particolare al confine sud con il Guatemala; rafforzare l’applicazione delle leggi sull’immigrazione e accogliere sul proprio territorio un maggior numero di richiedenti asilo in Usa finche’ non verra’ completato l’iter della loro richiesta. A costoro verranno offerte occasioni di lavoro. Il Messico sembra aver rifiutato la richiesta Usa di diventare un “paese terzo sicuro”, che l’avrebbe costretto a prendersi gran parte dei migranti centroamericani. Il segretario di stato Mike Pompeo ha ringraziato la controparte. “Penso che sia un giusto equilibrio”, ha commentato dal canto suo il ministro degli esteri messicano Marcelo Ebrard. Le parti continueranno a discutere per altri 90 giorni su ulteriori passi da prendere. Si conclude cosi’ per ora un conflitto da cui Trump esce in qualche modo vincitore grazie all’arma delle tariffe, anche se l’entrata in vigore dei dazi avrebbe danneggiato pure i consumatori e l’economia americana. E anche i mercati, da lunedi’, tireranno un sospiro di sollievo, in attesa di vedere come finira’ la guerra dei dazi con la Cina.

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Esteri

Ucraina e Russia pronte al maxi scambio di prigionieri: in ballo 2.000 vite umane

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Mille prigionieri russi in cambio di mille prigionieri ucraini. È questo l’accordo raggiunto durante i colloqui tra Mosca e Kiev a Istanbul, unico spiraglio di dialogo tra i due Paesi dopo oltre due anni di guerra. Un’intesa mediata da Emirati Arabi, Turchia, Stati Uniti e Vaticano, che potrebbe concretizzarsi già nel prossimo fine settimana.

A confermarlo è il capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov, mentre il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato: «Dobbiamo liberare tutti i nostri, incondizionatamente. Stiamo facendo il massimo». Il 17 maggio il Servizio di sicurezza ucraino (SBU) ha avviato le procedure per la creazione delle liste dei prigionieri, confermate anche dal vicecapo dell’intelligence Vadym Skybytskyi.

Scambi regolari, ma torture sistematiche

Dall’inizio della guerra, nel 2022, gli scambi di prigionieri sono l’unico contatto stabile tra le parti. L’ultimo, il 6 maggio scorso, ha visto Kiev riportare a casa 205 soldati. In totale, l’Ucraina ha rimpatriato 4.757 prigionieri, ma secondo fonti ufficiali circa 16.000 ucraini sarebbero ancora detenuti, tra cui 2.000 civili.

Il problema, però, va oltre la diplomazia. Secondo l’ONU, il 95% dei prigionieri ucraini è stato torturato. Dalle testimonianze emergono racconti agghiaccianti. Durante una conferenza della Media Initiative for Human Rights, il marine Ivan Dibrova, catturato nel 2022, ha denunciato: «Ci hanno fatto strisciare a quattro zampe sotto minaccia delle pistole elettriche, ci mordevano i cani. Eravamo feriti, ma ci hanno costretti a salire su un aereo in quelle condizioni».

Il caso Roshchyna e l’orrore delle prigioni russe

Il 29 aprile, la Russia ha restituito il corpo della giornalista Viktoria Roshchyna senza organi interni: una prassi, secondo l’accusa ucraina, per coprire segni di tortura. Le sue condizioni al momento della morte sono oggetto di un’inchiesta condotta da Ukrainska Pravda e testate internazionali.

La direttrice del giornale, Sevgil Musayeva, ha dichiarato che 186 prigioni russe o nei territori occupati ospitano cittadini ucraini, e in 29 di queste la tortura è sistematica. «I detenuti vengono immersi nell’acqua gelata fino alle convulsioni, sospesi a testa in giù, seviziati con scosse elettriche», ha affermato. «Alcuni sono costretti a giocare con ossa umane, altri picchiati in bare di metallo».

Il richiamo alla Convenzione di Ginevra

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, pur non coinvolto direttamente negli scambi, ha rivelato che oltre 50.000 persone risultano scomparse tra Ucraina e Russia. Una cifra raddoppiata nell’ultimo anno, secondo il direttore dell’Agenzia centrale di ricerca Dusan Vujasanin: «La ricerca dei dispersi durerà anni, forse decenni».

E mentre il commissario per i diritti umani ucraino Dmytro Lubinets invia lettere ufficiali all’Onu e alla Croce Rossa, resta l’urgenza di tutelare i prigionieri civili e politici, inclusi giornalisti. Zelensky ha ribadito che il prossimo scambio dovrà includerli.

Un accordo che porta speranza, ma che fotografa l’orrore silenzioso che si consuma nei campi di prigionia. E che impone all’opinione pubblica internazionale di non distogliere lo sguardo.

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Media, capo Mossad e Dermer a Roma per incontrare Witkoff

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Il capo del Mossad David Barnea (nella foto) e il ministro israeliano per gli Affari strategici Ron Dermer, il più stretto collaboratore del premier Benyamin Netanyahu, saranno domani a Roma per incontrare l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff a margine del quinto round di colloqui sul nucleare iraniano. Lo riferisce Axios spiegando che Barnea e Dermer stanno cercando di coordinare le posizioni con Witkoff e di essere informati subito dopo la conclusione dei colloqui.

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‘Falso video mostrato da Trump a Ramaphosa su genocidio bianchi’

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Il video mostrato da Donald Trump nello Studio Ovale al presidente sudafricano Cyril Ramaphosa che mostrava file di croci bianche a perdita d’occhio lungo una strada di campagna era in realtà un falso. Lo rivelano i fact-checkers della Bbc secondo i quali le croci non erano “luoghi di sepoltura di oltre un migliaio di contadini bianchi”, come sostenuto dal tycoon. Il video è stato girato durante una protesta contro l’omicidio di Glen e Vida Rafferty, una coppia di contadini bianchi, uccisi a colpi d’arma da fuoco nella loro proprietà nel 2020. Il filmato è stato condiviso su YouTube il 6 settembre, il giorno dopo le proteste. “Non è un luogo di sepoltura ma un memoriale”, ha detto alla Bbc Rob Hoatson, uno degli organizzatori dell’evento. Le croci sono state poi tolte dopo la commemorazione.

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