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Politica

Meloni: ora non penso ora al commissario, prima ci vogliono le risorse

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“L’Europa è con voi”. Ursula von der Leyen ha voluto vedere in prima persona i disastri causati dall’alluvione in Emilia Romagna e dopo il sorvolo in elicottero ha mandato un “messaggio chiaro” alla popolazione alle prese con morti, frane, strade distrutte e case inagibili. È la promessa di un aiuto indispensabile per l’Italia. Il governo confida in “un occhio di riguardo” da Bruxelles e “nelle prossime settimane” chiederà l’accesso al Fondo di solidarietà europea, quando sarà definita la stima dei danni, come ha annunciato Giorgia Meloni.

Quello spaventoso calcolo è la condizione per iniziare a pensare alla ricostruzione e al commissario, ha chiarito la premier, rispondendo quasi stizzita a una domanda sul tema che ha prodotto qualche scintilla nella sua coalizione negli ultimi giorni. “Sono molto colpita che sia questo il dibattito che vi interessa mentre ancora si stanno celebrando i funerali delle persone – le parole della premier ai giornalisti nel punto stampa all’aeroporto di Bologna -. Noi ci stiamo occupando di ricostruire, di fare del nostro meglio, di trovare le risorse: quando arriverà il tempo della ricostruzione ci occuperemo del commissario per la ricostruzione. Diciamo che oggi il mio principale problema non è chi spende i soldi, è trovarli”.

Un ragionamento valido “anche per i governatori di centrodestra”, chiarisce replicando a chi fa notare che pure secondo Zaia, Toti e Occhiuto quel ruolo spetta al presidente della Regione. E in questo caso, quindi a Stefano Bonaccini, che già ha ereditato dal suo predecessore Vasco Errani l’incarico di commissario per la ricostruzione dopo il sisma del 2012. L’allora governo, quello tecnico guidato da Mario Monti, deliberò quella nomina in dieci giorni, all’indomani di una nuova scossa, mentre si piangevano diverse vittime. Su una soluzione rapida di quel tipo spinge Bonaccini, sostenuto da buona parte del mondo imprenditoriale e sociale della sua regione. Al momento, però, le parole della premier confermano che è un’ipotesi quanto meno in stand-by. Del commissario, dice un ministro, “si parlerà dopo la fine dello stato di emergenza”.

Che nel frattempo il Consiglio dei ministri ha esteso ad alcuni comuni di Marche e Toscana colpiti dall’alluvione ( garantendo altri 8 milioni di euro ai comuni interessati). Con tre regioni coinvolte, è la riflessione che si fa in ambienti di governo, è difficile assegnare la ricostruzione al governatore di una sola. Dalla regione più colpita, però, a fronte delle polemiche si fa notare che anche nel sisma del 2012 furono coinvolte la provincia veneta di Rovigo e quella lombarda di Mantova, ma ciò non impedì di affidare il ruolo di commissario a chi guidava l’Emilia Romagna. Oggi come allora, aggiungono le stesse fonti, si deve puntare su una gestione commissariale incardinata nelle istituzioni territoriali. Intanto, Bonaccini ringrazia la premier per la seconda visita in pochi giorni, e i due assicurano all’unisono: “Insieme stiamo lavorando molto bene”. Il presidente del Pd è anche “soddisfatto delle rassicurazioni” di von der Leyen.

“La fonte principale sarà il Fondo di solidarietà – spiega la presidente della Commissione -: c’è un primo pagamento, poi serve la stima dei danni per un’idea chiara di quale possa essere il contributo dell’Europa. Succederà nel giro di tre mesi”. Ci sono poi, aggiunge, anche i Fondi di coesione (che l’Italia tradizionalmente fatica a spendere) e i 6 miliardi per la prevenzione di inondazioni e terremoti previsti nel NextGenerationEu. Ad ogni modo, “il sostegno dell’Ue può essere in questa fase molto importante”, sottolinea Meloni, secondo cui era significativo che von der Leyen vedesse “coi suoi occhi l’estensione del problema e i problemi multiformi perché avremo bisogno di un occhio di riguardo su questa regione, sugli altri fondi, dai fondi di coesione in poi, e anche sul tema agricolo”.

Un surplus di flessibilità, è la richiesta avanzata a Bruxelles da Roma, che intanto ha ricevuto concreti segnali di solidarietà internazionale, con l’attivazione del meccanismo europeo di protezione civile e nove stati Ue che hanno offerto la loro disponibilità. Von der Leyen ha concluso il sopralluogo per le strade infangate di Cesena, accompagnata anche dal ministro Raffaele Fitto. Il “presidente Fitto”, lo ha chiamato Meloni con un lapsus che ha corretto in fretta per evitare dietrologie a un anno dalle elezioni europee: “Tranquillizzo tutti, non è una candidatura…”.

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Politica

Mafie: Sciarra, Consulta si occupa anche di chi si ravvede

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 Sulla criminalità organizzata “l’inasprimento delle misure, a seguito della strage a Capaci, e la ricaduta delle stesse sul regime penitenziario, hanno indotto la Corte a occuparsi anche di recente della condizione di quanti, detenuti per delitti connessi alla criminalità organizzata, avessero avviato un percorso di ravvedimento e reciso i legami con le organizzazioni. Questa strada non è deviazione dal cammino originario – che riconosce la conformità a Costituzione di misure per contrastare la criminalità organizzata – quanto piuttosto un cammino parallelo”. Così il presidente della Consulta Silvana Sciarra.

Sulla criminalità organizzata “l’inasprimento delle misure, a seguito della strage a Capaci, e la ricaduta delle stesse sul regime penitenziario, hanno indotto la Corte a occuparsi anche di recente della condizione di quanti, detenuti per delitti connessi alla criminalità organizzata, avessero avviato un percorso di ravvedimento e reciso i legami con le organizzazioni. Questa strada non è deviazione dal cammino originario – che riconosce la conformità a Costituzione di misure per contrastare la criminalità organizzata – quanto piuttosto un cammino parallelo”. Così il presidente della Consulta Silvana Sciarra.

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Economia

La crescita c’è ma moderata. Resta il nodo del cuneo

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L’Italia modera il passo ma continua a crescere, nonostante le prospettive economiche generali restino fortemente incerte a causa di un’inflazione più persistente delle attese. Dopo la revisione al rialzo delle stime di Fmi e Ue, ora è il centro studi di Confindustria a confermare l’andamento positivo del Pil italiano anche per il secondo trimestre, soprattutto grazie al turismo che continua a correre ed è ormai tornato ai livelli pre-Covid. Migliori saranno i numeri del Pil e maggiori saranno gli spazi che il governo avrà a disposizione per i suoi interventi, come rendere strutturale ed ampliare quel taglio del cuneo fiscale annunciato al festival dell’economia di Trento dalla premier Giorgia Meloni.

In totale il taglio per quest’anno vale 8,5-9 miliardi. Per capire se le risorse ci saranno anche l’anno prossimo bisognerà aspettare settembre, quando la nota di aggiornamento al Def farà i calcoli aggiornati delle uscite e delle entrate. Nell’analisi mensile sulla congiuntura Confindustria spiega che il secondo trimestre 2023 si è aperto con qualche segnale debole per l’Italia, dopo il buon andamento del Pil a inizio anno. La situazione è solida nei servizi, con il turismo nei primi tre mesi dell’anno salito al di sopra dei livelli del 2022, portandosi intorno a quelli del 2019. Più grigia la situazione di industria e costruzioni. Il calo del prezzo del gas è una potente spinta positiva, spiega Confindustria, ma i consumi restano zavorrati dall’inflazione, risalita ad aprile da +7,6% a +8,2% su base annua. Dovrebbe essere una risalita solo temporanea, perché nei prossimi mesi peseranno il prezzo del gas sempre più basso e gli effetti sempre più pieni del rialzo dei tassi.

I rialzi dei tassi, da parte loro, stanno pesando sugli investimenti, rallentati dal costo del credito alle stelle: il tasso pagato dalle imprese italiane è balzato a 4,30% a marzo, oltre il triplo del livello di fine 2021 (1,18%). Calando i prestiti, per Confindustria manca un sostegno a produzione e investimenti. Inoltre, l’export si è praticamente arrestato, data la frenata mondiale. Tutto ciò ha portato a marzo al terzo calo consecutivo della produzione industriale. La sfida per l’economia italiana è continuare a crescere anche in un contesto di debolezza che i rialzi dei tassi stanno alimentando: la produzione industriale dell’area euro scivola a marzo (-4,1%), portando il 1° trimestre in negativo (-0,2%), e la Germania è finita in recessione tecnica.

Se il Pil italiano reggerà alla prova dei prossimi rialzi (il mercato ne ha prezzati almeno due) e a quella dell’attuazione del Pnrr, a settembre si faranno i conti dello spazio disponibile anche per intervenire nuovamente sul cuneo fiscale. Il governo Meloni l’ha già fatto due volte. La prima in manovra, rifinanziando il taglio del 2% introdotto da Draghi per i redditi fino ai 35mila euro e incrementandolo al 3% per quelli fino a 25mila euro, con un costo complessivo di circa 5 miliardi. La seconda nel decreto lavoro, dove il taglio del cuneo fiscale è salito a 4 punti per i redditi fino a 35mila euro lordi.

Vale nel complesso 3,5-4 miliardi che spalmati in 9 mesi, secondo alcune valutazioni, può tradursi fino a 80-100 euro mensili in busta paga. L’intervento scade a fine anno, ma il governo aveva già annunciato di voler trovare i fondi per prorogarlo. Sul fronte del Pnrr, assicura da Trento il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, non ci saranno problemi perché “è uno degli impegni fondamentali del governo”. Non a caso il ministro responsabile del piano, Raffaele Fitto, fa un appello alla collaborazione a tutti i soggetti coinvolti e in particolare chiede alla Corte dei Conti un supporto “nella fase di rendicontazione, di campionamento, e di verifica del raggiungimento dei risultati’ dopo la relazione di ieri di giudici contabili.

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Politica

L’Ue lavora all’ipotesi quote nazionali per i migranti

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Il difficilissimo negoziato sul nuovo Patto per la migrazione entra nel vivo in vista del Consiglio Affari Interni in calendario per il prossimo 8 giugno. Premesso che non v’è nulla di certo poiché i 27 stanno trattando guidati dalla stella polare del ‘niente è deciso finché tutto è deciso’, è emersa l’ipotesi d’istituire una formula – calcolata sulla base di dati oggettivi e condivisi – per definire “la capacità adeguata” di ogni Paese nell’ospitare i migranti (e la relativa applicazione delle “procedure di frontiera” d’identificazione). Perché per trovare la quadra da qualche parte bisognerà pur partire. A questo meccanismo dinamico – che terrebbe in conto i flussi d’ingresso e di uscita – si affiancherebbe “un tetto annuale”. Ovvero una rassicurazione per quei Paesi, come l’Italia, più soggetti agli arrivi. Tutte queste quote e soglie – i cui parametri sono essi stessi oggetto di discussioni – sarebbero funzionali a far scattare gli interventi di “solidarietà obbligatoria” da parte degli altri Stati. E qui è doverosa una parentesi. Sull’onda delle bordate partite dalla Polonia, che di fatto ha rotto la pace negoziale scandendo di non essere disposta ad accettare “ricollocamenti forzati di migranti”, sia la presidenza di turno sia la Commissione hanno escluso che sia un’ipotesi all’ordine del giorno.

Varsavia ha poi nuovamente calcato la mano sul concetto di difesa della propria sovranità ma, con le elezioni alle porte, potrebbe essere una sparata a uso e consumo interno. In realtà una bozza di mediazione proposta dalla presidenza  indica come necessario “raffinare ulteriormente l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità” nonché “tenere conto della particolare posizione geografica degli Stati membri di frontiera”. Una chiara apertura al club dei Med5, che da tempo chiedono attenzione sul tema degli sbarchi. Il testo d’altra parte esclude senza ombra di dubbio “l’obbligatorietà dei ricollocamenti” e prevede appunto altre misure di solidarietà, come i “contributi finanziari” e non meglio precisati “altri interventi”. L’obiettivo, infatti, è rendere obbligatorio “il principio di solidarietà” e non una misura a favore di un’altra.

Pure qui però le cose potrebbero complicarsi. Il rappresentante permanente della Polonia presso l’Ue, Andrzej Sados, avrebbe messo in evidenza il fatto che il Paese ha accolto finora un milione di rifugiati ucraini a fronte di 200 milioni di euro forniti dall’Ue per assisterli, in pratica 200 euro a rifugiato. L’esecutivo blustellato invece prevedrebbe di addebitare 22.000 euro a persona ai Paesi che non sono disposti ad accettare migranti irregolari nell’ambito del meccanismo di solidarietà. Una sproporzione che nasconderebbe “intenti punitivi”. Insomma, anche sui soldi si rischiano potenziali punti di scontro. Resta il fatto che il tempo scorre. L’ambizione ora è di chiudere il mandato negoziale del Consiglio e poter avviare il trilogo con Commissione e Parlamento entro luglio perlomeno sulla parte che riguarda la gestione dell’asilo e della migrazione. Anche perché il Patto si compone di un mosaico molto articolato composto da varie tessere legislative, come direttive, raccomandazioni e regolamenti. L’orizzonte è la fine della legislatura, nel 2024. Ma certi treni, se non partiranno in orario, rischiano di non partire affatto.

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