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Ospedale Zurigo: “Marchionne era un malato grave da una anno”. Fca: non ne sapevamo nulla

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Ora che Sergio Marchionne è morto. Ora che c’è da attendere funerali in forma privati e sepoltura, l’ospedale di Zurigo dove l’Amministratore delegato di Fca è deceduto rompe quell’impenetrabile silenzio che ha contraddistinto la fase più acuta della malattia del manager ed esce per la prima volta allo scoperto. E dall’ospedale svizzero fanno sapere che “il signor Sergio Marchionne era un nostro paziente. Da oltre un anno si recava a cadenza regolare presso il nostro ospedale al fine di curare una grave malattia”.

Poche righe che possono sembrare innocue ma che hanno fatto tanto. A Fiat Chrysler, alle prese con i rovesci in Borsa e un management di vertice da riassestare, dopo un primo imbarazzato no comment alla notizia che rimbalzava da Zurigo sulla grave malattia che affliggeva Marchionne da un anno, fanno diffondere una nota per ribadire una volta di più che il Gruppo non era al corrente di nessuna grave malattia. “Non conoscevamo lo stato salute. L’azienda non è in grado di commentare le dichiarazioni dell’Ospedale di Zurigo”. “Per motivi di privacy sanitaria la società non aveva conoscenza dei fatti relativi allo stato di salute del dottor Marchionne”. “Venerdì 20 luglio – c’è scritto nella nota Fca – la società è stata informata dalla famiglia del dottor Marchionne – senza alcun dettaglio del serio deterioramento – delle sue condizioni e che di conseguenza egli non sarebbe stato in grado di tornare al lavoro. La società ha quindi prontamente assunto e annunciato le necessarie iniziative il giorno seguente”. Le iniziative furono le nomine al vertice di Fca e di Ferrari in poche ore.  John Elkann in quelle ore aveva parlato di “improvviso peggioramento”, di “situazione impensabile” fino a poche ore prima. Insomma: ha detto e ridetto al mondo che per lui quelle “condizioni irreversibili” erano state una sorpresa assoluta. Però adesso c’è la certezza che lo stato di salute del manager italo-canadese fosse compromesso da più di un anno. E che quella “malattia grave” fosse un tumore a questo punto è dura da smentire. E allora: se lui era consapevole di rischiare la vita non si capisce per quale motivo ha nascosto all’azienda le sue reali condizioni. Da manager esperto, tra l’altro, era ben consapevole di quale fosse la linea di confine fra il suo diritto alla privacy e il suo dovere di informare il Gruppo che, a sua volta, ha degli obblighi legali verso le Borse nelle quali è quotato, verso i soci americani e verso gli enti di controllo come la Consob. Su questo versante non mancheranno le polemiche. Fca forse doveva sapere prima che la situazione precipitasse la reale condizione in cui versava Marchionne. Ma per ora sono polemiche che finiscono sullo sfondo di una vicenda umana appena consumata e un funerale da celebrare, benché in forma strettamente privata. Manuela Battezzato, la compagna di Marchionne, è la donna che sa di più o tutto su come è andata la vicenda della malattia di Sergio Marchionne e se e come è stata tenuta segreta anche ad Fca. Oltre che allo stesso John Elkann che pure era ed è amico della famiglia Marchionne. Pare che due giorni prima della morte di Marchionne ad Elkann sia stato impedito addirittura di vedere il manager Fca.  

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La nave rigassificatrice è in banchina a Piombino

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La nave rigassificatrice Golar Tundra di Snam è finalmente arrivata nel porto di Piombino (Livorno) dopo 26 giorni di navigazione da Singapore (via Suez) e ha fatto il suo ingresso intorno alle 23 venendo posizionata alla banchina di attracco della darsena nord. Quattro rimorchiatori l’hanno trainata all’ormeggio con una manovra lenta e precisa dopo una sosta di attesa di circa quattro ore alla fonda nel golfo di Follonica.

E’ entrata di prua poi, a centro rada è stata fatta ruotare per portarla al punto di arrivo definitivo. La nave è lunga quasi 300 metri e alta 55 quindi per gestirne l’ingombro è servita un’operazione notturna cioè si è agito quando il traffico dei traghetti si ferma fino all’alba dopo l’ultima corsa. L’arrivo della nave rigassificatrice a Piombino – e così l’altra simile prevista su Ravenna – affrancherà l’Italia da una significativa quota di dipendenza di importazione di metano dai gasdotti transazionali di terra, dalla Russia e anche dall’Azerbaigian.

I gestori potranno rivolgersi al mercato di altri Continenti (Africa, Americhe, pure Asia Oceania) e ovviare alle turbolenze geopolitiche che possono gravare sul trasporto di gas solo via terra. La nave Fsru di Piombino è accreditata di una capacità potenziale di trasformazione di gas liquido in 5 miliardi di metri cubi l’anno. Tuttavia, insieme alla Fsru che ci sarà a Ravenna si parla di ben 13 miliardi di metri cubi annui, un segnale forte nell’approvvigionamento e nella distribuzione di gas per l’Italia. La Golar Tundra non entra subito in funzione. Bisogna aspettare maggio, dicono le previsioni tecniche quando al cantiere di Snam visibile in lontananza, dalla parte opposta del porto commerciale saranno terminati gli allacci con il nuovo metanodotto di terra. La presenza della Golar Tundra ha già un forte valore simbolico.

Il presidente della Toscana, Eugenio Giani, è intervenuto già domenica sera sul porto sottolineando l’importanza di questa tappa nell’ambito delle politiche energetiche nazionali e rilanciando il tema delle compensazioni per Piombino, secondo polo siderurgico italiano, città che ha manifestato dissenso per esser stata scelta. Sulle divergenze col Comune di Piombino e il sindaco Francesco Ferrari, oltre ai comitati degli abitanti, Giani ha detto che siccome “ora c’è la nave ci si renderà conto che si deve lavorare finalmente ai vantaggi per la popolazione”. Giani ha “invitato soprattutto le autorità di Piombino a sedersi con me, con il ministro e le autorità del governo per poter indicare le opere complementari” compensative per Piombino, ma su quando vedrà il sindaco ha detto: “Mi cercherà lui”.

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Credit Suisse-Ubs, nasce una delle banche big d’Europa

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Un’operazione da tre miliardi di franchi svizzeri per creare una delle banche maggiori d’Europa. Le nozze fra Credit Suisse e Ubs sono le prime fra due banche importanti a livello di sistema dalla crisi del 2008. E sono state architettate nel giro di pochi giorni con l’aiuto delle autorità svizzere, che hanno organizzato nel dettaglio la complessa operazione.

– I TERMINI DELL’ACCORDO: L’intesa valuta Credit Suisse tre miliardi di franchi, meno della metà dei 7,4 miliardi alla chiusura di venerdì e una frazione rispetto ai 100 miliardi del suo picco nel 2007. L’accordo con Ubs sarà chiuso entro l’anno. Il presidente di Ubs Colm Keller e l’amministratore delegato Ralph Hamers manterranno i ruoli all’interno della banca che nascerà dalle nozze, anche se il management di Credit Suisse resterà al suo posto fino alla chiusura dell’intesa.

– LA BANCA DI INVESTIMENTO DI CREDIT SUISSE: La nuova banca avrà attivi investiti per 5.000 miliardi di dollari. Ubs intende ridimensionare la banca di investimento di Credit Suisse: “vogliamo ridimensionarla e allinearla alla nostra culturadel rischio più conservatrice”, ha detto Keller.

– TAGLI AI POSTI DI LAVORO: Pur precisando che è ancora troppo presto per quantificarli, Ubs ha detto che sarà un numero significativo, secondo indiscrezioni dell’ordine di 10.000 tagli.

– AIUTI DALLE AUTORITA’ SVIZZERE: Ubs si è assicurata un linea di liquidità per 100 miliardi di franchi dalla banca centrale svizzera. E il governo ha offerto 9 miliardi di garanzie su eventuali perdite di Credit Suisse. Garanzie che sono come una “polizza assicurativa” che scatterà se le perdite supereranno una determinata soglia.

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Landini rieletto segretario: distanze da Meloni, pronti anche allo sciopero

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Maurizio Landini è stato rieletto segretario generale della Cgil. Al termine del XIX congresso nazionale, l’assemblea lo ha confermato alla guida del sindacato per il secondo mandato di quattro anni, con il 94,2% di voti favorevoli. La proclamazione è stata accompagnata da un lungo applauso della platea. “vi ringrazio”, le sue prime parole.

Con il governo e la premier Gorgia Meloni c’è “una diversità molto profonda, molto consistente. Per tutto il sindacato italiano non c’è possibilità di discussione, bisogna avviare una mobilitazione che non esclude alcuno strumento, compreso se necessario lo sciopero. Lo vogliamo fare insieme a Cisl e Uil, ne discuteremo con loro, abbiamo già un incontro fissato la prossima settimana”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, nell’intervento di chiusura del XIX congresso, all’indomani dell’intervento della presidente del Consiglio.

Landini parla in particolare del fisco e ribadisce che “non siamo assolutamente d’accordo con la delega” approvata giovedì in Consiglio dei ministri. In un Paese in cui “il 94% dell’Irpef la pagano i lavoratori dipendenti e i pensionati, che ha 100 miliardi di evasione e dove le rendite hanno una tassazione inferiore al lavoro. Non siamo più disponibili ad accettare l’idea di un sistema fiscale che continua a gravare sui lavoratori dipendenti e pensionati”, un sistema che deve rispettare il principio della progressività, rimarca il leader della Cgil. Serve “una seria riforma fiscale per un nuovo patto di cittadinanza”, insiste.

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