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Sicurezza, il Governo pone la fiducia sul provvedimento al Senato

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Ora è ufficiale. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro ha fatto sapere che sarà posta la questione di  fiducia su un maxiemendamento interamente sostitutivo del testo. Dopo il vaglio di ammissibilità della presidenza del Senato, come previsto al nuovo regolamento di Palazzo Madama. È la prima “fiducia” del nuovo Parlamento. La protesta del Pd è stata immediata. “Abbiamo chiesto esplicitamente al ministro Fraccaro – ha detto il capogruppo Pd Andrea Marcucci – di dirci se e quando un Consiglio dei ministri ha autorizzato a porre la fiducia sul testo. Altrimenti dobbiamo pensare a un Cdm “fantasma”. E Fraccaro ha risposto che non era tenuto a dare risposte trattandosi di  “è un atto endogovernativo” cioè che ha solo una valenza interna al Governo.

Matteo Salvini è soddisfatto della fiducia, crede sia la volata finale per  il decreto sicurezza,  provvedimenti bandiera della dottrina leghista di questi mesi. “Prevedo che passi oggi e sarà un passo in avanti per la sicurezza degli italiani. Di delinquenti italiani ne abbiamo abbastanza… Nel dl sicurezza e immigrazione che donerò agli italiani ci saranno regole più severe per i delinquenti”, ha detto in mattinata. Dopo la richiesta di fiducia, ha esultato: “Dopo mesi di lavoro, arriva il voto
finale al Senato sul Decreto Sicurezza e immigrazione, con il quale vorrei regalare a questo Paese un po’ di regole e un po’ di ordine”.

Sul fronte immigrazione, il decreto prevede il raddoppio dei tempi di trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio: da 90 a 180 giorni; l’abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari sostituiti con permessi per meriti civili o per cure mediche o se il Paese di origine vive una calamità naturale. Il dl Salvini prevede, inoltre, l’ampliamento dei reati che provocano la revoca del permesso di rifugiato (violenza sessuale, spaccio di droga, violenza a pubblico ufficiale); la revoca della protezione umanitaria ai cosiddetti ‘profughi vacanzieri’; l’esclusione del gratuito patrocinio nei casi in cui il ricorso è dichiarato improcedibile o inammissibile: le spese processuali non saranno più a carico dello Stato.

Per quanto riguarda le ‘disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa’, il decreto prevede una stretta sul noleggio di furgoni che potrebbero essere utilizzati per attentati terroristici; l’estensione del daspo per i sospettati di avere a che fare con il terrorismo internazionale; mentre per gli stranieri considerati una minaccia per la sicurezza nazionale scatterà la revoca della cittadinanza. Inoltre, il dl contempla il potenziamento degli organici dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle mafie; la possibilità per il personale della polizia locale di accedere alla banca dati interforze delle forze di polizia; l’estensione del daspo urbano anche ad aree quali mercati e fiere. Si affronta anche il tema della sperimentazione di armi ad impulsi elettrici (taser) da parte di operatori della polizia municipale di Comuni con più di 100.000 abitanti; l’inasprimento delle sanzioni nei confronti di coloro che promuovono o organizzano l’invasione di terreni o edifici e l’ampliamento della possibilità dell’utilizzo dello strumento investigativo delle intercettazioni telefoniche per coloro che commettono tale tipologia di reato.

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Ursula sente Giorgia: bene, ma con Trump tratto io

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Qualsiasi passo per facilitare i rapporti transatlantici è il benvenuto, ma la trattativa non può che restare in capo alla Commissione. All’indomani della missione di Giorgia Meloni a Washington, Ursula von der Leyen non cambia la linea che ha adottato sin dai giorni che precedevano il viaggio oltreoceano della presidente del Consiglio italiana. Un viaggio che, stando a quanto raccontano fonti europee, non ha certo intaccato gli ottimi rapporti tra la presidente dell’esecutivo Ue e Meloni. Le due leader si sono confrontate, come da accordi, prima e dopo l’incontro alla Casa Bianca.

Una missione “positiva”, spiegano fonti della Commissione, sottolineando come l’iniziativa italiana abbia rappresentato un’ulteriore “chance per costruire ponti” tra le due sponde dell’Atlantico. Von der Leyen, quindi, ha incassato l’assist che Meloni le ha porto grazie alla sua ‘special relationship’ con Donald Trump. Non poteva fare altrimenti, anche perché c’è un dato da non sottovalutare: da quando il presidente americano è alla Casa Bianca i contatti con von der Leyen sono stati inesistenti. E non è un caso che, nell’incontro con la stampa allo Studio Ovale, Trump abbia parlato di interlocuzioni con alcuni leader europei, senza neppure nominare i vertici comunitari.

Da qui, il ragionamento che circola al tredicesimo piano di Palazzo Berlaymont: qualsiasi tentativo di agevolare il negoziato tra Washington e Bruxelles da parte di un singolo capo di Stato o di governo non può essere ignorato. Le immagini del bilaterale tra Meloni e Trump sono state vagliate con attenzione dall’inner circle di von der Leyen. La sensazione, viene spiegato, è stata positiva. Nessuna parola fuori sincrono è arrivata da Meloni. E il dato è stato particolarmente apprezzato. La telefonata tra von der Leyen e Meloni è arrivata poco dopo l’incontro della premier con il vice presidente americano J.D. Vance a Roma. È stata una conversazione breve, focalizzata sul punto più delicato dell’attualità europea: la guerra dei dazi.

A Bruxelles hanno ben presente un calendario che non prevede eccezioni: il 23 aprile si chiuderà la procedura scritta che formalizzerà la sospensione delle tariffe anti-Usa da parte dell’Ue. Da allora, sul tavolo, ci sono 90 giorni per negoziare. La deadline cadrà a metà luglio. Ovvero dopo due occasioni nelle quali von der Leyen e Trump avranno finalmente la possibilità di incontrarsi. La prima, in Canada, dove avrà luogo il summit del G7. La seconda a L’Aja, in occasione del vertice Nato. Entrambe cadono a giugno. Ed è dopo il secondo appuntamento che gli sherpa europei e americani potrebbero inserire l’atteso summit tra Trump e i vertici Ue. Magari proprio a margine del Consiglio europeo che si terrà subito dopo il summit Nato nei Paesi Bassi. Nel frattempo, spiegano a Bruxelles, proseguono i colloqui tecnici tra l’amministrazione Trump e l’Ue sul fronte dei dazi.

Un punto, per la Commissione, resta invariato: l’obiettivo è trovare un’intesa che eviti danni all’economia globale ma, allo stesso tempo, le contromisure, in caso di fallimento della trattativa, restano sul tavolo. Ed è qui che, nel ragionamento di von der Leyen, le posizioni della presidente della Commissione e di Meloni sono chiamate a separarsi. La missione dell’italiana, viene spiegato, è stata “un’occasione utile per creare ulteriori ponti” con l’amministrazione Trump “nel rispetto dei diversi ruoli, come già affermato dalla stessa Meloni”. Il negoziato, questo il punto sul quale la Commissione non arretrerà, resta in capo a Palazzo Berlaymont. Lo prevedono i Trattati e il ruolo di sintesi al quale è chiamata la stessa von der Leyen. Le sensibilità tra i 27 restano diverse. Sulla missione di Meloni le cancellerie europee hanno mantenuto un prudente silenzio. A parlare sono state le testate dei grandi Paesi del Vecchio continente. I più scettici sono stati il francese Le Monde e lo spagnolo El Pais. Non è un caso. Toccherà a von der Leyen e al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa trovare un punto di equilibrio sulla strategia da adottare nel negoziato con gli Usa. Forse in un summit ad hoc, da tenersi a maggio, subito dopo che la Germania avrà formalizzato il suo governo.

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Pronta la correzione del tax credit, attesa per Tar

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Arriva, dopo lunga gestazione, l’atteso decreto correttivo del tax credit per il settore del cinema e dell’audiovisivo. Il provvedimento, che corregge la riforma avviata dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano, è stato infatti firmato, annuncia la sottosegretaria Lucia Borgonzoni che al ministero della Cultura ha la delega per il settore. E con il decreto arrivano anche le linee interpretative delle disposizioni in materia di Intelligenza Artificiale, contenute nello stesso provvedimento, predisposte dalla direzione generale Cinema e Audiovisivo del ministero.

Per il 23 aprile, poi, Borgonzoni ha convocato un tavolo con i rappresentanti del settore in cui sarà presente anche il sottosegretario Gianmarco Mazzi, mentre verranno successivamente ascoltate anche le organizzazioni sindacali. Il decreto arriva in vista della definitiva pronuncia del Tar sul ricorso presentato a fine dello scorso anno da un gruppo di produttori cinematografici contro la riforma di luglio 2024 dello strumento di agevolazione fiscale a sostegno del settore. Il pronunciamento era infatti atteso per il marzo, ma il tribunale amministrativo l’aveva rinviata al 27 maggio proprio in attesa di un decreto correttivo. L’incontro al Collegio Romano del 23 aprile con le organizzazioni del settore riguarderà, ha riferito Borgonzoni, la fase di attuazione della legge (n. 106/2022) che ha delegato il governo a riformare la governance del settore dello spettacolo, con particolare attenzione alle questioni lavoristiche, previdenziali e assistenziali.

“Proprio per questo sarà presente anche il sottosegretario Gianmarco Mazzi” spiega la sottosegretaria che è invece tornata a rivendicare e sostenere che il settore è in buono stato di salute. “Al 7 aprile, con l’attuale finestra tax credit – informa ancora Borgonzoni citando i dati della direzione generale Cinema e Audiovisivo del MiC – risultano pervenute richieste di credito di imposta per 349 opere italiane, a cui si aggiungono 50 opere internazionali che hanno chiesto il credito d’imposta per venire a girare in Italia”. Si tratta di dati su cui polemizzano alcune associazioni di rappresentanza dei lavoratori del cinema, il sindacato e l’opposizione che lamentano, al contrario, un forte stato di crisi del cinema con molte produzioni ferme proprio per le incertezze dovute alla normativa fiscale. Negli scorsi giorni anche Forza Italia è arrivata a chiedere la nascita di un ministero ad hoc per il Cinema. “Mi sono fatto portavoce di una causa necessaria, presentando un disegno di legge per istituire un ministero dedicato al cinema, agli audiovisivi e al digitale. L’obiettivo è restituire attenzione e centralità a un settore ormai in evidente difficoltà” ha affermato il primo firmatario della proposta, l’ex ministro e presidente dei senatori azzurri Maurizio Gasparri.

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Moglie politico Pd Puglia: sono stata accecata dall’ambizione

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“Rompo il silenzio e il riserbo che ho mantenuto dall’inizio di questa vicenda per assumermi pubblicamente tutte le responsabilità di quanto è accaduto. Sono stata accecata dall’ambizione di poter ricoprire un ruolo professionale che ritenevo potesse coronare il mio percorso di studi e la mia esperienza di lavoro nel campo delle Risorse umane, essendo laureata in Scienze delle Amministrazioni all’Università degli Studi di Bari, avendo conseguito un master in Organizzazione del Personale all’Università Bocconi e svolgendo l’attività di consulente delle Risorse umane in un’importante azienda privata”.

Lo dichiara in una nota Carmela Fiorella, moglie del consigliere regionale del Pd Filippo Caracciolo, al centro delle polemiche dopo aver vinto un bando da dirigente delle Risorse Umane di Aeroporti di Puglia. Fiorella era stata assunta da AdP il primo aprile scorso, e si è poi dimessa il 16 aprile, dopo che articoli giornalistici avevano ipotizzato che il titolo di laurea presentato in fase di candidatura al bando fosse falso.

“Chiedo scusa a tutti, in primis al presidente, al Consiglio d’amministrazione, ai commissari di concorso e a tutti i dipendenti di Aeroporti di Puglia, all’Università di Bari e alla mia famiglia. Soprattutto – aggiunge – chiedo scusa pubblicamente, come ho subito fatto in privato, a mio marito, che era totalmente ignaro e che sta subendo ingiustamente le conseguenze delle mie azioni”.

“Sono pronta a rispondere del mio comportamento davanti alle autorità preposte, ma è giusto – conclude Carmela Fiorella – che paghi chi ha sbagliato e nessun altro”.

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