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Tennis: Djokovic re a Torino, è l’uomo dei record

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Torino ha il suo nuovo re, le Atp Finals hanno il loro nuovo campione: è Novak Djokovic a trionfare nelle 53esima edizione del torneo. Nemmeno Ruud è riuscito a frenare la cavalcata del serbo, che chiude l’avventura al Pala Alpitour con un nuovo trofeo in bacheca e con un solo set perso nelle cinque gare disputate. Il fenomeno di Belgrado non concede nulla nemmeno al norvegese, il 2-0 maturato con i parziali di 7-5, 6-3 la dice lunga sulla differenza di valori in campo. Ed è una vittoria storica per Djokovic: con il successo di Torino è arrivato a quota sei trionfi nelle Atp Finals, eguagliando così il record di Federer. Inoltre, ha centrato quest’impresa a 35 anni e 182 giorni, diventando il più anziano a riuscirsi e potendo festeggiare insieme alla sua famiglia. E anche a livello di montepremi, è un qualcosa di mai visto prima: il tennista ha vinto senza perdere nemmeno una partita, mettendosi così in tasca quasi cinque milioni di dollari. “Sono contento ed è una vittoria ancora più bella perché l’aspettavo da sette anni” racconta Djokovic dal Pala Alpitour, ricordando l’ultimo trionfo alle Atp Finals che risaliva al 2015. Ruud se l’è giocata, ha lottato specialmente nel primo set, poi nel secondo ha abbassato il livello del suo tennis e Djokovic ne ha approfittato spingendo ancor di più sull’acceleratore.

“Faccio le mie congratulazioni a Novak, mentre al mio team dico un grande grazie perché è stato un anno fantastico tra momenti esaltanti e altri meno buoni” il commento di Ruud dopo la sconfitta. L’impresa del serbo è diventata realtà con un ace, un colpo che ha definitivamente infiammato il pubblico del Pala Alpitour. Il popolo torinese ha vissuto una settimana molto intensa, toccando le 155.900 presenze complessive durante i sette giorni di grande tennis sotto la Mole. “Abbiamo altri tre anni qui a Torino, sono sempre contento di tornare in Italia perché è nel mio cuore” dice Djokovic direttamente agli spettatori del palazzetto torinese. Nel pomeriggio, intanto, avevano trionfato Ram e Salisbury, campioni nel doppio grazie al successo in finale contro Mektic e Pavic. Anche questa partita si è conclusa sul 2-0, con la coppia britannico-statutinense che ha superato i due croati con i parziali di 7-6, 6-4. Cala dunque il sipario su Torino e sulle Atp Finals, con l’arrivederci al 2023 per la terza edizione sotto la Mole, ma il 2022 di questo sport non è ancora terminato e il grande tennis si sposta a Malaga per la Coppa Davis dal 22 al 27 novembre. Gli italiani avranno i loro azzurri da tifare, anche se la spedizione di Volandri continua a perdere i pezzi: dopo Sinner, anche Berrettini ha annunciato il suo forfait.

“Purtroppo l’infortunio al piede non mi permetterà di giocare la fase finale della coppa Davis – il messaggio del romano sui social – ma ho comunque deciso di andare a Malaga con la squadra per dare il mio contributo anche fuori dal campo”. Volandri, dunque, punterà tutto sul quartetto formato da Musetti, Sonego, Fognini e Bolelli: “Sono sicuro che sapremo far fronte a queste due perdite, i ragazzi daranno il massimo” il commento del capitano azzurro, con la sua squadra attesa dall’appuntamento di giovedì contro gli Stati Uniti.

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Calcio: curva Lecce protesta, fumogeni in campo e gara sospesa 5 minuti

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La protesta della curva del Lecce, in polemica con la Lega Serie A per il mancato ulteriore rinvio della sfida con l’Atalanta in seguito alla morte dello storico fisioterapista del club Graziano Fiorita, non si è limitata agli striscioni esposti nel pre-partita del match casalingo contro il Napoli valido per la 35/a giornata di campionato. Dopo circa sette minuti di gioco infatti l’arbitro Davide Massa è stato costretto a sospendere per qualche minuto la gara a causa del lancio di fumogeni e petardi in campo. La ripresa del gioco è stata tardata anche a causa di un buco nelle rete di una delle due porte. Dopo circa cinque minuti di sospensione la partita è ricominciata.

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Tennis: Sinner, un software per l’allenamento mentale ai match

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Un software per Jannik Sinner. Per ritrovare, davanti a un computer, la concentrazione e la performance mentale da match. E tornare agli Internazionali d’Italia, dopo tre mesi di stop, con la stessa energia mentale di quando ha smesso. Si chiama “Mental economy training”, e come racconta all’AGI Riccardo Ceccarelli, il mental coach che da quattro anni fa parte del pool allargato di Jannik Sinner, in questi tre mesi di assenza forzata dalle competizioni per lo stop dovuto al caso Clostebol ha aiutato parecchio il numero uno del mondo a gestire le emozioni della partita, simulando lo stress da match.

“Jannik e’ un atleta consapevole, leader di se stesso, e con lui il lavoro mentale in condizioni normali e’ diventato marginale – premette Ceccarelli a margine della conferenza stampa di presentazione del Simposio internazionale in scena oggi agli Internazionali – dopo tre mesi di lontananza dalle competizioni ha avuto pero’ bisogno di ritrovare il ritmo, risvegliare la mente e la concentrazione con una serie di allenamenti computerizzati”.

A casa, davanti al suo computer, spiega Ceccarelli che da anni lavora anche con i piloti di Formula 1, il mestiere che Sinner sognava da bambino, il numero uno del mondo, che riapparira’ agli Internazionali d’Italia tra sei o sette giorni, si cimenta con dei test, una sorta di videogiochi che, portandolo fuori dalla sua comfort zone, servono ad allenare le funzioni mentali, a partire dalla focalizzazione e passando anche per la meditazione.

“Mentre l’atleta si cimenta con i test, sul computer arrivano dei parametri biometrici – chiarisce Ceccarelli – uno misura l’attivazione del lobo frontale e quindi l’efficienza cerebrale, un altro il battito cardiaco, un po’ come quando sul tapis roulant compaiono i chilometri percorsi, le calorie e la frequenza cardiaca”. In questo caso pero’ si allena la mente, con l’obiettivo di “migliorare le performance e abbassare il livello energetico. Non ci si deve focalizzare soltanto sulla performance ma anche nell’eliminare, durante il test pensieri inutili e distrazioni, pulendo la mente e quindi anche il consumo cerebrale”.

Come? “Con il mio team di psicologi studiamo e personalizziamo le tecniche: esercizi di respirazione o un mantra da ripetere, cui ricorrere poi durante i cambi campo – continua Ceccarelli – i trucchi mentali per ottimizzare le proprie risorse possono essere infiniti, li studiamo ascoltando le esigenze degli atleti”. Sinner e’ stato dotato della piattaforma messa a punto da Ceccarelli da quando aveva 19 anni, utilizzandola, chiarisce il mental coach e medico sportivo “quando gli serve, quando sente di dover sviluppare il suo tasso di consapevolezza. E’ autonomo, si gestisce da solo”.

Se ne servono anche parecchi piloti di Formula 1, oltre alle campionesse di sci Federica Brignone e Mikaela Schiffrin. Tra i tennisti oltre a Sinner, si allena mentalmente davanti al computer soltanto Lilly Taggher, la 17enne austriaca che fa parte della scuderia del manager di Sinner Alex Vittur ed e’ allenata da Francesca Schiavon: “Ai piu’ giovani consigliamo allenamenti trisettimanali, Sinner si gestisce da solo”.

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Cronache

Vincenzo Nibali: «Ero un carusu dannificu. La bici mi ha salvato dalla strada»

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Messina, la Sicilia, la fatica, la gloria. Vincenzo Nibali si racconta al Corriere della Sera, tra ricordi di un’infanzia ribelle, il riscatto sulla bicicletta e la consapevolezza maturata solo dopo il ritiro. Un’intervista intensa, autentica, a cuore aperto.

Una giovinezza a rischio: «Compagni con la pistola nello zaino»

«Ero un carusu dannificu», dice Nibali, usando l’espressione siciliana per “bambino disastroso”. Uno che attirava guai: sassate alle vetrate, petardi nelle cassette postali, motorini lanciati contro i muri. Una giovinezza vissuta in un quartiere difficile di Messina, dove alcuni compagni portavano la pistola a scuola. Nessuna mafia organizzata, ma il pizzo sì: «Colpì anche la cartoleria dei miei genitori».

La salvezza arriva su due ruote: «Sempre in salita, come da Messina»

La svolta arriva con la bici, a 12 anni, grazie al padre e ai suoi amici cicloturisti. Le prime gare, l’ammiraglia della Cicli Molonia, il traghetto per Villa San Giovanni che diventava un passaggio simbolico verso il sogno. A 15 anni vince a Siena e non torna più: «Mai avuto nostalgia. I miei genitori mi dissero: se ti impongono cose sbagliate torna, qui avrai sempre un lavoro. Mi ha aiutato a non cedere al doping».

L’ascesa, la gloria, il peso della vittoria

Nibali è uno dei pochi ciclisti ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri. Il Tour de France del 2014 è stato l’apice, ma anche l’inizio di un incubo: «Non potevamo camminare con la carrozzina di nostra figlia senza essere assaliti. Solo adesso che ho smesso, vivo davvero». E confessa: «Mai provato e mai pensato di doparmi. Ma ho pagato il sospetto solo perché vincevo ed ero italiano».

La caduta che fa crescere: l’Olimpiade sfumata

Nel 2016 era lanciato verso l’oro olimpico, ma cadde in curva. «Scelsi io di rischiare, e sbagliai. Nessuna scusa». Parla anche del secondo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, “scippato” da un dopato, ma senza rancore: «Non mi chiedo mai quanto ho perso per colpa del doping».

Il ritorno da turista: «Messina è ‘u megghiu postu nto munnu’»

Oggi Nibali è ambasciatore del Giro e padre presente. Ha visitato la Sicilia con le figlie per farla conoscere da turista: «Antonello da Messina, i templi di Agrigento, i boschi dei Peloritani… È il posto più bello del mondo». Un campione che, a distanza di anni, può guardarsi indietro con orgoglio: «A testa alta, sempre».

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