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Cultura

Napoli, l’Ottocento e la sorpresa Degas alle Scuderie del Quirinale: curatore della mostra è Bellenger

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Dall’esplosione del Vesuvio in tutto il suo realismo alla materia lavica nelle opere di Burri e Mancini, è un Ottocento che inizia dal Settecento con un muro di Thomas Jones (A well in Naples) del 1782 e finisce nel Novecento perché “un secolo non inizia e finisce in modo matematico”, spiega Sylvain Bellenger, curatore della mostra che racconta Napoli alle Scuderie del Quirinale fino al 16 giugno. ‘Napoli Ottocento. Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner’, sublime e materia, nel lungo titolo di questa mostra che racconta non un città, ma un vero e proprio universo in un secolo totalmente da riscoprire. “Questa è una mostra coraggiosa – spiega ancora Bellenger – prima di tutto perché trattare dell’Ottocento è coraggioso. È il secolo più lungo e più importante per la modernità, ma scandaloso nella testa degli storici dell’arte.

Il più vivo in Italia è poi l’Ottocento napoletano nella sua totalità, anche politica. Sublime è il ritorno al Vesuvio, un concetto che all’inizio di quel secolo significa terrore e meraviglia della natura. Il concetto di materia del resto – aggiunge – si coniuga così con quello di spiritualità e definisce l’arte napoletana della scuola di Posillipo fino all’informale”. Si parte infatti con le varie eruzioni del vulcano che segnano il Settecento, per passare poi all’attrazione per Pompei che mette Napoli al centro della formazione intellettuale degli artisti europei e poi arrivando nel golfo scoprono il mare, la luce incredibilmente intensa, e nasce la scuola del plein air. Ed ecco allora, stanza dopo stanza, colori, luoghi, e personalità che si susseguono con alcuni focus tematici e alcuni su singoli artisti.

C’è la stravolgente Arca di Filippo Palizzi, dove gli animali non fuggono dalle acque ma evidentemente da un’eruzione, quella del Vesuvio, che riduce la terra in polvere. Ci sono i meravigliosi paesaggi bruciati dalla luce di Giuseppe De Nittis, due piccoli William Turner che valgono la mostra nel blu metafisico del loro splendore, le due vedute di Gioacchino Toma, realizzate a quattro anni di distanza nello stesso luogo. Un discorso a parte poi vale il riflettore puntato su Edgar Degas nel suo strettissimo rapporto con Napoli. Di origine napoletana, aveva vissuto l’infanzia nella città e parlava correntemente napoletano: per il curatore, infatti, che qui propone una serie di intensi ritratti dell’artista, è proprio l’influenza napoletana che segna la differenza e l’originalità dell’artista rispetto alla scuola francese.

La Napoli del XIX secolo è anche riconosciuta come un’importante capitale scientifica e qui una videoistallazione di Stefano Gargiulo accompagna il visitatore nella peculiarità della Stazione Zoologica voluta da Anton Dohrn, primo centro di studio oceanografico in Italia. Napoli è stata, terza città d’Europa, dopo Londra e Parigi, sede di una delle più antiche università italiane, della prima scuola di lingue orientali in Europa ad esempio e anche l’orientalismo è oggetto di una delle spettacolari dieci sezioni della mostra. “Una mostra – sintetizza Mario De Simoni, direttore generale delle Scuderie del Quirinale – concepita alla fine della pandemia e dedicata non a caso a una delle città più vitali e più amate, che racconta Napoli nella sua vocazione di grande capitale e che segna una volta di più la fecondità della presenza delle Scuderie nel sistema del ministero della Cultura, questa volta attraverso l’organizzazione congiunta con il Museo e Real Bosco di Capodimonte e la collaborazione con la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea e con la Direzione Regionale Musei della Campania”.

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Cultura

Sangiuliano e Manfredi non lo vogliono ma Lissner farà lo stesso il soprintendente del San Carlo

Nella vertenza Fondazioni Liriche, è stato stabilito che è illegittimo pensionare i 70enni. Lo ha deciso la Consulta trattando il caso del San Carlo. Il Ministero della Cultura dice che mancano solo necessità e urgenza. La verità è che Lissner farà il soprintendente nonostante i no del ministro Sangiuliano e del sindaco di Napoli Manfredi.

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Con la sentenza della Corte Costituzionale cala definitivamente il sipario sul caso del Teatro di San Carlo più di un anno dopo il decreto legge che pensionava i sovrintendenti settantenni dagli Enti lirici e che portò alla cessazione dell’incarico del solo Stephan Lissner (contrattualizzato dal Massimo napoletano fino all’aprile 2025) poi reintegrato nel settembre del 2023 dal Tribunale del Lavoro di Napoli. È stata dichiarata (sentenza n. 146 depositata oggi) l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51 (Disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 3 luglio 2023, n. 87.

“La Consulta – precisano fonti del ministero della Cultura sulla vicenda – ha evidenziato solo la mancanza dei presupposti di necessità e urgenza di provvedere tramite decreto-legge, senza entrare nel merito della decisione di fissare un’età massima per i sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche, che è evidentemente lasciata alle scelte discrezionali del governo”. La vicenda del San Carlo tenne banco la scorsa estate per il susseguirsi di ricorsi e colpi di scena: Lissner infatti era l’unico dei 14 sovrintendenti italiani ad avere già compiuto 70 anni (il 23 gennaio 2023) e per effetto del decreto il suo incarico cessò il 1 giugno.

Il manager francese però decise di combattere ed azionò subito le vie legali. Intanto il 1 agosto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, accoglieva la proposta del Consiglio di Indirizzo della Fondazione presieduta dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e nominava soprintendente Carlo Fuortes, che a maggio si era dimesso dal ruolo di Ad della Rai e che ai primi di settembre sarebbe stato presentato ufficialmente. Ma la sua esperienza napoletana sarebbe durata pochissimo: Lissner è stato reintegrato dal Tribunale di Napoli il 12 settembre. E lo stesso tribunale il mese successivo non ha accolto il ricorso del CdI della Fondazione contro quel reintegro, ritenendo che il decreto legge sul tetto dei 70 anni d’età violasse diversi principi della Costituzione e, tra gli altri, l’articolo 3, sull’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Era la seconda vittoria di Lissner. A quel punto la palla è passata alla Corte Costituzionale. Si è arrivati quindi all’ultimo atto odierno con il deposito della sentenza che ribadisce come il ricorso allo strumento della decretazione d’urgenza, “pur affidato all’autonoma scelta politica del governo, è assoggettato a precisi limiti costituzionali e a regole giuridiche indisponibili da parte della maggioranza, a garanzia della opzione costituzionale per la democrazia parlamentare e della tutela delle minoranze politiche”. Tale potere normativo “non può giustificare lo svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento, che resta la sede della rappresentanza della Nazione (articolo 67 della Costituzione)” e dev’essere esercitato “nel rispetto degli equilibri costituzionalmente necessari”.

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Cultura

A Aurora Tamigio il Bancarella per ‘Il cognome delle donne’

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Aurora Tamigio ha vinto il premio Bancarella 2024 con ‘Il cognome delle donne’ (Feltrinelli): la proclamazione nella serata di ieri a Pontremoli (Massa Carrara), con lo scrutinio in piazza: 185 voti sui 188 possibili i voti assegnati. Un “plebiscito”, spiegano i promotori del premio, alla sua 72/a edizione, che “bissa la vittoria di un’altra donna, Francesca Giannone, autrice de ‘La portalettere’ vincitrice dell’edizione 2023. “Molto vicini ma distanti”, invece, gli altri finalisti: Valeria Galante (Diana e Dario Lama) con ‘La casa delle sirene’ (Mondadori), con 88 preferenze, 84 per Marilù Oliva e la sua ‘L’Iliade cantata dalle dee’ (Solferino), 81 voti per ‘L’inventario delle nuvole’ di Franco Faggiani (Fazi editore), a seguire Emanuela Anechoum con ‘Tangerinn (Edizioni e/o), 66 voti e infine Daniele Pasquini 60, con ‘Selvaggio Ovest’ (Nne).

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Cultura

Giffoni torna capitale dei film e dei giovani

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Sarà che il vero carburante di Giffoni sono proprio i piccoli e i giovani, con le loro menti veloci, l’aria meravigliosamente scanzonata e la smisurata fame di vita, ma anche questa 54/a edizione di quello che Francois Truffaut definì il “Festival più necessario”, dal 19 al 28 luglio, si preannuncia ricca e densa di contenuti ed ospiti importanti. Ma appunto i veri protagonisti saranno ancora loro: i 5mila giffoner da 33 Paesi del mondo con le loro magliette e cappellini colorate dalla tenerezza dei 3 anni fino alla voglia di cambiare il mondo della maggiore età, già arrivati dall’estero e dall’Italia, la maggior parte ospite delle famiglie del territorio. Alle 16.30 verrà tagliato il nastro della nuova sala del Museo Testimoni del Tempo, riservata alle bambine e i bambini di Elements +10 e subito dopo arriverà Vincenzo De Luca, il presidente della regione Campania, principale partner di Giffoni, che sarà accolto dall’ideatore e fondatore Claudio Gubitosi, assieme al sindaco della cittadina campana Antonio Giuliano, al presidente del Festival Pietro Rinaldi e al direttore generale Jacopo Gubitosi.

“Un’emozione che conosciamo bene – spiega il dg Jacopo Gubitosi – ma che ogni anno è sempre diversa, più intensa. È stato un anno molto particolare ma ci siamo e siamo già innamorati di questo bellissimo programma che si svilupperà nei prossimi dieci giorni. Lo abbiamo preparato con cura, con amore, avendo sempre a riferimento quello che è il nostro obiettivo primario, il benessere dei nostri ragazzi, dei nostri giffoner”. L’illusione della distanza è il tema di questa edizione (visibile in streaming attraverso il sito giffoni.it e sui canali social ufficiali), a cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha concesso il suo alto patronato, declinato in tutte le sue forme, in ogni suo spazio, scelto per indicare i pericoli del senso di isolamento che si insinua nella vita delle nuove generazioni con la paura dell’altro, del diverso, del lontano, con l’inganno di sentirsi separati. Molto ricco il programma della prima giornata. Anteprima di apertura “L’ultima settimana di settembre”, l’opera prima di Gianni De Blasi, al cinema dal 12 settembre e distribuita da Medusa Film. Nel cast Biagio Venditti che, assieme al regista, incontrerà i juror.

La produzione è Tramp Limited, in associazione con Passo Uno Cinema e Medusa Film e in collaborazione con Prime Video. E ancora, la seconda stagione di Tutto chiede salvezza, l’attesa serie Netflix prodotta da Picomedia, in piattaforma dal 26 settembre. A raccontarsi saranno il regista Francesco Bruni, lo sceneggiatore e autore del romanzo Daniele Mencarelli, insieme ai protagonisti Federico Cesari, Fotinì Peluso e Drusilla Foer. I tantissimi incontri dei talent con i juror partono con Rosa Diletta Rossi e la giovanissima doppiatrice Arianna Craviotto. Attesi anche Paolo Bonolis, Paolo Celata (La7) e l’illustratore e vignettista Fabio Magnasciutti. Nel corso della prima giornata di festival sarà presentato il progetto Impatto giovani, seconda edizione dell’iniziativa co-finanziata dal Dipartimento per le Politiche Giovanili ed il Servizio Civile Universale e poi il nuovo capitolo della collaborazione tra Giffoni ed il Parco Archeologico di Paestum e Velia: la presentazione del cortometraggio Elea – La rinascita con il contributo della regione Campania e alla presenza di Filippo Ungaro, responsabile della comunicazione e portavoce Unhcr Italia. Torna infine Vivo Giffoni StreetFest, il festival diffuso di arte, teatro, laboratori, realizzato in collaborazione con Casa del contemporaneo e le nuvole – Teatro, Arte, Scienza con oltre 100 eventi. E dalle 21, nella Piazza della Cittadella, sarà possibile osservare la luna e le stelle grazie al Centro Astronomico “Neil Armstrong” di Salerno.

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