Collegati con noi

In Evidenza

Sinner vola alto, finale a Rotterdam e n.3 in tasca

Pubblicato

del

Tutto come da copione nella semifinale del torneo di Rotterdam tra Jannik Sinner e l’olandese Taloon Griekspoor, vinta in due set dall’azzurro che domani sfiderà per il titolo l’australiano Alex De Minaur. Ma non è per niente normale la peraltro prevista conseguenza, l’ascesa al terzo posto del ranking mondiale, perchè Sinner sarà il secondo italiano di sempre a farlo dopo Nicola Pietrangeli, numero tre a fine 1959 e fine 1960. Succederà già lunedì in caso di vittoria nel torneo olandese, ma alla peggio l’altoatesino potrà festeggiare lunedì 26 febbraio, scalzando dal podio Daniil Medvedev.

Il vincitore dell’Open d’Australia, proprio contro il russo, non ha perso un colpo nel suo ritorno sulla scena nell’Atp 500 di Rotterdam, dimostrando ancora una volta che pur non giocando al top come era stato a Melbourne riesce sempre a fare le scelte giuste e gestire al meglio i momenti chiave. Quella di domani per Sinner sarà la 16/a finale in carriera, con undici trofei in bacheca, e la seconda consecutiva nella città portuale olandese. Il prologo è stata la semifinale con Griekspoor, che aveva perso entrambi gli incroci precedenti, l’ultimo a novembre in Coppa Davis.

L’inizio è stato subito favorevole a Sinner, che ha fatto il break al primo gioco e l’ha ripetuto al quinto, facendo sua la prima partita per 6-2. Nel secondo set, Griekspoor si è fatto più intraprendente ma non è mai riuscito a completare i tentativi di strappare il servizio, cedendolo poi lui nel nono game e arrendendosi poi col 6-4 decisivo. Il rivale di domani di Sinner, l’australiano De Minaur ha festeggiato nel migliore dei modi il suo 25/o compleanno, curiosamente speso per qualche ora in campo come gli capitò l’anno scorso, sempre a Rotterdam e sempre contro Dimitrov. Nel 2023 sprecò due match point e venne eliminato nei quarti dal bulgaro e oggi ha avuto la sua rivincita, che tra l’altro oltre a garantirgli la finale lo porterà con i punti guadagnati a entrare lunedì nella top10 della classifica Atp per la prima volta in carriera.

De Minaur ha subito strappato il servizio a rivale e poi ha sempre difeso il proprio, chiudendo il primo set per 6-4. Inizio identico per la seconda partita, con l’australiano che ha commesso pochi errori non forzati ed ha trovato ottime risposte al gioco del rivale, chiudendo il match con un netto 6-3. I precedenti tra Sinner e De Minaur sono del tutto sbilanciati in favore dell’azzurro, che ha vinto sei volte su sei e perso nel complesso solo due set.

Advertisement

In Evidenza

Gli eredi di Lucio Battisti vincono in Cassazione: respinto il ricorso di Sony Music

Pubblicato

del

Dopo otto anni di contenzioso giudiziario, la Corte di Cassazione ha messo la parola fine alla lunga battaglia legale tra Sony Music e gli eredi di Lucio Battisti. Con l’ordinanza del 14 maggio, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della major discografica, che chiedeva un risarcimento di 7 milioni di euro accusando la famiglia del cantautore di aver impedito lo sfruttamento commerciale delle sue opere.

Una disputa iniziata nel 2017

Il nodo della controversia ruotava attorno alla decisione degli eredi — la vedova Grazia Letizia Veronese e il figlio Luca Battisti — di revocare il mandato alla SIAE, rendendo di fatto impossibile la diffusione in streaming e l’utilizzo pubblicitario delle canzoni di Lucio Battisti. Secondo Sony Music, questa scelta avrebbe bloccato la diffusione delle opere sulle piattaforme digitali come Spotify e impedito la sincronizzazione con importanti campagne pubblicitarie.

Ma i giudici hanno confermato quanto già stabilito nei due precedenti gradi di giudizio: i contratti firmati da Battisti oltre cinquant’anni fa non autorizzano lo sfruttamento delle registrazioni senza il consenso degli eredi o degli editori musicali. Oltre alla bocciatura del ricorso, Sony dovrà anche farsi carico delle spese legali.

Una sentenza che tutela gli autori

«Se fosse passata la linea della Sony — ha spiegato l’avvocato Veneziano, legale della famiglia Battisti — si sarebbe affermato un principio pericoloso: che a governare lo sfruttamento economico delle opere fossero i produttori, non gli autori». L’obiettivo della famiglia, ha aggiunto, è sempre stato quello di proteggere l’integrità e la memoria artistica di Lucio Battisti, senza comprometterne l’eredità con logiche esclusivamente commerciali.

Il precedente con Mogol e il rimpianto per l’arte

Non è la prima volta che l’universo di Lucio Battisti si ritrova in tribunale. Giulio Rapetti, in arte Mogol, storico autore dei testi di Battisti e cofondatore della casa discografica Acqua Azzurra, aveva avviato un’analoga causa contro la vedova e il figlio, ottenendo nel 2015 un risarcimento parziale di 2,6 milioni su 8 richiesti.

«Sono stato parzialmente pagato — ha commentato Mogol — ma ci ho comunque rimesso. E provo un grande dispiacere». Poi, un pensiero intimo: «Quando morirò, sono certo che troverò Lucio seduto su una seggiola con la chitarra in mano. Io lo abbraccerò e lui mi abbraccerà».

Continua a leggere

In Evidenza

Riccardo Muti: Salieri fu un gigante. E la musica in chiesa? Meglio Palestrina che le schitarrate

Pubblicato

del

Riccardo Muti, 83 anni e un amore incondizionato per la musica come patrimonio spirituale e culturale, torna a parlare al Corriere della Sera con una lunga intervista che è anche un manifesto. Per il Maestro, Antonio Salieri non solo non fu l’avvelenatore di Mozart, ma è una figura fondamentale nella storia della musica, oggi ingiustamente dimenticata dall’Italia. E da lui parte una nuova “chiamata” ai cori italiani per ridare dignità alla grande tradizione corale. Il tutto, con un pensiero a Papa Leone e una stroncatura alle “messe beat”.

Salieri, vittima della leggenda e del cinema

«Salieri? Un grandissimo. Solo che fu contemporaneo del più grande musicista che l’umanità abbia mai avuto: Wolfgang Amadeus Mozart», dice Muti. E liquida senza esitazioni le leggende sul veleno e sulla gelosia. «Dicerie nate a Vienna, passate per Puskin e finite nel film Amadeus di Milos Forman. Ma la verità è che Salieri aiutò la famiglia di Mozart, soprattutto uno dei figli che tentò, senza successo, la via della musica».

Secondo Muti, il compositore italiano fu un pedagogo immenso e un musicista spirituale e rigoroso, autore di quaranta opere e oltre cento composizioni sacre. «Riaprii la Scala nel 2004 con L’Europa riconosciuta, l’opera che Maria Teresa gli commissionò per l’inaugurazione del teatro milanese». Eppure, sottolinea, in Italia nessuna grande istituzione musicale ha ricordato i 200 anni dalla morte di Salieri. «Solo Legnago, la sua città natale, si è mossa. Ma l’indifferenza è grave. Per fortuna a Vienna è celebrato come merita».

“Mozart è la prova dell’esistenza di Dio”

Su Mozart, Muti non ha dubbi: «È la prova dell’esistenza di Dio. Chiunque sarebbe impallidito di fronte a lui». E anche Salieri, secondo il direttore, ne comprese la grandezza più di chiunque altro. Per questo Muti ha scelto di «riconciliarli» in un doppio concerto a Vienna, dirigendo opere di entrambi.

“Cantare è proprio di chi ama”: l’appello di Muti ai cori italiani

Dal grande repertorio classico alle passioni civili. Muti lancia un appello ai cori di tutta Italia sotto il motto agostiniano “Cantare amantis est”, «cantare è proprio di chi ama». «Il mio sogno è insegnare a cantare senza smorfie e senza languore. Il 1° giugno a Ravenna arriveranno tremila persone da tutta Italia, per cantare cori da Verdi: Nabucco, Lombardie Macbeth».

Musica sacra dimenticata: “In chiesa regnano strimpellatori e testi imbarazzanti”

Il Maestro non nasconde la sua delusione per la musica oggi presente nelle liturgie. «Con Benedetto XVI ci furono concerti in Vaticano. Oggi i concerti sacri sono spariti. E in chiesa regnano schitarrate e testi imbarazzanti. Non credo di essere l’unico fedele che preferirebbe ascoltare Palestrina, Monteverdi, Luca Marenzio o Gesualdo da Venosa». E lancia una riflessione amara: «I santi andavano incontro al martirio cantando, non strimpellando».

Papa Leone e il ritorno dello spirito

Su Papa Leone, Muti si dice fiducioso: «Mi piace moltissimo. Mi fa sperare in un ritorno alla spiritualità, alla grande musica sacra. È nato a Chicago, dove dirigo l’orchestra, e ha un nonno piemontese. Come sa, ‘Prevost’ in dialetto piemontese vuol dire prete. Ma non mi faccia dire altro… in Italia siamo passati da tutti virologi a tutti vaticanisti».

Un’intervista che è molto più di un bilancio. È il grido appassionato di un uomo che ha dedicato la vita a rendere sacro il suono, e che oggi sogna un’Italia più colta, più spirituale, più devota alla sua grande storia musicale.

Continua a leggere

Cronache

Francesca Pascale e Paola Turci, fine del matrimonio e lite sul cane Lupo: “Può portarlo via, ma non è mai venuta”

Pubblicato

del

Il matrimonio tra Paola Turci e Francesca Pascale, celebrato nel 2022, è finito nel 2024 nel massimo riserbo, come previsto da un accordo di riservatezza sottoscritto da entrambe. Ma oggi, a due anni dalla rottura, emergono dettagli che raccontano una separazione meno pacifica di quanto apparisse. Al centro di una contesa affettiva e legale, un cane di nome Lupo.

La vicenda è stata ricostruita da Selvaggia Lucarelli in un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, con dichiarazioni dirette della stessa Pascale.

Lupo, simbolo di un legame interrotto

Lupo è un meticcio nero, adottato da Paola Turci prima di conoscere Pascale, ma trasferitosi con la coppia nella casa in Toscana insieme agli altri dieci cani dell’ex compagna di Silvio Berlusconi. Dopo la separazione, Lupo è rimasto a vivere con Pascale, sulla base di un accordo legale che prevedeva il diritto per Turci di visitarlo «quando voleva», ma senza entrare in casa, solo dal giardino.

Pascale, tuttavia, racconta che Turci non si sarebbe mai presentata: «La prima volta aveva un impegno, la seconda pure, la terza le ho detto “puoi venire, ma restando in giardino”. Non è venuta». Non solo: «A gennaio l’ho cercata tante volte, Lupo non stava bene e avevo bisogno della sua autorizzazione per una sedazione. Ma mi ha ignorata. Alla fine ho dovuto decidere da sola con il veterinario».

“Può portarlo via, quando vuole”

Nonostante le frizioni, Pascale tende la mano: «Se vuole, può vedere i cani tutti, e Lupo può portarlo via con sé. Io non ho mai voluto impedirlo». Anzi, Pascale sottolinea che l’interruzione dei contatti non è partita da lei e smentisce qualsiasi ostruzionismo.

Poi, la riflessione amara: «Sono in pace. Un mese fa ho parlato con Salvini per la prima volta, e con Renzi che mi corteggia un po’. Ma gli ho detto che preferisco Agnese», con riferimento alla moglie dell’ex premier.

Dudù, Arcore e ironia politica

Nel suo racconto, Pascale cita anche Dudù, il celebre cane di Silvio Berlusconi, oggi rimasto a Marta Fascina: «Sono disperata. La inviterò a C’è posta per te, assieme a Dudù e Peter, se viene». E aggiunge, ironicamente: «Lei (Fascina, ndr) non vuole uscire da Arcore. Quella casa dovrebbe diventare una fondazione, ma lei sta attaccata alle pareti».

Una confessione che, tra ironia e nostalgia, mette in luce una pagina dolceamara della sua vita, dove affetti umani e animali si intrecciano a visioni di futuro e qualche stoccata politica.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto