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Cronache

Maxi truffa allo Stato, 285 false dichiarazioni per reddito di cittadinanza a extracomunitari e prestiti usurai

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In sei avrebbero gestito una truffa con il coinvolgimento di 285 extracomunitari: i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale e reale nei confronti di sei individui gravemente indiziati di una serie di reati gravi e complessi.

La Procura della Repubblica di Napoli – Seconda Sezione – Reati contro la P.A. ha richiesto l’intervento del G.I.P. del Tribunale di Napoli per emettere questa ordinanza, che colpisce coloro che sono ritenuti responsabili di associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, usura, estorsione, abusiva attività finanziaria e autoriciclaggio.

Il focolaio di queste indagini ha avuto inizio da un’attività di ispezione che ha preso di mira numerosi cittadini stranieri senza legami lavorativi o assistenziali con l’INPS, che hanno richiesto il codice fiscale poco prima di presentare domanda per accedere al reddito di cittadinanza. Quello che è emerso è stato un intricato schema attraverso il quale, ottenuto il beneficio, questi individui utilizzavano carte di credito Postepay RdC per effettuare acquisti presso lo stesso esercizio commerciale, per importi notevoli e spesso in modo ripetuto nel medesimo giorno e in orari ravvicinati.

Approfondendo le indagini, è stato scoperto che l’esercizio commerciale in questione, situato a Napoli, era la copertura operativa di una consorteria criminale. Questa associazione ha facilitato un vasto gruppo di individui nell’eludere le normative sul corretto utilizzo del reddito di cittadinanza, attraverso acquisti simulati di generi alimentari seguiti dalla restituzione in contanti di una parte del denaro, con una percentuale trattenuta dagli organizzatori del sistema. Per giustificare il volume di vendite, sono state emesse false fatture da una società collegata, che in realtà non aveva alcuna attività legittima.

Inoltre, i proventi di queste attività illegali sono stati reinvestiti nell’acquisto di immobili intestati alle mogli dei membri della consorteria. L’indagine ha anche rivelato una frode nell’ottenimento del reddito di cittadinanza, con oltre 2,3 milioni di euro indebitamente percepiti da 285 cittadini extracomunitari che hanno dichiarato falsamente di risiedere in Italia da almeno dieci anni.

Ma le nefandezze non si fermano qui. La banda avrebbe anche gestito attività finanziarie abusive, concedendo prestiti a tassi usurai e minacciando e talvolta aggredendo coloro che non riuscivano a rispettare i pagamenti. Durante le perquisizioni sono stati rinvenuti appunti, denaro contante per un valore di circa 92.000 euro, assegni bancari e titoli cambiari per un totale di circa 158.000 euro.

Come risposta a queste attività illecite, quattro indagati sono stati posti in custodia cautelare in carcere, mentre altri due sono stati sottoposti agli arresti domiciliari. Contestualmente, sono stati eseguiti sequestri preventivi di disponibilità finanziarie e beni mobili e immobili per un totale di circa 90 mila euro. In fasi precedenti delle indagini, era già stato sequestrato l’intero capitale sociale e il patrimonio aziendale delle società coinvolte.

È importante ricordare che il provvedimento eseguito oggi è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso la quale sono ammessi mezzi di impugnazione. I destinatari di questa ordinanza sono individui sottoposti a indagini e, quindi, presumibilmente innocenti fino a prova contraria.

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“Appalti truccati”, il generale dei carabinieri Liporace resta agli arresti domiciliari

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Il Tribunale del Riesame di Milano ha respinto il ricorso presentato dai difensori e ha confermato le misure degli arresti domiciliari al generale dell’Arma Oreste Liporace e all’imprenditore Ennio De Vellis, indagati nell’inchiesta per corruzione coordinata dal pm Paolo Storari e condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano su presunti appalti truccati in cambio di tangenti e regali.

Liporace e De Vellis, indagati a vario titolo per i reati di traffico di influenze illecite, emissione di fatture per operazioni inesistenti, corruzione e turbata libertà degli incanti, si erano difesi nell’interrogatorio di garanzia, respingendo le accuse. A quanto emerso dalle indagini, grazie a loro gli imprenditori William e Massimiliano Fabbro (indagati e che hanno collaborato) avrebbero ottenuto, fino al 2021, i servizi di pulizia, anche della piscina, della caserma di Velletri in cui Liporace era comandante reggimento Allievi Marescialli e Brigadieri.

Quest’ultimo avrebbe ottenuto in cambio 22mila euro, borse Louis Vuitton, noleggi auto e biglietti per lo stadio Olimpico e per la Scala di Milano. Davanti al gip Domenico Santoro, avrebbe parlato di un frequente “scambio di regali” che aveva con i fratelli Fabbro. Nella stessa occasione, De Vellis aveva sostenuto di non avere avuto alcun ruolo negli appalti della caserma, respingendo poi anche l’accusa di traffico di influenze illecite in relazione ad appalti del Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza) e sminuendo il suo rapporto con Lorenzo Quinzi, da gennaio scorso capo del dipartimento per gli affari generali e la digitalizzazione del Ministero delle Infrastrutture, indagato per corruzione e turbativa.

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Maestra adescava minori su chat per avere rapporti sessuali, condannata a 7 anni e 3 mesi

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Una maestra 47enne di scuola elementare è stata condannata dal Tribunale di Bari a 7 anni e 3 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 75mila euro con l’accusa di aver adescato sui social e nelle chat minorenni con i quali avrebbe avuto rapporti sessuali in un b&b nel centro di Bari, facendosi filmare. La notizia è riportata dalla Gazzetta del Mezzogiorno. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a 4 anni.

La donna, che si faceva chiamare zia Martina, finì agli arresti domiciliari nel dicembre del 2021 quando insegnava in una scuola del nord Italia e fu sospesa dall’incarico. Risponde di due episodi di produzione di materiale pedopornografico e di una presunta vicenda di corruzione di minorenne. Il Tribunale ha disposto nei suoi confronti l’interdizione dai pubblici uffici e da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado o servizio in istituzioni e strutture pubbliche e private frequentate da minori, oltre alla misura di sicurezza del divieto di avvicinamento a luoghi frequentati da minori e di svolgere lavori che prevedano un contatto abituale con minorenni per la durata di un anno dopo aver scontato della condanna.

L’imputata è stata assolta ‘perché il fatto non sussiste’ da una ulteriore contestazione di corruzione di minorenne, relativa ad un presunto video di natura erotica con un adolescente. Le indagini partirono in seguito alle denunce presentate ai carabinieri dai genitori delle presunte vittime.

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Addio a José Alberti, fu la prima guida di Maradona a Napoli

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José Alberti, la prima guida di Diego Armando Maradona a Napoli, è scomparso ieri all’età di 82 anni. Alberti, nato a Buenos Aires, non era solo l’interprete del Pibe de Oro, ma anche un amico e una figura di riferimento che ha accolto Maradona nella sua famiglia, facendogli conoscere le bellezze della città e la passione calcistica dei suoi abitanti.

Sbarcato in Italia negli anni ’60 per giocare nel settore giovanile della Juventus, Alberti si stabilì a Napoli dopo aver firmato per l’Internapoli. La sua carriera lo portò poi a diventare allenatore in diverse squadre di provincia. Ma fu il suo ruolo nella trattativa per portare Maradona a Napoli che lo rese indimenticabile. Omar Sivori, che aveva chiuso la carriera a Napoli, contattò Alberti per incontrare Jorge Cyterszipiler, il manager di Maradona. Questa missione segreta mirava a far conoscere la città a Diego, che sarebbe stato acquistato da Ferlaino per 13,5 miliardi di lire.

Alberti era presente al San Paolo il 5 luglio 1984, il giorno della presentazione di Maradona. Tradusse le domande dei cronisti di tutto il mondo e suggerì a Maradona alcune parole in italiano per salutare i nuovi tifosi. La sua famiglia, composta dalla moglie Mariagrazia e dai figli Andrea ed Emilia (campionessa di pallanuoto), divenne un punto di riferimento per Diego e la sua compagna Claudia.

José Alberti e Maradona condividevano una forte amicizia. Alberti, nato il 26 ottobre, festeggiava spesso i compleanni con Diego, brindando insieme in luoghi come “La Cueva”, il locale che Alberti aveva aperto a Riva Fiorita. Anche dopo il ritiro, Alberti rimase nel mondo del calcio come consulente per club italiani e argentini.

Cinque anni fa, José Alberti ebbe l’onore di abbracciare Papa Francesco in Vaticano. Il pontefice, tifoso del San Lorenzo, squadra in cui Alberti aveva giocato, ricordava con affetto quei tempi.

I funerali di José Alberti si terranno oggi alle ore 11 nella Chiesa Santa Maria di Bellavista a Posillipo. La sua scomparsa lascia un vuoto nel cuore di chi lo ha conosciuto e di tutti i tifosi napoletani che ricordano con affetto il suo contributo nell’arrivo del più grande calciatore di tutti i tempi a Napoli.

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