La Procura di Roma va avanti nella sua indagine sul sequestro e omicidio di Giulio Regeni ed è pronta ad imprimere una decisa accelerazione con le iscrizioni che arriveranno nei prossimi giorni dei primi indagati. I pm di piazzale Clodio proseguono per la loro strada pur ribadendo, ufficialmente, la massima collaborazione con gli omologhi egiziani così come messo nero su bianco al termine dell’ultimo vertice, il decimo della serie, svolto la settimana scorsa negli uffici della Procura generale del Cairo.
A 24 ore dalle notizie arrivate dalla capitale egiziana da cui emerge il disappunto dell’autorità giudiziaria per la decisione presa da Roma di procedere all’iscrizione di funzionari e vertici dei servizi segreti, gli inquirenti italiani fugano ogni dubbio sulla loro posizione con una dichiarazione ufficiale in cui si afferma che “al di là delle indiscrezioni di stampa la Procura resta ferma a quanto riportato nel comunicato congiunto del 28 novembre scorso”.
La Procura ribadisce, però, che nei prossimi giorni verrà formalizzata l’accusa di sequestro di persona ad alcuni soggetti identificati “nel corso dell’attività di indagine svolta da Ros e Sco nei mesi scorsi”. E sempre dai magistrati egiziani, stando a indiscrezioni, era emersa l’indicazione di indagare sul visto di Regeni: il ricercatore era arrivato al Cairo con un visto turistico, e non da studente, per svolgere una ricerca per conto dell’università di Cambridge e in particolare sui sindacati indipendenti egiziani. Nella nota congiunta emessa al termine dell’incontro di giovedì scorso si sottolineava come da entrambe le parti ci sia la volontà e “determinazione a proseguire le indagini e incontrarsi nuovamente nel quadro della cooperazione giudiziaria, sino a quando non si arriverà a risultati definitivi nell’individuazione dei colpevoli dell’omicidio di Regeni”.
Nel corso del vertice però la delegazione italiana, guidata dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, ha annunciato l’intenzione di procedere alle prime iscrizioni. Si tratta di soggetti che avrebbero di fatto messo “sotto controllo” Regeni, a partire dal dicembre del 2015, con una serie di attività culminate con la registrazione video di un colloquio tra il sindacalista Mohamed Abdallah e il ricercatore avvenuta il 7 gennaio di quasi tre anni fa. Dalle carte delle indagini emergono i profili, in totale si tratterebbe di una decina di persone, di funzionari dei servizi e della polizia investigativa de Il Cairo.
Dopo la denuncia di Abdallah, sindacalista dei venditori ambulanti che era stato avvicinato da Giulio, i contatti sono stati gestiti dal colonello Ather Kamal che porterà Abdallah negli uffici della National Security. Dalle indagini, in questo ambito, spuntano i nomi del maggiore Magdi Sharif e del suo superiore, il colonnello Usham Helmy fino ad arrivare al generale Sabir Tareq. Secondo quanto accertato l’apparecchiatura per la video sorveglianza era stata fornita a Abdallah dai servizi che alcune settimane prima, tramite un loro agente, Mhamoud Najem, avevano cercato di ottenere la copia del passaporto di Regeni tramite un suo coinquilino e il portiere dello stabile in cui abitava al Cairo.