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Senato, la Giunta per le elezioni ha deciso: a Lega e M5S spettano due nuovi senatori

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Un anno e 4 mesi dopo qualcuno dovrà dire a Edoardo Patriarca del Pd che deve andarsene. Perderà il seggio in Parlamento, dove l’altro giorno aveva simbolicamente abbandonato i lavori della commissione Lavoro riunita sulla questione del salario minimo.
Adesso lo inviteranno a lasciare il Senato perché ieri la Giunta per le elezioni presieduta da Maurizio Gasparri ha deciso all’unanimità che per oltre un anno ha calcato abusivamente Palazzo Madama. Quando invece il 4 marzo del 2018 avrebbe dovuto essere eletto il suo acerrimo rivale della Lega, Stefano Corti con cui si erano sfidati all’ultimo voto nel collegio di Modena. Dopo il riconteggio di migliaia di schede si è infatti scoperto che il seggio spetta, per 55 voti di differenza, all’esponente del Carroccio. Che dunque si assicurerà, all’esito della procedura di contestazione avviata, un senatore in più. Esattamente come il Movimento 5 Stelle. A cui la Giunta, questa volta a maggioranza, ha deciso di assegnare il seggio rimasto vacante in Sicilia dove i pentastellati avevano eletto tutti, ma proprio tutti, i candidati all’uninominale e al proporzionale. Ma si dovrà pescare tra i non eletti in un’altra circoscrizione. Cosa che ha mandato letteralmente su tutte le furie Pietro Grasso che ha così commentato: “Lega e M5S calpestano l’ art. 57 della Costituzione che stabilisce inequivocabilmente che l’elezione dei senatori è su base regionale per puntellare con un senatore in più la loro fragile maggioranza”. Mal di pancia, per giorni, pure tra i senatori grillini siciliani che pretendevano che il seggio rimanesse nell’ isola, magari attingendo dalla lista dei supplenti. Questo prima che il costituzionalista della Bocconi Lorenzo Cuocolo, richiesto dai 5 Stelle di un parere pro veritate, sentenziasse che la strada non era praticabile. E che l’unico modo per non lasciare il Senato a composizione mutilata, ossia a 314 senatori, era applicare la legge elettorale, ma della Camera. Al di là dei pareri e delle leggi, per i 5 Stelle il rischio era quello di rimanere a bocca asciutta quando invece, pallottoliere alla mano, rinforzare i numeri della maggioranza al Senato, che attualmente tiene a fatica per 3 o 4 voti di scarto, è indispensabile come il pane.

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Campania: De Luca, Meloni non può parlare di lotta alla camorra

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“Io amo molto i tanti esponenti del mondo cattolico che in questo momento per esempio stanno utilizzando le risorse stanziate alla Regione Campania per gli oratori. Ci sono decine di parroci che stanno creando cose bellissime per aggregare i giovani nelle loro parrocchie. È un lavoro prezioso di aggregazione delle giovane generazioni. E soprattutto sono convinto che la lotta alla camorra la si fa creando il lavoro, aprendo i cantieri, e quindi chi non può parlare di lotta alla camorra è il governo Meloni, che tiene bloccate le risorse da più di un anno, altro che camorra”. Lo ha detto il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, a margine della presentazione dei lavori allo stadio Collana di Napoli, rispondendo a una domanda sulle polemiche seguite alle sue parole sul parroco di Caivano don Maurizio Patriciello.

“La lotta alla camorra – ha aggiunto De Luca – si fa creando lavoro, non facendo demagogia. La lotta alla camorra si fa difendendo l’unità d’Italia, non spaccando l’Italia e calpestando le ragioni del Sud. Non solo i fondi sviluppo e coesione che sono bloccati, ma i fondi per la sanità, i fondi per il trasporto. Non c’è ancora molta gente che nel Sud ha capito bene il pericolo che corriamo. Noi dobbiamo combattere con molta serenità e soprattutto superando questo clima di subalternità, di sottomissione, di vassallaggio. Siamo di fronte ad una prova di burocratismo che sta dando questo Governo che non si è mai vista. Questi sono i problemi reali. Tutto il resto sono strumentalizzazioni, assolutamente inutili e improprie”, ha concluso De Luca.

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Politica

Graziano (Pd), grave uso foto don Patriciello in campagna Fdi

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“La lotta alla camorra non può essere né irrisa, né strumentalizzata. La seconda cosa non è meno grave della prima” così il deputato democratico, Stefano Graziano, commenta l’utilizzo dell’immagine di don Patriciello nella campagna elettorale di un candidato di Fdi. Il riferimento è alla vicenda di cui riferisce la Repubblica Napoli.

Il deputato Marco Cerreto, in lizza per le Europee, solidarizza con don Maurizio Patriciello dopo la polemica innescata dal governatore De Luca. “Non avevo intenzione di strumentalizzare nessuno – dice interpellato dal quotidiano – non c’è scritto di votare per me. E’ una manchette che uso sempre sui social e su quella faccio la mia comunicazione”.

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Burlando, ho incontrato Spinelli per dargli un’opinione

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“Questo è uno scandalo che riguarda tutta l’Italia”. Lo ha detto l’ex presidente della Liguria ed ex sindaco di Genova Claudio Burlando, intervistato dal Corriere della sera. Secondo Burlando, il suo successore Giovanni Toti “dava l’impressione di trattare per sé, non per il bene pubblico”.

Anche l’ex governatore ha incontrato di recente l’imprenditore Aldo Spinelli: “Quarant’anni che mi occupo di queste cose. Molto complesse. Non mi sono mai negato quando qualcuno mi ha chiesto un confronto. Ribadisco: oggi io non ho alcun potere decisionale. In quel momento, Spinelli stava litigando con l’uomo genovese di Psa. Ogni volta che si libera un’area, in porto c’è una zuffa. Mi ha chiesto la mia opinione.

Credo che lui abbia reso pubblico l’incontro per fare ingelosire Toti. Tutto qui”, sostiene Burlando. E sulle parole del dirigente Pd Andrea Orlando, che ha definito ‘crepuscolare’ la fine del suo mandato, replica: “L’ho trovato un giudizio ingeneroso e poco informato. Andrea afferma anche di avere indicato Ferruccio Sansa, vicino ai Cinque Stelle, alle Regionali del 2020. Dove il centrosinistra ha avuto il peggior risultato della sua storia. Non so se faccia bene a rivendicare quella scelta. E non sono sicuro che sia questa la strada per vincere”.

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