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Roberto Baggio numero 10, la malinconia di un grandissimo Campione

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Nel mondo del calcio, essere un numero dieci è sempre stato un compito difficile, e Roberto Baggio lo sa bene. In un’intervista, l’ex calciatore italiano riflette sulla sua carriera, il ruolo del numero dieci e le sfide che ha affrontato nel corso degli anni.

“È sempre stato complicato essere un numero dieci. Era già difficile ai miei tempi”, ammette Baggio. “Eravamo sempre discussi. Ora ce ne sono di meno, siamo un genere in via di estinzione. Bisognerebbe stare dentro il mondo del calcio di oggi per capire le ragioni di questa eclissi della fantasia. Io non ci sono. So solo che per me quel numero corrispondeva al desiderio di fare le giocate, di inventare, di sentirsi liberi”.

Il campione italiano ricorda un’epoca in cui giocatori come Zola cercavano opportunità all’estero per esprimere la loro creatività. Tuttavia, secondo Baggio, il calcio moderno sembra aver perso un po’ di quella magia. “Sembrava che il calcio non avesse più bisogno di fantasia, che considerasse l’estro un reato. Tutto era finito in mano alla tattica. Le partite non le vincevano più i giocatori, le vincevano gli allenatori”.

Baggio rivela di aver sofferto personalmente durante la sua carriera, soprattutto quando, giocando in nazionale, non è stato più convocato dopo essere uscito dal mondiale. “Sembrava che il calcio non avesse più bisogno di fantasia, che considerasse l’estro un reato”, dice, riflettendo sul cambiamento nella percezione del calcio.

Il numero dieci italiano rivela anche i suoi modelli, citando Paolo Rossi come un’icona sentimentale e Zico come una fonte di ispirazione nel gioco. “Dal punto di vista del gioco mi innamorai di Zico. Lo sognavo di notte”.

La carriera di Baggio è stata segnata anche da dolorosi momenti fisici, tra cui un grave infortunio al ginocchio nel 1985. “Fu un’incidente stupido, avevo appena fatto gol, mi sono buttato in scivolata per un contrasto, ho toccato la palla ma quando mi sono rialzato era come se mi fosse scoppiato un ginocchio. Un dolore impensabile. Ci sono voluti due anni per tornare a giocare. Ma mi ha segnato per la vita. È stato un compagno fedele, non mi ha mai lasciato”.

Baggio affronta anche le difficoltà del calcio moderno, la sua filosofia di gioco, e il rimpianto di alcune partite cruciali. “La finale dei mondiali del 1994 a Pasadena, Italia-Brasile. Non la posso dimenticare. Quella sì vorrei rigiocarla”, confessa.

Nonostante le sfide e i dolori, Roberto Baggio conserva un attaccamento alla maglia azzurra e ricorda con affetto i suoi compagni di squadra, esprimendo il desiderio di cenare con quelli che non sono più tra noi. Il campione, malgrado gli alti e bassi della sua carriera, si presenta come un uomo grato e riflessivo, la cui vita calcistica è stata plasmata dalla passione, dalla sofferenza e dalla lotta per superarla.

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Mondiale per club, Juve debutta in silenzio all’Audi Field: Tudor rilancia il nuovo corso bianconero

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Lontano dai riflettori del glamour hollywoodiano e dagli 80.619 spettatori del Rose Bowl per Psg-Atletico, la Juventussi prepara al suo esordio nel nuovo Mondiale per club in uno scenario ben più raccolto: l’Audi Field di Washington, stadio da 20mila posti che ospita i DC United di MLS. I biglietti? Ancora disponibili per tutti i settori a poche ore dalla partita, con prezzi oscillanti tra 76 e 263 dollari. Ma non sarà certo la cornice a fermare la Juve.

Tudor: “Qui per vincere, non per partecipare”

Igor Tudor, uomo della rinascita bianconera, è stato chiaro: «La Juve gioca sempre per vincere». L’obiettivo è doppio: alzare il trofeo e rilanciare l’immagine internazionale del club dopo anni difficili, in campo e fuori. Non è un dettaglio: l’accesso a questo torneo garantisce almeno 20 milioni di euro, ma andando avanti nel tabellone, il bottino può crescere notevolmente.

Il tecnico croato ha ritrovato il gruppo negli USA, lavorando a fondo tra i monti degli Appalachi, nel silenzio di White Sulphur Springs, in West Virginia. Una preparazione lontana dai clamori, ma con la mente fissa sul campo e sulla costruzione di un’identità precisa: aggressività, verticalità, spirito. Il tutto racchiuso nel suo 3-4-2-1.

Una sfida che ha il sapore della memoria

L’avversario sarà l’Al Ain degli Emirati Arabi, squadra che nel 2018 arrivò in finale del vecchio Mondiale per club, perdendo dal Real Madrid, e che nel 2003 batté la Juve in un’amichevole di lusso per 1-0. In campo allora c’erano Buffon, Del Piero, Trezeguet e… lo stesso Tudor. Un ricordo che alimenta la fame di rivincita, anche se sulla carta la differenza di livello tecnico è netta.

Dentro il nuovo cantiere Juve

Nel match d’esordio, davanti a Di Gregorio, ci sarà il ritorno di Kalulu dopo la squalifica, insieme a Gatti e uno tra il giovane Savona e il rientrante Rugani. Dietro a Kolo Muani, spazio possibile a Koopmeiners, con Tudor deciso a valorizzare un gruppo giovane e motivato.

Ma non solo tattica. Il croato ha investito sul dialogo, sullo spirito di squadra, sugli abbracci e sulle parole forti nei momenti chiave. La Juve riparte anche da qui.

“Follow the money”: la Juve riparte anche dai conti

A Washington i bianconeri alloggiano al suggestivo Watergate Hotel, storico teatro dello scandalo politico che travolse Nixon. Ironia della sorte, mentre lì scoppiarono i guai per le intercettazioni, oggi la Juve cerca solo la via del profitto. Con il motto di “Follow the money”, la dirigenza bianconera sembra sulla strada giusta: dopo i nuovi accordi con Jeep e Visit Detroit, è in arrivo un maxi rinnovo con Adidas da 40 milioni l’anno fino al 2038. Un cammino lungo, ma già ben tracciato.

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Inzaghi già promesso agli arabi prima della finale di Champions, Gasperini pensa già allo scudetto

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Gian Piero Gasperini ha scelto la Roma. E ha detto no alla Juventus. Il nuovo allenatore giallorosso si è presentato ieri con parole forti, consapevole della sfida che lo attende: «So che qui potrò incidere. È una strada difficile, ma sentivo di doverla percorrere». Accanto a lui Claudio Ranieri, fautore dell’operazione, ma assente il d.s. uscente Florent Ghisolfi, ormai in rotta con la società.

Un progetto ambizioso, con i piedi per terra

«I Friedkin sono entusiasti, presenti, vogliono costruire qualcosa di forte», ha spiegato Gasperini, che punta tutto su identità, fame e lavoro. L’obiettivo minimo è la Champions, ma Gasp non chiude alla sorpresa scudetto: «Se il Napoli ha vinto due volte in tre anni, non è impossibile».

Niente rivoluzioni ma ricostruzione paziente: «Pochi top player in giro, servono emergenti che crescano qui. I miei giocatori devono voler fare la stagione migliore della loro carriera». Il mercato, condizionato dal fair play finanziario, sarà oculato. Ma Gasp vuole creare uno “zoccolo duro”.

Roma, cambio anche fuori dal campo

Con l’addio di Ghisolfi — accelerato dalla gestione Svilar e dai contrasti interni —, il nome in pole per la successione è Frederic Massara, ex d.s. nella Roma di Pallotta. In corsa anche Federico Balzaretti. E non è l’unico cambio: Jason Morrow, uomo di fiducia dei Friedkin, prende il posto di Lorenzo Vitali come Chief Administrator Officer, accentrando sempre più deleghe operative. La Roma cambia pelle, dentro e fuori.

Inzaghi, l’Al Hilal e una verità scomoda

Intanto da Los Angeles, arriva la conferma dell’ad dell’Al Hilal, Esteve Calzada: Simone Inzaghi aveva già un accordo col club saudita prima della finale di Champions. «Ci ha solo chiesto di aspettare per rispetto», ha dichiarato a BBC Sport, smentendo di fatto la versione offerta pubblicamente dal tecnico.

Durante il media day, Inzaghi aveva dichiarato: «Ho offerte dall’Arabia, ma anche dall’Italia e dall’Europa». Ma la notizia dell’accordo era nota nello spogliatoio interista, e secondo molti avrebbe potuto condizionare l’approccio mentale alla finale. «Mourinho nel 2010 partì per il Real, ma prima vinse tutto», è l’amara riflessione di chi si interroga sul finale della stagione nerazzurra.

L’Al Hilal rilancia: “Inzaghi per vincere tutto”

Ora per Inzaghi c’è un solo obiettivo: vincere. «Non siamo qui per scambiare maglie col Real. Abbiamo talento e vogliamo il massimo», dice Calzada. Il club saudita, che ha perso la finale 2022 proprio contro il Real Madrid, punta alla rivincita nel nuovo Mondiale per club. Inzaghi ha poco tempo e molte pressioni: dopo l’addio discusso all’Inter, ora tocca a lui dimostrare di meritare la fiducia araba.

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Il Napoli resta a Castel Volturno: salta il trasloco per la stagione 2025-2026

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Il centro sportivo di Castel Volturno sarà ancora per un’altra stagione la casa del Napoli. Il club ha comunicato ufficialmente all’Uefa che l’impianto resterà la base operativa della squadra almeno fino a giugno 2026. Una scelta che non sorprende, anche in assenza di una proroga formale del contratto con la famiglia Coppola, proprietaria dell’area dell’ex Holiday Inn: non c’è alcuna intenzione di interrompere bruscamente il rapporto.

Gli interventi voluti da Conte sui campi

Proprio in questi giorni sono stati avviati lavori radicali sui terreni di gioco. Come ogni fine stagione, è prevista una nuova semina, ma stavolta le indicazioni sono arrivate direttamente da Antonio Conte, che ha richiesto miglioramenti strutturali per adattare i campi alle sue esigenze. Il club sta anche valutando un potenziamento delle aree di riposo, così da favorire il recupero della squadra nelle giornate con doppia seduta.

Il progetto della nuova cittadella è fermo

La conferma di Castel Volturno è legata anche allo stallo del progetto per il nuovo centro sportivo. Il piano per l’area di Qualiano, che sembrava in pole, è bloccato: il Comune è favorevole, ma manca ancora un accordo con i privati proprietari dei terreni. De Laurentiis ha spiegato che ci sono 18 opzioni sul tavolo, e i tecnici del club stanno ancora esaminando ciascuna soluzione.

Nel frattempo, le altre aree candidate – da La Piana a Monterusciello – sono state scartate, mentre alcuni tecnici del Napoli sono tornati a visionare l’ex area della Raffineria Mobil a Napoli Est, in via Nuova delle Brecce. Restano sotto osservazione anche i terreni di Marianella e altre zone a nord della città.

L’obiettivo: nuova sede entro il 2026

De Laurentiis punta a inaugurare la prima parte della nuova casa del Napoli nel 2026, anno del centenario del club. L’obiettivo minimo è avviare i primi tre campi da gioco, la foresteria e l’area degli spogliatoi. Ma per ora, mentre il mercato azzurro infiamma l’estate, la priorità resta la stabilità logistica: si continua a Castel Volturno, senza interruzioni, e si rimanda il trasloco a data da destinarsi.

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