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Pantano Pd, Renzi pensa alla scissione mentre Martina chiede una tregua per evitare l’harakiri

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https://youtu.be/mSKo4RVXk5g

 Analisi delle sconfitte elettorali? Nessuna. Provare a capire gli errori commessi dal gruppo dirigente negli ultimi due anni? Non ci pensano proprio. Analisi dei flussi elettorali per capire perché la proposta politica del Pd non viene compresa dagli elettori? Nessuna. In un Pd ancora saldamente nelle mani di Renzi e dei cosiddetti renziani la guerra di logoramento tra correnti e sottocorrenti va avanti. La segreteria unitaria, figlia dell’elezione di Maurizio Martina a segretario all’assemblea nazionale del 7 luglio, finisce sotto il tiro incrociato delle fazioni. Così, anche di fronte a una squadra unitaria, tutti s’infuriano e qualcuno proprio perché la ritiene troppo unitaria. 

Pd nel guado. Il nuovo esecutivo varato da Martina scontenta tutti

Renziani in prima fila contro l’esecutivo di Martina. La protesta social contro il neo segretario è durissima. I militanti del Pd di marca renziana postano a ripetizione sul suo profilo Facebook messaggi d’accorato o arrabbiato sdegno per la presenza nella squadra di nemici storici di Renzi, come Gianni Cuperlo e Francesco Boccia.

Renzi non partecipa alle polemiche, le segue però tra il compiaciuto e il dispiaciuto. Nel frattempo parte per Johannesburg. È stata invitato dalle autorità di Pretoria alle celebrazioni del centenario della nascita di Nelson Mandela, il 18 luglio. Nel frattempo la rivolta di molti parlamentari sorprende anche i dirigenti di area renziana, che avevano dato il via libera alla segreteria. Così alcuni di loro, forse cavalcando l’onda o forse perché l’hanno preparata,  attaccano a testa bassa Martina «Questa segreteria è fatta per tornare indietro » dice il capogruppo Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci. Ripetendo messaggi di protesta social contro il segretario.  E Ivan Scalfarotto ironico: “Avevo vinto l’ultimo congresso, ma sono evidentemente passato in minoranza… “ . Due fedelissimi di Renzi, che sconfessano la nuova squadra, mentre nella chat dei renziani c’è chi pensa al da farsi: «Ma che ci restiamo a fare nel Pd?». Teresa Bellanova, che Renzi aveva spinto come vice di Martina e cui invece è stata affidata la delega al Mezzogiorno, prova a placare gli animi: “Basta polemiche, non possiamo terremotare il Pd”.

A farlo, ci pensano comunque anche le altre correnti. La nomina di Boccia alle Imprese fa andare su tutte le furie l’ex ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, che proprio con Boccia s’era scontrato sulla chiusura dell’Ilva. “Più che una segreteria è un harakiri “attacca l’ex ministro, che lancia un mailbombing contro la nuova squadra, a colpi di hashtag: # harakiriPd.

Martina, che non ha voluto un vice renziano anche per marcare un minimo di discontinuità con la stagione precedente, prova a spegnere l’incendio. La cui portata si spiega anche con la convinzione di molti che i nuovi vertici siano destinati a restare in carica più dei pochi mesi in teoria previsti: il congresso dovrebbe tenersi nel febbraio 2019, prima delle europee, ma è convinzione diffusa che alla fine potrebbe slittare a dopo. Uno scenario che certo non dispiace ai renziani, che al momento non hanno ancora uno sfidante da contrapporre a Nicola Zingaretti. A sera, Martina ne ha abbastanza e prova a chiuderla: “Basta polemiche inutili, serve rispetto per questa comunità – scrive sui social – È legittimo non essere d’accordo, ma è discutibile lanciare hashtag contro il partito dopo averne chiesto la liquidazione. Il vero harakiri è questo”.

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Abodi: “America’s Cup a Napoli lascerà eredità importante”

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“L’America’s Cup a Napoli è stata un’esperienza di mesi affascinanti, di lavoro silenzioso tra Napoli e il Governo: il risultato sarà incredibile, ci arriveremo passo dopo passo. Sarà importante anche l’eredità di questo appuntamento, già a partire dal 2026”. Lo ha detto il ministro per lo Sport e per i giovani, Andrea Abodi, durante la trasmissione “Radio di bordo” di Radio Rai 1. “Le bellezze di Napoli e del suo Golfo sono state la motivazione principale insieme a quelle di carattere organizzativo, fiscale, economico che hanno portato a scegliere Napoli. Lo sport fa catalizzatore di questi elementi”, ha aggiunto. Abodi ha concluso parlando di Luna Rossa definendola “un’icona della vela italiana” con “la tecnologia applicata a quello sport con barche che sono vere e proprie formula 1”.

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Musumeci: nei Campi Flegrei si procede senza regime straordinario

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L’attività prevista dal governo nei Campi Flegrei può proseguire con gli strumenti normativi speciali vigenti, senza che si ricorra, almeno per ora, al regime straordinario di emergenza. È questo l’esito della istruttoria dei tecnici del dipartimento nazionale della Protezione civile, condotta su richiesta del ministro Nello Musumeci. Lo si legge in una nota. “Ribadisco la massima attenzione e l’impegno del governo verso la popolazione di quell’area. E mi auguro -sottolinea il ministro Musumeci- che le lentezze più volte lamentate dalle istituzioni del territorio possano essere superate nel più breve tempo possibile. È questo un compito di coordinamento e di vigilanza che il dipartimento nazionale saprà svolgere con tutto l’impegno possibile”.

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Meloni fuori dai Volenterosi, è scontro con Macron

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Una nuova riunione, una nuova foto, una distanza che si fa strappo e sfocia in uno scontro aperto con Parigi. Giorgia Meloni e la Coalizione dei Volenterosi a sostegno dell’Ucraina non sono mai stati così lontani. Dopo il viaggio a Kiev di Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz e Donald Tusk, a Tirana i quattro leader si concedono un bis. Accade a margine del vertice della Comunità Politica Europea.

In Albania c’è Volodymyr Zelensky, nelle medesime ore i colloqui tra la delegazione russa e quella ucraina confermano la scarsa concretezza del tavolo di Istanbul. I leader di Francia, Regno Unito, Germania e Polonia si riuniscono con il presidente ucraino e tutti e cinque sentono Donald Trump. La foto del loro incontro rimbalza ovunque, come quella di Kiev. E l’Italia non c’è. A dispetto di quanto avvenuto nella capitale ucraina l’assenza di Meloni a Tirana è apparsa più evidente. Il 10 maggio la premier si era comunque collegata alla riunione.

In Albania i 4 leader nordeuropei si sono riuniti a pochi metri dalla presidente del Consiglio, che come tutti gli altri era nelle sale che ospitavano le tavole rotonde previste dalla riunione della Cpe. La sua assenza è subito entrata nel mirino delle opposizioni in Italia e, forse anche per questo, Meloni ha deciso di intervenire. Con un rapido punto stampa, nel quale la premier ha messo in chiaro la sua linea: “L’Italia non è disponibile a inviare truppe in Ucraina e non avrebbe senso partecipare a formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità”. Parole sulle quali, poco dopo, si soffermato Macron. Smentendo che si sia parlato di invio delle truppe sia a Tirana sia nell’incontro di domenica con Zelensky a Kiev.

“La discussione è sul cessate il fuoco, guardiamoci dal divulgare false informazioni, ce ne sono a sufficienza di quelle russe”, ha tenuto a precisare l’uomo dell’Eliseo. Il botta e risposta conferma un gelo che a Tirana era parso già evidente. Basta guardare un altro scatto del summit, quello che ritrae Meloni, Tusk, Starmer e questa volta Ursula von der Leyen parlare con Zelensky prima della sessione plenaria dell’incontro. Quando Macron non era ancora arrivato. Il nuovo incontro dei Volenterosi ha tuttavia visto emergere un ulteriore elemento, il rinnovato asse con Trump sull’Ucraina.

“Continueremo a lavorare insieme. Il compito principale è mantenere l’unità dei partner europei e americani intorno alla questione”, hanno dichiarato i quattro leader dopo l’incontro, definendo “inaccettabile” il rifiuto del cessate il fuoco da parte del Cremlino. I contatti, ha spiegato Macron, continueranno nei prossimi giorni. E il presidente francese, in conferenza stampa, ha anche evocato la possibilità di un nuovo colloquio telefonico tra Trump e Vladimir Putin. Sullo Zar l’intenzione di Europa e Usa è quella di accrescere la pressione.

“Noi vogliamo la pace, e per questo dobbiamo aumentare le sanzioni”, ha incalzato von der Leyen anticipando che il nuovo pacchetto – coordinato con Washington – includerà il divieto di accesso a Nord Stream 1 e 2, l’abbassamento del prezzo del petrolio grezzo e misure finanziarie contro le banche russe. Meloni ha ribadito che “non bisogna gettare la spugna” e che “serve insistere sulla pace e sulle garanzie di sicurezza per Kiev”.

Ha lodato “l’eroismo” del popolo ucraino e e si è unita alla condanna dell’assenza di Putin a Istanbul. Ma il suo rapporto con i Volenterosi sull’Ucraina appare ora incrinato. Probabilmente la premier tornerà a discuterne con Merz nel bilaterale di Roma. Nel frattempo, le opposizioni sono passate all’attacco parlando di “umiliazione”. Ai vertici “è un fantasma, ha messo l’Italia in panchina”, ha sottolineato Giuseppe Conte. “E’ un’influencer ininfluente”, ha chiosato Matteo Renzi. “E’ ancora fuori dai tavoli che contano”, ha aggiunto Angelo Bonelli di Avs. Parole alle quali la premier ha replicato con durezza: “A chi si lamenta, all’opposizione ad esempio, chiedo la mia stessa chiarezza: ci si chiede di partecipare a questi formati perché dobbiamo mandare le truppe in Ucraina o perché dobbiamo farci una foto e poi dire di no? Io sono una persona seria”.

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