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Nessun accordo sugli sbarchi dei migranti, la missione navale Sophia continua senza navi: è ridicolo ma è così

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Una missione navale senza navi: questo il futuro della missione EunavforMed Sophia lanciata nel giugno del 2015 per combattere i traffici illeciti, a partire dalla tratta di esseri umani, nel Mediterraneo centrale. A esercitare l’azione di pattugliamento sul braccio di mare tra le coste africane e quelle italiane resteranno solo elicotteri ed aerei, almeno per i prossimi sei mesi. Poi si vedra’. Intanto andranno avanti le attivita’ di addestramento e supporto della Guardia costiera libica. La nuova fisionomia di Sophia e’ stata messa nero su bianco nell’accordo politico raggiunto tra i 28 Paesi Ue dopo mesi di discussioni. E’ dalla scorsa estate che i partner europei si confrontano sulla richiesta dell’Italia di cambiare le regole della missione in base alle quali tutte le persone salvate in mare devono essere sbarcate in porti italiani. Un punto su cui, anche durante gli ultimi due giorni di febbrili negoziati condotti dagli ambasciatori raccolti nel Comitato politico e di sicurezza Ue (Cops), non e’ stato possibile raggiungere un compromesso. Quindi si e’ scelto di risolvere il problema alla radice, almeno per ora. Eliminando da quel tratto di mare le navi che finora hanno dato vita alla missione e che in molte occasioni hanno partecipato attivamente a operazioni di salvataggio di migranti in difficolta’. Un compito non contemplato nel suo mandato ma reso obbligatorio dalle convenzioni internazionali e dalla legge del mare. “Sophia e’ una missione navale ed e’ chiaro che senza navi in mare non potra’ adempiere pienamente ai suoi compiti. Ma gli Stati membri hanno deciso cosi'”, e’ stato il commento sconsolato della portavoce della Commissione europea Maja Kocijancic.

L’Alto rappresentate Ue, Federica Mogherini, lunedi’ aveva fatto trovare sul tavolo del Cops una proposta che, in assenza di un accordo su nuove modalita’ di ripartizione dei naufraghi e degli sbarchi, prevedeva la chiusura definitiva della missione e l’avvio di un’altra operazione ‘ex novo’ dedicata solo all’addestramento e al supporto della Guardia costiera libica. La soluzione trovata dai 28, che dovra’ ora essere formalizzata dal Consiglio Ue entro fine mese (il 31 scade la proroga decisa lo scorso dicembre), prevede invece che il mandato operativo di EunavforMed venga esteso senza alcuna modifica per altri sei mesi. Il comando restera’ quindi all’Italia, che lo sta esercitando attraverso l’ammiraglio Enrico Credendino. Non appena la decisione Ue sara’ formalizzata, il Cops ordinera’ al comando di Sophia di sospendere temporaneamente il dispiegamento delle unita’ navali, che quindi faranno rotta verso i Paesi di provenienza. Un esito su cui la Germania ha giocato d’anticipo. A gennaio un portavoce del ministero della Difesa di Berlino aveva annunciato il ritiro dell’operazione della Berlin per impiegarla in esercitazioni Nato nel Mare del Nord. “Siamo pronti a tornare, ma riteniamo che debbano essere chiariti meglio quali sono i compiti della missione”, aveva dichiarato il portavoce. Amnesty International ha giudicato la decisione dei 28 “una vergognosa abdicazione dei Paesi Ue alle loro responsabilita’”, sottolineando che cosi’ i migranti saranno lasciati alla merce’ delle autorita’ libiche che si sono gia’ rese responsabili di enormi atrocita’. A Sophia, da sempre considerata da Mogherini “parte essenziale” delle azioni messe in campo per smantellare i traffici illeciti e stabilizzare la Libia, hanno finora partecipato 26 Paesi mettendo a disposizione 1045 persone, 6 navi, 2 elicotteri e 5 aerei. Gli scafisti fermati sono stati 151, le imbarcazioni neutralizzate 551 e i migranti soccorsi 44.916. Il comando operativo della missione si trova nell’ex aeroporto di Centocelle, a Roma.

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L’ipnosi in sala operatoria per due anziane a Torino

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L’ipnosi in sala operatoria si consolida come una risorsa in più per combattere il dolore in sala operatoria. Per la prima volta a Torino, all’ospedale delle Molinette, due donne in età avanzata (75 anni e 79 anni) sono state sottoposte a un intervento in ipoanestesia, una pratica che alla Città della Salute definiscono “l’ultima frontiera degli approcci destinati a garantire ai pazienti un trauma chirurgico sempre minore”. L’ipoanestesia, che ha già preso piede in numerosi Paesi europei per operazioni di chirurgia complessa, è considerata una valida alternativa all’anestesia generale: non pretende un carico pesante di farmaci invasivi, modula la percezione del dolore e, soprattutto, allontana la percezione del bisturi, riducendo lo stress emotivo. Effetti che, a quanto pare, si riverberano anche sul recupero post operatorio, più rapido ed efficace, con conseguente riduzione dei tempi di ricovero.

Nel caso delle due pazienti torinesi si è trattato di abbinare l’ipnosi all’anestesia locale per poi procedere, tramite delle ‘tradizionali’ incisioni al collo di minima entità (2,5-3 cm), all’asportazione di tumori benigni delle paratiroidi. L’intervento ha richiesto la composizione di un’equipe composta da specialisti di varie discipline: Maurizio Bossotti (responsabile della Chirurgia tiroidea-paratiroidea del Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica della Città della Salute di Torino, diretto dal professor Mario Morino) è stato affiancato da Pietro Soardo e Valentina Palazzo, specializzanda in Chirurgia Generale ed ipnologa, e dagli anestesisti del gruppo di Roberto Balagna.

In Italia il ricorso all’ipnosi clinica è una realtà da diverso tempo e in diversi ambiti. Nel 2020 l’ospedale San Paolo, a Savona, se ne servì a scopo analgesico su un uomo sottoposto a un intervento al cuore, mentre nel 2022 fu il San Michele di Cagliari ad impiegarla nel corso di un trapianto di fegato: il paziente, dopo una serie di incontri preparatori, venne ‘risvegliato’ in stato di ipnosi in sala operatoria anziché in rianimazione, cosa che scongiurò una quantità di complicazioni. Nel 2023, ad Ancona, un tumore cerebrale fu asportato con procedura awake: il paziente, sveglio e cosciente, indossò un visore che lo inondò di immagini e musiche capaci di ridurre l’ansia pre e post operatoria. La sedazione digitale è stata utilizzata al ‘Ferrari’ di Castrovillari (Cosenza) per coronarografie e impianti di peacemaker.

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Abusi su 13enne, spedizione punitiva amici contro l’ex

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Non si è ribellata quando lui le ha imposto un rapporto sessuale perché “avevo paura che lui mi lasciasse”. Protagonista di questa brutta storia che arriva da Genova una ragazzina di 13 anni che ha raccontato di esser stata obbligata ad avere rapporti con il suo fidanzato del tempo, di due anni più grande, nella sua casa quando i genitori non c’erano. Una storia che durava da qualche mese e che è stata scoperta dalla polizia intervenuta per la chiamata al 112 dell’ex fidanzatino della vittima, accerchiato dagli amici della ragazzina intenzionati a portare a termine una vera e propria spedizione punitiva. Tutto nasce un pomeriggio di qualche tempo fa quando la ragazzina va a casa del fidanzatino che ha, appunto, 15 anni.

I genitori di lui non ci sono e avvengono gli abusi. Lei non lo lascia perché ha paura che lui l’abbandoni poi l’infatuazione è finita e lei racconta tutto ai suoi amici. Amici che, dopo essersi radunati, in tutto una decina di ragazzi tra i 13 e i 16 anni, imbastiscono una specie di spedizione punitiva a casa dell’ex. Quel giorno il 15enne è solo nell’appartamento al primo piano del condominio in cui abita con i genitori.

Quando arrivano gli amici della ragazzina iniziano a dare pugni contro le sue finestre e uno cerca addirittura di entrare in casa. Il ragazzo si spaventa, prende un coltello da cucina e poi chiama il 112. Quando la polizia interviene ci vuole un po’ per capire cosa stesse succedendo e che cosa aveva portato a quella reazione esasperata di un gruppo di giovanissimi. I ragazzini amici della vittima vengono tutti identificati e accompagnati negli uffici della polizia: ovviamente ciascuno racconta quello che sa e quello che invece gli è stato solo riferito ma sarà la ragazzina di 13 anni a dover raccontare il retroscena.

Tra l’altro, la vittima aggiunge che aveva tentato di parlarne a casa con i genitori ma che aveva avuto scarso successo. Genitori che, convocati e sentiti dalla polizia, affermano: “Ci aveva accennato qualcosa, ma pensavano fossero questioni tra ragazzi”. Tutta la vicenda adesso è sottoposta a indagini della procura presso il tribunale dei Minori, Un fascicolo in cui un quindicenne è accusato di violenza sessuale aggravata. E negli ultimi giorni la vittima è stata sentita durante un incidente probatorio, fornendo – secondo quanto appreso – ‘significative conferme’.

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Arcivescovo Napoli ad amministratori: bisogna fare di più

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La Costituzione “ci obbliga ad adempiere le nostre funzioni “con onore e disciplina” e l’onore non può che essere quello del “dovere della verità e dell’impegno per la giustizia” non solo formale ma anche sostanziale. In un territorio che, pur cercando faticosamente di adottare “un diverso paradigma”, soffre ancora di tante diseguaglianze e in tante periferie umane e sociali si attendono opportunità civili e dignitose, chi ha responsabilità pubblica ha il dovere di fare di più e bandire ipocrisie e luoghi comuni. Ancora troppa ricchezza mal distribuita, ancora troppo lavoro nero, ancora la prepotenza della criminalità organizzata, sirena per chi, con scarse opportunità, in particolare i giovani, anela al cambiamento del proprio status sociale, cerca scorciatoie”. Lo ricorda nella lettera ai fedeli della diocesi partenopea per l’Avvento 2024 l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, che nel prossimo concistoro del 7 dicembre sarà creato Cardinale.

“A noi, il Cristo che viene, ci chiede quel gesto di amore di cui parlò Paolo Borsellino, nella chiesa di Sant’Ernesto, a Palermo il 23 giugno 1992, in occasione del trigesimo della strage di Capaci, ricordando Falcone “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione…. Per amore!” E tali parole richiamano alla mente l’attualità del documento diffuso proprio a Natale dell’anno precedente, il 1991, in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana da don Peppino Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe, per spingere a prendere coscienza del problema mafioso, ‘Per Amore del mio popolo'”, prosegue ancora l’arcivescovo di Napoli.

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