L’argomento di discussione polemico lo sceglie sempre lui, Matteo Salvini. Appena scema la questione migranti, il social dream team (la squadra che si occupa del marketing e targeting politico) del ministro degli Interni e leader della Lega trova un altro faro da accendere sul capo. Oggi e per i prossimi giorni la polemica da farsi si chiama “legittima difesa”. Discuterne in Parlamento, pensare di cambiare la legge vigente, mitigare o meglio precisare se e come l’uso delle armi legittimamente detenute è consentito può sembrare un fatto normale. In Italia però non è o non deve essere così. E allora il progetto di legge sulla legittima difesa che i leghisti vorrebbero far approvare da questo Parlamento, in un Paese normale si dibatterebbe fuori e dentro i palazzi della politica.
Armi e legittima difesa. Nuovo round dello scontro tra Salvini e magistrati
Non per capire gli umori, ma per capire che cosa è meglio. In Italia tutto quello che è politica si discute con la pancia, mai con la testa. E allora sulla legittima difesa, non appena il progetto di legge è stato portato in discussione, ha trovato un primo fuoco di sbarramento da parte di Francesco Minisci, presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Minisci definisce il progetto di legge sulla legittima difesa “rischioso”. Rischioso per un magistrato che ha la rappresentanza sindacale del sindacato delle toghe non vuol dire eversivo, criminale. Vuol dire che i cambiamenti comportano dei rischi. Ma il leader della Lega, Matteo Salvini, non ha mica chiesto al sindacato delle toghe che cosa volessero dire con “rischio”? No, Salvini ha definito l’intervento dell’Anm una “invasione di campo”.
E così torna lo scontro tra i magistrati e il leader del Carroccio. Minisci, ribadisce le critiche sul disegno di legge depositato al Senato. E le precisa.
“Quello sulla legittima difesa è un disegno di legge di cui non avevamo bisogno e che può essere molto rischioso. La legge regolamenta già in maniera adeguata tutte le ipotesi di legittima difesa. Se approvato, rischierebbe addirittura di legittimare reati gravissimi, fino all’omicidio”.
Per Minisci, che fa il magistrato e li rappresenta, qualunque legge si voglia fare o riformare sulla legittima difesa “non può prescindere dal principio della proporzionalità fra offesa e difesa e dalla valutazione, caso per caso, del giudice: se un soggetto minaccia di schiaffeggiarmi o di sottrarmi un bene, io non posso reagire sparandogli; se, da fuori casa, vedo un tizio che si arrampica sul mio balcone, non posso essere autorizzato a sparargli”. È un punto di vista. Un ragionamento. Che Minisci poi arricchisce con un’altra preoccupazione che va di pari passo con la legittima difesa. Il presidente dell’Anm dice di essere preoccupato non solo del disegno di legge, dove ovviamente nulla può fare perchè le leggi le fa il Parlamento e i magistrati devono applicarle. Minisci è preoccupato per una paventata liberalizzazione della vendita delle armi. C’è chi in Italia pensa di poterle vendere anche “nei supermercati”, e noi siamo contrari”.
A Salvini questo intervento di Minisci non va giù e su Twitter ci va giù come suo solito duro:
“Il sindacato dei magistrati oggi ha attaccato le proposte di legge della Lega sulla legittima difesa perché inutili e rischiose. Invasione di campo? Tutto normale? Io tiro dritto, la difesa è sempre legittima”.
Questa è la scintilla. L’incendio che Salvini ha appena appiccato viene poi alimentato dalla politica. Perché si sa, come si dice nel politichese, Salvini è un personaggio divisivo, cioè che divide. Chi si schiera subito con i magistrati? Il Pd, con Carmelo Miceli. Il guaio è che mentre il presidente dell’Anm Minisci nel dirsi preoccupato delle proposte leghiste ne argomenta in punta di diritto e buonsenso le motivazioni, il deputato avvocato siciliano Dem la butta in caciara, che poi è quel che vuole il ministro Salvini.
“L’Italia rischia di trasformarsi in un far west in cui ci guadagnerà solo la lobby delle armi, perché chi reagirà arbitrariamente e con sproporzione continuerà ad essere processato e condannato”.
Nelle prossime ore si minacciano repliche. Ed il cliché sarà sempre lo stesso. Salvini che vuole solo che gli italiani possano difendersi da orde di delinquenti, stupratori e assassini che entrano nelle case dei nostri concittadini e la sinistra in difesa a spiegare che il progetto di legge leghista è fascista. Quello che resta sul campo è però lo scontro assai duro tra Anm e Lega che nei giorni scorsi ha raggiunto vette di asprezza con l’avviso di garanzia al ministro Salvini per la vicenda della nave Diciotti.
Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, parlando in termini generici di giustizia, aveva spiegato che “nel nostro ordinamento non esistono giudici elettivi. I magistrati traggono legittimazione e autorevolezza dal ruolo che affida loro la Costituzione”. Con chiosa finale: “Nessun cittadino è al di sopra della legge”.
Parole interpretate dall’Anm come un monito a Salvini. Tanto è vero che Minisci ieri ha ringraziato il Capo dello Stato: “Ci riconosciamo completamente nelle parole del Presidente, il quale ha delineato perfettamente il perimetro di azione di ciascuno degli attori del panorama istituzionale. È un errore affermare che non si possono svolgere indagini nei confronti di un membro del governo”. Minisci ieri ha spiegato di non volere alcuno scontro, richiamando la correzione di rotta di Salvini che, in seguito anche alle sollecitazioni dei 5 Stelle, aveva fatto una mezza marcia indietro, sostenendo che “non c’è nessun golpe giudiziario”. Ma si sa, lo scontro Salvini-Anm è solo all’inizio. E chiunque interverrà, reciterà un ruolo di comparsa.
Freni, manutenzione e vento: sono i primi elementi che la Procura di Torre Annunziata è chiamata ad analizzare nell’inchiesta sulle cause del disastro avvenuto giovedì pomeriggio nel Napoletano, dove una cabina della funivia che collega il mare di Castellammare di Stabia alla cima del Monte Faito è precipitata provocando quattro morti e un ferito grave. Già giovedì sera il procuratore Nunzio Fragliasso, accompagnato dall’aggiunto Giovanni Cilenti e dal sostituto Giuliano Schioppi, si è recato sul luogo della tragedia per una prima ispezione, proseguita venerdì. Gli inquirenti hanno sottoposto a sequestro le due stazioni: quella a monte alla quale la cabina precipitata era quasi arrivata e quella a valle.
Sequestrati anche i piloni, le due cabine e il cavo. Il veicolo caduto è stato ritrovato quasi a metà percorso, tra il secondo e il terzo pilone: non è chiaro se sia subito piombato giù per poi rotolare a valle, oppure se sia scivolato all’indietro, ancora agganciato al cavo, quando mancavano una ventina di secondi all’arrivo in stazione. Secondo questa ipotesi, che pare quella più accreditata, si sarebbe quindi schiantato a tutta velocità contro un pilone per poi rovinare al suolo. In alcune immagini riprese da una telecamera dell’impianto si vede la cabina che torna indietro, mentre ondeggia vorticosamente prima di sparire nella nebbia. Comunque solo le perizie potranno, dai punti di impatto della cabina, accertare le modalità della caduta. A breve dovrebbero essere disposti gli esami autoptici nell’ambito del fascicolo, al momento contro ignoti, in cui si ipotizzano il disastro colposo e l’omicidio plurimo colposo.
Di “tragedia inspiegabile” parla il presidente dell’Eav, l’azienda della Regione che gestisce l’impianto, Umberto De Gregorio. La riapertura della funivia dopo la pausa invernale risale ad appena una settimana fa “dopo tre mesi di prove – ricorda De Gregorio – tutti i giorni, giorno e notte, con tutte le condizioni, con tutte le radiografie che si fanno alle funi”. Secondo quanto reso noto dal sottosegretario al Mit Tullio Ferrante, lo scorso marzo l’impianto è stato oggetto di una verifica da parte degli ispettori di Ansfisa, l’agenzia per la sicurezza dei trasporti, “come previsto dalla normativa – ha detto – sulle ispezioni periodiche. E l’8 aprile l’Eav (che gestisce l’impianto) aveva inviato alla stessa agenzia la documentazione tecnica comprensiva dell’esito delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, nonché delle prove eseguite sui cavi, accompagnata da una relazione di idoneità dell’impianto”.
I periti della procura dovranno appurare perché si sia rotto il cavo di trazione, e soprattutto perché non abbia funzionato il freno di emergenza che, proprio in casi del genere, dovrebbe mantenere in sicurezza l’impianto: lo stesso freno che invece ha funzionato a valle, permettendo di evacuare i passeggeri dalla cabina rimasta sospesa a pochi metri dalla stazione di partenza. Per De Gregorio non ci sarebbe alcuna relazione tra il maltempo, in particolare tra il forte vento di ieri e la tragedia: “Non lo dico io, lo dicono i tecnici. C’è un sistema automatico: quando il vento supera un certo livello, la funivia si blocca automaticamente”. Completata intanto l’identificazione delle vittime della tragedia. Al 59enne italiano Carmine Parlato, operatore dell’Eav presente nella cabina, si aggiungono tre turisti stranieri: i fratelli inglesi Graeme Derek e Elaine Margaret Winn, di 64 e 57 anni, e la 24enne araba israeliana Janan Suliman. Il fratello di Janan, Thaeb, 23 anni, è l’unico sopravvissuto, ricoverato in condizioni critiche nell’ospedale del Mare di Napoli.
Resta alta l’allerta per l’ondata di maltempo che si sta abbattendo su gran parte dell’Italia del centro-nord alla vigilia del week end di Pasqua. Vento forte, piogge violente e nevicate a bassa quota che hanno provocato danni e vittime. Dopo la morte di un 92enne in provincia di Torino, nel Vicentino due persone, padre e figlio, sono deceduti dopo essere finiti con la propria auto in una voragine apertasi improvvisamente sul ponte di Valdagno nella tarda serata di giovedì. La situazione resta critica nell’intero quadrante Nord della Penisola ma anche in Toscana e altre regioni del Centro l’allerta resta altissima soprattutto per quanto riguarda la piena del Po.
Le previsioni annunciano un miglioramento fino a sabato ma per Pasqua la situazione torna a peggiorare. In Valle d’Aosta sono 3.260 le utenze prive di energia elettrica a causa delle condizioni meteo. La situazione più delicata è a Cogne mentre l’energia è stata ripristinata nella Valdigne, da Courmayeur a La Thuile. Una valanga ha danneggiato la galleria Les Toules, situata sull’A21 Gran San Bernardo, prima dell’imbocco nord del traforo che collega la Svizzera con l’Italia. La galleria rimarrà chiusa fino a nuovo avviso.
In Piemonte ancora inondazioni e frane (almeno 500 quelle registrate) ed è stata diramata l’allerta arancione per pericolo valanghe sulle zone di montagna nord-occidentali, allerta gialla su pianura settentrionale e torinese e valli Tanaro, Belbo e Bormida. A Torino è stato riaperto il Museo Egizio dopo i problemi all’impianto elettrico registrati giovedì. Nel corso di una giunta straordinaria in Regione sono stati stanziati 5 milioni di euro, prelevati dal fondo di riserva, per gli interventi urgenti. Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, che in giornata ha avuto un colloquio con il governatore Cirio, annuncia che “il governo farà la sua parte”.
Per i comuni delle province di Vicenza e Verona, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha dichiarato lo stato d’emergenza. I cittadini dell’aree interessate sono stati invitati “a stare distanti dai ponti e dagli argini”. In Lombardia sotto osservazione il livello del fiume Ticino: il sindaco di Pavia ha disposto l’evacuazione dei primi piani delle abitazioni nella zona del Borgo Basso, quartiere periferico della città. A rischio anche le risaie in Lomellina e per i vigneti in Oltrepò. In provincia di Cremona massima attenzione al Po che è aumentato di quasi cinque metri nelle ultime 24 ore.
Alla luce di questo dato è stata prorogata fino a sabato l’allerta rossa nelle pianure piacentine e parmensi, arancione per la pianura reggiana, per il transito della piena. Nella notte le piogge hanno causato frane e smottamenti in Versilia dove alcune case sono rimaste isolate. La Protezione civile è intervenuta nelle colline di Pietrasanta e Camaiore. A Lucca si sono registrati problemi in alcune frazioni per frane che hanno isolato borghi. Disagi anche nella zona di Massa Carrara, soprattutto nelle aree montuose: a cause delle forti piogge un muro è crollato nella frazione di Moneta. Dichiarata emergenza regionale, stanziati 3 milioni di euro.
Da oggi l’affettività anche fisica ha fatto ingresso in carcere. In quello di Terni dove per la prima volta un detenuto campano in regime di alta sicurezza è potuto restare per due ore con la propria compagna in una stanza appositamente allestita senza il controllo diretto e a vista del personale della polizia penitenziaria. In quelli che la Corte costituzionale ha qualificato come i “colloqui intimi” da considerare come un vero e proprio diritto soggettivo riconosciuto alla persona reclusa. “Stanno arrivando numerose richieste di detenuti per poter incontrare le persone alle quali sono legate” ha spiegato il Garante umbro, l’avvocato Giuseppe Caforio.
“Servono quindi più risorse – ha aggiunto – per allestire più stanze e quindi garantire a tutti parità nell’accesso ai diritti”. Secondo una stima del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria si può ipotizzare che in Italia a fine dicembre 2024 fossero poco meno di 17 mila i potenziali beneficiari dei colloqui riservati. Sul primo, quello di Terni, non sono stati forniti particolari per tutelare la privacy del detenuto e della compagna. Anche per questo la stanza è stata collocata vicino alla stanza colloqui. “E’ stato fatto un piccolo miracolo per allestirla” ha detto ancora Caforio.
“Dopo quello di oggi – ha aggiunto – nei prossimi giorni ospiterà altri incontri che potranno arrivare a tre al giorno. Intanto è stata una sorta di giornata sperimentale e tutto è andato bene”. La stanza è stata allestita con letto matrimoniale, televisore, bagno, doccia, due sedie e un tavolino. In base alle disposizioni del Dap, non potrà mai essere consentita la chiusura dall’interno della porta di accesso, in modo che i locali siano sempre accessibili al personale di polizia penitenziaria. Evidenziata anche l’esigenza di video sorvegliare le zone antistanti i locali destinati ai colloqui intimi ed i percorsi per raggiungerli. Con l’accompagnamento sia dei familiari che dei detenuti. Precise anche le disposizioni per la biancheria necessaria (asciugamani, lenzuola o altro), che deve essere portata al colloquio direttamente dalle persone autorizzate e sottoposta a controllo. Delle pulizie, invece, se ne occuperanno i detenuti lavoranti.