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Cronache

Tribunale argentino condanna per abusi monsignor Zanchetta

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Mettendo fine ad un processo particolarmente delicato per la vicinanza avuta in passato dall’imputato con papa Francesco, un tribunale argentino ha condannato oggi monsignor Oscar Zanchetta a quattro anni e mezzo di reclusione, per il reato commesso ai danni di due seminaristi di “abuso sessuale semplice, continuato, ed aggravato dal fatto che l’autore fosse il ministro di un riconosciuto culto religioso”. La sentenza contro Zanchetta, gia’ vescovo di Orano, in provincia di Salta, fra il 2013 e il 2017, era molto attesa, anche perche’ riguardava la prima causa intentata contro un vescovo cattolico in Argentina, Paese dove finora erano stati processati e condannati solo sacerdoti e semplici religiosi. Decidendo la pena da infliggere all’imputato, i tre magistrati della II Sezione del Tribunale di Salta (Maria Laura Toledo Zamora, Raul Fernando Lopez e He’ctor Fabian Fayos) hanno accolto pienamente le richieste della pubblica accusa, disponendo anche l’immediato arresto di Zanchetta. Fonti giudiziarie hanno dichiarato al quotidiano La Nacion che il vescovo restera’ in detenzione per il momento in un commissariato di polizia di Orano fino a quando non si liberera’ una cella nel carcere della citta’. Non e’ noto se il difensore di Zanchetta, Enzo Giannotti, che aveva chiesto l’assoluzione per il suo difeso, presentera’ ricorso per la sentenza. Comunque, il tribunale ha disposto che, una volta passata in giudicato la condanna, gli elementi di base di Zanchetta, che ha 58 anni, siano “registrati nella ‘Banca dei dati genetici’ argentina. Famigliari e amici dei due seminaristi accusatori, la cui identita’ e’ stata rivelata solo con le iniziali dei loro nomi (M. C. e G. G.), hanno atteso all’esterno del tribunale il verdetto, mostrando cartelli in cui si poteva leggere ‘Giustizia per i nostri seminaristi!’, ‘Zanchetta in carcere!’ e ‘La chiesa smetta di coprire gli abusi sessuali!’. Molti di loro, si e’ appreso, hanno giudicato troppo mite la condanna comminata al vescovo emerito di Orano, non in linea a loro avviso con la gravita’ delle accuse e delle sentenze emesse in passato da altri tribunali argentini. Si deve anche ricordare che oltre a questa denuncia, cinque sacerdoti ne avevano formalizzata anni fa una seconda riguardante atti di autoritarismo e cattiva gestione economica delle proprieta’ ecclesiastiche nel seminario Giovanni XXIII di Orano. Nel 2017, quando apparentemente ancora non erano emerse le accuse di abusi sessuali, papa Francesco richiamo’ Zanchetta in Vaticano, nominandolo assessore dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica), incarico fino ad allora del tutto inedito, poi cessato nel settembre 2021. La situazione si aggravo’ il 21 novembre 2019, perche’ il procuratore dell’Ufficio sulla violenza di genere e sui crimini contro l’integrita’ sessuale di Orano richiese l’emissione di un mandato di cattura internazionale nei confronti di Zanchetta, nel caso non si fosse presentato all’udienza prevista per il 27 novembre 2019 a Salta. Da allora, pero’, il vescovo emerito avvio’ una collaborazione con il tribunale che si e’ sviluppata attraverso successive udienze, con l’intervento dei denuncianti, che hanno fornito particolari delle avances di cui furono oggetto, di testimoni convocati da accusa e difesa, e anche di due psicologhe. Alla vigilia della sentenza, Marcio Tornina, uno degli ex seminaristi testimone all’epoca dei fatti, ha postato su Facebook la sua riflessione finale rivolto a Zanchetta: “Ci hai rovinato la vita. Infrangendo sogni e progetti. Al giorno d’oggi molti di noi ancora lottano per andare avanti. Sperimentiamo l’amaro sapore della solitudine, dell’incomprensione e del pregiudizio. Nulla ci viene dall’alto. Non apparteniamo a famiglie benestanti, non abbiamo padrini politici o religiosi. Ma siamo qui per chiedere giustizia”.

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Voto di scambio a Cercola: voti venduti a 30 e 20 euro

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Trenta euro a voto per la prima tornata elettorale e venti per il ballottaggio: questo il tariffario della compravendita delle preferenze a Cercola, in provincia di Napoli, in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2023. E’ emerso nell’ambito di una indagine dei carabinieri e della DDA (pm Henry John Woodcock e Stefano Capuano) su una serie di episodi di voto di scambio politico-mafioso documentati nel comune vesuviano.

Tra gli arrestati figurano la figlia di un boss ergastolano, all’epoca dei fatti rappresentante di lista, una candidata legata da vincoli di parentela al clan De Micco, suo fratello, consigliere in una municipalità di Napoli, e anche loro padre. Le elezioni finite al centro delle indagini sono le amministrative del 14 e 15 maggio 2023, quindi del successivo ballottaggio del 25 e 26 maggio dello stesso anno.

Gli indagati (per loro vale il principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva) sono accusati di compravendita di voti per essere eletti. Quando scoprono che la tornata elettorale è andata male fanno i moralisti e contestano agli elettori di avere promesso il consenso e intascato denaro da più di un candidato. Emerge anche questo nell’ambito dell’indagine dei carabinieri e della DDA di Napoli sul voto di scambio politico mafioso a Cercola. Nella conversazione intercettata dai militari della Sezione Operativa di Torre del Greco e di Cercola, a parlare sono alcuni indagati che avevano impegnato qualche migliaio di euro per accaparrarsi i voti: si lamentano del fatto che ciononostante per loro era andata male: “Se li sono comprati i voti… hanno i soldi e comprano…”.

Nel comunicato stampa diffusa dai carabinieri si fa rilevare che “il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva”.

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Uomo ucciso a Pavia, sospetti su amico

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E’ stato ucciso probailmente da un amico l’uomo di 36 anni trovato morto stamattina per strada alla periferia di Pavia. Il delitto sarebbe avvenuto in un appartamento vicino al luogo del ritrovamento e il cadavere portato in strada da una persona che la vittima conosceva, da cui era ospitata, ed ora è interrogata. L’omicidio sarebbe accaduto al culmine di una lite. Sul posto i carabinieri. L’allarme è stato dato da alcuni passanti che hanno visto il corpo per strada.

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Donna scomparsa a Lanciano e ritrovata viva a Castelvolturno, volevo farla finita

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La maestra di ballo e fitness di Lanciano, Milena Santirocco, di 54 anni, scomparsa il 28 aprile scorso e ritrovata viva sabato sera a Castel Volturno dopo sei giorni di ricerche sul litorale abruzzese si è allontanata volontariamente da casa con l’intento di suicidarsi: non si è trattato di un sequestro di persona, come dichiarato dalla donna ai primi soccorritori che l’avevano raggiunta nella caffetteria in Campania. La donna avrebbe confessato l’intenzione di uccidersi durante l’interrogatorio di ieri davanti al pm di Lanciano, Silvia di Nunzio. A riportarlo è il quotidiano regionale ‘Il Centro’.

Con questo articolo il racconto di questa storia finisce.

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