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Ambiente

Sciogliere la plastica per produrre petrolio, così l’azienda svizzera Grt trova una risorsa usando due inquinanti

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Da un lato la fame di energia, soprattutto in alcune zone dove da anni si assiste ad una impetuosa crescita economica: Cina, India, Brasile, Sud Africa. Dall’altro lato c’è un derivato dal petrolio, la plastica, che è sempre più diffuso e che per inquinamento comincia a rappresentare un problema serio. Dunque petrolio e plastica, due facce dello stesso problema. Come si fa a mettere assieme questi due enormi problemi e trasformarli in risorsa abbattendo drasticamente le emissioni di gas serra che stanno facendo saltare l’ equilibrio climatico e fermare l’invasione delle plastiche? «Sì può. È l’obiettivo dell’azienda elvetica Grt Group, società specializzata in energie rinnovabili” spiega Luca Dal Fabbro, amministratore delegato e vicepresidente del Circular Economy Network, l’osservatorio sull’economia circolare creato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da 13 aziende. «Il prossimo anno costruiremo in Italia impianti poco ingombranti, sono grandi come un campo da tennis, e a zero emissioni dirette perché utilizzano la pirolisi. In questi impianti entreranno le bottiglie e i sacchetti di plastica di cui cerchiamo disperatamente di disfarci e uscirà carburante: 900 litri di combustibile simile al cherosene e al diesel per ogni tonnellata di plastica». La pirolisi è un processo che determina la rottura delle catene molecolari che rendono la plastica rigida. Il tutto in assenza di ossigeno, cioè senza combustione e ossidazione e dunque senza emissioni.

È dagli anni Settanta che s’insegue il sogno di trasformare la plastica in combustibile. Ma solo recentemente c’è stato il salto tecnologico necessario. Attualmente in Europa, Stati Uniti, America Latina e Asia una decina di aziende sta studiando la pirolisi con impianti dimostrativi o commerciali: quelli che si apriranno nel 2019 saranno i primi a livello industriale in Italia. Funzionerà?

Secondo le previsioni di Grt i conti tornano: ogni impianto sarà in grado di fornire combustibile al costo di 25 dollari al barile equivalente, meno della metà del prezzo del barile di petrolio. Ma mentre il petrolio, una volta estratto, deve essere trasportato e raffinato, aggiungendo costi economici e ambientali, la plastica viene prelevata in un raggio di poco più di un centinaio di chilometri dall’impianto: in questo modo si abbatte il 70 per cento del totale delle emissioni di CO2 necessarie alla produzione di energia.

Inoltre i pannelli solari che copriranno la struttura migliorano ulteriormente le perfomance energetiche. «Ogni impianto di questo tipo consente di mettere al sicuro, evitando che finisca nel Mediterraneo, l’equivalente di un camion pieno di plastica al giorno», aggiunge Dal Fabbro.

Plastica e petrolio. C’è una azienda svizzera che riesce a produrre cherosene con la pirolisi

E continua:«Con quattro impianti da 5 mila tonnellate si eviterebbero le emissioni di CO2 prodotte da 6 mila persone residenti in Italia. E si potrebbe fare a meno di una discarica grande 26 ettari, cioè 40 campi da calcio. Calcolando che nel nostro Paese si raccolgono facilmente circa 150 mila tonnellate di plastica l’ anno, si potrebbe realizzare rapidamente un centinaio di impianti di questo tipo».

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Ponte sullo Stretto, ok della Valutazione ambientale ma il Quirinale blocca norma antimafia del decreto Infrastrutture

La Presidenza della Repubblica chiede lo stralcio della norma sui controlli centralizzati. Intanto arriva il via libera ambientale al progetto.

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Passo avanti sul fronte tecnico, ma stop sul piano normativo. Il decreto Infrastrutture, approvato lunedì scorso dal Consiglio dei ministri, è stato modificato su richiesta del Quirinale, che ha chiesto di eliminare una norma pensata per rafforzare i controlli antimafia legati alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.

La misura, fortemente voluta dal ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, prevedeva il trasferimento delle competenze di controllo alla struttura centralizzata per la prevenzione antimafia del Viminale, sulla falsariga del modello già in uso per Milano-Cortina 2026 e per le zone terremotate.

«Volevamo centralizzare i controlli come segno concreto dell’impegno sulla prevenzione delle infiltrazioni criminali», aveva spiegato Piantedosi.

Tuttavia, secondo la Presidenza della Repubblica, non sussistevano i presupposti d’urgenza che giustificassero l’inserimento della norma nel decreto, chiedendone la rimozione prima dell’uscita del testo da Palazzo Chigi. Una decisione che ha sorpreso la Lega, che non esclude di riproporre la misura tramite un emendamento nei prossimi passaggi parlamentari.

Il progetto del Ponte riceve l’ok ambientale

Nel frattempo, il progetto del Ponte sullo Stretto ha segnato un passo avanti importante con il via libera della Commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente alla Valutazione di impatto ambientale (VIA). Dopo mesi di richieste e approfondimenti, la documentazione potrà ora essere trasmessa alla Presidenza del Consiglio, dove il progetto attende il timbro finale del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile).

L’iter non si ferma qui: il governo dovrà trasmettere un’informativa alla Commissione Europea, tappa necessaria prima della delibera conclusiva.

Salvini: «Un passo fondamentale». Morelli: «Chiudiamo in due settimane»

Il vicepremier Salvini ha commentato con entusiasmo la notizia:

«È un altro passo fondamentale verso un’opera che unisce e sviluppa».

A fare il punto sulle prossime tappe è Alessandro Morelli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Cipess:

«Siamo in costante contatto con le amministrazioni competenti. Appena arriverà la proposta di delibera dal Mit, confidiamo di chiudere l’intero percorso entro due settimane, con il via libera definitivo del Cipess».

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Area Marina Protetta Capri: intesa vicina tra tutela del mare e sviluppo turistico

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I “no” ideologici sembrano finalmente superati: l’Area Marina Protetta dell’Isola di Capri è oggi più vicina grazie a una nuova stagione di dialogo e mediazione. L’obiettivo non è più solo difendere l’ambiente o incentivare il turismo, ma trovare un equilibrio concreto tra la salvaguardia del mare e la sua fruizione responsabile.

Tavolo del Mare: Capri e Anacapri pronte al confronto

Dopo anni di tensioni e veti contrapposti, è arrivato un segnale chiaro di svolta dal Tavolo del Mare riunitosi ad Anacapri, con la partecipazione di rappresentanti istituzionali e scientifici di primo piano, tra cui Ettore de Conciliis, capo della segreteria del sottosegretario alle Aree Protette, l’ammiraglio Francesco Tomas del Mase, il prof. Gianni Russo dell’Università Parthenope e Antonino Miccio, presidente del coordinamento nazionale Federparchi.

Entro poche settimane i comuni di Capri e Anacapri saranno convocati al Ministero dell’Ambiente per definire la zonizzazione ufficiale dell’Area Marina Protetta. Si tratta di un passo fondamentale, anche in vista del 2027, anno in cui Capri sarà sotto i riflettori per le regate dell’America’s Cup.

Dalla protesta all’intesa: la reazione agli “inchini” dei giganti del mare

Il nuovo slancio è arrivato anche in seguito all’ennesimo episodio di oltraggio al paesaggio: l’inchino ai Faraglioni da parte della nave da crociera Silver Ray, poi sanzionato. Proprio questo fatto ha accelerato la presa di posizione dei sindaci dell’isola.

«Se continuiamo a violare il nostro patrimonio naturale, anche il mito di Capri sarà compromesso», ha dichiarato Franco Cerrotta, sindaco di Anacapri, sottolineando la necessità di difendere un ambiente che oggi è parte integrante dell’identità turistica dell’isola.

Il sindaco di Capri, Paolo Falco, ha invece ribadito l’urgenza di riconoscere autonomia alla Zona Speciale di Conservazione (ZSC) dell’isola, ancora oggi inglobata nell’area di Punta Campanella. «Solo con l’autonomia possiamo garantire una tutela adeguata senza penalizzare la vocazione turistica dell’isola», ha spiegato.

Le nuove condizioni: confronto aperto e tutela condivisa

Il dialogo avviato con Ispra, associazioni ambientaliste e categorie locali ha prodotto un primo risultato importante: la revisione dei divieti inizialmente proposti nell’area dei Faraglioni, con un approccio più flessibile e sostenibile.

Antonino Miccio, coordinatore delle Aree Marine Protette, ha confermato che ci sono ancora aspetti da affinare, ma ha apprezzato la disponibilità del ministero a concertare soluzioni con le amministrazioni locali, affinché l’Area Marina Protetta di Capri possa diventare un modello di sviluppo sostenibile nel Mediterraneo.

Federalberghi: sì alla tutela, ma con equilibrio

Tra i protagonisti del confronto, Lorenzo Coppola, presidente di Federalberghi Isola di Capri, ha espresso ottimismo: «Siamo vicini a una soluzione condivisa. Se il sistema Capri lavora compatto, i risultati arrivano». E proprio Anacapri ha messo sul tavolo nuove condizioni per riscrivere il regolamento e definire lo scorporo da Punta Campanella, elemento essenziale per completare l’iter.

La vera sfida, come ha sottolineato Coppola, sarà coniugare la tutela ambientale con l’esigenza di non soffocare l’imprenditoria turistica, che rappresenta il cuore economico dell’isola.


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Campi Flegrei, tra bradisismo e rischio eruttivo: il punto del vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo

Il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo fa il punto sui Campi Flegrei: “La vera emergenza è il rischio eruttivo. Tanti studi, pochi risultati. Serve un piano aggiornato”.

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Un’area instabile, fragile, densamente abitata. I Campi Flegrei continuano a far paura, e non solo per il bradisismo. A preoccupare gli esperti è anche il rischio vulcanico, spesso sottovalutato o confinato alle ipotesi teoriche. A fare chiarezza è il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, una delle voci più competenti e critiche sul tema, che da anni studia i fenomeni più pericolosi dell’area flegrea.

Un territorio imprevedibile

Mastrolorenzo lo ribadisce da tempo: la crisi dei Campi Flegrei non può essere trattata solo come fenomeno sismico. Il bradisismo – l’innalzamento e abbassamento del suolo – è solo una delle manifestazioni visibili di un sistema vulcanico attivo, che nel corso dei secoli ha dato vita a eruzioni devastanti, come quella che 15.000 anni fa formò la caldera attuale.

“La vera emergenza è l’imprevedibilità di questi fenomeni”, sottolinea Mastrolorenzo. Un’imprevedibilità che rende difficile ogni tentativo di previsione a lungo termine, ma che impone misure serie, concrete e basate sulla conoscenza reale.

Troppi studi, pochi risultati

Secondo il vulcanologo, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi e le pubblicazioni sui Campi Flegrei, ma senza veri progressi sostanziali. “C’è un proliferare di ricerche che spesso ripetono concetti già noti o si limitano a rielaborazioni dei dati esistenti, senza contribuire realmente all’avanzamento delle conoscenze o alla mitigazione del rischio”.

Mastrolorenzo invita a distinguere tra scienza e comunicazione tranquillizzante, perché la realtà dei Campi Flegrei è complessa, e semplificarla rischia di creare false sicurezze.

Bradisismo e rischio eruttivo: due facce della stessa minaccia

L’area è oggi alle prese con una fase di sollevamento del suolo che, secondo l’INGV, ha raggiunto quasi un metro dal 2005. Ma per Mastrolorenzo, concentrarsi solo sul bradisismo rischia di far dimenticare che i Campi Flegrei sono un vulcano, e che ogni segnale – sismico, termico o chimico – va letto anche alla luce di un possibile scenario eruttivo.

Non è allarmismo, ma rigore scientifico: “Non possiamo escludere un’eruzione, per quanto bassa sia la probabilità nel breve termine. E dobbiamo pianificare pensando al peggiore degli scenari possibili”.

Un piano di protezione civile ancora da rivedere

Infine, Mastrolorenzo invita le autorità a ripensare i piani di evacuazione, le strategie comunicative e i livelli di allerta: “Non possiamo pensare di affrontare un rischio così grande con strumenti pensati vent’anni fa”.
Serve un approccio aggiornato, meno burocratico e più integrato con il territorio e le comunità.

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