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Meloni: io premier. E Salvini lancia la flat tax al 15% per i dipendenti

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“Perche’ no?” Anzi, “Certo, presumo di si'”. Con una domanda che suona retorica seguita per la prima volta da una risposta netta, Giorgia Meloni esce allo scoperto sul nodo della premiership che arrovella il centrodestra. La leader di Fratelli d’Italia ammette che se il 25 settembre il suo partito otterra’ il maggior numero di voti nella coalizione, proporra’ il suo nome per Palazzo Chigi. “Certo, io presumo di si’, perche’ non dovrebbe esserlo? Qual e’ la ragione per dire ‘Melonino’ e si dovrebbe indicare un altro?”, insiste aggiungendo per paradosso: “Immagino che la gente che vota FdI, voti in quest’ottica e non per trovarsi un Giuseppe Conte”. Un punto fermo ora (in parte anticipato a Fox news, giorni fa schermato dal “grande onore” di poter guidare l’Italia) che stride pero’ con la frenata di Matteo Salvini: “Non ci sono ministri adesso, premier, sottosegretari: aspettiamo il 25 settembre”, taglia corto il leader leghista. Ma e’ sul cavallo di battaglia delle tasse che Salvini spinge oggi l’acceleratore: “Vogliamo estendere la flat tax al 15% anche ai lavoratori dipendenti”, annuncia a Radio Montecarlo, sicuro che “nell’arco dei 5 anni si puo’ fare”. Dunque, tassa piatta non solo per le partite Iva ma anche per il bacino larghissimo dei dipendenti, e’ la novita’ di giornata della Lega. Diversa dall’aliquota del 23% “per tutti, famiglie e imprese” ,proposta da Silvio Berlusconi. E in ogni caso piu’ mirabolante delle proposte concrete vantate piu’ volte dal centrodestra in contrapposizione con il Pd, tacciato dai rivali come un partito alieno rispetto ai problemi veri degli italiani. Su questa scia, arriva la “pillola” quotidiana del presidente di Forza Italia che attacca i Dem sul fronte della ‘patrimoniale’. Nel video diffuso sui social, il Cavaliere se la prende con la proposta di una tassa “sui nostri risparmi” rilanciata da Enrico Letta. Berlusconi assicura: “Non approveremo mai, in modo assoluto, un’imposta patrimoniale sulla casa, un’imposta patrimoniale sui risparmi, un’imposta sulle successioni e sulle donazioni”. Silenzio assoluto, invece, sulla “gara” per la presidenza del Consiglio: per FI la questione sembra relegata alle solite schermaglie fra gli alleati piu’ giovani, acuite ora dai tempi stretti della campagna elettorale. Per gli azzurri, il nome in pole per Palazzo Chigi sarebbe quello di Antonio Tajani, ex presidente del Parlamento europeo e forte della ‘benedizione” del Ppe fuori dall’Italia. Posizione diversa per la Lega e il suo ‘capitano’ che non rivela la scelta del candidato premier – se superasse FdI nei voti fra un mese – ma nemmeno nasconde la l’ambizione di essere pronto ad assumersi “l’onore e l’onere di prendere per mano questo Paese”. Nel frattempo, la coalizione va avanti sul programma – nel pomeriggio si riunira’ di nuovo il tavolo ad hoc – e la partita dovrebbe chiudersi in settimana. “Io l’ho letto, e’ sostanzialmente pronto al 99%, tranne qualche limatura”, spiega Salvini. Ed elenca – alla voce sicurezza – quei decreti che portano la sua firma da ministro dell’Interno e voluti per arginare gli sbarchi dei migranti che il leghista definisce “assolutamente efficaci”. Bastano quelli – sembra dire a Meloni – anziche’ il blocco navale su cui pero’ la leader Fdi resta ferma, essendo “la soluzione migliore”, ripete. Ma per ora nessuno scontro aperto fra i leader. Un nuovo vertice fra i big dovrebbe esserci dopo Ferragosto. Al contrario, le acque sono ancora agitate sulla ripartizione dei collegi elettorali dopo le recenti mosse dei “centristi” e il patto tra l’Udc e Coraggio Italia. In ballo ci sarebbero i collegi per l’Udc, inizialmente ‘presi in carico’ da FI e ora in via di definizione, per valutare se il partito di Lorenzo Cesa dovrebbe rientrare negli 11 ‘posti’ assegnati a luglio alla formazione di Maurizio Lupi e Luigi Brugnaro. FdI sarebbe pronta a ‘cedere’ altri 2 collegi e metterli a disposizione dei ‘piccoli’, ma la partita non e’ chiusa. (

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Stretta di FdI sui ballottaggi. La Lega punta sui salari

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Il centrodestra torna alla carica sulla battaglia per cancellare i ballottaggi dei sindaci delle grandi città (con più di 15 mila abitanti). Fallito il blitz di un mese fa al Senato, in forma di emendamento al decreto Elezioni, ci riprova con l’iter più tradizionale di un disegno di legge ad hoc, identico a quello. Martedì partirà l’esame in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, forte anche della spinta di Fratelli d’Italia che guida la Commissione con il meloniano Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento. Stesso ruolo che ha per il ddl per aumentare il numero di assessori e consiglieri regionali e di quello costituzionale per allungare a 90 i giorni per la conversione in legge dei decreti (oggi sono 60).

Insomma, la strategia è tracciata. Sui sindaci, dopo le polemiche innescate a inizio aprile dall’emendamento anti ballottaggi che la maggioranza presentò e ritirò subito dopo, per evitare la figuraccia di non essere ammesso (per scarsa attinenza al decreto Elezioni, dedicato alle prossime Amministrative e ai referendum), ora si cambia strada. Ma la meta è decisa, assicurano soprattutto i Fratelli d’Italia. Sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza, il disegno di legge punta a dire addio al doppio turno che quasi mai ha portato fortuna ai propri candidati e chiede di eleggere al primo turno il candidato sindaco che abbia avuto almeno il 40% dei consensi, oltre a prevedere un premio alla lista o al gruppo di liste collegate a quel candidato. Obiettivo: blindarsi sempre più sui territori, approfittando del buon vento di oggi.

Occasione ancor più allettante per un partito come quello della premier Meloni, che vanta consensi alti, ma viene spesso additato per avere pochi dirigenti e amministratori. Una sfida condivisa dagli alleati. Compresi i leghisti, protagonisti spesso di distinguo, nella coalizione, come ad esempio sul riarmo europeo. Una questione che continua a dividere i tre partiti e che giovedì sarà sul tavolo del Consiglio supremo di difesa, convocato dal Quirinale. Nel breve, la Lega si concentra sui temi economici e scommette sui salari. Nell’aria da giorni, è il leghista Claudio Durigon, nella veste di sottosegretario al Lavoro, a spiegare al Corriere i dettagli della proposta di legge targata Lega che a breve sarà in Parlamento. Il partito di Matteo Salvini lancia il pressing, anche rispetto agli alleati, per garantire stipendi realmente adeguati all’inflazione crescente.

L’escamotage è quello di anticipare in busta paga i soldi in più che normalmente derivano dal rinnovo contrattuale e spesso in ritardo di anni. E sui costi della misura, Durigon replica: “I soldi li stiamo valutando. Troveremo soluzioni”. Parole su cui FdI glissa, pur condividendo la lotta. Fredda e più scettica Forza Italia. In primis, sulle coperture. Secondo i vertici economici di FI, la novità potrebbe costare almeno un miliardo e forse più. Inoltre, non convince il tema delle contrattazioni: da un lato si vorrebbe rafforzare la contrattazione e delegarla ai territori e dall’altro introdurre meccanismi centralizzati, è la critica degli azzurri. Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI, chiama in causa il ministro dell’Economia: “Giorgetti dovrà esprimersi perché bisogna stimare quanto sia oneroso intervenire”. Parallelamente FI annuncia la prossima battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un ddl sarà presentato “prima dell’estate”, garantisce il viceministro alla Giustizia e forzista Francesco Paolo Sisto. (

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Mattarella convoca il Consiglio Supremo di Difesa giovedì 8 maggio

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa al Palazzo del Quirinale per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17. Lo comunica la Presidenza della Repubblica.”L’ordine del giorno prevede le “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, il Consiglio esaminerà “l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.

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Interrogazione parlamentare di Fratoianni: carabiniere denuncia chi canta Bella ciao

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“Chissà se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato, a Mottola in provincia di Taranto, 10 cittadini accusati di aver voluto cantare ‘Bella Ciao’ e ‘Fischia il Vento’ durante le celebrazioni del 25 aprile, sa che per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l’Arma dei Carabinieri ha perso quasi 3mila uomini. E chissà se ha compreso le parole utilizzate dall’attuale comandante generale che solo pochi mesi fa ricordando il sacrificio di Salvo D’Acquisto lo ha definito ‘un esempio luminoso di coraggio, abnegazione e amore per il prossimo, che supera i confini del tempo: un modello di riferimento per tutti i Carabinieri e per le future generazioni’. Evidentemente non lo sa o meglio non intende riconoscerlo”.

Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs in una nota. “Non comprendiamo ad esempio – prosegue il leader di SI – perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio. La denuncia di cui si è fatto promotore è assolutamente inaccettabile e in contrasto con i valori costituzionali”. “È per questo che in attesa di conoscere i provvedimenti che intende assumere il Comando Generale, presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno – conclude Fratoianni – su questa vicenda surreale e nello stesso tempo gravissima”.

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