Simona Trombetta. Classe 1966. Esperta di storia e di politica. D’altronde la politica senza la storia s’inceppa. Madre di un figlio. Combattente antimafia a modo suo. Innamorata della Sicilia. Oggi è con lei che facciamo quattro chiacchiere.
Guardando a te come donna ti vedo come una santa. Mi riferisco alla tua santa pazienza. Letterata per la cultura e storica per la passione. Ti rivedi in questa definizione?
Non male come definizione. Difficilissima da indossare, però. Ancora di più se si trasforma in una domanda: non pretenderai che io risponda, vero? Una volta un amico mi ha detto che il mio era uno spirito da crocerossina indefessa condito in salsa almodovariana: non ho ancora capito se lo dovevo prendere come un complimento oppure no, ma se ci leggi questo nella santità di cui parli ti direi che di sicuro non sono una santa ma a brandire spade e cerotti e passioni (persa dietro parecchie battaglie impossibili) mi ci vedo ancora benissimo. Con il tempo un po’ di quella pazienza di cui parli l’ho invece persa per strada. Non ne ho più per l’arroganza, ad esempio, per la mancanza di lealtà, per il cinismo, per le persone rigide, per ciò che mi ferisce, per chi non se la merita. Se per alcune cose non ne ho avuta mai molta, ora l’ho finita del tutto. O forse si è semplicemente trasformata a volte in saggezza, a volte in indignazione, non saprei. Quanto al mio amore per la cultura e per la storia loro invece sono due amori che sono rimasti intatti negli anni. Fanno parte di me, al pari delle spade e dei cerotti.
Donna sola che a modo suo combatte la mafia, anche se è sconosciuta ai più, ma non ai pochi… Che rapporto hai con la paura?
Un rapporto sano, mi verrebbe da dire. E incosciente, forse. E a posteriori, di sicuro. Credo che chiunque si avvicini ai draghi non possa che averne paura. Se loro non si possono addomesticare, la paura invece sì, questo impari a farlo, impari a gestirla. Un po’ alla volta.
Classe 1966… I sogni di una generazione a cavallo tra analogico e digitale che sperava in un futuro migliore. Cosa prevedi oggi? Come vivi la situazione in Italia ed in Europa?
Mi sento sicuramente parte di una generazione di mezzo, questo è indubbio. Siamo un po’ delle chimere, se ci pensi. A cavallo tra analogico e digitale mi sembra riassumere molto bene ciò che abbiamo vissuto, e che siamo. Del resto è verissimo, siamo quelli che dopo Carosello andavano a dormire, cresciuti in mezzo agli album di famiglia fatti di foto di battesimi, di comunioni, di tuffi al mare, di cestini di funghi e di mirtilli (sono sicura che qualche foto che ci ritrae così ce l’abbiamo tutti). Li sfogliavamo quando venivano amici e parenti e ce li siamo passati di mano in mano, di generazione in generazione, hanno segnato le tappe principali delle nostre vite e la nostra memoria. Come i filmini super 8, quelli senza sonoro che regolarmente sul più bello si inceppavano, come facevano le diapositive che proiettavamo sul muro, e forse ogni tanto anche noi. A pensarci oggi tutto un altro mondo, tutta un’altra storia, un’altra identità rispetto a quella che oggi raccontano i post pubblicati nelle gallerie infinite dei social (peggiore o migliore non so, certo diversa). Il museo dei ricordi è esploso con l’avvento del web, ha detto qualcuno. Noi siamo anche quelli che sono stati sfiorati dalle durezze degli anni Settanta e coccolati dalle comodità dei favolosi anni Ottanta, che siamo passati dai parka alle college, e poi travolti e segnati dalle stragi di mafia, dalle immagini in tv di Capaci e di Via D’Amelio. Forse per tanti, per me almeno, è stato lì che per la prima volta si è aperto un mondo, oltre all’asfalto, e che ha preso forma con più chiarezza e consapevolezza la volontà di mettersi in gioco. Speravamo in un futuro migliore e ne pensavamo uno diverso, certamente. Molti dei nostri sogni non si sono realizzati, altri li abbiamo persi per strada, anche questo è un fatto. Siamo figli degli dei, ma siamo rimasti orfani. Se però mi chiedi come vivo oggi beh, continuo a credere che molti altri sogni si possano avverare. Siamo circondati di ragazze e di ragazzi meravigliosi, ad esempio, pieni di entusiasmo e di passione, nati e cresciuti senza confini, che si sentono cittadini del mondo, che non si accontentano di risposte confezionate ad arte e non potranno accettare mai di veder costruire attorno a loro nuovi muri. I problemi, i rischi di involuzione e le sfide certamente non mancano, a partire dal completamento del progetto europeo, in cui spero molto. Molti ostacoli restano da superare anche in quella direzione, ma tanto è stato fatto, il punto di arrivo non è così lontano. Nella storia operano molte forze, alle crisi possono essere date risposte diverse. Ma dove abbiamo fallito noi, mi piace credere che non falliranno i nostri figli. Molti ideali che erano nostri oggi sono i loro. E restano ideali raggiungibili, nei quali e per i quali vale la pena di credere e di lavorare.
Termino con una domanda particolare… Cosa è il mascariamento?
Il mascariamento, alla siciliana, è anzitutto una tecnica, è una vera e propria arte: quella dell’infangare. Alimenti un dubbio. E lo cavalchi. Basta poco e lasci un segno indelebile. La calunnia disdegna i mediocri e si afferra ai grandi (permettimi di guadagnarmi almeno uno degli aggettivi con cui mi hai definito citando Francesco Crispi). Non è un caso che se bravissimi a servirsene sono i mafiosi, mascariati finiscono per essere coloro che li hanno combattuti più duramente facendo fino in fondo il loro dovere, da Pippo Fava a Peppino impastato, a Giovanni Falcone, per citarne alcuni. Giudici, giornalisti, politici, imprenditori coraggiosi, l’elenco è lunghissimo quanto attuale. In tempi recenti pensa a Giuseppe Antoci o a Paolo Borrometi, un destino che in molti punti si somiglia, il loro, scampati entrambi ad attentati mafiosi e vittime di offese costruite ad arte per screditarli. “Forse la mia colpa è essere ancora vivo?” ha scritto qualche settimana fa Paolo (Borrometi) su Fb, dopo essere diventato il bersaglio di un montare di accuse che proprio in questi giorni si stanno facendo sempre più vili e dolorose, oltre che sorde ad ogni tipo di evidenza e potenzialmente pericolosissime, se non le si ferma in fretta. Farsi ammazzare sembra del resto a volte l’unico modo per pareggiare i conti e cancellare le infamie, parafrasando le parole di Giovanni Falcone, una buona idea per risolvere la questione in fretta dimostrando a tutti che alla fine quello che uno sosteneva era ed è solo la verità, come ha provocatoriamente risposto a Paolo in un articolo una cara amica. Inutile amareggiarsi e limarsi il cuore. Perché è proprio così che succede. Come in un perverso gioco di ruoli che vede invertite le parti. Questo è il punto e forse anche la mia paura più grande, quando si parla di mafia. Chi è mascariato rischia di perdere pian piano credibilità fino a restare isolato e lasciato al suo destino, e finisce anche per limarsi il cuore. E allora sì che ogni notte che ha passato insonne, ogni rischio, ogni sua rinuncia o sacrificio sarebbero davvero stati inutili e privi di senso, oltre che essere stati un peso difficilissimo da portare.
Il presidente russo Vladimir Putin chiede la sospensione di tutte le consegne di armi all’Ucraina durante un cessate il fuoco proposto dal presidente statunitense Donald Trump: lo scrive l’agenzia di stampa Bloomberg, che cita persone a conoscenza della questione. A poche ore dall’attesa telefonata tra i due leader, due delle fonti hanno affermato che se da una parte la Russia vuole lo stop a tutte le consegne di armi all’Ucraina, il suo obiettivo minimo è la sospensione degli aiuti militari da parte degli Stati Uniti.
Il leader russo, che ha incontrato un inviato di Trump la scorsa settimana, ha reso l’interruzione delle forniture di armi un prerequisito per la firma del cessate il fuoco, hanno affermato un alto funzionario europeo e tre persone a Mosca a conoscenza della posizione russa. Né il portavoce de Cremlino, né Il Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca hanno risposto a richieste di commento. L’alto funzionario europeo ha aggiunto che l’Europa è estremamente riluttante ad accettare la richiesta della Russia di bloccare le consegne di armi all’Ucraina da parte dei suoi alleati durante qualsiasi tregua. Ciò rischierebbe una situazione in cui la Russia sarebbe in grado di riarmarsi durante una cessazione delle ostilità, mentre all’Ucraina sarebbe impedito di farlo, ha spiegato il funzionario.
“Le affermazioni degli indagati nel procedimento Equalize che mi riguardano sono destituite di ogni fondamento. Non ho mai conosciuto, neanche indirettamente, gli appartenenti alla società Equalize. Conosco l’ingegner Sbraccia da oltre 20 anni, con il quale ho un rapporto di cordialità che non ha mai riguardato l’esercizio delle mie funzioni pubbliche di Commissario alla ricostruzione e di vice presidente del Csm, incarico peraltro cessato da quasi sette anni. Le società a lui collegate non hanno mai lavorato nelle ricostruzioni di cui mi sono occupato. Essendo totalmente estraneo alle vicende oggetto di indagine, non appena potrò visionare gli atti proporrò querela al fine di tutelare la mia reputazione”. Lo dichiara, in una nota, il Commissario Straordinario alla Ricostruzione sull’isola di Ischia, Giovanni Legnini, in merito a quanto riportato da alcuni organi di stampa.
Il 31% degli alunni con disabilità avrebbero bisogno di ausili didattici a supporto della didattica, ma non ne dispone, percentuale che aumenta al 33% nella scuola primaria. Il 69% degli alunni usa a scuola un pc/tablet, che nel 14% dei casi è fornito dalla famiglia. E’ quanto certifica l’Istat nel report sull’integrazione scolastica degli alunni disabili. Inoltre, è ancora poco diffusa la formazione in tecnologie: solo in una scuola su quattro (23%) tutti gli insegnanti per il sostegno hanno frequentato, nel corso della loro carriera, almeno un corso di formazione sulle tecnologie educative necessarie per predisporre una didattica personalizzata, nel 69% delle scuole la frequenza si è limitata ad alcuni insegnanti, mentre nel restante 7,5% delle scuole nessun insegnante per il sostegno ha frequentato un corso di questo tipo.
Anche l’utilizzo di questi strumenti da parte degli insegnanti per il sostegno risulta poco frequente: solo nella metà delle scuole tutti gli insegnanti utilizzano la tecnologia a supporto della didattica inclusiva, nelle restanti scuole l’utilizzo è limitato a pochi insegnanti o è completamente assente. E se la formazione non dovrebbe riguardare esclusivamente gli insegnanti per il sostegno, ma rivolgersi anche ai docenti curricolari che nella predisposizione del materiale didattico devono tenere conto delle specifiche esigenze degli alunni con disabilità, solo nel 7% delle scuole tutti gli insegnanti curricolari predispongono materiale accessibile avvalendosi di nuove tecnologie.