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Corona Virus

Niente feste in piazza, hotel disdetti e cenoni in casa

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Capodanno con temperature miti ma piazze deserte. L’onda Omicron sembra inarrestabile e per gli italiani la notte di San Silvestro anche quest’anno sara’ soprattutto tra le mura di casa. Per il resto: eventi cancellati, discoteche chiuse e feste di piazza annullate. Governo e amministrazioni locali sono corse ai ripari per tentare di limitare il contagio imponendo una stretta a tutte le iniziative che erano in programma. Una scelta drastica che ha avuto ripercussioni sul comparto turismo: negli ultimi giorni sono fioccate le richieste di cancellazione delle prenotazioni ad alberghi e strutture ricettive. Citta’ d’arte e localita’ sciistiche le piu’ colpite. A Firenze la flessione di presenze rispetto al 2019 oscilla intorno al 40%, a Milano le cancellazioni hanno toccato una media vicina al 70%, mentre in Trentino la riduzione del lavoro per i pubblici esercizi si attesta intorno al 25/30%. Il sindacato dei Locali da ballo (Silb) chiede al governo di “aprire un percorso per trovare soluzioni condivise”. Piazze e ristoranti vuoti, Confcommercio Milano stima una perdita del 30%, ma tavole imbandite per i cenoni casalinghi. Da un’indagine Coldiretti/Ixe’ oltre 8 italiani su 10 (83%) festeggeranno l’arrivo del 2022 nelle case per prudenza o necessita’. A tavola saranno in media 6,3 persone. Ma secondo una stima del Centro studi di Confcooperative, 3 famiglie su 5 organizzeranno feste con oltre 10 persone. Esclusa invece nel 78% delle case, secondo la Coldiretti, la presenza di persone non vaccinate tra gli invitati nonostante i rapporti di amicizia o parentela. L’eventualita’ di un contagio proprio durante i cenoni in casa, tuttavia, preoccupa e alcuni amministratori locali, come il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, hanno chiesto a tutti di “limitare al massimo i partecipanti”. Gli italiani, in base ad una stima di Confcooperative, spenderanno 1,7 miliardi per la cena del 31: 400 milioni meno del 2019, ma 300 piu’ dell’anno scorso. Ogni famiglia, per Coldiretti, sborsera’ 99 euro, un balzo del 52% rispetto allo scorso anno. Sul fronte dell’ordine pubblico nonostante i divieti il Viminale ha predisposto un rafforzamento dei controlli, in particolare per le zone della movida, dove comunque potrebbero verificarsi assembramenti. Ieri e’ stata inviata una circolare a tutti i prefetti con l’obiettivo di intensificare i controlli nelle zone centrali delle citta’ per verificare il rispetto nelle nuove normative anti-covid e in particolare l’obbligo della mascherina anche all’aperto. Da Milano a Roma, da Napoli a Palermo: disposti controlli straordinari anche nelle ore “calde” della notte. Nelle ultime 24 ore sono state 110.678 le verifiche effettuate sul territorio nazionale, 241 le persone sanzionate per il green pass e 891 per mancanza di mascherine. Nella Capitale il sindaco Gualtieri ha firmato una ordinanza con cui vieta i botti mentre la Asl 1 chiede di sospendere la maratonina in programma domani con 6mila iscritti. Nel capoluogo partenopeo botti vietati e potenziati i controlli per Pass e mascherine Ffp2 agli imbarchi per Ischia, Capri e Procida mentre a Caserta il sindaco ha vietato il brindisi in piazza. A Potenza il primo cittadino ha esteso fino al 6 gennaio il no all’utilizzo di fuochi pirotecnici, a Grosseto in centinaia sono stati multati perche’ sorpresi a ballare in un locale. Il quadro epidemiologico in rapidissimo peggioramento ha portato anche il Papa a rinunciare alla visita di domani pomeriggio al presepe allestito in piazza San Pietro. “L’evento, che era in programma al termine del Te Deum in basilica, non si terra’, per evitare assembramenti e il conseguente rischio di contagio da Covid-19”, spiega la sala stampa vaticana. Un segnale incoraggiante arriva, infine, da Venezia dove torna in presenza l’appuntamento con il tradizionale concerto del Teatro La Fenice, aperto con capienza al 100% per mille spettatori e gia’ ‘sold out’.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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