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Pagelle per i magistrati, ma il Governo rilancia e studia anche test attitudinali

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Il governo punta a introdurre i test psico-attitudinali per l’ingresso in magistratura. Potrebbe servire del tempo, ma quella è la direzione a cui si guarda a Palazzo Chigi. Intanto l’ipotesi è stata messa sul tavolo senza però essere inserita nei due decreti legislativi varati dal Consiglio dei ministri per portare avanti la riforma della giustizia. Uno scenario che inevitabilmente aggiunge materia di discussione sul fronte fra esecutivo e magistratura, tornato caldo dopo le dichiarazioni di Guido Crosetto sul rischio di una “opposizione giudiziaria”. L’opposizione vera, quella parlamentare (al netto di Azione che ne “sottoscrive” le parole), chiede che il ministro riferisca in Aula alla Camera al più presto, e anche dall’Associazione nazionale magistrati lo esortano a fugare “sospetti e ombre: non deve lasciare che le sue parole cadano nel vago”.

I test psico-attitudinali ci sono già a cadenza periodica per tutte le forze dell’ordine, nota una fonte di governo qualificata, chiarendo che l’intenzione del governo è di estenderla ai pubblici ufficiali con alti incarichi di responsabilità “da cui dipende la libertà dei cittadini, come appunto i magistrati: è una questione di buonsenso”. L’ipotesi lanciata dal sottosegretario Alfredo Mantovano nella riunione preparatoria con i tecnici non ha trovato per ora spazio nei due decreti legislativi: uno rivede il sistema di valutazione dei magistrati (se non è positiva, o negativa, si riducono le ipotesi di dispensa dal servizio, ma con penalizzazioni economiche e di carriera), l’altro una stretta alla disciplina del collocamento fuori ruolo delle toghe, con il limite a sette anni. Non è la prima volta che si parla di test psicologici. Anche in magistratura c’è stato un confronto su sistemi da affiancare al concorso, ma non si è mai trovata una soluzione e il tema ha creato spesso tensioni fra toghe e politica.

Fibrillazioni significative da mesi, soprattutto dopo la dura presa di posizione a luglio di Palazzo Chigi dopo l’imputazione coatta di Andrea Delmastro (mercoledì c’è l’udienza davanti al gup di Roma per il sottosegretario indagato per rivelazione di segreto d’ufficio). Nessuno scontro governo-magistratura, assicurano in ambienti di FdI che fanno notare: “un governo guidato da noi non può che essere al fianco dei servitori dello Stato, magistrati compresi”. Ma le parole di Crosetto hanno lasciato il segno. “Mi raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a ‘fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni'”, ha affermato nell’intervista di cui – è la convinzione diffusa nel governo – la premier non poteva non essere al corrente. In ambienti di FdI si riconduce tutto al video – pubblicato sul sito di Radio Radicale – del Congresso nazionale di Area democratica per la giustizia, che si è tenuto il primo ottobre.

“Toccherà a noi tenere accesa la luce quando il buio si farà più fitto”, la conclusione della mozione votata dal gruppo di magistrati. Nelle ultime ore il ministro della Difesa ha spiegato che la sua era “una preoccupazione, non un attacco” Poi ha aggiunto: “se interessati, incontrerei molto volentieri il presidente dell’associazione Magistrati Santalucia ed il suo direttivo per chiarire loro le mie parole e le motivazioni. Così capiranno che alla base c’è solo un enorme rispetto per le istituzioni. Tutte. Magistratura in primis”. Ma l’idea di una giustizia a orologeria si diffonde nel centrodestra, dove qualcuno guarda con preoccupazione, ad esempio, alla messa a terra del Pnrr. “Crosetto ha ragione, la magistratura in Italia, non tutta però gran parte, ha sempre dimostrato che il centrodestra, quando è forte deve essere colpito”, la bordata del vicesegretario della Lega Andrea Crippa, mentre da Forza Italia sottolineano soprattutto la necessità di procedere con la separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri. E in questo momento decisamente caldo rispunta l’idea dei test psico-attitudinali, accarezzata a suo tempo anche da Silvio Berlusconi.

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Schlein attacca Meloni: ha perso il contatto con la realtà

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Sarà che l’annuncio non era inaspettato, sarà la vasta eco mediatica del discorso della premier Giorgia Meloni, ma le critiche dell’opposizione alla “discesa in campo” arrivano in tempi record. “La presidente del Consiglio si divide tra palazzo Chigi e la propaganda di TeleMeloni e ha perso il contatto con la realtà”, punta il dito immediatamente la segretaria del Pd Elly Schlein. Meloni l’ha tirata in causa varie volte nel corso dei suoi 73 minuti di intervento alla kermesse di Pescara. Quasi a pregustare una sfida a due sul campo delle europee.

E il leader di Azione, Carlo Calenda, scioglie le riserve e poco dopo annuncia anche la sua corsa per l’Europarlamento, in tandem con Elena Bonetti. Schlein incassa l’affondo ironico della premier sullo scarso supporto del Pd alla sua leadership (“Siccome non sono la segretaria del Pd,sono sicura che il partito mi darà una mano”) e rilancia sui contenuti. Cita “la sanità pubblica e le infinite liste d’attesa che si allungano per i suoi tagli”, i “salari bassi, la precarietà, la sicurezza sul lavoro di fronte a 1041 morti nel 2023” e fotografa una premier “nel paese delle meraviglie” che “seppellisce i problemi sotto un fiume di retorica”. ‘L’Italia è cambiata’, dice lei. Purtroppo sì, ma in peggio”.

Giuseppe Conte, invece rilancia uno degli slogan della premier, “Con Giorgia L’Italia cambia l’Europa” e commenta sarcastico: “Per una volta la premier ha ragione. Le abbiamo lasciato un’Italia che riportava a casa 209 miliardi del Pnrr per infrastrutture, investimenti, sanità. Nemmeno il tempo di arrivare a Bruxelles da premier, ha dato l’ok a un accordo con tagli da 13 miliardi l’anno che colpiranno le tasche degli italiani, i servizi, la sanità, le scuole con un’onda di austerità. Da ‘patriota’ a Re Mida al contrario: quel che tocca distrugge. Fermiamola!”. “Il duo sciagura dell’opposizione, ovvero Schlein e Conte, sente avvicinarsi il momento di un’altra sconfitta e anziché chiedersi perché gli elettori guardano al centrodestra, attaccano Giorgia Meloni”, chiosa il capogruppo dei deputati Fdi Tommaso Foti.

Per Calenda “la discesa in campo della presidente del Consiglio e la sua piattaforma antieuropea e sovranista, cambiano completamente lo scenario” e impongono di “rispondere a questa sfida mettendosi direttamente in gioco”. “Dopo aver consultato il direttivo del partito, io ed Elena Bonetti abbiamo deciso di accettare la sfida e candidarci insieme in tutte le circoscrizioni”, annuncia. Iv punta il dito con Luciano Nobili (“Carlo Calenda non è un candidato, è un pagliaccio”) postando un video in cui il leader di Azione diceva che non si sarebbe presentato per l’Europarlamento. Interviene anche Matteo Renzi: “Giorgia Meloni chiede di votarla per le Europee ma sa perfettamente che non andrà al Parlamento Europeo. A lei non interessa contare davvero in Europa: le serve contarsi in Italia. Non è una statista, è un’influencer”.

“Chi non vuole il progetto dell’Europa delle piccole patrie di Giorgia Meloni ma una grande Patria Europea vota la rivoluzione degli Stati Uniti d’Europa”, gli fa eco il compagno di viaggio Riccardo Magi (Più Europa). Da Avs, Angelo Bonelli pone una tema di copertura mediatica: “Mentre a noi sono riservati pochi secondi, quando capita, alla presidente del consiglio Giorgia Meloni sono consentite dirette TV anche quando parla da leader di Fratelli d’Italia come oggi, e come già successe alla festa di Atreju: alla faccia della par condicio, questa é TeleMeloni. Reclamiamo un intervento dell’Osce durante tutta la campagna elettorale”.

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Meloni contro Report, per l’Usigrai è “editto albanese”

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“Aiutatemi a mandare a Edi Rama la nostra solidarietà per venire linciati solo per avere tentato di aiutare la nostra nazione”, dice Giorgia Meloni attaccando Report, il programma su Rai3 di Sigfrido Ranucci che è dal giorni al centro di una polemica con il premier albanese. La presidente del consiglio parla dal palco di Fdi di Pescara, spiegando che “addirittura Telemeloni, ce l’avete presente no, Telemeloni? Ha confezionato un servizio sull’Albania in cui si dipingeva come un narcostato”.

Se Ranucci posta subito il suo intervento e replica, Usigrai parla di ”editto albanese”, il presidente Fnsi Vittorio Di Trapani lo difende in nome della libertà di stampa, solidarietà a Report anche dai componenti della Commissione di vigilanza del Pd che scrivono: ”per Meloni ogni voce fuori dalla propaganda di palazzo Chigi è un attacco alla sua leadership. Invece di spiegare agli italiani lo spreco immane di risorse per l’accordo Italia-Albania se la prende con il servizio pubblico”. ”Il presidente Giorgia Meloni dal palco di Fratelli d’Italia a Pescara ha commentato il servizio “(HOT)SPOT albanese di Giorgio Mottola”, scrive Sigfrido Ranucci su Facebook .

”La Meloni – aggiunge – ha invitato a dare solidarietà a Rama. Ma ci sono i sondaggi in Albania che mostrano che il popolo albanese, in percentuali tra il 60% e l’80% crede più a quanto riportato da Report, che alla versione di Rama. Torneremo sul tema questa sera con un servizio che indagherà gli scarsi risultati del decreto Cutro fino ad ora. Con documenti esclusivi racconteremo invece come alcuni esponenti di primo piano del governo abbiano sfruttato a proprio vantaggio i depistaggi sulle ong alla base di alcune inchieste giudiziarie”. ”Altro che difesa dell’informazione di Servizio Pubblico, del giornalismo di inchiesta! Dalle parole che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dedicato oggi da Pescara al programma di approfondimento giornalistico della Rai è chiaro che questo va fermato. Dopo l’editto Bulgaro siamo ora a quello Albanese”.

Lo scrive l’Usigrai in una nota. ”Il governo della sovranità alimentare, del made in italy e del sovranismo, improvvisamente diventa esterofilo quando si tratta di unirsi al linciaggio del giornalismo d’inchiesta e della libertà di stampa. Io invece sto con la libertà di @reportrai3”,scrive il presidente della Fnsi Vittorio Di Trapani su X. Mentre per il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli ”La premier vuole manipolare la realtà attaccando anche il giornalismo d’inchiesta, come nel caso di Report, e dà solidarietà al premier Rama senza rispondere nel merito. Povera democrazia e povera Italia, governata da chi vede il mondo con i paraocchi”.

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Europee, Meloni si candida: scrivete Giorgia sulla scheda, sono una del popolo

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Il colpo di teatro arriva solo alla fine: perché la candidatura in tutte le circoscrizioni era oramai più che scontata ma lei chiede anche di scrivere sulla scheda “solo Giorgia, il mio nome di battesimo” perché “io sarò sempre e solo una di voi, una del popolo”. Lo dice Giorgia Meloni dopo quasi un’ora di comizio, tra una battuta e l’altra pure sulle sue condizioni, “sull’ottovolante” per gli otoliti. Lanciando non solo la campagna elettorale di Fratelli d’Italia per le europee ma anche la sfida a pesare il suo consenso personale, dopo un anno e mezzo alla guida del governo.

La premier dal palco vista mare di Pescara chiama il suo popolo al plebiscito su di sé (‘Giorgia Meloni detta Giorgia” sarà la dicitura sulla lista che consentirà di indicare come preferenza solo il nome) mentre in platea la ascoltano “l’alleato fedele” Antonio Tajani, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi. Matteo Salvini, come annunciato all’ultimo, non c’è e fa solo una comparsata, collegato per strada, da Milano. “Ci ha preferito il ponte”, dice lei a metà tra lo scherzo e la punzecchiatura. Per poi infilarsi in 73 minuti di discorso in cui ripercorre la storia di Fratelli d’Italia, ricordando che alle scorse europee “mancammo di pochissimo il quorum del 4%” mentre ora il partito punta almeno a confermare quel 26% conquistato il 22 settembre scorso, che ha portato la destra al governo.

Ora, è l’Europa a essere “a un bivio” e tutti “devono essere pronti a fare la loro parte” sprona parlamentari e militanti la premier, che è anche presidente di Fdi e di Ecr, quei conservatori europei che, è convinta, saranno “strategici e fondamentali” nella prossima legislatura Ue. L’impresa, “difficile ma non impossibile”, per Meloni, è quella di replicare a Bruxelles “il modello italiano” di una “maggioranza che metta insieme le forze del centrodestra” per “mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue”. “Mai con la sinistra” è il mantra, che serve a spazzare via, almeno per ora, le ipotesi di cedimenti dopo il voto, quando ci sarà da sedersi al tavolo delle trattative per i nuovi vertici europei.

Anche perché – è il concetto che ripete da inizio anno la Meloni – un conto sono gli accordi per la Commissione, altro è una maggioranza stabile al Parlamento europeo. Intanto, archiviata la conferenza programmatica (quello che ironicamente anche nel ‘fantacongresso’ che circola tra i Fratelli d’Italia viene definito il ‘Giorgia beach party”, che dava parecchi punti in classifica a chi lo pronunciava) ora “c’è la campagna elettorale”. E i dirigenti del partito già hanno iniziato a organizzare i prossimi appuntamenti. Non essendo “la leader del Pd so che il partito mi aiuterà”, ha detto Meloni lanciando una delle tante stilettate a Elly Schlein, cui tuttavia dà il ruolo di avversaria.

E se “Giorgia”, come ha detto lei stessa dal palco, in giro andrà poco perché vuole restare concentrata sull’attività di governo, toccherà alla sorella, Arianna Meloni, uscire di più dalle retrovie di qui al voto dell’8 e 9 giugno (un appuntamento per la responsabile della segreteria e delle tessere sarà quasi sicuramente al Sud, in Salento). Per il resto la premier sfodera il classico armamentario da comizio, attacca Schlein chiamandola direttamente per nome ma anche il Movimento 5 Stelle quando parla del Superbonus come della “più grande patrimoniale al contrario” fatta in Italia. E poi la natalità che deve diventare centrale, la difesa delle origini “guidaico-cristiane” dell’Europa, il cambio di passo già impresso a Bruxelles sulle politiche green, sull’auto, sui migranti. E l’ennesima difesa di Edi Rama (e un attacco a Report) “linciato da quella che poi chiamano Telemeloni, solo perché ha aiutato l’Italia”.

Alla fine il saluto con Ignazio La Russa (che si è perso l’Inter per sentire la premier ma ha la partita “registrata” e poi corre a vedersi il secondo tempo) e niente pranzo sul lungomare, dove pure la aspettavano. Non sta bene, sempre gli otoliti, dicono i suoi. “Se mi vedete sbandare – scherza lei dal palco – non vi preoccupate, cerco di stare ferma e ce la faccio”. Prima della frase più attesa: “Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fdi in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo….”.

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