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Cronache

Tifoso interista morto, le motivazioni del giudice: fatti gravissimi, atteggiamenti omertosi degli imputati han reso difficili le indagini

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Non hanno meritato alcuna attenuante data la gravità di “quell’agguato”, le “gravissime conseguenze” e l’atteggiamento “omertoso”, ma non si puo’ sostenere, perche’ mancano le prove, che loro abbiano organizzato gli scontri. Cosi’ il gup di Milano Carlo Ottone De Marchi ha motivato le cinque condanne emesse una settimana fa ad altrettanti ultras, a pene inferiori rispetto a quelle richieste dai pm, per la maxi rissa del 26 dicembre, prima di Inter-Napoli, in cui perse la vita Daniele Belardinelli. Nelle motivazioni del verdetto il giudice mette nero su bianco, infatti, che le “indagini espletate non appaiono sufficientemente dettagliate e approfondite, anche a causa della scarsa collaborazione degli imputati, per affermare che gli scontri fossero stati deliberati tra gli altri proprio” da Marco Piovella e Nino Ciccarelli, due dei sei ultra’ arrestati finora, anche se hanno un “ruolo maggiormente carismatico” nella curva interista. Per gli imputati, tutti poi scarcerati e difesi, tra gli altri, dai legali Mirko Perlino e Antonio Radaelli, con rito abbreviato sono state inflitte pene fino a 3 anni e 8 mesi, la piu’ alta a Ciccarelli, storico capo dei Viking della curva nerazzurra, mentre i pm avevano chiesto fino a cinque anni e otto mesi.

Pur spiegando che a nessuno dei condannati possono essere concesse le attenuanti generiche anche per il loro “atteggiamento scarsamente collaborativo ed omertoso”, il gup evidenzia una serie di punti non chiariti dall’inchiesta e spiega che non e’ stato provato che Piovella, detto ‘il Rosso’ e ritenuto capo dei Boys della curva nord, e Ciccarelli abbiano preparato il blitz in via Novara. Riguardo a Piovella, scrive il gup, c’e’ da dire che Luca Da Ros, che ha collaborato alle indagini e ha patteggiato un anno e 10 mesi, “ha sostenuto di averlo visto nel primo pomeriggio del 26 dicembre presso il Baretto dello stadio e non presso il Cartoons Pub”, da dove “era partito l’ordine di recarsi sul luogo degli scontri e non ha mai riferito di avere ricevuto disposizioni esplicite e ordini” da lui. Per il gup non puo’ nemmeno considerarsi una “prova adeguata” per “affermare il ruolo di organizzatore” del ‘Rosso’ il fatto che “avesse trascorso il giorno di Natale insieme al Belardinelli, al Martinoli (anche lui arrestato e condannato, ndr) e ad altri tifosi”. Quell’incontro a Natale, infatti, “non permette con tranquillizzante certezza di ritenere che in quella sede si fosse organizzato lo scontro con i tifosi napoletani”. E’ servita si’ “una meticolosa e capillare organizzazione”, ma “non puo’ essere stato organizzato nel corso di una giornata di festa e senza vedere coinvolte numerose persone”. Ancora “piu’ nebulosa”, poi, “appare la ricostruzione del ruolo ricoperto nell’organizzazione della rissa da parte del Ciccarelli”. Intanto, vanno avanti le indagini con l’ipotesi di omicidio volontario per capire chi investi’ Belardinelli, travolto da una o due auto.

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Napoli-Lazio, 4 daspo di un anno per tifosi azzurri

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Il questore di Napoli Alessandro Giuliano (nella foto) ha adottato quattro provvedimenti di divieto di accesso alle manifestazioni sportive (Daspo), della durata di un anno, nei confronti di altrettanti tifosi napoletani tra i 17 e i 38 anni. In particolare, in occasione dell’incontro di calcio Napoli-Lazio dello scorso 3 marzo allo stadio “Maradona”, tre di essi erano stati denunciati per scavalcamento dal settore inferiore a quello superiore della curva A mentre il quarto era stato denunciato per possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive poiché, durante i servizi di filtraggio, era stato trovato in possesso di un fumogeno.

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Confcommercio, sicurezza peggiorata per 1 impresa su 10

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“Un’impresa su dieci del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2022”. E torna a rialzare la testa, dopo la pandemia, anche l’usura, “il fenomeno illegale percepito in maggior aumento dagli imprenditori (per il 25,9%), seguito da abusivismo (21,3%), estorsioni (20,1%) e furti (19,8%). Nel complesso, 31 mila piccole aziende del commercio e dei pubblici esercizi sono oggi ad elevato rischio usura”. Lo dicono i dati emersi da una ricerca dell’Ufficio studi di Confcommercio presentati oggi in occasione della decima Giornata nazionale “Legalità, ci piace!” con gli interventi del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del comandante regionale della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna, Ivano Maccani.

Sull’usura, “il trend è più marcato al Sud e nel commercio al dettaglio non alimentare dove si registrano percentuali più elevate e dove, in particolare, l’usura è indicata in aumento da oltre il 30% delle imprese. A Roma questo fenomeno è segnalato in crescita dal 28,5% degli imprenditori”. Inoltre, sempre secondo le stime di Confcommercio, “l’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi 33,6 miliardi di euro all’anno e mette a rischio 268mila posti di lavoro. In termini di fatturato la perdita annua è di 23,7 miliardi di euro”. “È preoccupante ritrovarci qui anche quest’anno ad osservare che, tra le diverse categorie di criminalità che colpiscono i nostri settori, è l’usura ad essere il fenomeno illegale percepito ancora in maggior aumento dagli imprenditori”, ha esordito Sangalli, “un fenomeno insidioso e particolarmente doloroso, che più di altri rischia di essere circondato da un silenzio assordante”.

“Gli strascichi dell’emergenza pandemica – ha quindi sottolineato -, la crisi dei costi energetici, l’inflazione, il ribaltamento dei mercati finanziari, rappresentano un vero e proprio detonatore dell’usura. Anche per questo, quando chiediamo moratorie, fiscali e creditizie, non chiediamo salvagenti per le imprese, ma strumenti che possono essere decisivi per non appigliarsi altrove, sulla pinna della criminalità organizzata”. “Noi l’abbiamo sempre detto e lo ripetiamo oggi – si è quindi appellato -: denunciare si deve, si può e conviene. Si deve, perché è un dovere civile. Si può, perché è una scelta di cui ciascuno è responsabile. Conviene perché il costo complessivo dell’illegalità per commercio e pubblici esercizi è di 24 miliardi di euro sul fatturato”. “Dobbiamo fare il possibile per rintracciare questi fenomeni e portarli a soluzione – ha affermato in proposito Piantedosi -. C’è una fiducia crescente nei confronti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, serve più sensibilizzazione e formazione; il sommerso è legato anche alla volontà di tenere per sè la tragedia che si sta vivendo. Bisognerà pensare anche ad un sostegno psicologico individuale”. Gli strumenti comunque, ha aggiunto riferendosi sia al Fondo di solidarietà gestito dal ministero dell’Interno sia al Fondo di prevenzione gestito dal ministero dell’Economia, “possono non essere esaustivi ma ci sono, anche se – è l’impegno preso – va studiato un salto di qualità”.

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Omicidio a Roma, un fermato. È caccia ai complici

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È svolta nell’omicidio di Andrea Fiore, il 54enne ucciso la notte tra domenica e lunedì nel suo appartamento di via Pisoni, nella zona Torpignattara alla periferia di Roma. Gli uomini della Squadra Mobile nel tardo pomeriggio di lunedì hanno fermato Daniele Viti, 43enne originario di Veroli, centro in provincia di Frosinone. L’uomo è stato bloccato mentre rientrava in un appartamento nella zona di Corviale, quadrante sud-ovest della Capitale, assieme ad una donna. Nei suoi confronti l’accusa è di “concorso in omicidio” assieme ad altre persone ancora non identificate e su cui si sta ora concentrando il lavoro degli inquirenti. È ancora da chiarire il ruolo di Viti, che ha precedenti per stalking, nell’agguato mortale. L’uomo è stato trasferito nel carcere di Regina Coeli in attesa dell’interrogatorio di convalida del fermo.

Secondo quanto accertato da chi indaga, Fiore è stato raggiunto da un colpo di pistola al torace poco dopo la mezzanotte di domenica. La vittima, che ha precedenti anche per droga, con molta probabilità conosceva i suoi aggressori. “Mi hanno sparato, venite a salvarmi”, le parole dette al 112 poco prima di morire. I poliziotti arrivati in pochi minuti hanno dovuto attendere l’intervento dei vigili del fuoco perché la porta risultava chiusa dall’interno. Gli investigatori hanno trovato poi il cadavere a poca distanza dalla porta di ingresso.

Non è escluso che la morte di Fiore sia legata all’omicidio di Luigi Finizio vittima di un agguato avvenuto a poca distanza da via Pisoni, il 13 marzo scorso, ad una pompa di benzina. I due infatti si conoscevano da tempo. Finizio, legato da rapporti familiari con il clan di stampo camorristico dei Senese, è stato ucciso in via dei Ciceri da uomini in scooter che poi si sono dati alla fuga. Su questo episodio sono a lavoro i pm della Distrettuale Antimafia di piazzale Clodio. I due omicidi potrebbero quindi rientrate in una guerra tra bande criminali. Una escalation di fatti di sangue legata al business della droga anche se chi indaga non esclude altre piste. Il delitto di domenica notte è solo l’ultimo di una lunga striscia che da settimane sta insanguinando le strade di Roma. Il 10 marzo, a San Giovanni, è stato ucciso Emanuele Costanza, in arte Manuel Costa, con due colpi di pistola alla testa da Fabio Giaccio, 43 enne di origini napoletane, reo confesso. Movente del raid di morte questioni di natura economiche.

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