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Cronache

Nave Diciotti, ora il tribunale dei ministri vuole processare il ministro Salvini. Che non vedeva l’ora di difendersi

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Matteo Salvini ha “abusato dei suoi poteri” tenendo per 5 giorni 177 migranti a bordo della nave Diciotti “in condizioni psicofisiche critiche” per motivi “meramente politici” e per questo va processato. Il tribunale dei ministri di Catania chiede al Senato l’autorizzazione a procedere nei confronti del titolare del Viminale, sconfessando il procuratore Carmelo Zuccaro che invece aveva chiesto l’archiviazione. È l’ennesimo assist al social ministro dell’Interno. Che infatti subito imbraccia il suo Facebook e si mette in piazza. Piazza virtuale, ma molto affollata. Salvini ha oltre 3milioni di followers, seguaci.Persone che ogni giorno gli dicono “non mollare”. E lui parla alla pancia di questi italiani.

Nave Diciotti. Sbarcati a Trapani i 65 migranti salvati nelle acque libiche

“Ci riprovano ma io non cambio posizione, la politica dell’immigrazione non la fanno i tribunali, i giudici se ne facciano una ragione” replica il ministro in diretta Facebook incassando la solidarieta’ della leader dell’estrema destra francese Marine Le Pen. “Vergogna quei giudici politicizzati che lo perseguono e vogliono impedirgli di mettere fine all’invasione migratoria”. I magistrati ipotizzano il reato di sequestro di persona aggravato, anche “per esser stato commesso in danno di soggetti minorenni”, che prevede una pena da 3 a 15 anni. Salvini, scrive il tribunale nelle 53 pagine del provvedimento, “nella sua qualita’ di ministro” e “violando le convenzioni internazionali di soccorso in mare e le (…) norme di attuazione nazionali, non consentendo senza giustificato motivo al Dipartimento delle liberta civili e immigrazione di esitare tempestivamente la richiesta di un porto sicuro (…) bloccava la procedura di sbarco dei migranti cosi’ determinando consapevolmente l’illegittima privazione della liberta’ personale di questi ultimi”. Non c’erano infatti, secondo i giudici, motivi di ordine pubblico che potevano consentire a Salvini di impedire lo sbarco e dunque la decisione del ministro e’ stata presa per volonta’ “meramente politica”. Ma cosi’ facendo e’ incorso in una “esplicita violazione delle convenzioni internazionali”: Salvini “ha agito al di fuori delle finalita’ proprie dell’esercizio del potere conferitogli (…) in quanto le scelte politiche (…) non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo piu’ sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti”, cosi’ come stabilito dalle convenzioni internazionali, che “costituiscono una precisa limitazione alla potesta’ legislativa dello Stato in base agli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione”. Accuse che Salvini non nega: “lo ammetto e lo confesso. E mi dichiaro colpevole di altrettanti reati per i mesi a venire. Se sono stato sequestratore una volta ritenetemi sequestratore anche nei mesi a venire. Sono pronto all’ergastolo perche’ ho bloccato e riblocchero’ la procedura di sbarco dei migranti”. Il ministro chiede che i magistrati “facciano bene e in fretta” e rivendica politicamente ogni scelta fatta. “Io non cambio di un centimetro la mia posizione – promette ai suoi followers – E chiedo agli italiani se debba continuare a fare il ministro oppure se dobbiamo demandare a questo o a quel tribunale le politiche dell’immigrazione. Le politiche dell’ immigrazione le decide il governo. Rispetto i giudici e il tribunale di Catania, pero’ arriviamo ad un chiarimento”. In attesa che il Senato si pronunci Salvini rischia pero’ di trovarsi nuovamente nella situazione che lo ha portato a finire indagato. La SeaWatch3, ormai da 6 giorni in mare con 47 migranti a bordo senza avere ancora un porto sicuro, si e’ avvicinata all’Italia e si trova attualmente davanti alle coste della Sicilia Orientale, tra Catania e Augusta. “Stiamo navigando in una tempesta con onde di 7 metri, pioggia e vento gelido – dicono da bordo – cercando un riparo”. “E’ l’ennesima provocazione, no, nisba, niet” replica il ministro chiudendo ogni discorso. Parole che trovano una sponda nell’altro vicepremier Luigi Di Maio. La nave, dice il leader dei cinquestelle, “avra’ da parte del governo italiano, qualora ne avesse bisogno, supporto medico e sanitario. Dopo di che, invito a puntare la prua verso Marsiglia e far sbarcare le persone sul suolo francese, anziche’ aspettare inutilmente nelle acque italiane per giorni”.

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‘Ndrangheta, il clan Briatico voleva uccidere carabiniere in mare

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Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.

Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.

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‘Truffa all’Inps’, arriva altra grana per Santanchè

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Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.

Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.

Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.

Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.

Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.

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Inchiesta corruzione Prato, processo immediato a ufficiale dei Carabinieri

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Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.

Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.

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