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Politica

Chiocci al Tg1 e Preziosi al Tg2, domani nomine in cda

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Tutte confermate le indiscrezioni della vigilia per le nomine alla guida di testate e generi in Rai. Sono arrivati questa mattina ai membri del consiglio di amministrazione i curricula dei direttori proposti dal nuovo Ad Roberto Sergio alla prima riunione utile dopo il suo insediamento. Un intervento corposo, che mette mano anche al Tg1 dove andrà il direttore dell’Adnkronos, Gian Marco Chiocci, sponsorizzato dalla premier Giorgia Meloni, e il Tg2, casella conquistata da Forza Italia per Antonio Preziosi. L’Ad può contare su tre voti favorevoli su sette, il suo e quello dei due consiglieri di maggioranza, Simona Agnes eletta in quota Forza Italia e Igor De Biasio eletto in quota Lega, che sarebbero comunque sufficienti per il via libera. Per bloccare le nomine editoriali servono infatti cinque voti in consiglio.

Non ci saranno, ma non mancano i malumori. La presidente Marinella Soldi nei giorni scorsi aveva pubblicamente espresso il suo malcontento per la scarsa presenza di figure femminili e si appresterebbe ad astenersi quantomeno in alcune nomine, come quella di Chiocci, anche perché è un esterno. La consigliera in quota Pd, Francesca Bria, parla, in una dichiarazione a Repubblica, di nomine “irricevibili nel merito e nel metodo” e di “lottizzazione selvaggia dell’azienda da parte della maggioranza” e quindi voterà contro. Un altro no potrebbe arrivare dal consigliere eletto dai dipendenti Riccardo Laganà, che potrebbe però optare anche per l’uscita dalla sala come in occasione di precedenti nomine alle testate. Dubbi sul pacchetto di nomine anche nel Movimento 5 Stelle, anche se il voto di Alessandro Di Majo resta incerto. “Di piena invadenza e interferenza del governo” parla l’Usigrai che stigmatizza, oltre alle scelte di giornalisti esterni, la scarsa presenza femminile, come fa anche l’associazione Giulia. Sul fronte opposto, fonti del settimo piano di Viale Mazzini, fanno notare che un giudizio si potrà dare solo quando il quadro complessivo delle nomine sarà definito.

L’Ad avrà, infatti, due donne come capo e vice del suo staff e i cda delle controllate Rai Com e Rai Cinema avranno una rappresentanza paritaria dei due sessi. Inoltre saranno confermate tre donne in direzioni di genere chiave come Fiction, Cultura e Rai Play ed è prevista una guida femminile, cioè Monica Maggioni, anche all’Offerta Informativa. Infine, anche a Isoradio resterà una donna che, almeno per il momento, continuerà ad essere Angela Mariella, in quota Lega. Il quadro vede anche la conferma, per Fdi, di Paolo Petrecca a Rainews. Il Movimento Cinque Stelle avrebbe voluto quel ruolo per Giuseppe Carboni, che però è destinato a Rai Parlamento, e ha ottenuto anche la direzione Cinema e Serie tv per Adriano De Maio, Radio 2 per Simona Sala e la presidenza di Rai Com per Claudia Mazzola.

La Lega potrà contare sul Gr Radio, dove è in arrivo Francesco Pionati, con lo spostamento di Andrea Vianello alla guida della Tv di San Marino, e sulla conferma alla Tgr di Alessandro Casarin, che dovrebbe lasciare il testimone tra poco più di un anno al condirettore Roberto Pacchetti. Forza Italia la spunta a Raisport con Jacopo Volpi, che raggiungerà l’età pensionabile tra un anno, ma dovrebbe rimanere in sella per qualche mese in più per coprire le Olimpiadi di Parigi in programma a luglio e agosto. L’Intrattenimento Day Time va ad Angelo Mellone, gradito a Fratelli d’Italia. La direzione Approfondimento andrà a Paolo Corsini, sempre in quota Fdi, mentre Nicola Rao dal Tg2 passerà alla direzione Comunicazione.

Apprezzato dalla Lega è, invece, Marcello Ciannamea che è destinato al timone dell’Intrattenimento Prime Time lasciando così a Stefano Coletta la direzione Distribuzione. Ai Contenuti Digitali arriva Maurizio Imbriale, mentre le deleghe per la direzione Radiofonia, ruolo occupato da Sergio prima della nomina ad Ad, dovrebbero andare al vicedirettore Flavio Mucciante. I dem vedranno la conferma di Mario Orfeo al Tg3 e di Andrea Montanari a Radio 3, oltre che di Maria Pia Ammirati alla Fiction, Silvia Calandrelli alla Cultura, Elena Capparelli a Rai Play e di Paolo Del Brocco, che resterà Ad di Rai Cinema.

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Politica

Mafie: Sciarra, Consulta si occupa anche di chi si ravvede

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 Sulla criminalità organizzata “l’inasprimento delle misure, a seguito della strage a Capaci, e la ricaduta delle stesse sul regime penitenziario, hanno indotto la Corte a occuparsi anche di recente della condizione di quanti, detenuti per delitti connessi alla criminalità organizzata, avessero avviato un percorso di ravvedimento e reciso i legami con le organizzazioni. Questa strada non è deviazione dal cammino originario – che riconosce la conformità a Costituzione di misure per contrastare la criminalità organizzata – quanto piuttosto un cammino parallelo”. Così il presidente della Consulta Silvana Sciarra.

Sulla criminalità organizzata “l’inasprimento delle misure, a seguito della strage a Capaci, e la ricaduta delle stesse sul regime penitenziario, hanno indotto la Corte a occuparsi anche di recente della condizione di quanti, detenuti per delitti connessi alla criminalità organizzata, avessero avviato un percorso di ravvedimento e reciso i legami con le organizzazioni. Questa strada non è deviazione dal cammino originario – che riconosce la conformità a Costituzione di misure per contrastare la criminalità organizzata – quanto piuttosto un cammino parallelo”. Così il presidente della Consulta Silvana Sciarra.

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Economia

La crescita c’è ma moderata. Resta il nodo del cuneo

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L’Italia modera il passo ma continua a crescere, nonostante le prospettive economiche generali restino fortemente incerte a causa di un’inflazione più persistente delle attese. Dopo la revisione al rialzo delle stime di Fmi e Ue, ora è il centro studi di Confindustria a confermare l’andamento positivo del Pil italiano anche per il secondo trimestre, soprattutto grazie al turismo che continua a correre ed è ormai tornato ai livelli pre-Covid. Migliori saranno i numeri del Pil e maggiori saranno gli spazi che il governo avrà a disposizione per i suoi interventi, come rendere strutturale ed ampliare quel taglio del cuneo fiscale annunciato al festival dell’economia di Trento dalla premier Giorgia Meloni.

In totale il taglio per quest’anno vale 8,5-9 miliardi. Per capire se le risorse ci saranno anche l’anno prossimo bisognerà aspettare settembre, quando la nota di aggiornamento al Def farà i calcoli aggiornati delle uscite e delle entrate. Nell’analisi mensile sulla congiuntura Confindustria spiega che il secondo trimestre 2023 si è aperto con qualche segnale debole per l’Italia, dopo il buon andamento del Pil a inizio anno. La situazione è solida nei servizi, con il turismo nei primi tre mesi dell’anno salito al di sopra dei livelli del 2022, portandosi intorno a quelli del 2019. Più grigia la situazione di industria e costruzioni. Il calo del prezzo del gas è una potente spinta positiva, spiega Confindustria, ma i consumi restano zavorrati dall’inflazione, risalita ad aprile da +7,6% a +8,2% su base annua. Dovrebbe essere una risalita solo temporanea, perché nei prossimi mesi peseranno il prezzo del gas sempre più basso e gli effetti sempre più pieni del rialzo dei tassi.

I rialzi dei tassi, da parte loro, stanno pesando sugli investimenti, rallentati dal costo del credito alle stelle: il tasso pagato dalle imprese italiane è balzato a 4,30% a marzo, oltre il triplo del livello di fine 2021 (1,18%). Calando i prestiti, per Confindustria manca un sostegno a produzione e investimenti. Inoltre, l’export si è praticamente arrestato, data la frenata mondiale. Tutto ciò ha portato a marzo al terzo calo consecutivo della produzione industriale. La sfida per l’economia italiana è continuare a crescere anche in un contesto di debolezza che i rialzi dei tassi stanno alimentando: la produzione industriale dell’area euro scivola a marzo (-4,1%), portando il 1° trimestre in negativo (-0,2%), e la Germania è finita in recessione tecnica.

Se il Pil italiano reggerà alla prova dei prossimi rialzi (il mercato ne ha prezzati almeno due) e a quella dell’attuazione del Pnrr, a settembre si faranno i conti dello spazio disponibile anche per intervenire nuovamente sul cuneo fiscale. Il governo Meloni l’ha già fatto due volte. La prima in manovra, rifinanziando il taglio del 2% introdotto da Draghi per i redditi fino ai 35mila euro e incrementandolo al 3% per quelli fino a 25mila euro, con un costo complessivo di circa 5 miliardi. La seconda nel decreto lavoro, dove il taglio del cuneo fiscale è salito a 4 punti per i redditi fino a 35mila euro lordi.

Vale nel complesso 3,5-4 miliardi che spalmati in 9 mesi, secondo alcune valutazioni, può tradursi fino a 80-100 euro mensili in busta paga. L’intervento scade a fine anno, ma il governo aveva già annunciato di voler trovare i fondi per prorogarlo. Sul fronte del Pnrr, assicura da Trento il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, non ci saranno problemi perché “è uno degli impegni fondamentali del governo”. Non a caso il ministro responsabile del piano, Raffaele Fitto, fa un appello alla collaborazione a tutti i soggetti coinvolti e in particolare chiede alla Corte dei Conti un supporto “nella fase di rendicontazione, di campionamento, e di verifica del raggiungimento dei risultati’ dopo la relazione di ieri di giudici contabili.

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Politica

L’Ue lavora all’ipotesi quote nazionali per i migranti

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Il difficilissimo negoziato sul nuovo Patto per la migrazione entra nel vivo in vista del Consiglio Affari Interni in calendario per il prossimo 8 giugno. Premesso che non v’è nulla di certo poiché i 27 stanno trattando guidati dalla stella polare del ‘niente è deciso finché tutto è deciso’, è emersa l’ipotesi d’istituire una formula – calcolata sulla base di dati oggettivi e condivisi – per definire “la capacità adeguata” di ogni Paese nell’ospitare i migranti (e la relativa applicazione delle “procedure di frontiera” d’identificazione). Perché per trovare la quadra da qualche parte bisognerà pur partire. A questo meccanismo dinamico – che terrebbe in conto i flussi d’ingresso e di uscita – si affiancherebbe “un tetto annuale”. Ovvero una rassicurazione per quei Paesi, come l’Italia, più soggetti agli arrivi. Tutte queste quote e soglie – i cui parametri sono essi stessi oggetto di discussioni – sarebbero funzionali a far scattare gli interventi di “solidarietà obbligatoria” da parte degli altri Stati. E qui è doverosa una parentesi. Sull’onda delle bordate partite dalla Polonia, che di fatto ha rotto la pace negoziale scandendo di non essere disposta ad accettare “ricollocamenti forzati di migranti”, sia la presidenza di turno sia la Commissione hanno escluso che sia un’ipotesi all’ordine del giorno.

Varsavia ha poi nuovamente calcato la mano sul concetto di difesa della propria sovranità ma, con le elezioni alle porte, potrebbe essere una sparata a uso e consumo interno. In realtà una bozza di mediazione proposta dalla presidenza  indica come necessario “raffinare ulteriormente l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità” nonché “tenere conto della particolare posizione geografica degli Stati membri di frontiera”. Una chiara apertura al club dei Med5, che da tempo chiedono attenzione sul tema degli sbarchi. Il testo d’altra parte esclude senza ombra di dubbio “l’obbligatorietà dei ricollocamenti” e prevede appunto altre misure di solidarietà, come i “contributi finanziari” e non meglio precisati “altri interventi”. L’obiettivo, infatti, è rendere obbligatorio “il principio di solidarietà” e non una misura a favore di un’altra.

Pure qui però le cose potrebbero complicarsi. Il rappresentante permanente della Polonia presso l’Ue, Andrzej Sados, avrebbe messo in evidenza il fatto che il Paese ha accolto finora un milione di rifugiati ucraini a fronte di 200 milioni di euro forniti dall’Ue per assisterli, in pratica 200 euro a rifugiato. L’esecutivo blustellato invece prevedrebbe di addebitare 22.000 euro a persona ai Paesi che non sono disposti ad accettare migranti irregolari nell’ambito del meccanismo di solidarietà. Una sproporzione che nasconderebbe “intenti punitivi”. Insomma, anche sui soldi si rischiano potenziali punti di scontro. Resta il fatto che il tempo scorre. L’ambizione ora è di chiudere il mandato negoziale del Consiglio e poter avviare il trilogo con Commissione e Parlamento entro luglio perlomeno sulla parte che riguarda la gestione dell’asilo e della migrazione. Anche perché il Patto si compone di un mosaico molto articolato composto da varie tessere legislative, come direttive, raccomandazioni e regolamenti. L’orizzonte è la fine della legislatura, nel 2024. Ma certi treni, se non partiranno in orario, rischiano di non partire affatto.

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