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Serena Williams perde gli Us open per colpa dell’arbitro “sessista, ladro e bugiardo”

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Billie Jean King, grande tennista del passato e icona del femminismo, è sempre stata una signora dentro e fuori dal campo di gioco, ed è tra chi ama il tennis quella che ha attaccato più duramente i giudice di sedia: Se al post di Serena Williams ci fosse stato un uomo non sarebbe stata penalizzata”. Più o meno

Us Open. Serena Williams mentre litiga col giudice di sedia Carlos Marcos

le stesse parole sono state usate da Victoria Azarenka e Ellen DeGeneres per difendere Serena.

Che è poi la difesa della tennista Usa. “Lo sapete tutti quello che ho fatto per arrivare fin qui, se fossi stato un uomo tutto questo non sarebbe successo” si è sfogata così Serena Williams parlando al direttore tecnico della finale degli Us Open, persa 6-2 6-4 contro la giovane Naomi Osaka. Il caso Williams, che ha insultato l’arbitro durante la finale degli Us Open (compromessa anche a causa della penalizzazione che le è stata comminata) è diventato un esempio di protesta di genere in campo sportivo.
La giocatrice di colore, tra le più forti al mondo, tornata alle massime competizioni dopo la maternità, ha spiegato in conferenza stampa il suo sfogo in campo. “Ho visto giocatori uomini dire di tutto ai giudici. Sono qui per lottare per i diritti delle donne e per l’uguaglianza femminile. Io ho detto “ladro”, lui mi ha tolto un gioco, mi è sembrata una decisione sessista. Non avrebbe mai tolto un gioco a un uomo perché ha detto “ladro”. E poi aggiunge: “Continuerò a lottare per i diritti delle donne”.
Serena Williams era stata penalizzata di un punto per ‘coaching’ ovvero per aver ricevuto i suggerimenti del suo coach (che nel tennis è vietato). Il suo tecnico ha ammesso di averlo fatto, ma il problema è stato il game di penalità dopo le proteste della campionessa. “Mi devi delle scuse, sei un ladro”, ha urlato Willams all’arbitro Carlos Ramos. “Preferirei perdere piuttosto che imbrogliare”.

Billie Jean King, grande campionessa del passato e paladina del femminismo, non ha avuto dubbi ed esitazioni nel difendere Serena Williams: “Se una donna si lascia andare alle emozione del momento, diventa subito isterica e viene penalizzata”.

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Putin boccia l’ultimatum, Trump vuole andare a Istanbul

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Nessuna tregua di 30 giorni in Ucraina. Vladimir Putin ha respinto al mittente l’ultimatum “inaccettabile” lanciato sabato da Kiev dai leader dei Volenterosi – sostenuti da Donald Trump – di un cessate il fuoco di un mese, pena l’inasprimento delle sanzioni. “Non è questo il modo di parlare alla Russia”, ha tagliato corto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Il presidente americano è tuttavia convinto che “un buon risultato” possa arrivare dai primi colloqui diretti tra russi e ucraini dal 2022, in programma il 15 maggio a Istanbul, ai quali non esclude di partecipare lui stesso, inserendo una tappa in Turchia al suo viaggio in Medio Oriente: “Ci sto pensando”, ha spiegato Trump prima di imbarcarsi per l’Arabia Saudita, convinto che a Istanbul ci saranno sia Putin che Volodymyr Zelensky.

Ma il solo ad aver confermato finora la sua partecipazione, sfidando lo zar a raggiungerlo, è stato il leader ucraino che ha sentito per la prima volta Papa Leone XIV, in una telefonata definita “molto calorosa e davvero significativa”. Zelensky lo ha quindi invitato “a compiere una visita apostolica in Ucraina”: “Porterebbe vera speranza al nostro popolo”, ha sottolineato il presidente, dopo aver invitato più volte a Kiev, ma invano, Papa Francesco. Zelensky ha poi informato il nuovo Pontefice “dell’accordo tra l’Ucraina e i partner, secondo cui dovrebbe iniziare un cessate il fuoco completo e incondizionato per almeno 30 giorni” e ha confermato “la disponibilità a ulteriori negoziati in qualsiasi formato, compresi i negoziati diretti”.

“L’Ucraina – ha assicurato a Leone XIV – vuole porre fine a questa guerra e sta facendo tutto il possibile per questo. Aspettiamo che la Russia adotti misure adeguate”. A cominciare dai negoziati di Istanbul che, per il leader ucraino, “potrebbero contribuire a porre fine alla guerra”. “Non sottovalutate” l’incontro di “giovedì in Turchia, ha il potenziale di un buon incontro”, ha detto anche Trump. “Non doveva tenersi, ma ho insistito perché si facesse”, ha quindi ribadito, annunciando di valutare “di fare un volo” per Istanbul. “Non so dove sarò giovedì, ho tanti incontri. Ma c’è una possibilità” che ci vada, “se riterrò che le cose possano andare avanti”. Immediata la reazione positiva di Zelensky che tenta di mettere all’angolo Putin agli occhi del presidente americano: “Ho sostenuto Trump nell’idea di colloqui diretti con Putin. Ho espresso apertamente la mia disponibilità a incontrarlo. Io sarò in Turchia. Spero che i russi non si sottraggano all’incontro”, ha dichiarato via social.

“E naturalmente, tutti noi in Ucraina apprezzeremmo se Trump potesse essere presente a questo incontro in Turchia. È l’idea giusta”, ha sottolineato, ribadendo di aver anche sostenuto la proposta del presidente americano “di un cessate il fuoco completo e incondizionato”, al contrario del Cremlino. Che attraverso Peskov ha ricordato che è stato lo stesso Putin a proporre negoziati diretti tra Mosca e Kiev, ma con l’obiettivo di raggiungere “una soluzione pacifica di lungo periodo”, non una tregua temporanea. “Il linguaggio degli ultimatum non è accettabile per la Russia, non è appropriato, non si può parlare alla Russia in questo modo”, ha quindi affermato Peskov, riferendosi alle dichiarazioni dei leader dei Volenterosi che avevano dato tempo a Mosca fino a lunedì sera per accettare o meno il cessate il fuoco.

Riaggiornandosi per un nuovo round di colloqui al termine della scadenza, come annunciato da Macron. Riuniti a Londra i ministri degli Esteri europei, tra cui Antonio Tajani, in formato Weimer+ allargato all’Ucraina hanno espresso la volontà di mantenere la pressione su Mosca e il loro “scetticismo” sulla reale volontà di Putin di “volere la pace”, anche alla luce degli ultimi attacchi notturni sull’Ucraina con “108 droni”, di cui uno ha fatto una vittima a Sumy. “Non sono messaggi che vanno nella giusta direzione”, ha commentato il capo della Farnesina.

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Zelensky: “Sarò in Turchia per i colloqui. Spero ci siano anche i russi e Trump”

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha confermato la sua presenza ai colloqui previsti per giovedì in Turchia, lanciando un appello affinché vi partecipino anche la delegazione russa e l’ex presidente americano Donald Trump. L’annuncio è arrivato direttamente dal leader ucraino attraverso un messaggio pubblicato sul suo canale Telegram.

«Sarò in Turchia. Spero che i russi non si sottraggano all’incontro. E naturalmente, tutti noi in Ucraina apprezzeremmo se il presidente Trump potesse essere presente», ha dichiarato Zelensky. L’iniziativa si colloca all’interno di un nuovo tentativo di rilanciare il dialogo per porre fine alla guerra con la Russia, con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan pronto a svolgere un ruolo di mediazione.

Zelensky ha anche espresso sostegno esplicito all’idea di Donald Trump di un cessate il fuoco completo e incondizionato come base per riavviare la diplomazia. «Ho appena sentito la dichiarazione del presidente Trump. Parole molto importanti. Ho sostenuto la sua idea di un cessate il fuoco abbastanza lungo da gettare le basi per la diplomazia. E lo vogliamo. Siamo pronti a mantenere una tregua da parte nostra», ha aggiunto.

Nel concludere il suo messaggio, Zelensky ha ringraziato Erdogan per l’impegno a ospitare un summit di alto livello: «Il presidente Erdogan può davvero ospitare un incontro di altissimo livello. Grazie a tutti coloro che stanno aiutando».

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Il Qatar dona a Trump un nuovo lussuoso Air Force One

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Un Boeing 747-8 extra lusso in dono a Donald Trump, da usare come nuovo Air Force One. Il prezioso regalo, il più costoso mai ricevuto, arriva dalla famiglia reale del Qatar per la gioia del tycoon, da anni frustrato dal ‘suo’ aereo presidenziale ormai troppo datato e da una Boeing incapace di sostituirlo in tempi rapidi. L’annuncio ufficiale – riporta Abc – arriverà la settimana prossima, durante la tappa in Qatar del viaggio del presidente americano in Medio Oriente.

Il velivolo, che Trump ha avuto modo di vedere con i suoi occhi in febbraio mentre era parcheggiato al West Palm Beach International Airport, è talmente lussuoso da essere stato soprannominato un “palazzo reale volante”. E’ in grado quindi di soddisfare l’appetito per il lusso del presidente e di placare la sua insoddisfazione per non essere ancora riuscito, dopo anni di tentativi, ad avere un nuovo aereo presidenziale. Trump lo ha commissionato a Boeing nel 2018 e lo scorso anno la società aveva stimato la consegna nel 2029, quando il tycoon sarebbe già fuori dalla Casa Bianca. Dopo polemiche e pressioni la consegna era stata anticipata al 2027, ma nonostante questo Trump aveva chiesto al first Buddy Elon Musk di prendere in mano il dossier e accelerare i tempi.

L’atteso regalo del Qatar risolve ora il problema, pur esponendo l’amministrazione a critiche, considerato che l’aereo è fra i regali più costosi mai ricevuti da un governo straniero. Il Dipartimento di Giustizia e i legali della Casa Bianca hanno però assicurato che è “legalmente ammissibile”, a patto che la sua proprietà sia trasferita alla biblioteca presidenziale di Trump prima della sua uscita dalla Casa Bianca. L’aereo sarà sottoposto a modifiche per rispondere ai requisiti militari richiesti per ogni velivolo usato per il trasporto di un presidente americano. Modifiche che, comunque, dovrebbero consentire di rispettare i tempi dettati dal presidente, ovvero avere un nuovo aereo nel 2025.

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