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Cronache

Risse, aggressioni e stupri: ragazzi sempre più violenti

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Risse finite a coltellate, volti sfregiati a vita, pistole agganciate alla cintura e messe in mostra, violenze sessuali di gruppo, pestaggi. Ogni giorno, oramai, le cronache consegnano un drammatico bollettino che testimonia come l’epidemia di Covid, con il lockdown e il drastico taglio di socialita’ e liberta’, abbiano contribuito all’aumento, anzi, a una vera e propria impennata, dei casi di movida violenta. Un fenomeno che sta attraversando tutta Italia, dietro il quale si cela un preoccupante disagio giovanile. Disagio che sta chiamando le istituzioni e la politica a porre un rimedio con misure mirate. Cosi’ nel fine settimana sulle piazze di molte citta’ ancora una volta sono stati registrati episodi inquietanti, con arresti di minorenni, o comunque giovani, e con i loro coetanei feriti, bullizzati, umiliati. In piu’ e’ rispuntata addirittura una vicenda di sassi lanciati dal cavalcavia: due 16enni della provincia di Varese sono stati denunciati per aver gettato da un ponte direttamente sull’autostrada un masso di granito di 15 chili provocando un incidente tra due auto, fortunatamente senza feriti. Una volta scoperti, tra l’altro, i due ragazzini, nel vano tentativo di fuga, hanno ingaggiato una colluttazione con gli agenti della polizia che li hanno bloccati e riportati dai genitori increduli per quanto accaduto. Sono i mattinali di questure e carabinieri di oggi a tracciare ancora una volta un quadro allarmante. Oltre che di un 13enne sorpreso nel centro di Volla, un piccolo centro nel Napoletano, con la replica di una Bruni calibro 9 caricata a salve e agganciata alla cintura dei pantaloni, parlano di due aggressioni tra minorenni a Grosseto sulle quali si sta indagando: la prima ha portato in ospedale tre ragazzi in seguito a una lite scoppiata con un pretesto e nella quale e’ spuntato un coltello, l’altra si e’ conclusa con due ragazzini in ospedale con contusioni anche in viso. Davanti a un pub di Castel Gandolfo, a pochi chilometri dalla capitale, e’ andata in scena un’altra violenta rissa tra sei giovani, nata da ragioni ancora da chiarire. Il bilancio e’ di due feriti: si tratta di cugini, uno di 21 e l’altro di 29 anni, poi arrestati da alcuni carabinieri in libera uscita. Sempre ieri sera a Lucca le forze dell’ordine, durante i controlli nel centro storico, sono stati costrette a chiedere i rinforzi per la tensione creata dalle urla e le accuse di razzismo da parte di due ragazzi di origine marocchina, uno di 23 e l’altro di 26 anni, ai quali erano stati chiesti i documenti. Ma la rassegna sulla mala movida italiana tocca anche il Nord Italia. Mentre a Milano in tre sono finiti in cella per aver aggredito e rapinato del cellulare e del guadagno un rider che si trovava in zona Stazione Centrale, un 22enne e’ ricoverato in gravi condizioni, ma non in pericolo di vita, all’ospedale di Vicenza. All’alba di stamane e’ stato accoltellato al torace non molto lontano da un noto locale di lap dance. Stando alla prima ricostruzione due gruppi di ragazzi, una volta usciti dalla discoteca, avrebbero proseguito una discussione cominciata forse all’interno, poi degradata anche per via della quantita’ di alcolici in corpo. Sono, invece, di ieri gli arresti di tre studenti che, lo scorso ottobre, durante una festa del liceo scientifico milanese Vittorio Veneto dove si erano ‘imbucati’, hanno derubato di telefoni, braccialetti e catenine e pure pestato, dopo averli provocati, un gruppo di loro coetanei, uno dei quali e’ rimasto sfregiato in modo permanente al viso. A chiudere un excalation di violenze le pesanti aggressioni sessuali della sera di Capodanno sia a Milano dove il branco ha accerchiato e molestato una serie di ragazze che si trovavano in piazza Duomo per festeggiare, sia a Roma dove durante un party a base di sesso, sballo, e selfie organizzato in una villetta in zona Primavalle, una 16enne e’ stata stuprata dagli amici.

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Cronache

Vincenzo Nibali: «Ero un carusu dannificu. La bici mi ha salvato dalla strada»

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Messina, la Sicilia, la fatica, la gloria. Vincenzo Nibali si racconta al Corriere della Sera, tra ricordi di un’infanzia ribelle, il riscatto sulla bicicletta e la consapevolezza maturata solo dopo il ritiro. Un’intervista intensa, autentica, a cuore aperto.

Una giovinezza a rischio: «Compagni con la pistola nello zaino»

«Ero un carusu dannificu», dice Nibali, usando l’espressione siciliana per “bambino disastroso”. Uno che attirava guai: sassate alle vetrate, petardi nelle cassette postali, motorini lanciati contro i muri. Una giovinezza vissuta in un quartiere difficile di Messina, dove alcuni compagni portavano la pistola a scuola. Nessuna mafia organizzata, ma il pizzo sì: «Colpì anche la cartoleria dei miei genitori».

La salvezza arriva su due ruote: «Sempre in salita, come da Messina»

La svolta arriva con la bici, a 12 anni, grazie al padre e ai suoi amici cicloturisti. Le prime gare, l’ammiraglia della Cicli Molonia, il traghetto per Villa San Giovanni che diventava un passaggio simbolico verso il sogno. A 15 anni vince a Siena e non torna più: «Mai avuto nostalgia. I miei genitori mi dissero: se ti impongono cose sbagliate torna, qui avrai sempre un lavoro. Mi ha aiutato a non cedere al doping».

L’ascesa, la gloria, il peso della vittoria

Nibali è uno dei pochi ciclisti ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri. Il Tour de France del 2014 è stato l’apice, ma anche l’inizio di un incubo: «Non potevamo camminare con la carrozzina di nostra figlia senza essere assaliti. Solo adesso che ho smesso, vivo davvero». E confessa: «Mai provato e mai pensato di doparmi. Ma ho pagato il sospetto solo perché vincevo ed ero italiano».

La caduta che fa crescere: l’Olimpiade sfumata

Nel 2016 era lanciato verso l’oro olimpico, ma cadde in curva. «Scelsi io di rischiare, e sbagliai. Nessuna scusa». Parla anche del secondo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, “scippato” da un dopato, ma senza rancore: «Non mi chiedo mai quanto ho perso per colpa del doping».

Il ritorno da turista: «Messina è ‘u megghiu postu nto munnu’»

Oggi Nibali è ambasciatore del Giro e padre presente. Ha visitato la Sicilia con le figlie per farla conoscere da turista: «Antonello da Messina, i templi di Agrigento, i boschi dei Peloritani… È il posto più bello del mondo». Un campione che, a distanza di anni, può guardarsi indietro con orgoglio: «A testa alta, sempre».

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Cronache

Guerra dei cassonetti ai Parioli: scompaiono i bidoni davanti a casa Castellitto

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Nel quartiere elegante e silenzioso dei Parioli esplode una singolare guerra urbana, fatta di strisce gialle, rifiuti e cortili privati. Oggetto del contendere: un set di cassonetti della raccolta differenziata, misteriosamente spariti dalla carreggiata davanti alla villa dell’attore Sergio Castellitto.

I cassonetti finiscono nel cortile dell’attore

La miccia si accende nella notte tra il 20 e il 21 aprile. I bidoni che servivano i residenti della zona vengono spostati oltre il cancello della villa in cui vive Castellitto, allineati ordinatamente nel cortile. Una rimozione anomala che di fatto priva della raccolta l’intero isolato. Le strisce gialle, predisposte per accogliere i cassonetti, rimangono desolatamente vuote.

Secondo indiscrezioni, l’attore avrebbe più volte manifestato il suo malcontento per la presenza dei contenitori davanti all’ingresso della sua abitazione, considerandoli poco decorosi. I vicini, al contrario, li ritengono un servizio essenziale, invocandone semmai una manutenzione più frequente.

Denuncia in arrivo e reazione dei residenti

A seguito dell’episodio, il quartiere insorge. I residenti, costretti a girovagare per il quartiere con buste e cartoni, scattano foto e si interrogano sul destino dei contenitori. Tra loro anche il regista premio Oscar Paolo Sorrentino, recentemente trasferitosi nella zona.

Dopo poche ore, i cassonetti scompaiono anche dalla visuale del villino: né davanti al cancello né sul marciapiede. Ma non vengono ricollocati nella loro sede originaria. La vicenda, lungi dal concludersi, potrebbe ora avere conseguenze legali.

Ama pronta a sporgere denuncia

La municipalizzata dei rifiuti, Ama (foto Imagoeconomica), non intende lasciar cadere il caso. I vertici dell’azienda starebbero preparando una denuncia ai carabinieri per la scomparsa dei contenitori. Anche l’assessore al Verde del Municipio, Rosario Fabiano, si è attivato per fare luce sull’accaduto.

Il comitato Le Muse: “I cassonetti tornino al loro posto”

Dal comitato di zona Le Muse l’appello è chiaro: «Speriamo che quei cassonetti tornino al più presto al loro posto. Sarebbe grave se così non fosse. Si tratta di oggetti che appartengono alla collettività, ricordiamolo».

Intanto, nel quartiere ovattato dei Parioli, il decoro urbano si trasforma in una guerra di nervi, tra privacy e servizio pubblico, in attesa che si ristabilisca un fragile equilibrio tra rifiuti e rispetto.

 

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Cronache

La madre del 17enne condannato per l’omicidio di Santo Romano: «Non è lui l’autore dei post provocatori»

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Ha deciso di rivolgersi alla polizia postale la madre del 17enne condannato a 18 anni e 8 mesi per l’omicidio di Santo Romano, ucciso nella notte tra l’uno e il due novembre scorsi a San Sebastiano al Vesuvio. Lo fa per chiedere chiarezza su una vicenda che – a suo dire – rischia di danneggiare ulteriormente il figlio.

La denuncia: «Quei post non li ha scritti mio figlio»

«Mio figlio è detenuto ad Airola, non ha accesso ai social e non è stato mai segnalato per l’uso di telefoni cellulari in modo clandestino», spiega la donna, assistita dall’avvocato Luca Raviele. E chiarisce: «Non può essere lui l’autore dei messaggi comparsi in rete dopo la sentenza». Messaggi che – accompagnati da immagini del ragazzo risalenti a mesi fa – contengono frasi provocatorie e offensive, come: «Io 18 anni e 8 mesi me li faccio seduto su un cesso».

Una pioggia di messaggi offensivi

Quei post, circolati in modo virale sui social, hanno fatto riesplodere le tensioni tra i familiari delle due fazioni coinvolte nella tragica vicenda. E la madre del minore condannato prende le distanze: «Non c’entriamo nulla. Né io, né parenti o conoscenti abbiamo scritto o condiviso quei contenuti. Spero che la polizia postale indaghi per risalire ai veri responsabili».

La notte dell’omicidio: una lite per una scarpa sporca

Tutto è iniziato in piazza Capasso, cuore della movida di San Sebastiano. Un banale litigio per una scarpa pestata ha innescato lo scontro tra due gruppi di ragazzi. Dopo un primo alterco, la situazione sembrava rientrata, ma secondo quanto ricostruito dagli inquirenti – anche grazie a un video – Santo Romano sarebbe tornato indietro rivolgendosi all’auto dove si trovava L.D.M. Un gesto, forse un lancio, e poi il dramma: due colpi di pistola al petto, esplosi dal 17enne. Santo muore sul colpo.

Un processo doloroso e una sentenza pesante

Martedì scorso è arrivata la condanna in primo grado: 18 anni e 8 mesi di reclusione per omicidio, tentato omicidio e detenzione di arma da fuoco. L’indagine è stata condotta dal pm Ettore La Ragione della Procura per i Minori. Una sentenza che ha alimentato il dolore dei familiari di Santo Romano, un ragazzo di 19 anni, portiere di una squadra di calcio, noto nel suo gruppo per essere sempre un paciere.

Il timore di nuove tensioni

I post emersi nelle ultime ore rischiano di avvelenare ulteriormente il clima. «Non voglio neanche ripetere il contenuto di certi messaggi – spiega la madre del ragazzo – sono offensivi, gratuiti, e danneggiano mio figlio. Non possiamo permettere che a una tragedia come questa si aggiungano nuove ingiustizie». Per questo è stata sporta una formale denuncia contro ignoti: sarà ora compito degli investigatori della polizia postale stabilire chi si nasconde dietro quegli account.

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