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L’imbroglio delle dosi di vaccino Pfizer che non arrivano in Italia

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La Pfizer, il colosso farmaceutico americano, ha firmato contratti con l’Unione europea per la fornitura di 300 milioni di dosi del vaccino contro il Covid-19. E questo è il primo fatto. Il secondo fatto è che la Pfizer ha ottenuto dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco, per motivi che non è dato conoscere, l’autorizzazione a sostenere che da ogni fiala di vaccino prodotto con il suo marchio si potevano ricavare 6 dosi e non 5. Corretto o meno è così. Ad onore del vero l’esperienza italiana ci dice che in Campania e a Bolzano in qualche caso ne hanno ricavate anche 7 dosi di vaccino per fiala. In molti casi 6 dosi. In qualche caso 5 dosi. In ogni caso l’autorizzazione è per 6 dosi a fiala.
Il contratto firmato dalla Commissione Ue con la multinazionale prevede come ogni contratto clausole, penali, scadenze e costi. Questo contratto, che a Bruxelles è segreto, lo è un po’ meno nei Paesi d’Europa che intendono impugnarlo.
Da quel che si apprende in caso di inadempienze le penali non scattano in maniera automatica. E questo consente alla Pfizer – e dunque a tutte e sei le case farmaceutiche – violazioni difficili da contestare e contrastare. Non solo. Nei documenti a disposizione dell’Avvocatura dello Stato (che farà partire la diffida già oggi contro Pfizer- BioNTech), l’azienda tedesca (la BioNtech) associata a Pfizer nella produzione del vaccino, ha siglato un contratto parallelo con la Germania. Un contratto nuovo di fornitura che si aggiunge a quello con la Ue con Bruxelles. Un contratto che pregiudica la distribuzione equa delle dosi tra gli Stati dell’Unione stabilita in percentuale rispetto agli abitanti di ogni Paese, visto che garantisce a Berlino una fornitura aggiuntiva di 30 milioni di dosi.
Prima ancora di firmare il contratto definitivo, la Commissione guidata da Ursula von der Leyen si impegna con Pfizer e BioNTech a finanziare la ricerca e la sperimentazione del vaccino in vista della possibile approvazione delle agenzie regolatorie, Ema per l’Europa e poi quelle nazionali, Aifa per l’Italia. Siamo tra ottobre e novembre, nel pieno della seconda ondata. Bisogna fare in fretta, cercare di immunizzare quante più persone è possibile. Eppure il vaccino appare ancora un miraggio.
L’Italia e gli altri membri dell’Unione si piegano dunque alla linea imposta da Bruxelles. Accettano di versare soldi a fondo perduto. Si prendono il rischio di perderli qualora i test dovessero avere esito negativo. L’11 novembre il contratto viene firmato.
Il 21 dicembre 2020 l’Ema approva il vaccino di Pfizer-BioNTech. Si stabilisce la ripartizione di 300 milioni di dosi. All’Italia spettano inizialmente 26,5 milioni di dosi che diventano 40 milioni dopo la firma di un contratto aggiuntivo. È il 13,46 % del totale. Nel primo trimestre del 2021 la fornitura prevista è di 8,7 milioni di dosi. Attenzione, nei contratti si parla sempre di dosi, mai di fiale. È questo il dettaglio che servirà poi a cambiare il verso della storia. Non solo. I termini dell’accordo europeo sono vincolanti per tutti gli Stati. E hanno una serie di disposizioni molto precise. Dopo la firma della Commissione europea ogni Stato sottoscrive due lettere d’ordine secondo uno schema predeterminato da Bruxelles, identico per ciascuno Stato membro. “Le condizioni sono interamente previste dal contratto con l’Unione europea e reiteratamente richiamate negli ordini firmati dagli Stati che ne sono una mera esecuzione”. Vengono fissate quantità, costi e tempi delle forniture per ogni Paese. I contratti prevedono “allocazioni di dosi su base trimestrale”. Le consegne avvengono invece “su base settimanale e secondo le indicazioni successivamente ricevute da Pfizer”.
Nel contratto le penali “sono esclusivamente sulle forniture trimestrali e non su quelle settimanali”. Per avere chiare le conseguenze basta esaminare quanto sta accadendo in questi giorni, così come viene riportato nei documenti a disposizione dell’avvocatura dello Stato: “Finora in nessuna settimana Pfizer ha consegnato effettivamente le dosi che aveva comunicato in precedenza”. In quella del 18 gennaio “ne ha consegnate 397.800 invece di 562.770”. Nell’ultima settimana c’è stato “un taglio del 29%, che nella prossima scende al 20%”. Fino al 31 marzo – quando si avrà il bilancio definitivo del primo trimestre – non potranno esserci contestazioni. Ecco perché l’ Italia si muove in autonomia, determinata a contestare il programma di forniture settimanali. Ma non è l’insidia peggiore. La vera clausola di salvaguardia per Pfizer e le altre società farmaceutiche è in quell’ articolo dell’accordo che chiarisce termini ed entità delle sanzioni previste in caso di inadempienza. Il contratto fissa infatti “una penale del 20% del valore delle dosi non consegnate” che aumenta in base ai giorni di ritardo. Ma chiarisce che “l’applicazione delle penali non è automatica”: alla fine del primo trimestre deve inizialmente essere esplorata la strada per un “rimedio” alla inadempienza. Tra le possibilità ci sono: il diritto al rimborso, la cessazione del contratto e, solo alla fine, l’applicazione della penale. Un meccanismo che di fatto lascia alle aziende la totale libertà di azione compresa, almeno in teoria, l’eventualità di pagare le penali a fronte di un’offerta alternativa che dovesse rivelarsi più vantaggiosa. Nella consapevolezza che – quando arriveranno sul mercato gli altri vaccini – quello di Pfizer-BioNTech rimane il più complesso da gestire. Costa infatti 14 euro a dose e ha bisogno della catena dell’ultra freddo visto che va conservato a -75°. Per avere un raffronto si può dire che il vaccino AstraZeneca costerà 2 euro a dose e potrà essere conservato a -8°.
All’inizio viene comunicato che ogni fiala contiene 5 dosi. Tutto cambia però l’8 gennaio, a forniture già concordate, quando Ema certifica che “da un’ampolla del vaccino anti Covid Pfizer-BioNTech si potranno vaccinare 6 persone invece di 5”. Una nota dell’agenzia chiarisce che “il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Ema ha raccomandato di aggiornare le informazioni sul prodotto per Comirnaty (quello di Pfizer-BioNTech) per chiarire che ogni flaconcino contiene 6 dosi del vaccino”. Poi le modalità di somministrazione: “Per estrarre sei dosi da una singola fiala, è necessario utilizzare siringhe o aghi a basso volume morto. La combinazione di ago e siringa a basso volume deve avere un volume morto non superiore a 35 microlitri. Se si utilizzano siringhe e aghi standard, potrebbe non esserci abbastanza vaccino per estrarre una sesta dose da una fiala. Se la quantità di vaccino rimanente nel flaconcino dopo la quinta dose non è in grado di fornire una dose completa (0,3 ml), l’operatore sanitario deve eliminarla”. Sembra una buona notizia perché gli Stati contano di avere il 20 % di dosi in più senza dover ricorrere a forniture aggiuntive. In realtà è l’appiglio che Pfizer può utilizzare per ridurre le consegne concordate. Nelle lettere d’ordine dei singoli Stati si parla infatti sempre di dosi e mai di fiale. Il 15 gennaio Pfizer comunica però ufficialmente a tutti i referenti europei – per l’Italia il commissario Domenico Arcuri – che “a partire dal 18 gennaio 2021 ogni vassoio spedito conterrà 1.170 dosi e non più 975, con una riduzione del 20 % del numero di fiale”.
I tagli effettuati finora da Pfizer – che più volte ha promesso di voler “tornare a regime nelle forniture già dalla prossima settimana – sono stati ancora più marcati di quelli che sarebbero serviti a compensare il passaggio da 5 a 6 dosi per fiala. La settimana scorsa, come già ricordato, la riduzione è stata del 29%. Non solo. Perché è stato deciso unilateralmente in quali regioni e con quale intensità ridurre le consegne: in sei regioni non ci sono state variazioni mentre in altre sei il taglio è stato pesante, tra il 49 e il 60%. Per questo la diffida per inadempimento che già oggi potrebbe partire dall’ Italia nei confronti di Pfizer contesterà il fatto che “non è stata rispettata la pianificazione settimanale” comportando “pregiudizi per la corretta prosecuzione della campagna vaccinale, impostata sulla base delle formali pianificazioni” di Pfizer. Un esempio è lo slittamento della campagna per le persone con più di 80 anni, confermato ieri. Il tutto causando “potenziali danni alla salute della popolazione italiana, nell’ interesse della quale i contratti sono stati sottoscritti”. Anche perché i “ritardi nella fornitura sono dipesi da circostanze esclusivamente aziendali”. Dopo la diffida, restano due strade possibili. La prima è quella penale: presentazione di un esposto alla Procura di Roma per “verificare la veridicità che le forniture siano state destinate ad altri Paesi”, ipotesi più volte smentita dall’ azienda, e una “valutazione su frode nelle pubbliche forniture e aggiotaggio”. L’altra strada è chiedere all’Unione europea di “valutare l’avvio di una controversia presso il foro di Bruxelles nell’interesse dell’Italia, come Stato membro”. Azioni necessarie a pretendere il rispetto dei patti sottoscritti.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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A Pompei via al numero chiuso, guerra ai bagarini

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“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.

Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.

“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.

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Casi di Covid in calo, 8.660 in 7 giorni e cresce la variante Xec

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Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).

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