Le morte di cinque ragazzini e di una mamma di 39 anni schiacciati sotto la rampa dell’uscita di sicurezza della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo è “la conseguenza di una o più cause”: troppa gente all’interno del locale, una pessima gestione dei momenti dell’evacuazione, lo spargimento “molto diffuso” di una sostanza urticante che non è certo addebitale ad una sola bomboletta da 15 ml di spray al peperoncino. Si comincia a delineare il quadro della tragedia di venerdì notte, anche se l’inchiesta è ancora lunga e sono ancora tante le risposte che vanno date a chi ha perso un figlio, tanto che i Carabinieri sono tornati a rivolgere un appello a chiunque era presente: “dateci tutti gli elementi che avete, video, biglietti, consumazioni, sono fondamentali per l’indagine”. Per il momento arrivano i nomi dei primi indagati, 8 in tutto. Il minorenne fermato sabato per droga e accusato per i fatti della Lanterna di omicidio preterintenzionale, lesioni colpose e dolose, che però viene difeso dalla nonna: “quella sera non era in discoteca, non c’entra nulla. E’ stato con la sua ragazza tutta la notte”. E 7 adulti: 3 membri della società che gestisce la discoteca – il rappresentante legale Francesco Bertazzi e i soci Quinto Cecchini e Carlantonio Capone – e i 4 proprietari dell’edificio che ospita la Lanterna. L’accusa ipotizzata nei loro confronti è di concorso in omicidio colposo aggravato. Ma non finisce qui: nei prossimi giorni i magistrati approfondiranno anche le posizioni di almeno 3 bodyguard cui spettava la gestione della sicurezza nella discoteca.
Non sono invece indagati per la tragedia della discoteca i due giovani – un ventisettenne e la fidanzata – fermati in un residence a Senigallia per droga: non è chiaro se vi sia qualche collegamento con il minore indagato. La posizione più pesante è proprio quella del minorenne: sono 3 i ragazzi che lo indicano come colui che ha spruzzato lo spray e dato il via al fuggi fuggi generale. “Lo spray al peperoncino – dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini – ha salvato tante donne da violenze e stupri. Chi ne abusa per quello che mi riguarda va arrestato anche se minorenne”. Al momento però, sostiene il pm dei minori Giovanna Lebboroni, l’iscrizione del giovane è un “atto dovuto” poichè viene chiamato in causa “in modo assolutamente generico”, con accuse ancora “tutte da verificare”.
strage discoteca
Il ragazzo sarà sentito probabilmente domani e sarà quella l’occasione per capire cosa lo avrebbe spinto ad agire in quel modo. Un’ipotesi gia’ c’è: due ragazzi hanno denunciato di aver subito un tentativo di rapina di una catenina ed è “plausibile”, dicono i pm, la tesi dell’utilizzo dello spray per compierla. L’altro elemento da chiarire è se il giovane abbia agito da solo: al momento, sottolinea Lebboroni “non ci sono evidenze” di una banda di rapinatori, “ma non escludiamo che il fenomeno, avvenuto in altre zone d’Italia, possa essersi verificato”. L’indagine che riguarda i gestori e i proprietari del locale verte invece su quattro punti: rispetto della normativa di sicurezza da parte degli organizzatori, conformità dei locali, rispetto delle procedure di evacuazione e dei limiti di capienza. E già questi ultimi due sembrano evidentemente non rispettati: la maggior parte dei ragazzi è fuggita dall’uscita sul retro senza che qualcuno li indirizzasse verso le altre uscite o aprisse il cancello che dava sul parcheggio, per farli defluire in fretta. E quanto ai biglietti, su 1.600 tagliandi ‘ufficiali’ stampati gli investigatori hanno le matrici di 466, vale a dire quelli staccati all’ingresso della discoteca, a fronte di una capienza di 459 persone della sala dove era previsto il dj set di Sferaebbasta.
Ma sono ancora in corso le verifiche su 215 biglietti dati ai pr e su tutti quelli che sono entrati solo pagando le consumazioni o gratis. Già domani inizieranno inoltre una serie di esami: le autopsie delle vittime e gli accertamenti irripetibili, tra cui quello per stabilire il tipo e la quantità di sostanza che è stata spruzzata. Che non sono affatto un dettaglio. Decine e decine di ragazzi hanno accusato bruciore agli occhi o difficoltà respiratorie: tanti hanno parlato di sostanza irritante, ma altri di “esplosione” e molti altri ancora di “sostanze fumogene” che si sono diffuse “all’improvviso” e soprattutto in modo “molto diffuso”. Elementi “oggettivi” e “da non sottovalutare”, ammette il pm Lebboroni, che non possono certo essere ricondotti ad una bomboletta spray lunga 10 centimetri, che al massimo puo’ essere una “concausa” del panico. Ma allora, cosa è accaduto davvero nel locale?
Un’anziana donna di 85 anni è stata vittima di uno scippo in pieno centro a Napoli, all’angolo tra la Galleria Umberto e via Toledo, ieri sera poco dopo le 21. L’aggressione, avvenuta in una delle zone più frequentate della città, si è conclusa tragicamente con la caduta della donna, ora ricoverata in prognosi riservata all’ospedale Cardarelli.
La dinamica dello scippo
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri della compagnia Napoli Centro, un individuo si è avvicinato alla donna e le ha strappato la borsa. All’interno, pochi oggetti personali: qualche decina di euro, documenti e un cellulare. Durante l’aggressione, l’anziana è caduta rovinosamente, riportando ferite che hanno richiesto l’immediato intervento del personale del 118. La donna è stata trasportata al Cardarelli, dove resta sotto osservazione, ma fortunatamente non in pericolo di vita.
Indagini in corso
Le forze dell’ordine hanno avviato un’indagine per risalire all’identità del responsabile. Gli investigatori stanno acquisendo e analizzando le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona, sperando di individuare dettagli utili per identificare l’autore del vile gesto.
Un episodio che scuote la città
L’accaduto ha suscitato indignazione tra i residenti e i frequentatori del centro storico. La Galleria Umberto, simbolo di Napoli e luogo di passaggio per turisti e cittadini, si è trasformata in un teatro di violenza, riaccendendo il dibattito sulla sicurezza nelle aree più frequentate della città.
La Corte di assise di Modena ha condannato a 30 anni di reclusione Salvatore Montefusco, colpevole del doppio femminicidio della moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e della figlia della donna, Renata, 22 anni. I giudici hanno escluso l’ergastolo richiesto dalla Procura, riconoscendo attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e citando la “comprensibilità umana dei motivi” alla base del crimine.
Il delitto e la dinamica dei fatti
Montefusco, incensurato e 70enne all’epoca dei fatti, assassinò a fucilate le due donne il 13 giugno 2022 a Cavazzona di Castelfranco Emilia. L’episodio avvenne in un contesto familiare caratterizzato da una forte conflittualità, con denunce reciproche e un crescente disagio emotivo. Secondo i giudici, il movente non era solo di natura economica, legato alla casa in cui vivevano, ma profondamente radicato nel senso di umiliazione e frustrazione dell’uomo. La sentenza descrive come Montefusco abbia subito un “black-out emozionale” quando la figliastra Renata gli ribadì che avrebbe dovuto lasciare la casa familiare.
Le motivazioni della Corte
La sentenza della Corte, articolata in oltre 200 pagine, ha escluso la premeditazione, i motivi abietti o futili e l’aver agito con crudeltà. Sebbene i giudici abbiano riconosciuto le aggravanti del rapporto di coniugio e dell’aver commesso il crimine davanti al figlio minore, hanno valutato la confessione dell’imputato, la sua sostanziale incensuratezza e il corretto comportamento processuale come attenuanti significative.
Un contesto di conflitto e disagio
Secondo la Corte, le dinamiche familiari difficili e le condotte “unilaterali e reciproche” hanno creato un ambiente che ha contribuito alla tragica decisione di Montefusco. Sebbene queste non abbiano giustificato una vera e propria attenuante della provocazione, sono state considerate nel determinare la gravità della pena.
Un caso che divide l’opinione pubblica
La decisione di non infliggere l’ergastolo ha sollevato interrogativi e critiche, soprattutto per il riferimento alla “comprensibilità umana” dei motivi. Per la Corte, l’imputato non avrebbe mai commesso un crimine così grave senza le dinamiche familiari che si erano instaurate nel tempo.
Lo hanno trovato senza vita, coperto dalla neve, a Volturara Irpina, in provincia di Avellino. Probabilmente è stato un infarto fulminante a causare la morte di un 77enne che di buon mattino era uscita di casa per la consueta passeggiata nel centro del paese. A dare l’allarme sono stati gli avventori di un bar che hanno notato il corpo dell’uomo quasi completamente coperto dalla neve. Quando i sanitari del 118 sono giunti sul posto insieme ai carabinieri della Compagnia di Solofra l’anziano era già morto.