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Politica

Toninelli, avanti su revoca: tonfo di Atlantia in Borsa

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Il Movimento 5 Stelle va avanti sulla strada della revoca delle concessioni di Autostrade e l’effetto si fa sentire su Atlantia in Borsa. La holding del gruppo Benetton, che controlla la societa’ autostradale oltre che Aeroporti di Roma, fa un tonfo del 4,3% (a 22,7 euro) a Piazza Affari sui timori di uno scenario difficile peraltro da immaginare, dato che costerebbe allo Stato tra 24,5 e 25 miliardi. A tanto ammonta il valore dell’indennizzo dovuto al concessionario in caso di disdetta anticipata, calcolato sulla base dei flussi di cassa, che verrebbero a mancare, da oggi alla scadenza naturale della concessione nel 2038. All’indomani del tentato blitz a Palazzo Chigi su uno dei terreni di scontro aperti nel governo fra i Pentastellati e la Lega, la quale punta a coinvolgere Atlantia insieme a Fs nel salvataggio di Alitalia, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ribadisce di non voler far sconti alla societa’ che considera colpevole del disastro del ponte Morandi. E nega che il tema si intrecci con la partita in corso per la compagnia di bandiera, per la quale le offerte vanno presentate entro il 15 luglio. In ogni caso, da quanto emerso dal vertice di ieri notte, nell’esecutivo l’ipotesi di Atlantia in Alitalia, prima osteggiate dal M5S, non sarebbe piu’ un tabu’. “C’e’ un procedimento amministrativo complesso nel rispetto dei tempi che sta arrivando a conclusione. Nei prossimi giorni ci saranno importanti novita’ e anche in base a queste ci saranno delle scelte”, preannuncia Toninelli a proposito del parere della commissione nominata lo scorso aprile, all’interno dello stesso ministero, per esprimersi sulla questione indicando delle opzioni. “Il Movimento 5 Stelle non puo’ fare sconti a chi ha evidenti responsabilita’”, aggiunge definendo poi la vicenda Alitalia “completamente slegata” dalla concessione. Sulla base del parere che esprimera’ la commissione la procedura di revoca, avviata il 16 agosto scorso due giorni dopo il crollo del ponte nel tratto genovese della A10 gestita da Autostrade, potrebbe portare a un decreto di revoca interministeriale che coinvolgerebbe non solo il ministero delle Infrastrutture ma anche quello dell’Economia. Ma per disdire la concessione si deve dimostrare un inadempimento della concessionaria. E questo non risulta finora essere stato contestato ad Autostrade nello scambio di informazioni in corso da quasi un anno attraverso le notifiche inviate dal ministero delle Infrastrutture e le risposte fornite dalla societa’.

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Meloni sente anche Musk, doppio asse con la Casa Bianca

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Poche ore dopo aver espresso le sue congratulazioni a Donald Trump, Giorgia Meloni ha sentito al telefono “l’amico” Elon Musk. È il doppio asse su cui la premier potrà contare nei rapporti con la nuova Casa Bianca, convinta che se ha lavorato “bene” con l’amministrazione Biden, potrà farlo “benissimo” con quella repubblicana. Da una parte si confronterà a livello istituzionale con un presidente conservatore, con ricette affini a quelle del suo governo. Dall’altra, come si ragiona in ambienti di governo, avrà nel magnate che guida Tesla, X e SpaceX una sorta di tramite politico parallelo all’establishment di Washington e alle diplomazie.

Non è un caso se negli ultimi mesi la premier ha voluto costruire un solido rapporto con Musk, tra il primo faccia a faccia a Palazzo Chigi il 15 giugno 2023, l’invito ad Atreju pochi mesi dopo, e l’ultimo incontro a fine novembre a New York, dove è stato proprio il magnate a consegnarle il “Global Citizen Award 2024” dell’Atlantic Council. “Sono convinta – ha scritto la presidente del Consiglio nel tweet sulla telefonata con Musk – che il suo impegno e la sua visione potranno rappresentare un’importante risorsa per gli Stati Uniti e per l’Italia, in uno spirito di collaborazione volto ad affrontare le sfide future”. Con potenziali risvolti non solo sul dossier dell’Intelligenza artificiale ma anche industriali. Negli ultimi mesi ci sono state trattative fra il governo e Tesla per la produzione in Italia di camion e furgoni elettrici.

E l’esecutivo spera vada in porto l’accordo con Starlink, la costellazione di satelliti di SpaceX per fornire servizi internet a banda larga nelle aree scarsamente servite da altre reti. Un appalto finito al centro di un’inchiesta per corruzione in cui è indagato anche il braccio destro di Musk in Italia, Andrea Stroppa. Che ha rilanciato il tweet di Meloni affermando che “l’Italia può e deve ritagliarsi un ruolo da protagonista nei settori del futuro.

Diventare il partner europeo privilegiato deve essere l’obiettivo”. Nella telefonata con Trump, che sarebbe stata fra le prime con i leader di altri Paesi, dopo quelli di India, Cina, Arabia Saudita, Francia e Israele, Meloni ha invece concordato “sull’opportunità di mantenersi in stretto contatto”. Non solo sulle crisi internazionali. Fra i primi capitoli da affrontare per Roma c’è quello dei dazi commerciali. In quest’ottica il ministro degli Esteri Antonio Tajani conta di recarsi appena possibile a Washington per sminare a inizio anno con la nuova amministrazione quello che è considerato un serio pericolo per l’export italiano.

Anche Matteo Salvini, il leader di centrodestra che più ha esultato per il successo di Trump, ha in preparazione un viaggio oltreoceano. Non è escluso possa farlo anche prima del giuramento del nuovo presidente. Difficile ancora prevedere in quale periodo del 2025 sarà la visita di Meloni alla Casa Bianca. Intanto la premier, con una breve missione a Baku mercoledì prossimo, avrebbe deciso di partecipare alla Cop29, sul cui esito aleggia l’elezione di Trump. Le opposizioni le chiedono se intende seguire il successore di Biden sulla linea dell’uscita dall’Accordo di Parigi. Si profila invece un allineamento sul nucleare. “Anche 10 nuovi reattori in America – ha twittato Musk in queste ore – sarebbero una gran cosa”.

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Economia

Giorgetti ottimista sul Pil apre a modifiche su manovra

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L’incertezza che domina l’economia internazionale richiede all’Italia scelte di bilancio prudenti ma non fiacca l’ottimismo sul Pil. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (foto imagoeconomica  in evidenza) c’è ancora spazio per crescere più di quello che vedono previsori come Bankitalia o Upb, perché nell’ultima parte dell’anno il Pil dovrebbe tornare in espansione, dopo lo stallo del terzo trimestre. Bisogna comunque mantenersi cauti, perché i vincoli europei non lasciano troppi margini, però la manovra non è immutabile: fatto salvo l’impianto e i principi dietro ogni norma, su alcune si può lavorare assieme al Parlamento, accogliendo qualche richiesta di modifica.

Dal blocco del turnover per le forze dell’ordine ai revisori del Mef nelle aziende che prendono contributi pubblici, il ministro apre a modifiche, seppur limitate che comunque non soddisfano le opposizioni. “Non sarei stupito da una revisione al rialzo delle stime preliminari del Pil 2024”, ha detto Giorgetti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, chiudendo il ciclo di audizioni sulla legge di bilancio 2025. “L’Italia è forte”, ha ribadito anche la premier Giorgia Meloni parlando agli industriali di Brescia e Bergamo e invitandoli a “fare squadra”. Per il ministro dell’Economia le prospettive di crescita a breve termine sono dunque “ancora incoraggianti” e i modelli che utilizza il Tesoro per fare le previsioni vedono un Pil in espansione nel trimestre finale dell’anno, grazie al recupero della domanda estera e alla ripresa dei consumi che prosegue.

Del resto negli ultimi anni “il sistema economico italiano ha mostrato una tenuta superiore alle previsioni di molti”, e “le stime iniziali di crescita del Pil dell’Istat sono state successivamente riviste al rialzo in misura inedita”. La speranza è che accada ancora. Certo, non c’è spazio per ampliare la manovra. Tanto che risulta “ambizioso” anche il target del 2% di spesa richiesto dalla Nato, che sarà mancato per i prossimi tre anni. Nel 2025 si fermerà all’1,57%, nel 2026 all’1,58% e nel 2027 all’1,61%. La spesa va tenuta sotto controllo perché, spiega Giorgetti, è l’unico modo per affrontare “il fardello del debito” che con i suoi interessi ogni anno toglie 45 miliardi a scuola, pensionati, sanità. Dati gli spazi ridotti che richiedono prudenza, il ministro difende le scelte del governo. Ricorda che la priorità è stata data alle famiglie di reddito medio basso e ai lavoratori dipendenti, e quindi “sorprende” che le critiche “vengano proprio dai sindacati”.

Sulla sanità ribadisce che la spesa sale più del limite fissato nel Psb, e per gli enti locali non ci sono tagli ma solo accantonamenti che restano nella loro disponibilità. Anche i tagli del fondo automotive non toccano “le imprese che vogliono riconvertire”, ma rottamazioni e incentivi all’acquisto di auto elettriche prodotte in Cina o altri Paesi. Con la fine delle audizioni sulla manovra si passa alla fase delle modifiche al testo. I partiti dovranno presentare i propri emendamenti entro lunedì prossimo, da cui selezioneranno quelli irrinunciabili (o segnalati) il 18 novembre. Giorgetti indica già le strade percorribili e si dice “apertissimo”, ad esempio, a modifiche sui revisori del Mef nelle società che prendono contributi pubblici, purché si mantenga il principio che “chi riceve il contributo dello Stato deve avere un comportamento parsimonioso”.

Modifiche possibili anche sulla tassa per le crypto che dal 26% passa al 42%, contestata proprio dalla Lega: per Giorgetti si può pensare a forme di tassazione diverse rispetto alla permanenza in portafoglio degli investimenti. Sul blocco del turnover il ministro invece chiede al Parlamento di indicare i settori per i quali non è giustificato, come la sicurezza. Non chiude la porta nemmeno sui tagli alla metro C di Roma. Ma la situazione è complessa, perché “manca la progettazione definitiva” di cui il Mef ha bisogno per stanziare i fondi. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri contesta il taglio, e spiega che non si può separare il finanziamento della progettazione da quello della realizzazione perché “implicherebbe un aumento di tempi e costi”. Giorgetti non ha preclusioni: “E’ un’opera meritoria, vediamo come organizzarci in modo che gli stanziamenti vengano fatti”. Purché “non si bruci spazio fiscale a scapito di altro”.

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Politica

Assistenza sanitaria per i senza fissa dimora è legge

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– Nell’Aula del Senato si approva all’unanimità con 130 sì il disegno di legge, a prima firma Marco Furfaro (PD), che punta a garantire l’assistenza sanitaria ai senza fissa dimora. Il provvedimento, già approvato alla Camera, è definitivo. Il provvedimento è volto a colmare “un vuoto di tutela”, ritenuto in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione e con i princìpi ispiratori della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, in base ai quali l’assistenza sanitaria andrebbe garantita a tutti coloro che risiedono o dimorano “nel territorio della Repubblica, senza distinzione di condizioni individuali o sociali”. I senza dimora, infatti, attualmente sono nell’impossibilità di essere iscritti al Servizio sanitario nazionale e di scegliersi un medico di medicina generale. Il testo si compone di 3 articoli.

Il primo istituisce un Fondo, di un milione di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, per finanziare un programma sperimentale, da attuarsi nelle città metropolitane, per “assicurare progressivamente il diritto all’assistenza sanitaria” ai senza dimora e per consentirgli di iscriversi nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali; di scegliersi un medico; di accedere ai LEA (ossia alle prestazioni incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza). Il Fondo sarà ripartito tra le Regioni, “sulla base della popolazione residente nelle città metropolitane presenti nei rispettivi territori”, con un decreto ministeriale da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni e sentite le associazioni di volontariato e di assistenza sociale “più rappresentative”.

L’ISTAT, si spiega nella relazione, fa riferimento a 14 città metropolitane: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia. Lo schema di questo decreto attuativo dovrà essere trasmesso alle Camere per i pareri delle Commissioni competenti che dovranno pronunciarsi entro 20 giorni. L’articolo 2 prevede che, a partire dall’anno successivo a quello di entrata in vigore della legge, entro il 30 giugno di ogni anno, il Governo presenti alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del provvedimento, con particolare riferimento: al numero dei senza dimora iscritti negli elenchi delle Aziende Sanitarie Locali di ogni Regione; al numero e alla tipologia delle prestazioni erogate in favore dei senza dimora; alle eventuali criticità emerse; ai costi effettivamente sostenuti. L’articolo 3 riguarda le modalità di finanziamento del Fondo.

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