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Economia

Mediobanca tra ops e superpolo Mps: giovedì il voto decisivo dei soci

Giovedì i soci di Mediobanca decideranno se sostenere l’ops su Banca Generali o puntare sul superpolo con Mps. Delfin si schiera con Siena, mentre Nagel rischia il naufragio del suo piano.

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Giovedì sarà il giorno della verità per Mediobanca, chiamata a scegliere se restare stand alone o inserirsi nel superpolo bancario che Mps sta progettando.
L’amministratore delegato Alberto Nagel (nella foto Imagoeconomica Nagel è con Francesco Saverio Vinci, manager Mediobanca), dopo aver puntato tutte le carte sull’ops con Banca Generali per trasformare Piazzetta Cuccia in un campione del wealth management, rimette il futuro della banca nelle mani dei soci.

L’ops su Banca Generali in difficoltà

L’operazione di Nagel appare in salita: l’affluenza dovrebbe fermarsi tra il 73 e il 75%, con il fronte del no vicino al 40% del capitale. Un dato che rende il successo dell’ops molto incerto.
Il progetto prevedeva di utilizzare le azioni ordinarie di Assicurazioni Generali detenute da Mediobanca come corrispettivo, ma il consenso sembra non bastare.

L’offerta Mps e il ruolo dei grandi soci

Diversa la situazione sul fronte Mps, la cui offerta procede spedita con adesioni al 19,417%. A pesare è soprattutto la decisione di Delfin, la finanziaria della famiglia Del Vecchio guidata da Francesco Milleri, che ha consegnato il suo 19,8% del capitale a Siena.
Una scelta con forte valore strategico, nonostante il prezzo dell’offerta sia ancora a sconto del 2,53%, pari a 441,7 milioni di differenza di capitalizzazione.

Gli altri azionisti in campo

Il fronte del no conta anche sul peso di Caltagirone (9,9%), mentre le casse di previdenza, con circa il 5,5%, potrebbero risultare decisive per superare la soglia minima di successo fissata al 35%.
Resta da chiarire la posizione di Edizione della famiglia Benetton (2,2%) e quella di Unicredit, che detiene l’1,9% per conto clienti.

Il destino di Nagel

Qualunque sarà l’esito del voto, la strada appare segnata. Una bocciatura dell’ops non provocherebbe scossoni immediati, ma segnerebbe la fine del progetto di Nagel, costretto a proseguire con una gestione ordinaria, senza il salto dimensionale immaginato.

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Economia

Enel ottiene il via libera preliminare al rinnovo della concessione in Brasile

L’Agenzia nazionale per l’energia elettrica del Brasile raccomanda il rinnovo anticipato della concessione di Enel a Rio de Janeiro. Investimenti record da 964 milioni e il sostegno politico tra Roma e Brasilia.

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La direzione dell’Agenzia nazionale per l’energia elettrica del Brasile (Aneel) ha raccomandato al ministero dell’Energia il rinnovo anticipato della concessione di Enel nello stato di Rio de Janeiro, un passaggio cruciale verso l’autorizzazione definitiva.
Secondo l’Authority, l’azienda italiana ha rispettato tutti i criteri stabiliti dal governo federale per ottenere la proroga della licenza per altri 30 anni. La proposta, illustrata dalla relatrice Ludimila Lima, è stata approvata con quattro voti favorevoli e uno contrario.

Il ruolo della diplomazia e della politica

Il risultato è il frutto di un percorso lungo che ha coinvolto non solo l’azienda, ma anche la politica italiana. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva infatti sollevato la questione direttamente con il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva durante il G7 di Borgo Egnazia, garantendo il sostegno del governo al colosso energetico nazionale.

Enel, leader nella transizione green

Il Brasile rappresenta un mercato strategico per Enel, anche in chiave di transizione energetica. Il Paese genera l’88,2% della propria elettricità da fonti rinnovabili, confermandosi tra i più green al mondo.
Guidata in Brasile dal Ceo Francesco Moliterni, Enel Rio ha ampliato in modo significativo i propri investimenti per rafforzare la rete e migliorare il servizio ai circa 3 milioni di clienti nello stato.

Investimenti record e rafforzamento operativo

Per il periodo 2025-2027, l’azienda ha annunciato un investimento record di 964 milioni di euro (6,1 miliardi di real), con un aumento del 74% rispetto al piano precedente. Le risorse saranno destinate a:

  • manutenzione preventiva delle reti;

  • ampliamento delle tecnologie di gestione remota;

  • risposta più rapida agli eventi meteorologici estremi;

  • incremento del personale operativo sul campo.

Un piano che consolida la presenza di Enel in Sud America, sotto la guida del Ceo del gruppo Flavio Cattaneo, e che rafforza il ruolo dell’Italia nello scenario energetico internazionale.


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Economia

Tata lancia l’Opa su Iveco: nasce un colosso globale dei veicoli commerciali

Tata Motors presenta in Consob l’offerta pubblica di scambio da 3,8 miliardi su Iveco. Dalla fusione nascerà un gruppo leader mondiale con oltre 22 miliardi di ricavi e 540mila veicoli venduti l’anno.

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Il dado è tratto: l’offerta pubblica di scambio su Iveco annunciata lo scorso 30 luglio da Tata Motors prende forma con la presentazione ufficiale in Consob da parte della holding di Singapore Tml Cv.

L’offerta riguarda oltre 271,2 milioni di azioni ordinarie Iveco, per un corrispettivo unitario di 14,1 euro e un totale di circa 3,8 miliardi. Il completamento è subordinato alla separazione delle attività di difesa di Idv e all’ok delle autorità competenti.

La nascita di un colosso mondiale

Secondo l’accordo siglato a luglio, dalla fusione tra i due gruppi nascerà un gigante dei veicoli commerciali con vendite superiori a 540mila unità l’anno e ricavi combinati per circa 22 miliardi di euro.

La distribuzione del fatturato vedrà l’Europa al 50%, l’India al 35% e le Americhe al 15%, con posizioni strategiche nei mercati emergenti di Asia e Africa.

Le due società sottolineano la complementarità dei portafogli e l’assenza di sovrapposizioni industriali e geografiche, un fattore che dovrebbe agevolare la nascita di un leader globale del settore.

Iveco, una storia italiana con radici globali

Fondata nel 1975 dall’unione delle attività italiane di Fiat, Om, Lancia e Alfa Romeo, delle francesi Unic e delle tedesche Magirus Deutz, Iveco è diventata un marchio storico della meccanica europea.

Dopo la scissione da Cnh Industrial il 1° gennaio 2022, Iveco Group ha ampliato le proprie attività con marchi come Heuliez, Iveco Bus, Fpt, Idv e Astra. Oggi conta 19 siti industriali e 30 centri di ricerca e sviluppo, con circa 36mila dipendenti nel mondo.

Il gruppo ha la sede legale ad Amsterdam, il quartier generale a Torino, è guidato dalla presidente Suzanne Heywoode dall’ad Olof Persson ed è quotato a Piazza Affari e alla Borsa di New York.

La presenza in Italia e le celebrazioni per i 50 anni

Nel nostro Paese Iveco è attiva a Brescia, Suzzara (Mantova), Piacenza, Bolzano e Foggia, dove produce veicoli e componenti strategici.

Per il cinquantenario del marchio, nel 2025, sono previste celebrazioni in tutti i principali stabilimenti mondiali, dall’Europa al Sud America, fino alla Cina.

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Economia

Eni e BlackRock rafforzano lo stoccaggio di CO₂: accordo Gip per entrare in Eni Ccus Holding

Accordo tra Eni e Global Infrastructure Partners (BlackRock) per l’ingresso di Gip in Eni Ccus Holding. Progetti in Uk, Olanda e Ravenna per accelerare la decarbonizzazione con soluzioni Ccus.

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La Global Infrastructure Partners (Gip), società di BlackRock attiva negli investimenti infrastrutturali, ha firmato un accordo con Eni per entrare nel capitale sociale di Eni Ccus Holding, società dedicata alla cattura, utilizzo e stoccaggio della CO₂.

La joint venture nasce per valorizzare i progetti Ccus di Eni, già avviati in Regno Unito e Olanda, e con l’opzione di acquisire il 50% del progetto di Ravenna, il più importante hub italiano di stoccaggio carbonico.

Obiettivi di lungo termine

L’accordo non si limita a Ravenna: il piano prevede di includere ulteriori iniziative in una piattaforma internazionale di progetti Ccus, ampliando così il portafoglio della nuova società.

Consolidare il nostro portafoglio Ccus e l’ingresso di Gip come partner strategico rafforzeranno la capacità di fornire soluzioni di decarbonizzazione su larga scala”, ha dichiarato l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, sottolineando l’attrattiva del modello “satellitare” di Eni nella transizione energetica.

La visione di Eni e BlackRock

Eni ha ribadito che la Ccs è una tecnologia matura, sicura ed essenziale per la decarbonizzazione, soprattutto per i settori “hard-to-abate”, difficili da riconvertire.

Anche il presidente e ad di Gip, Bayo Ogunlesi, ha commentato positivamente l’intesa: “La nostra esperienza nelle infrastrutture midstream, unita alle competenze di Eni, accelererà lo sviluppo di soluzioni Ccus su scala significativa”.

Un passaggio strategico per la transizione energetica

L’ingresso di Gip rappresenta un passaggio chiave per consolidare il modello di business Ccus di Eni, con un forte apporto di capitali e know-how internazionale per ridurre le emissioni e sostenere la transizione energetica globale.

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