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Politica

Maternità surrogata peggio di pedofilia, Mollicone shock

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Bufera sul presidente della Commissione culturaFederico Mollicone (FdI) che in tv definisce la maternità surrogata un reato “più grave ” della pedofilia. Ospite di Omnibus su La7 gli viene chiesto un commento sulla posizione del leghista Simone Pillon, secondo cui, appunto, la maternità surrogata deve essere un reato da perseguire “come la pedofilia”. Ma sul punto Mollicone va persino oltre: “E’ un reato grave, più grave della pedofilia. Siamo di fronte a persone che – afferma – vogliono scegliere un figlio come la tinta di casa”. Tesi che viene accolta con notevole sconcerto da tutto il centrodestra: Forza Italia evita di commentare ma il suo silenzio è certamente significativo.

In serata, Fratelli d’Italia comunicano in modo informale una netta presa di distanza: “Si tratta di parole non condivise”, è il commento laconico del partito di Giorgia Meloni. Durissima invece la reazione delle opposizioni. Per il deputato dem, Alessadnro Zan, da parte della destra “c’è la volontà di criminalizzare le famiglie arcobaleno e la comunità lgbtqia+, con una vera e propria campagna d’odio per inquinare il dibattito con fake news vergognose”. “Prima – attacca Zan – Rampelli che ha accusato le coppie omosessuali di “spacciare bambini” e la ministra Roccella che ha parlato di “mercato”, ora Mollicone che ha definito la maternità surrogata più grave della pedofilia, con un accostamento pericoloso e criminale. Frasi abominevoli da cui Giorgia Meloni deve prendere le distanze e che deve condannare”. Molto critico anche il Movimento Cinque Stelle: Secondo la deputata Chiara Appendino e la coordinatrice del Comitato Politiche di Genere e Diritti Civili del Movimento 5 stelle Alessandra Maiorino, le parole di Mollicone “sono gravissime e meritano il massimo sdegno da parte di tutti”.

“Continua la campagna della destra di negazione dei diritti dei bambini parlando di quello che non è un argomento sul tavolo perché non si sta in alcun modo parlando di introdurla in Italia”. Intanto, a prescindere da Mollicone, Fratelli d’Italia e tutto il centrodestra non mollano la presa nella lotta alla maternità surrogata: nelle prossime ore la commissione Giustizia della Camera calendarizzerà la proposta di legge a prima firma di Carolina Varchi (FdI) che prevede che la gestazione per altri diventi un reato universale. Posizione largamente condivisa da tutti gli alleati. E’ prevista, inoltre, la presentazione anche di un testo della Lega. Tuttavia, sul tema dei diritti civili, si riapre qualche faglia dentro la maggioranza, con Forza Italia molto attenta a non appiattirsi sulla linea dura del fronte sovranista. L’azzurro Giorgio Mulè, sul Corriere, infatti, esorta al dialogo e auspica la ripresa di un confronto che parta dal ddl Zan.

“Noi siamo stati e siamo pronti ad andare incontro alle coppie diverse da quelle previste dall’articolo 29 della Costituzione, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Per questo – propone il vicepresidente della Camera – dico sediamoci intorno a un tavolo, discutiamo, ripartiamo dal ddl Zan. Prima però liberiamoci del pregiudizio per cui da un lato c’è chi è a favore dei diritti, dall’altro gli omofobi. Questa non è una premessa a partire dalla quale si può discutere”. Ipotesi accolta freddamente da Fratelli d’Italia: da Via della Scrofa nessun commento ufficiale. Trapela solo una certa sorpresa: ancora non c’è un testo Zan, cosa dobbiamo commentare? Lo faremo – concludono – solo quando verrà presentato.

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Politica

Offese a Kyenge, Calderoli condannato a 7 mesi

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Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli è stato condannato a 7 mesi, con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, in Tribunale a Bergamo nel nuovo processo per la vicenda delle offese all’allora ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, che il 13 luglio 2013 definì “orango” alla festa della Lega di Treviglio (Bergamo) durante un comizio. L’accusa era diffamazione aggravata dalla matrice razziale. Kyenge non si era costituita parte civile. La Cassazione aveva annullato le precedenti condanne in primo e secondo grado. A dicembre il reato andrà in prescrizione.

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Politica

Stop ai controlli sul Pnrr,tensione Corte conti-governo

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Nessun passo indietro, ma la promessa di trovare un nuovo “modello” di relazioni, “nel rispetto delle competenze”. E per elaborare, insieme, un “codice dei controlli”, che fissi una volta per tutte le regole. Nel giorno in cui ufficialmente cambia i poteri della Corte dei Conti sul Pnrr, escludendo il “controllo concomitante” per i progetti legati al Piano, il governo incontra i magistrati contabili per spiegare la ratio dell’intervento e cercare di chiudere uno scontro istituzionale che si è trascinato per giorni. Proprio mentre il presidente della Corte, Guido Carlino, siede di fronte a Raffaele Fitto e al sottosegretario Alfredo Mantovano a Palazzo Chigi, alla Camera le commissioni votano l’emendamento della discordia, che esclude il Pnrr dal check in corso d’opera dei magistrati contabili e che, in aggiunta, proroga di un altro anno, fino a giugno 2024, lo scudo alla responsabilità erariale, bocciato ripetutamente dalla Corte.

“Il controllo concomitante può accelerare le opere” anche del Pnrr, aveva spiegato poco prima Carlino alla commissioni congiunte Affari costituzionali e Lavoro, difendendo la bontà dell’azione della Corte a supporto delle attività delle amministrazioni. Una azione preventiva utile anche a non incorrere in errori, bocciature successive e pure nel rischio di essere perseguiti per danno erariale. Ma sul Pnrr alla Corte è affidato “il controllo ex post”, ha precisato Fitto in Aula, cercando al contempo di smorzare la polemica e di assicurare che non era in corso alcuno “scontro” tra poteri. Lo stesso ragionamento che il titolare del Piano ha esposto anche ai giudici a Palazzo Chigi, affiancato da Mantovano. Il risultato di un’ora e mezza di confronto è un messaggio, veicolato da Palazzo Chigi, di pace fatta. Di condivisione della necessità di una “leale collaborazione” assieme a quella di stringere i bulloni di una interlocuzione che, evidentemente, in queste settimane ha subito qualche intoppo. La promessa è di rivedersi già la prossima settimana per aprire un tavolo per la “revisione della disciplina della responsabilità erariale, del meccanismo di controllo concomitante e dell’adozione di un codice dei controlli”.

Bisogna poi impostare “un modello di relazione e scambio di informazioni più intenso e puntuale”. La volontà, insomma, è quella di gettare acqua sul fuoco di uno scontro stigmatizzato duramente dalle opposizioni, che invano hanno cercato la via della non ammissibilità dell’emendamento del governo al decreto Pa. Criticata duramente, in particolare dai Dem, anche la scelta di votare proprio mentre era in corso l’incontro a Palazzo Chigi. Il governo è pronto a mettere mano anche allo scudo erariale per dare “stabilità” alla disciplina, ferma restando la proroga attuata pur avendo “preso atto della contrarietà della Corte”. Si tratta di una norma “transitoria” in attesa della riforma in materia di responsabilità amministrativa e contabile”, ha assicurato sempre Fitto, ribadendo che l’intenzione dell’esecutivo è quella di accelerare sull’attuazione del Pnrr.

Nel frattempo è anche già stata avviata “dal 18 maggio”, come precisa via Twitter, l’interlocuzione con Bruxelles sul nuovo capitolo legato al RepowerEu, che avrà due linee di intervento sostanziali, sulle “infrastrutture energetiche” e sugli “incentivi per dare una risposta per l’efficientamento energetico per famiglie e imprese”. “Siamo pronti a collaborare”, ha assicurato da Torino il commissario europeo Paolo Gentiloni. Precisando però, interpellato sulla scelta dell’esecutivo italiano rispetto alla Corte dei Conti, che non spetta all’Europa il controllo di “fenomeni di frode, di corruzione, di doppia spesa dei diversi fondi”.

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Economia

L’ultima di Visco, ora si apre il nodo successione a Bankitalia

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Poche parole ‘a braccio’ di ringraziamento ai colleghi di 50 anni di lavoro nella Banca, una relazione senza sconti su quei temi e proposte che non condivide ma con toni pacati e un lungo applauso finale. Le ultime considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco si svolgono, nel salone dei partecipanti di Palazzo Koch, come da tradizione dopo la parentesi del Covid: platea gremita di banchieri, industriali, autorità e sindacalisti. In prima fila gli alti vertici della banca e l’ex premier e numero uno di Via Nazionale e della Bce Mario Draghi. Assente, come d’abitudine, il governo che da ora fino a novembre, quando scadrà il secondo mandato del governatore, dovrà trovare il nome del sostituto. Una casella ‘pesante’ nel puzzle delle nomine che molti indicano verrà occupata da Fabio Panetta, ora nel board della Bce ma con un lungo e inappuntabile curriculum in Banca d’Italia.

A Via Nazionale è arrivato fino alla carica di direttore generale prima di essere chiamato a Francoforte a inizio 2020. Altre soluzioni, quella interna con l’attuale dg della banca Luigi Federico Signorini o di un outsider esterno riscuotono quotazioni inferiori negli ambienti finanziari e della maggioranza parlamentare. L’iter della nomina tuttavia vede un ruolo non notarile del Presidente della Repubblica al quale, secondo la legge, spetta il decreto di nomina su “proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia”. Va poi ricordato come la banca sia parte dell’Eurosistema Bce che non deflette sulle caratteristiche di autonomia e indipendenza. Per il momento Visco incassa le parole di elogio dei diversi attori della scena finanziaria. Per Gros Pietro “il governatore è un grande economista, un bravissimo economista” mentre il presidente di Unciredit Pier Carlo Padoan (che occupava la carica di ministro dell’economia ai tempi delle crisi bancarie con Visco governatore), “”il paese deve essere grato a Ignazio Visco” per ” il suo contributo personale a quello che ha fatto la Banca d’Italia in questi anni”.

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