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Cinema

Men in Black feat Gomorra: Salvatore Esposito alias Genny Savastano a Ischia con Chris Hemsworth ed Emma Thompson

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Il cast di Men in Black si è spostato tutto a Sant’Angelo, un delizioso istmo dell’isola di Ischia che gode di albe e tramonti mozzafiato ed è lì che c’è stato l’incontro fra Salvatore Esposito, il Genny Savastano splendidamente interpretato in Gomorra e Chris Hemsworth, protagonista di questo spin-off hollywoodiano e magnifico Thor. Un saluto nella piazzetta di Sant’Angelo, quattro chiacchiere fra un aperitivo, un selfie, qualche foto di famiglia (c’erano anche i genitori di Salvatore Esposito) e soprattutto la dedica fatta da Hemsworth in video alla giovanissima Anna, sorella del bravo attore napoletano. Salvatore è stato conquistato dall’affabilità e spontaneità di Hemsworth, dalla bellezza e dalla professionalità di Tessa Thompson, altra protagonista del film, e lo racconta lui stesso nel video che Juorno vi propone.

Quanto al film gli attori, il cast e la produzione tutta sono rimasti affascinati dai colori di Sant’Angelo, scenario di inseguimenti e acrobazie: anche quest’isolotto nel fantasy della saga sarà molto diverso, lo vedremo nel film previsto in uscita nella primavera del 2019, posizionato in mare vicino al castello Aragonese trasformato per l’occasione in maxi tartaruga. Ed oggi gli uomini in Black e tutto lo staff al completo ritornano a Ischia Ponte, qualche altra scena in mare a bordo dell’elegante Riva e poi si gira, stavolta nei vicoletti del borgo. Sono le ultime scene poi il via alla post produzione.

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Cinema

Mia Farrow, 80 anni tra Hollywood, amori e battaglie

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Ottanta anni da protagonista tra arte, amori, scandali e battaglie. L’attrice americana Mia Farrow, a lungo musa e amante ma poi nemica di Woody Allen, ha spento oggi 80 candeline da poco reduce dall’ultima fatica artistica: The Roommate a Broadway con Patty Lupone su cui il sipario e’ calato lo scorso dicembre. Da Peyton Place in tv e Rosemary’s Baby di Roman Polanski alla lunga collaborazione con Woody che frutto’ 13 film iconici tra cui Commedia Sexy di una Notte di mezza Estate, Hannah e le Sue Sorelle, Zelig, La Rosa Purpurea del Cairo, Radio Days, September e Alice, poi il ritorno al palcoscenico e alla televisione dopo la separazione dal regista, la Farrow e’ stata un’icona di Hollywood, figura complessa tra cinema, vita privata e attivismo: ambasciatrice di buona volonta’ dell’Unicef (l’agenzia dell’Onu per l’infanzia), ha svolto missioni nel Darfur, in Ciad e nella Repubblica Centrafricana.

Nel 2008 Time Magazine l’ha nominata una delle persone piu’ influenti del mondo. Figlia d’arte – una dei sette figli del regista John Farrow e dell’attrice Maureen O’Sullivan, George Cukor e Louella Parson padrino e madrina di battesimo – Mia ha attraversato epoche e cambiamenti, rimanendo pur sempre sotto i riflettori. Ha debuttato in tv nella soap Peyton Place, un ruolo che le diede la fama poi cementata nel breve ma intenso matrimonio nel 1966 con Frank Sinatra: 21 anni lei, lui gia’ cinquantenne. Sinatra voleva che smettesse di recitare, ma duro’ poco. Mia si annoiava e due anni dopo fece il salto nel cinema nel classico dell’orrore che la consacro’ icona del thriller psicologico.

Polanski e Allen, registi oggi discussi alla luce degli scandali sessuali in cui sono stati coinvolti, non furono gli unici maestri di cinema con cui la Farrow ha lavorato: Mia ha girato anche con Jack Clayton (Il Grande Gatsby del 1974 con la sceneggiatura di Francis Ford Coppola) e John Guillermin (Assassinio sul Nilo del 1978) poi, dopo la lunga parentesi di Woody e una relativa inattivita’ nel decennio successivo alla fine del loro rapporto, con Michel Gondry (Be Kind Rewind del 2008). Tra Sinatra e Allen ci sono stati altri amori. Il matrimonio con André Previn porto’ alla nascita di tre figli e l’adozione di altri tre bambini tra cui Soon Yi protagonista nel 1992 dello scandalo con Woody da lei poi sposato cinque anni dopo a Venezia. Mia incontro’ Woody nel 1979 ad una cena organizzata da amici comuni a New York.

Mantenendo appartamenti separati da lati opposti di Central Park (parte del mito di una relazione moderna e indipendente), la love story da cui nacque il figlio Ronan, oggi poliedrico saggista e giornalista di punta del New Yorker, si intreccio’ per una decina d’anni col lavoro fino al 1992 quando Mia scopri’ foto nude di Soon Yi sul caminetto della casa del compagno. Segui’ la rottura (riflessa nell’ultimo film insieme Mariti e Mogli in cui lei e’ la moglie di un professore che la tradisce con una studentessa ventunenne) e il nuovo scandalo che cambio’ tutto: le accuse di abusi al partner su un’altra figlia adottiva, Dylan, quando la bambina aveva appena sette anni, consumarono da allora in avanti la vita di Mia, segnando la sua immagine pubblica e la sua vita personale.

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Cinema

Lo scandalo Emilia Pérez: l’Oscar, le accuse e l’isolamento di Karla Sofía Gascón

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Che vinca o meno l’Oscar, il film Emilia Pérez segna un prima e un dopo nella storia del cinema. La pellicola di Jacques Audiard, che ha ottenuto 13 nomination, è il film non in lingua inglese più candidato di sempre. Tra le sue protagoniste spicca Karla Sofía Gascón, attrice spagnola che, in caso di vittoria, diventerebbe la prima persona trans a ottenere una statuetta dall’Academy Award.

Tuttavia, quello che sembrava un trionfo annunciato si è trasformato in un caso mediatico e politico, che intreccia talento, etica e il peso sempre più forte della cancel culture.

L’accusa di complotto e i tweet controversi

Tutto ha inizio il 23 gennaio 2025, quando Emilia Pérez riceve 13 candidature agli Oscar. Gascón festeggia sui social con un mantra buddista: «Nam Myoho Renge Kyo». Ma cinque giorni dopo, il sogno si incrina.

Il primo scossone arriva con una intervista al quotidiano brasiliano A Folha de Sao Paulo, in cui Gascón accusa il team dell’attrice Fernanda Torres – candidata all’Oscar con I’m Still Here – di screditare la sua immagine e quella del film. Il giorno dopo, la stessa Gascón si scusa pubblicamente.

Ma il colpo di grazia arriva il 30 gennaio, quando la giornalista Sarah Hagi ripubblica alcuni vecchi tweet della Gascón. Si tratta di post risalenti a 4-5 anni prima, contenenti commenti discriminatori e offensivi. Tra le frasi incriminate:

  • «L’Islam è un focolaio di infezione per l’umanità»
  • «Mia figlia dovrà imparare l’arabo invece dell’inglese»
  • «Il vaccino cinese viene fornito con il chip obbligatorio»
  • «George Floyd era un truffatore tossicodipendente»
  • «Gli Oscar? Un galà brutto»

Subito l’attrice si difende, parlando di parole mal interpretate o frutto di errori di gioventù. Ma la bufera è ormai inarrestabile.

Netflix e Audiard prendono le distanze

Gascón denuncia di essere vittima di una campagna d’odio e disinformazione:

«Più cercano di affondarmi, più mi fortificano».

Ma le sue parole non convincono Hollywood. Netflix, che distribuisce il film negli Stati Uniti, cancella le sue promozioni pubblicitarie, escludendola dagli eventi ufficiali. Niente più voli o soggiorni a Los Angeles pagati per promuovere il film.

Anche il regista Jacques Audiard si dissocia duramente:

«I suoi messaggi sono odiosi e ingiustificabili».

Audiard rivela di non voler più parlare con la sua protagonista:

«Ha un approccio autodistruttivo che non posso comprendere».

L’isolamento e le reazioni del cast

La co-protagonista Zoe Saldaña, candidata come miglior attrice non protagonista, esprime la sua delusione:

«Non tollero la retorica negativa nei confronti delle minoranze».

Nel frattempo, emerge anche un vecchio tweet contro Selena Gomez, in cui Gascón l’avrebbe definita «una ricca ratta che fa la povera disgraziata». La replica dell’attrice spagnola non tarda ad arrivare:

«Non è mio quel tweet, non parlerei mai di lei in quel modo».

L’ombra della cancel culture su Hollywood

A meno di un mese dalla notte degli Oscar, il caso Gascón rappresenta un nuovo capitolo nel dibattito sulla cancel culture e sul peso dei social network nel mondo dello spettacolo.

L’Academy premierà comunque la sua performance? O il suo passato social influenzerà irrimediabilmente la decisione?

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Cinema

Emilia Perez domina candidature Oscar, fuori Vermiglio e nomination per Isabella Rossellini

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Gli incendi incombono sul futuro di Hollywood mentre a Washington Donald Trump smantella l’ordine mondiale, ma a Beverly Hills lo show degli Oscar va avanti. All’annuncio di oggi delle candidature si ferma la corsa di Vermiglio, candidato ufficiale dell’Italia al miglior film internazionale, mentre Isabella Rossellini (foto Imagoeconomica in evidenza), la Suor Agnes di Conclave, avanza verso la prima statuetta. Le nomination 2025 hanno premiato film radicati nella politica progressista: Emilia Pérez, il musical di Jacques Audiard per Netflix che esplora l’identità trans ha raccolto 13 candidature (un record per un film non in inglese) tra cui la 52enne Karla Sofia Gascon, prima donna apertamente trans nominata agli Oscar come migliore attrice.

Dieci le candidature di The Brutalist (A24), il cui regista Brady Corbet ha vinto il Leone d’argento a Venezia con uno studio di tre ore sul trauma degli immigrati e l’antisemitismo, e dieci – una a testa a Cynthia Erivo e Ariana Grande – quelle di Wicked: un blockbuster ai botteghini, il musical ispirato al Mago di Oz contiene un messaggio sui pericoli dell’autoritarismo e il potere della resistenza. Alla luce del ritorno di Trump alla Casa Bianca l’Academy ha reso omaggio anche The Apprentice, il film sul giovane Trump che, dopo il debutto a Cannes, tanta fatica ha fatto a trovare un distributore negli Usa per le minacce degli avvocati del neo-presidente: sono in corsa Sebastian Stan nella parte del tycoon e Jeremy Strong in quella del legale Roy Cohn.

Si conferma inoltre il ruolo di Venezia come trampolino per gli Oscar: nella rosa delle candidature sei film erano stati stati presentati al Lido con 17 nomination complessive. Dieci produzioni sono in corsa per il miglior film: Anora, The Brutalist, A Complete Unknown, Conclave, Dune: Part Two, Emilia Pérez, I’m Still Here – Io Sono Ancora Qui, Nickel Boys, The Substance e Wicked. Due di questi – Emilia Perez e Wicked – sono musical e un terzo, il biopic di Bob Dylan A Complete Unknown, ha una forte componente musicale. Emilia Perez (portato dalla Francia) e I’m Still Here (Brasile) sono candidati anche al miglior film straniero, quest’ultimo con Fernanda Torres, anche in corsa come miglior attrice protagonista dopo esser stata premiata ai Golden Globes. Una sorpresa è arrivata con la regia: doveva essere una cinquina solo maschile, e invece con Audiard, Sean Baker (Anora), Brady Corbet (The Brutalist) e James Mangold (A Complete Unknown) ha sfondato Coralie Fargeat di The Substance, un film che ha segnato il ritorno di Demi Moore, a sua volta in cinquina tra le migliori attrici: le altre sono la Gascon, la Torres, la Erivo e Mikey Madison di Anora.

Nessuna sorpresa per i cinque migliori attori: oltre a Stan, Adrien Brody (The Brutalist), Timothée Chalamet (A Complete Unknown), Colman Domingo (Sing Sing) e Ralph Fiennes (Conclave). Isabella Rossellini ha dedicato la sua prima candidatura agli Oscar ai genitori, Ingrid Bergman e Roberto Rossellini (“Vorrei che fossero qui”) e all’ex compagno David Lynch scomparso qualche giorno fa. Le sue rivali il 2 marzo saranno Monica Barbaro, la Joan Baez di A Complete Unknown, Ariana Grande, Felicity Jones di The Brutalist e Zoe Saldana di Emilia Perez, mentre tra i migliori comprimari corrono i reduci di Succession Kieran Culkin (A Real Pain) e Jeremy Strong, e poi Yura Borisov (Anora), Edward Norton (A Complete Unknown) e Guy Pearce (The Brutalist).

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