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Salute

La Sharapova annulla il torneo per una vacanza fra Ischia, Capri e le Costiere

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Ha deciso di rinunciare al torneo di Stanford -in programma dal 30 luglio- per godersi una lunga vacanza nel sud dell’Italia tutta salute e benessere: per la tennista russa Maria Shaparova lo sport preferito in questo momento sembra sia postare su instagram le foto delle eccellenze campane. Gli alberghi ed i ristoranti di Capri, Positano e Ischia, le passeggiate in barca. Ovviamente dopo le pizze, i peperoncini, i gustosi fichi delle costiere, sorrentina e amalfitana, come poteva non provare le pietanze a base di pesce di Raimondo Triolo, quell’Attimo divino di Ischia scelto proprio perché celebrato da chi va per mare?

Dopo tante scorpacciate una professionista come lei, la signora del tennis mondiale, per Forbes una delle 100 celebrità più potenti del pianeta, ha pensato anche a smaltire le molte calorie. Ed allora eccola a fare ginnastica in un paradiso affacciato sul mare.
Non ha rinunciato neppure ad una passeggiata nei paesini della Costiera dove vista la bellezza e l’altezza non è certo passata inosservata anche perché era già stata in zona con il cestista Sasha Vujacic all’epoca della loro relazione. Stavolta era in vacanza da single, con un gruppo di amici.

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In Evidenza

Tumore al pancreas, studio italiano indipendente migliora la sopravvivenza dei pazienti

Un nuovo studio italiano indipendente, presentato all’Aiom, dimostra che il trattamento chemioterapico Paxg migliora la sopravvivenza dei pazienti con tumore al pancreas operabile.

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Un “passo avanti concreto” nella cura del tumore al pancreas arriva da una ricerca indipendente tutta italiana, non finanziata dall’industria farmaceutica. Lo studio, chiamato Cassandra, è stato presentato al Congresso dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), in corso a Roma, da Michele Reni, direttore dell’Oncologia Medica del San Raffaele di Milano.

“Parliamo di pazienti con tumore del pancreas operabile allo stadio iniziale — spiega Reni —. Abbiamo sperimentato un nuovo schema chemioterapico con un mix di quattro farmaci già approvati per la malattia metastatica. I risultati sono straordinari: il tempo medio prima della ricrescita del tumore è aumentato di sei mesi rispetto allo standard, e dopo tre anni i pazienti liberi da recidiva sono più del doppio”.


Lo studio Cassandra e il protocollo Paxg

La sperimentazione Cassandra, interamente finanziata da cinque associazioni di pazienti, ha coinvolto 17 centri oncologici italiani e 260 pazienti con adenocarcinoma duttale del pancreas candidati alla chirurgia.
Il nuovo regime Paxg, nato da una precedente ricerca indipendente, è stato confrontato con lo schema mFolfirinox, finora considerato il più efficace.

I risultati sono chiari:

  • Migliore sopravvivenza libera da eventi avversi (progressione, recidiva, inoperabilità o decesso).

  • Profilo di tossicità più basso e migliore qualità di vita per i pazienti.

“Si apre una concreta possibilità di migliorare la sopravvivenza dei malati colpiti da uno dei tumori più aggressivi”, sottolinea Reni. “Un risultato reso possibile dalla collaborazione fra scienza e società civile”.


Il tumore “metastatico fin dall’inizio”

Uno degli aspetti che rendono il carcinoma pancreatico tra i più difficili da curare è la sua natura metastatica precoce.

“Anche quando è allo stadio iniziale — spiega Reni — esistono già micrometastasi non visibili con gli strumenti diagnostici attuali. Per questo trattarlo con un protocollo più aggressivo fin dall’inizio può aumentare le probabilità di eradicare le cellule tumorali residue e, in alcuni casi, portare alla guarigione.”


Il valore della ricerca indipendente

Lo specialista del San Raffaele ha sottolineato anche il ruolo cruciale della ricerca indipendente in oncologia:

“Per il tumore al pancreas ci sono meno investimenti delle grandi aziende, perché i pazienti sono numericamente inferiori e la risposta ai trattamenti è spesso limitata. Ecco perché la ricerca indipendente è essenziale: consente di sviluppare protocolli innovativi anche per i pazienti più difficili da trattare.”

Lo studio Cassandra rappresenta dunque una speranza concreta per chi lotta contro una delle neoplasie più temute e una dimostrazione del valore della scienza libera dagli interessi industriali, capace di mettere i pazienti davvero al centro della cura.

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Cronache

Azzardo in Italia, l’altra pandemia: 18 milioni di giocatori e 20 milioni di “vittime passive”

In Italia 18 milioni di persone hanno giocato d’azzardo nell’ultimo anno e 2,9 milioni sono a rischio patologico. Secondo Libera, 4 italiani su 10 sono “vittime passive” e le mafie continuano a guadagnare miliardi dal gioco legale e illegale.

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Sono almeno 18 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno tentato la fortuna con videopoker, slot-machine, gratta e vinci, bingo e scommesse online. Un fenomeno imponente che coinvolge quasi un terzo della popolazione adulta.
Dietro la speranza di cambiare vita si nasconde però una piaga sociale: 1 milione e mezzo di giocatori patologici (pari al 3% della popolazione maggiorenne) e 1 milione e 400 mila persone a rischio moderato. In totale, 2,9 milioni di cittadiniprigionieri dell’azzardo.

Per ogni giocatore malato, ci sono sette persone indirettamente coinvolte: familiari, amici, colleghi. In tutto, oltre 20 milioni di italiani, il 40% della popolazione, vittime di quello che Libera definisce “azzardo passivo”.
Secondo il dossier dell’associazione, la perdita di qualità della vita per chi è toccato dal fenomeno — tra stress, debiti, isolamento e rottura dei legami familiari — equivale a 7,6 punti percentuali.


Il business dell’azzardo: 157 miliardi nel 2024

Il nuovo dossier di Libera fotografa un Paese che spende sempre di più per scommettere.
Nel 2024, le entrate del gioco legale hanno toccato quota 157 miliardi e 453 milioni di euro, con un incremento del 6,6% rispetto al 2023.
Un boom alimentato soprattutto dal gioco online, con quasi 16 milioni di conti attivi presso i concessionari digitali, contro gli 11 milioni del 2020.


Quando il gioco diventa terreno di mafia

L’azzardo non è solo una dipendenza: è anche un affare criminale.
Dal 2010 al 2024, le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia hanno censito 147 clan mafiosi coinvolti nel business del gioco — legale e illegale — in 16 regioni e con 25 procure antimafiaimpegnate nelle indagini.

Al “tavolo verde” siedono sempre le stesse famiglie: Casalesi, Mallardo, Santapaola, Condello, Mancuso, Labate, Lo Piccolo, Capriati.
La Campania guida la classifica con 40 clan, seguita da Calabria (39), Sicilia (38), Lazio (24) e Puglia (22).
Nel Nord Italia, Liguria e Piemonte contano 9 organizzazioni ciascuna.

Libera sottolinea come il fenomeno non sia solo italiano: anche la mafia cinese, albanese e turca è coinvolta nella gestione delle piattaforme online e nel riciclaggio dei proventi.


Luigi Ciotti: “Dietro ogni slot ci sono persone in difficoltà”

Il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, ha commentato con amarezza i dati del dossier:
«Il nostro Paese è in bilico: da un lato la voglia di riscatto e di benessere, dall’altro un meccanismo che specula sulla vita delle persone. Dietro ogni slot, ogni gratta e vinci o piattaforma online ci sono esseri umani in difficoltà. Ci sono adolescenti che scommettono di nascosto, anziani che si giocano la pensione, famiglie che si sfaldano nel silenzio. Dobbiamo smascherare l’inganno».


L’azzardo come emergenza sociale

Il gioco, legale o clandestino, è diventato una delle più gravi emergenze sociali del Paese.
Un sistema che promette fortuna ma produce povertà, che genera miliardi di euro di profitti — anche per la criminalità organizzata — e lascia dietro di sé un esercito di persone ferite, indebitate, isolate.
Come scrive Libera nel dossier, “non si tratta solo di numeri, ma di vite umane: di padri, madri, figli e nonni che si perdono tra le luci fredde delle slot e le illusioni del guadagno facile”.

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In Evidenza

Addio a James D. Watson, lo scienziato che svelò il segreto della vita

È morto a 97 anni James D. Watson, lo scienziato che scoprì la struttura del DNA. Premio Nobel nel 1962, la sua carriera fu segnata da successi straordinari e polemiche per dichiarazioni razziste.

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È morto a 97 anni, in un ospizio di Long Island (New York), James D. Watson, uno degli scienziati più influenti del XX secolo. La sua fama è legata alla scoperta della struttura del DNA, il “codice della vita” che racchiude le informazioni genetiche di ogni essere vivente. Una scoperta che lo proiettò nell’Olimpo della scienza, al punto da trasformarlo in un’icona pop, tanto da meritare persino un’emoji: quella della doppia elica, simbolo universale di vita, evoluzione e conoscenza.

Watson aveva solo 25 anni quando, insieme a Francis Crick e Maurice Wilkins, pubblicò su Nature nel 1953 lo studio che rivoluzionò la biologia moderna. Nel 1962, i tre ricevettero il Premio Nobel per la Medicina. “Avevamo fatto la scoperta del secolo, questo era abbastanza chiaro”, ricordò anni dopo Watson, consapevole di aver cambiato per sempre la storia della scienza.

Dalla gloria del Nobel al Progetto Genoma Umano

Dopo il Nobel, Watson fu tra i protagonisti del Progetto Genoma Umano, che mirava a mappare l’intero DNA e identificare tutti i geni del corpo umano. Per decenni fu direttore del laboratorio di Cold Spring Harbor, centro di eccellenza nella ricerca genetica.
La sua autobiografia, The Double Helix, è considerata un classico della letteratura scientifica ed è stata inserita dalla Biblioteca del Congresso tra i capolavori della letteratura americana.

Le ombre: la scienziata dimenticata e le frasi razziste

Ma la carriera di Watson fu segnata anche da controversie e cadute rovinose. Alla sua figura si lega la storia di Rosalind Franklin, la brillante ricercatrice britannica che fornì le immagini ai raggi X fondamentali per individuare la struttura a doppia elica, senza però essere citata nel lavoro pubblicato da Watson e Crick.

Ancora più devastanti furono le dichiarazioni razziste che rilasciò nel 2007 al Sunday Times e poi in un documentario della PBS, in cui ipotizzava differenze di intelligenza tra “neri” e “bianchi”. Quelle parole gli costarono la messa al bando dalla comunità scientifica internazionale, la perdita degli incarichi e il rispetto dei suoi colleghi. Negli ultimi anni si era detto “abbandonato e dimenticato”, isolato anche per il suo carattere irascibile e vanitoso.

“Ha cambiato per sempre la biologia”

Nonostante le ombre, l’impatto di Watson sulla scienza resta immenso. Bruce Stillman, che nel 1994 gli subentrò alla guida del Cold Spring Harbor Laboratory, ha dichiarato che la scoperta della struttura del DNA “ha cambiato per sempre la biologia”, ponendola sullo stesso piano della teoria dell’evoluzione di Darwin e delle leggi di Mendel. “La struttura del DNA ci ha spiegato come avviene l’ereditarietà — ha detto Stillman — e ha anche spiegato la mutazione, e quindi l’evoluzione”.

Con la morte di James D. Watson si chiude il capitolo di una delle più grandi avventure scientifiche dell’umanità, la scoperta di ciò che ci rende vivi.

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