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Salute

Settimana della cucina italiana in Turchia, la pizza protagonista assoluta

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La pizza è stata la grande protagonista della Settimana della cucina italiana ad Ankara , Istanbul e Izmir. L’ambasciata d’Italia, il Consolato e l’Istituto di Cultura, per la terza edizione dell’appuntamento dedicato alla promozione delle eccellenze enogastronomiche italiane, hanno organizzato un programma ricco di eventi. Dunque la pizza, uno dei cibi più noti ed amati nel mondo, che ha recentemente ottenuto il riconoscimento dell’Unesco, è stata al centro delle degustazioni offerte insieme alle pietanze della dieta mediterranea preparate dallo chef stellato Michelin Christoph Bob, di uno dei ristoranti più famosi della costiera amalfitana. Il cuoco ha tenuto anche una lezione di alta cucina, presso l’Hilton di Ankara, per insegnare a realizzare un menù italiano di quattro portate. Casa Italia ha invece proposto una conferenza sul vino veneto presentando anche la candidatura delle ‘Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene’ a Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Una cena dedicata a Gioacchino Rossini, compositore e gastronomo, di cui si celebra il 150 anniversario della morte è stata inoltre organizzata presso il ristorante ‘L’avare Sahne’ mentre l’Accademia italiana della Cucina ha preparato una cena con musica nel corso della quale si è esibita la soprano Simge Bueyuekedes vincitrice del Concorso di canto lirico Leyla Gencer. Durante la Settimana delle cucina italiana, poi, in tutti i punti vendita di Ankara della catena Macro Center sono stati allestiti espositori con prodotti italiani.

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Autismo, passi avanti diagnosi ma indietro su bisogni

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Sempre più bimbi con disturbi dello spettro autistico riescono ad avere una diagnosi precoce e ad iniziare presto i trattamenti. Ma sul fronte dei diritti dei pazienti e delle loro famiglie sono ancora troppi i bisogni da colmare e pochi i dati disponibili. A partire dal numero dei casi in Italia, visto che manca un registro nazionale. Tra piccoli passi avanti e annosi problemi che perdurano, la sera del 2 aprile la luce blu illuminerà i principali monumenti per la Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’Autismo. A pesare sono anche le differenze tra le Regioni in termini di assistenza.

Secondo la mappatura dell’Istituto superiore di sanità, a marzo 2023, i centri clinici e socio-sanitari per l’autismo e gli altri disturbi del neurosviluppo censiti in Italia sono oltre 1200, di cui 649 (54%) al Nord, 259 (21%) al Centro e 294 (25%) al Sud e Isole. Relativamente all’utenza, 629 centri offrono prestazioni per l’età evolutiva e 517 per l’età adulta per un totale di 782.929 utenti, di cui 78.242 con diagnosi di autismo. Nell’ultimo anno, ed è questa una buona notizia, l’Istituto ha siglato accordi con le Regioni nell’ambito del Fondo Autismo per oltre 20 milioni di euro per implementare percorsi differenziati per la formulazione di piani individualizzati.

I Disturbi dello Spettro Autistico sono un insieme di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale, interessi o attività ristretti e ripetitivi. In Italia, secondo dati dell’Iss, un bambino su 77 presenta questo problema e i maschi sono colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine. “Diverse ricerche – denuncia l’Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo (Angsa) – indicano che la quota della popolazione nello spettro autistico è intorno all’1% e riguarda 300mila persone in Italia” ma “non esiste un registro dei casi di disturbi dello spettro autistico. Piemonte ed Emilia Romagna sono le uniche due regioni che dispongono di dati epidemiologici completi. Nel resto del paese gli unici dati certi riguardano i minori iscritti a scuola che sono circa 50 mila”.

In Italia, abbiamo un’ottima legge ma “resta su carta, mentre siamo drammaticamente indietro per i bisogni reali” e “spesso le politiche per l’autismo sono frammentate tra i vari soggetti pubblici producendo dispersione, inefficienza e sprechi nell’utilizzo delle risorse”. Di contro passi avanti ci sono nella diagnosi precoce, già entro i 2-3 anni di età. Questo, spiega Elisa Fazzi, presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia), “è un obiettivo raggiunto o ben avviato nella maggior parte delle regioni”. Ma, aggiunge, “non altrettanto avviene per gli interventi terapeutici, sebbene anche in questo ambito grandi passi avanti siano stati realizzati”.

Certamente uno dei nodi resta quello che accade dopo la maggiore età, ovvero l’accompagnamento nella vita adulta. Quasi sempre, infatti, i famigliari sono caregiver obbligati, a causa della carenza di alternative, a tenere in famiglia figli con elevato grado di complessità. “Il progetto di vita – ha detto il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli – è alla base del percorso che ogni persona deve seguire per avere una vita dignitosa”. Intanto in Italia, come in tantissime altri paesi, domenica 2 aprile, per la giornata istituita dalle Nazioni Unite nel 2007, molti monumenti saranno illuminati di luce blu, e tra questi anche anche palazzo Montecitorio e il ministero dell’Istruzione e del Merito. Su indicazione del ministro Giuseppe Valditara, nelle scuole italiane la Giornata sarà un momento per riflettere su come migliorare la vita scolastica per alunni con disturbi dello spettro autistico. Mentre in occasione della giornata la Fondazione Cervelli Ribelli del giornalista e scrittore Gianluca Nicoletti, papà di un ragazzo con autismo, ospita a Roma 15 “Cyber Rebels” da tutta Italia: giovani con autismo e un particolare interesse all’uso di strumenti informatici per comunicare, studiare, giocare o lavorare.

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Garattini: l’intramoenia è una vergogna da cambiare

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Anche Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, ha preso parte alla mobilitazione “in difesa del servizio sanitario nazionale” lanciata in piazza Duomo a Milano da diverse associazioni, tra cui Medicina Democratica, dal titolo ‘Sani come un pesce?. “Il Servizio sanitario nazionale è un grande bene che dobbiamo conservare e migliorare non solo per noi ma è molto importante che lo facciamo per i nostri figli e nipoti – ha sottolineato dal palco -. Dobbiamo migliorarlo perché abbiamo visto durante il Covid che ha delle debolezze”. La prima cosa da cambiare che non va, secondo Garattini, è il regime dell’intramoenia, che permette ad un medico di svolgere visite anche in regime privato e non solo con servizio sanitario nazionale.

“Se andate in ospedale per prenotare un esame o una visita vi sentite dire venga tra tre mesi, quattro mesi, sei mesi a seconda del caso – ha proseguito -. Ma pagando, con le stesse persone e le stesse strutture si può avere tutto la settimana prossima. Questo è l’intramoenia, la presenza del privato nel pubblico, una vergogna che dobbiamo cambiare perché non possiamo mantenere questa situazione di diseguaglianza”. “Spero – ha concluso – che medici di Medicina democratica e quelli che hanno aderito a questa mobilitazione facciano uno sciopero anche solo di un’ora perché questa situazione non deve esserci”.

Tra i punti critici da migliorare della sanità pubblica secondo Silvio Garattini c’è poi quello del “problema dei farmaci, che è un grande mercato in cui spendiamo troppo – ha spiegato a margine della mobilitazione di Milano ‘Sani come un pesce?’ -. Serve una spesa più equilibrata per i farmaci”. Inoltre “c’e il problema a lunga scadenza, cioè che noi accettiamo il grande mercato delle medicina ignorando che la maggior parte delle malattie croniche sono evitabili – ha proseguito -. Ci dimentichiamo che esiste la prevenzione, più del 50% del diabete di tipo 2, dell’insufficienza cardiaca, di tante malattie è evitabile. Più del 50% dei tumori sono evitabili ma muoiono in Italia ogni anno 180 mila persone. Dobbiamo realizzare una rivoluzione culturale che permetta di fare in modo che la prevenzione sia un limite al mercato della medicina. C’è un conflitto di interesse che va risolto”. Infine le Case di comunità. “Siamo ancora molto indietro, molte hanno una targa ma c’è ancora poco perché c’è il problema fondamentale che i medici di medicina generale non vogliono partecipare – ha concluso – . Invece sono fondamentali perché un singolo medico non può avere tutte le competenze che servono in una medicina che viene sempre costantemente aggiornata. Dobbiamo mettere insieme pediatri, geriatri, fisioterapisti, e tutti devono essere dipendenti del servizio sanitario nazionale”.

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Ansia o depressione, anche Peaty campione sotto stress

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Un’altra leggenda del nuoto, l’olimpionico Adam Peaty, alza bandiera bianca. Stress, burnout, depressione o problema mentale che sia, il campione britannico ha deciso di non poter andare avanti con la vita di sempre, tra allenamenti estenuanti e sempre nuove sfide da affrontare in gara, senza affrontarlo. Ha così annunciato a tutti che si fermerà per un po’, rinunciando ai campionati nazionali e quindi ai Mondiali, principale appuntamento del 2023, per provare a tornare in sesto in vista delle Olimpiadi Parigi. I fantasmi della mente, le ombre della depressione, il rigetto della quotidiana pressione interna ed esterna a superare se stessi sono purtroppo un tratto comune a tanti fuoriclasse dello sport, come conferma anche la psicologa Monica Vaillant, plurimedagliata con il Setterosa: “A noi sembrano, e loro si sentono, dei supereroi, ma a quei livelli, i più alti, la crisi, prima o poi, arriva, è quasi inevitabile”.

“Bisogna considerare che un campione vive continuamente momenti di grande tensione, per l’impegno che deve mettere per arrivare e rimanere al top, portandolo a investire tutto su quel fronte – spiega Vaillant -, con l’ulteriore aggravio di vivere tale situazione da un’età molto giovane, in un momento di crescita, di sviluppo del senso del sè. Le basi su cui si costruisce, quindi, sono spesso precarie. Ma la crisi può arrivare anche dopo aver lasciato la ribalta. Tutto quello che si è per forza tralasciato o vissuto senza la dovuta attenzione, dal prepararsi per una attività lavorativa alla vita affettiva, possono avere un impatto pesante”. Quando capita che qualche ‘supereroe’ dello sport ammette i suoi problemi, il caso fa subito scalpore, proprio per l’immagine che si ha di lei o di lui, ma secondo la psicologa sono numerosissime anche le situazioni taciute o nascoste. Tra i nuotatori, prima di Peaty hanno ammesso, e affrontato, i loro problemi anche il re delle piscine Michael Phelps, recordman di ori olimpici, il suo omologo australiano, Ian Thorpe, e altro grande del nuoto come Ryan Lochte.

Battaglie con la propria mente come quelle affrontate anche da chi è abituato a solitudine e fatica in sella a una bici, come Mark Cavendish, Marcel Kittel, Tom Dumoulin e Gianni Bugno, oppure a estenuanti duelli su un campo da tennis, come la giapponese Naomi Osaka e l’australiana Ashleigh Barty, ma anche a campioni con una squadra alle spalle, come Andres Iniesta o Josip Ilicic, e ancor prima Paul Gascoigne, lo sportivo alcolizzato forse più famoso di sempre. In alcuni casi è tragico l’epilogo di queste storie, come per Kelly Catlin, campionessa di ciclismo, finita dopo due cadute in una spirale che l’ha portata al suicidio, stessa fine del portiere della nazionale tedesca Robert Enke. L’assistenza psicologica, secondo Vaillant, dovrebbe essere una preoccupazione primaria per ogni atleta di alto livello, di solito seguito invece ‘solo’ da allenatori, preparatori atletici e medici. Un sostegno preventivo che potrebbe evitare, o alleviare, tanti crisi. “Se negli sport di squadra la figura dello psicologo è ormai quasi la normalità, per gestire le dinamiche interne ma anche per un eventuale aiuto ai singoli – sottolinea -, per quelli individuali tale sostegno è adottato con molta meno frequenza, o magari solo quando si manifestano dei problemi”.

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