Non sono tra quelli che esauriscono l’argomento volontari delle navi Ong e migranti raccolti nel Mediterraneo come un affare criminale tout court. Sono certo che qualche nave Ong si è trovata spesso nel posto giusto al momento giusto (ovvero là dove le bagnarole del mare venivano abbandonate dai trafficanti di carne umana con centinaia di disperati) non tanto o non sempre per accordi con gli scafisti
Migranti. Accoglienza dopo lo sbarco
ma perché c’era una reciproca convenienza. La convenienza degli scafisti è quella di liberarsi del carico umano poco fuori le acque libiche, senza rischiare di essere intercettati dai pattugliatori italiani o di altri Paesi europei che incrociano nel Mediterraneo. La convenienza delle navi Ong potrebbe essere quella di sapere dove trovarsi in modo da salvare vite umane destinate a essere ingoiate dal mare. C’è un filo diretto tra alcuni equipaggi di navi Ong e scafisti? Alcune inchieste ci diranno qualcosa di più serio di semplici chiacchiere. Ong e scafisti hanno finalità diverse. Per dire il contrario occorrono prove, non basta la propaganda politica di questo o quel leader per mero calcolo elettorale. Il Mediterraneo è stato un mare/bara per migliaia di migranti in questi anni. E comunque la si voglia guardare questa emergenza, questo esodo biblico dall’Africa Subsahariana alle coste della sponda sud del Mediterraneo, la politica europea non ha mai affrontato con serietà le questioni che sono alla base dello spostamento di popoli interi che lasciano un continente per approdare in Europa.
Per anni l’Italia è stata lasciata sola davanti a questa tragedia. Da qualche settimana, la rudezza, o se vi piace di più la ruvidezza del neo ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, che ha sigillato i porti del Belpaese e non consente attracchi di navi Ong cariche di migranti che non rispettano il codice di navigazione e i trattati internazionali, ha obbligato molti paesi europei a smetterla di fingere di non capire che l’Italia non può continuare a gestire da sola questo esodo di popolo dall’Africa. Aver bloccato la nave Aquarius con 629 migranti a bordo per giorni davanti alle acque maltesi e costretto il Governo spagnolo ad aprire il porto di Valencia per accogliere questo carico di disperati è stato un primo segnale. Stessa cosa è accaduta con un’altra nave di una Ong, la Lifeline. L’Italia ha chiuso i suoi porti, otto paesi europei (Italia compresa) hanno accettato di accogliere i migranti a bordo della Lifeline, che ha concluso il suo viaggio nel porto di Malta. Certo il balletto penoso dei porti italiani chiusi per smascherare il silenzio dell’Europa potevamo risparmiarlo a quegli esseri umani che si trovavano a bordo di navi che li avevano pescati in mare. Ed è evidente che a nessuno è consentito in Europa di dare lezioni di civiltà all’Italia. La Spagna non può rifarsi una verginità sulle politiche migratorie col solo annuncio di ospitare i migranti di Aquarius. Madrid non solo non brilla per accoglienza ma usa con i migranti più o meno gli stessi metodi dei militari libici per non farli partire sui barconi in direzione dell’Italia quando il nostro Paese manda i milioni della cooperazione. La Spagna usa metodi di inaudita violenza nelle enclaves di Ceuta e Melilla, sui respingimenti in mare nello stretto di Gibilterra, sugli speronamenti di gommoni marocchini o tunisini, talvolta con morti, per evitare che migranti senza permessi entrino nelle acque spagnole o mettano piede sulla terra di Spagna. Così come é degna di peggior causa la baldanza francese in fatto di accoglienza dei migranti. I francesi son quelli che espellono, rincorrono, bastonano e umiliano migranti anche su territorio italiano. I francesi sono quelli che con le loro guerre e i loro sterminii (in Libia hanno rovesciato uno Stato sovrano) hanno destabilizzato l’intero corno d’Africa per i loro sporchi affari. In questo contesto l’Europa deve capire che è indispensabile cooperare (anche economicamente) con Italia e Grecia nel gestire primo soccorso, cure, accoglienza e ripartire il flusso dei migranti equamente in tutto il Continente. L’Europa deve pensare a come fronteggiare questo disastro andando alla radice di questo esodo biblico che nessun esercito e nessuna frontiera fermerà mai. Se l’Europa continua a fingere di non capire l’Italia, come la Grecia, questi Paesi, devono fare qualcosa. E quel qualcosa è una sola cosa. Primo: salvare vite umane. Poi dopo aver salvate le vite umane, sbarcarle, rifocillarle, fornirle di una documentazione e quindi lasciare andare queste persone libere là dove credono. Questo però significherebbe che l’Europa come istituzione non esiste più. Soprattutto se la stessa Europa che pretende di dare lezioni di morale agli italiani ogni anno versa al capo islamico della Repubblica democratica di Turchia, Recep Tayyip Erdogan, oltre 4 miliardi di euro per gestire con metodi brutali i campi di accoglienza (sono dei lager a guardare alcuni reportage della CNN) ai confini con la Siria e fermare così quell’esodo biblico di siriani, afghani, iracheni (cittadini di paesi in guerra dove c’era e c’è da estirpare il cancro del Califfato islamico del sedicente Isis) che stava per investire i balcani con centinaia di migliaia di persone che sarebbero arrivate prima in Austria, poi in Germania, quindi nel nord Europa.
Antimafia, otto candidati “impresentabili” tra Campania e Puglia: un elenco che solleva dubbi sui diritti politici
La Commissione Antimafia indica otto candidati “impresentabili” tra Campania e Puglia. Ma la definizione solleva perplessità: o si ha diritto a candidarsi o no, senza ambiguità sulle garanzie dei diritti.
Sono otto i candidati definiti “impresentabili” dalla Commissione parlamentare Antimafia presieduta da Chiara Colosimo (foto Imagoeconimica) in vista delle prossime elezioni regionali in Campania e Puglia. Nessun nome, invece, risulta per le consultazioni in Veneto. Le verifiche dell’Antimafia riguardano le violazioni del codice di autoregolamentazione, documento interno che la Commissione utilizza per valutare la compatibilità morale e giudiziaria dei candidati.
Le liste coinvolte in Campania e Puglia
In Campania, tre candidati provengono da liste che sostengono la corsa del centrodestra con Edmondo Cirielli candidato governatore, mentre un altro figura tra i sostenitori di Roberto Fico, candidato del campo largo. In Puglia, invece, tre candidati si trovano nelle liste di Forza Italia, a sostegno di Luigi Lobuono, e uno nella lista “Alleanza Civica per la Puglia”. La Commissione ha inoltre segnalato altri candidati “impresentabili” nelle amministrative dei Comuni sciolti per mafia, tra cui Caivano, Monteforte Irpino, Acquaro e Capistrano.
Una definizione che apre un problema di principio
Il termine “impresentabile”, usato dall’Antimafia, pone una questione delicata sotto il profilo delle garanzie dei diritti politici. O un cittadino ha diritto a candidarsi — secondo quanto previsto dalla legge e nel rispetto della presunzione di innocenza — oppure non lo ha. In un ordinamento democratico fondato sul diritto, non dovrebbe esistere una zona grigia in cui un candidato, pur avendo pieno diritto legale a partecipare alle elezioni, venga pubblicamente indicato come “impresentabile” da un’istituzione parlamentare. Per questo, in questa sede, il termine viene utilizzato esclusivamente per richiamare la definizione ufficiale adottata dalla Commissione Antimafia, senza condividerne l’impianto concettuale, che rischia di trasformarsi in un giudizio politico o morale non previsto dalle leggi.
L’altra inchiesta: il clan D’Alessandro e il “business del caffè”
Nel frattempo, un’altra vicenda giudiziaria ha riacceso l’attenzione sulla criminalità organizzata in Campania. Le indagini dei carabinieri di Torre Annunziata e della Direzione distrettuale antimafia di Napoli hanno documentato due episodi di estorsione legati al clan D’Alessandro, che avrebbe imposto la vendita di un determinato tipo di caffè ai bar di Castellammare di Stabia. Secondo le intercettazioni, la gestione del “business del caffè” avrebbe persino causato una frattura interna al clan, con una fazione che imponeva il prodotto a bar, uffici e negozi, e un’altra che si limitava a venderlo. Nell’agosto del 2021 l’attività estorsiva di questa fazione cessò quando il responsabile fu trasferito nel Lazio per ordine dei vertici, al fine di salvaguardare gli equilibri interni.
Un contesto complesso, quello descritto dalle indagini e dalle segnalazioni parlamentari, che impone una riflessione non solo sul contrasto alla criminalità, ma anche sulla tutela piena e imparziale dei diritti civili e politici di ogni cittadino.
Santanchè, gli affitti brevi e la difesa della lobby degli albergatori a danno delle famiglie
La ministra Santanchè difende gli interessi degli albergatori e colpisce chi affitta la propria casa per campare, mentre il governo Meloni aumenta tasse e burocrazia sui piccoli proprietari.
Le parole di Daniela Santanchè sugli affitti brevi pronunciate a Napoli sono l’ennesimo esempio di una politica schierata con le lobby degli albergatori, pronte a difendere i propri privilegi anche a costo di penalizzare migliaia di famiglie italiane che affittano una stanza o un appartamento per sopravvivere.
La ministra, invischiata in processi giudiziari ancora fermi al palo e con un nutrito carnet di amicizie nel settore, parla di “lotta al sommerso” e di “tutela della proprietà privata”. Ma la realtà è che il suo governo, più che tutelare la proprietà, la sta lentamente svuotando di senso per chi vive di piccoli affitti. Il Codice identificativo nazionale (CIN), la trovata burocratica inventata dalla Santanchè, è solo il primo passo per schedare e complicare la vita a chi ospita turisti.
Secondo le nuove regole, un alloggio deve avere almeno 28 metri quadrati per due persone e 20 per una. Negli alberghi, invece, bastano 9 metri quadrati per una persona e 14 per due. In alcune regioni si dorme anche in camere da 7 metri quadrati, e in certi casi in veri e propri loculi da 3 metri, ma solo se l’attività è “autorizzata”.
La Santanchè, che parla di “agevolare le famiglie”, finge di ignorare che chi affitta una casa con Booking o Airbnb è già tartassato. Su 100 euro di incasso lordo, un piccolo proprietario paga:
21 euro di cedolare secca (che saliranno a 26 se l’immobile non è prima casa);
21 euro di commissioni a Booking, tra percentuali, IVA e costi di transazione;
Spese per acqua, luce, gas, internet, climatizzazione e tasse di soggiorno;
Costi per pulizie, lavanderia, prodotti, manutenzione e comunicazioni obbligatorie a polizia e comune.
Alla fine, restano 15-18 euro di guadagno reale su 100 incassati. Questa è la realtà di chi affitta legalmente, paga tutto, e mantiene viva una microeconomia familiare che il governo invece sta affossando.
Aumentare la tassazione al 26 per cento non farà emergere il sommerso, ma spingerà molti ad affittare in nero o a chiudere del tutto. E allora, prima di dire “scemenze” in pubblico, la ministra Santanchè farebbe bene a ricordare che non tutti possono contare su patrimoni milionari o sulla rete di amicizie che lei vanta nel settore del lusso.
Chi oggi affitta una casa lo fa per campare, non per arricchirsi. E meriterebbe rispetto, non sospetto.
Bufera sul Garante per la Privacy, Stanzione respinge le accuse: “Non ci dimetteremo, attacco politico”
Il presidente del Garante per la Privacy Pasquale Stanzione respinge le accuse di contiguità politica e nega le dimissioni. Pd e M5S chiedono l’azzeramento dell’Autorità dopo il caso Report.
Il presidente del Garante per la Privacy, Pasquale Stanzione (foto Imagoeconomica), ha respinto con fermezza le richieste di dimissioni arrivate dalle opposizioni dopo il caso Report, assicurando che il collegio non si dimetterà.
“Le accuse sono totalmente infondate”, ha dichiarato Stanzione, aggiungendo che “quando la politica grida allo scioglimento o alle dimissioni dell’Autorità, non è più credibile”.
La polemica e il caso Report
La bufera è nata dopo un servizio della trasmissione Report, condotta da Sigfrido Ranucci, che ha ipotizzato contiguità politiche e conflitti d’interesse all’interno dell’Autorità. Nel mirino è finito in particolare Agostino Ghiglia, membro del collegio, accusato di vicinanza a Fratelli d’Italia e collegato da Report alla multa inflitta alla stessa trasmissione dopo la messa in onda di un audio privato tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie.
“La narrazione di un Garante subalterno alla maggioranza di governo è una mistificazione che mira a delegittimarne l’azione – ha replicato Stanzione –. Il Garante assume decisioni talvolta contrarie, talvolta favorevoli al governo. Questa è la vera autonomia”.
Le reazioni delle opposizioni
Le opposizioni – Pd, M5S e Avs – hanno chiesto l’azzeramento del collegio e le dimissioni immediate del presidente, definendo “indegna” l’intervista di Stanzione al Tg1. I parlamentari del Movimento 5 Stelle in Commissione di Vigilanza Rai hanno annunciato un’interrogazione sull’episodio, accusando la testata di essersi “prestata a un comizio difensivo”.
“Non ha più credibilità per andare avanti”, ha detto Stefano Patuanelli, capogruppo M5S al Senato, mentre Giuseppe Conte, a DiMartedì, ha parlato apertamente di “azzeramento necessario”.
Le proposte di riforma
Nel dibattito è intervenuto anche il senatore Dario Parrini (Pd), vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, proponendo di introdurre un quorum qualificato dei tre quinti del Parlamento per eleggere i membri delle autorità indipendenti, come avviene per la Corte Costituzionale o il Csm.
“Oggi l’attuale Garante è stato eletto nel 2020 con meno del 40% dei voti degli aventi diritto”, ha ricordato Parrini.
Anche l’eurodeputato Sandro Ruotolo ha definito la situazione “paradossale”:
“Abbiamo la possibilità di far dimettere il Capo dello Stato, ma non il collegio del Garante della Privacy. Serve un passo indietro e una riforma per garantire indipendenza e qualità”.
Il limite istituzionale
Come ha ricordato il giurista ed ex presidente Rai Roberto Zaccaria, né il governo né il Parlamento possono imporre lo scioglimento del Garante.
“L’unica ipotesi è che la maggioranza dei componenti, quindi tre su quattro, si dimetta. Altre non ne vedo in questo momento”.
Per ora, Stanzione non arretra: il Garante resta al suo posto, mentre lo scontro politico intorno all’Autorità continua ad alimentarsi.